Scipione Africano, Publio Cornelio
Nato nel 235 a.C., figlio di Publio Cornelio Scipione console nel 218 a.C., ebbe nel 211 – senza possedere i requisiti di età e di carriera – il comando proconsolare nella Spagna occupata dai Cartaginesi, che riuscì a sconfiggere definitivamente nel 206. Eletto console per il 205, continuò a combattere i Cartaginesi in Africa, dove sbarcò nel 204 ponendo l’assedio a Utica con l’aiuto di Massinissa re dei Numidi. Nell’estate del 203 sconfisse i Cartaginesi e i Numidi di Siface nei Campi Magni, e nel 202 ancora – dopo il ritorno di Annibale, richiamato dall’Italia – a Naraggara presso Zama, nella battaglia che pose fine alla seconda delle tre guerre puniche (rispettivamente 264-241 a.C., 218-202 a.C. e 149-146 a.C.). Censore nel 199, di nuovo console nel 194, allo scoppio della guerra contro Antioco di Siria fu legato del fratello Lucio in Asia (190), e a lui si dovette il successo della spedizione. Al ritorno a Roma fu però accusato dall’opposizione, capeggiata da Catone, di essersi appropriato indebitamente dei 500 talenti ricevuti da Antioco come bottino di guerra. Morì nel 183 a.C. a Linterno, dove si era ritirato a vita privata.
Tra le fonti antiche tenute presenti da M. per delineare il personaggio di S. – ben presente nella letteratura coeva o di poco precedente, sicché non è sempre facile stabilire se la fonte diretta di M. sia, di volta in volta, antica o moderna (Bausi 1987) – sono da ricordare Livio, Valerio Massimo, Giustino e Frontino, ai quali sono da aggiungere, per singoli passi, altri autori quali, per es., Cicerone.
Nel Principe S. è citato nel cap. xiv (Quod principem deceat circa militiam), dove si dice, sulla scorta di Cicerone (Ad Quintum fratrem I i 23), che egli imitava Ciro (è la terza coppia di modello ed emulo, dopo Alessandro Magno e Achille, Cesare e Alessandro):
E qualunque legge la vita di Ciro scritta da Xenofonte riconosce di poi nella vita di Scipione quanto quella imitazione gli fu a gloria, e quanto, nella castità affabilità umanità liberalità, Scipione si conformassi con quelle cose che di Ciro da Xenofonte sono sute scritte (§ 15);
e nel cap. xvii (De crudelitate et pietate; et an sit melius amari quam timeri, vel e contra), dove gli è rimproverata (contrapposta alla crudeltà di Annibale) la «sua troppa pietà, la quale aveva data alli suoi soldati più licenza che alla disciplina militare non si conveniva» (§ 19), sono evocate a riprova la rivolta dell’esercito in Spagna nel 206 a.C. (§ 19; cfr. Livio xxviii 24-29) e la mancata punizione del legato (Quinto Pleminio) colpevole di aver infierito sui Locrensi (§ 21; cfr. Livio xxix 8-9 e xxix 21, 11, quest’ultimo passo frainteso da M.: cfr. M. Martelli, in N. Machiavelli, Il Principe, a cura di M. Martelli, 2006, pp. 233-34 nota 39), e si aggiunge:
La qual natura arebbe col tempo violato la fama e la gloria di Scipione, se egli avessi con essa perseverato nello imperio: ma, vivendo sotto il governo del senato, questa sua qualità dannosa non solum si nascose, ma gli fu a gloria (§ 22; sull’intero brano si vedano Martelli 1988; Martelli 1998a, pp. 301-04; Martelli 1999, pp. 174-83).
Molte le citazioni di S. nei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio: I x 10, dove è la contrapposizione con Cesare, canonica nella tradizione repubblicana fiorentina (F. Bausi, in N. Machiavelli, Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, a cura di F. Bausi, 2001 [d’ora in avanti ed. Bausi], p. 70 nota 18); I xi 4-5, dove è evocato l’episodio di S. che, dopo Canne, sguainando la spada costringe i Romani a giurare che non avrebbero abbandonato la patria (cfr. Livio xxii 53, 4-13; Valerio Massimo V vi 7; Ridley 1983, p. 203; Martelli 1998b, pp. 12-14; ed. Bausi, p. 77 note 9, 11); I xxix 20-25, dove S. è presentato come l’unico esempio dell’ingratitudine di Roma, ed è attribuita a Catone il Censore la frase «una città non si poteva chiamare libera dove era uno cittadino che fusse temuto dai magistrati» (§ 24), di cui non è nota la fonte, sebbene in Livio xxxviii 50 si legga un concetto simile, attribuito però genericamente ai nemici di S. (Martelli 1998b, p. 30; ed. Bausi, p. 150 note 28, 29); I liii 21 (cfr. Livio xxviii 40-45); I lviii 19-20, ancora sull’ingratitudine di Roma; I lx 9, dove S. è citato, insieme a Valerio Corvino e a Pompeo, tra coloro che «trionfarono giovanissimi»; II xii 6: «allega Scipione che per levare la guerra di Italia assaltò la Africa»; II xxxii 7 (conquista di Cartagine Nuova, confusa probabilmente da M. con quella di Lamia nell’Etolia da parte di Manio Acilio: cfr. Martelli 1998b, pp. 118-21; ed. Bausi, p. 513 nota 9); II xxxii 15 (tentativo di espugnare Utica; cfr. Livio xxix 35xxx, 9); III i 22, dove sono di nuovo menzionate le accuse rivolte a S.; III ix 5-10, dove S. è contrapposto a Quinto Fabio Massimo: questi «ottimo ne’ tempi debiti a sostenere la guerra», quegli «ne’ tempi atti a vincerla» (Sasso 1988, pp. 54-55); III x 32-36, sull’atteggiamento non attendista di Annibale nelle ultime fasi della seconda guerra punica; III xx 8, dove è ricordato il celebre episodio della fanciulla spagnola resa al padre e allo sposo (Livio xxvi 50), che era stato rievocato anche da Antonio di Matteo di Meglio nel capitolo ternario “Il gran famoso Publio Scipïone” (M. Martelli, Il buon geomètra di questo mondo, introduzione a N. Machiavelli, Tutte le opere, 1971, pp. xlv-xlvii; Bausi 1987, pp. 169-83); III xxi, il capitolo intitolato Donde nacque che Annibale, con diverso modo di procedere da Scipione, fece quelli medesimi effetti in Italia che quello in Ispagna, nel quale è svolto un tema trattato già, con gli stessi esempi di Annibale e S., nei Ghiribizzi al Soderino (si veda infra):
[...] dico come e’ si vede Scipione entrare in Ispagna e con quella sua umanità e piatà subito farsi amica quella provincia, e adorare e ammirare da’ popoli. Vedesi allo incontro entrare Annibale in Italia e, con modi tutti contrari, cioè con crudeltà, violenza e rapina e ogni ragione d’infideltà, fare il medesimo effetto che aveva fatto Scipione in Ispagna; perché ad Annibale [dativo di vantaggio] si ribellarono tutte le città d’Italia, tutti i popoli lo seguirono (III xxi 3-4)
(nello stesso capitolo è raccontato l’episodio della rivolta dell’esercito in Spagna ricordato anche nel Principe; III xxii 24); III xxxi 12-13, dove sono narrate le due ambascerie inviate a S. da Antioco III re di Siria prima e dopo la battaglia di Magnesia del 189 a.C. (per le quali M. sembra seguire Giustino xxxi 7-8: cfr. Ridley 1988, pp. 117-18; Martelli 1998b, pp. 188-90); III xxxiv 21-22, dove si leggono di nuovo l’episodio del giuramento forzato dopo Canne e quello della fanciulla spagnola resa da S. al padre e allo sposo, preceduti da un altro aneddoto (S. giovanissimo salva la vita al padre ferito dai nemici presso il Ticino: Livio xxi 46), anch’esso canonico nelle celebrazioni quattrocentesce di S. (si ritrova, insieme a quello del giuramento e ad altri, anche nel capitolo “Dell’Ingratitudine”, su cui si veda infra).
Diverse le citazioni nell’Arte della guerra, soprattutto nel libro quarto: I 63; IV 28-29 (battaglia vinta contro Asdrubale presso la città di Becula nel 206 a.C.; cfr. Frontino, strategemata II iii 4); IV 38-47 (battaglia vinta contro Annibale a Zama nel 202 a.C.; cfr. Frontino, strategemata II iii 16; Martelli 1998a, pp. 304-09; D. Fachard, in N. Machiavelli, Opere politiche, 3° vol., a cura di J.-J. Marchand, D. Fachard, G. Masi, 2001, p. 168 nota 48; Martelli 2001, pp. 265-69); IV 91-92 (dove sono brevemente richiamati gli episodi di Zama e di Becula); IV 104-05 (cfr. Frontino, strategemata II i 1); VI 229 (ancora l’episodio della fanciulla spagnola resa al padre e allo sposo; cfr. Frontino, strategemata II xi 5); VII 86 (conquista di Cartagine Nuova, confusa probabilmente anche qui con quella di Lamia nell’Etolia; cfr. Frontino, strategemata III ix 1; Martelli 1998b, pp. 118-21; D. Fachard, in N. Machiavelli, Opere politiche, 3° vol., cit., p. 264 nota 85); VII 103-04 (cfr. Frontino, strategemata III vi 1). S. è menzionato anche nella conclusione della Vita di Castruccio Castracani (§ 185), dove si dice – in riferimento a Filippo II di Macedonia e all’Africano, e giusta un topos classico e umanistico (C. Varotti, in N. Machiavelli, Opere storiche, a cura di A. Montevecchi, C. Varotti, t. 1, 2010, p. 66 nota 384) – che Castruccio «sanza dubbio arebbe superato l’uno e l’altro, se in cambio di Lucca egli avessi avuto per sua patria Macedonia o Roma» (si veda sul passo G. Barberi Squarotti, Machiavelli o la scelta della letteratura, 1987, pp. 276-77 e 285-87). S. è figura centrale nel capitolo “Dell’Ingratitudine”: si vedano in particolare i vv. 73-129 (dipendenti almeno in parte da Valerio Massimo V iii: Operette satiriche, a cura di L. Foscolo Benedetto, 1920, pp. 128-31), dove è ripercorsa l’intera biografia del personaggio con insistenza sugli episodi tesi a mostrarne la levatura morale e, naturalmente, sull’ingratitudine mostrata dai Romani nei suoi confronti (M. Martelli, Il buon geomètra di questo mondo, introduzione a N. Machiavelli, Tutte le opere, cit., pp. xlv-xlvii). S. è menzionato, e contrapposto ad Annibale, anche nei Ghiribizzi al Soderino (M. a Giovan Battista Soderini, 13-21 sett. 1506, Lettere, pp. 135-38), dove il tema è lo stesso – sebbene l’argomentazione sia in parte diversa – di Discorsi III xxi (sul passo v. J.-J. Marchand, Niccolò Machiavelli. I primi scritti politici (1499-1512). Nascita di un pensiero e di uno stile, 1975, pp. 381-88; e G. Sasso, Niccolò Machiavelli. Storia del suo pensiero politico, 1980, pp. 193-205).
Bibliografia: R.T. Ridley, Machiavelli and roman history in the Discourses, «Quaderni di storia», 1983, 18, pp. 197-219; F. Bausi, Fonti classiche e mediazioni moderne nei Discorsi machiavelliani: gli episodi di Scipione, Torquato e Valerio, «Interpres», 1987, 7, pp. 159-90; M. Martelli, Nota a Niccolò Machiavelli, Principe XVII, «Interpres», 1988, 8, pp. 294-96; R.T. Ridley, Echoes of Justin in Machiavelli’s Discorsi, «Critica storica», 1988, 25, pp. 11318; G. Sasso, Qualche osservazione sui Ghiribizzi al Soderino, in Id., Machiavelli e gli antichi e altri saggi, 2° vol., Milano-Napoli 1988, pp. 3-56; M. Martelli, Machiavelli e i classici, in Cultura e scrittura di Machiavelli, Atti del Convegno, Firenze-Pisa 27-30 ott. 1997, Roma 1998a, pp. 279-309; M. Martelli, Machiavelli e gli storici antichi. Osservazioni su alcuni luoghi dei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, Roma 1998b; M. Martelli, Saggio sul Principe, Roma 1999; M. Martelli, I dettagli della filologia, «Interpres», 2001, 20, pp. 212-71; G. Inglese, Per Machiavelli. L’arte dello stato, la cognizione delle storie, Roma 2006.