BALBI (Baldi), Scipione
Nacque verso l'inizio del sec. XVI a Finale di Modena da una famiglia originaria di Piacenza. Il padre Francesco, che fu anche egli poeta, morì quando il B. era ancora molto giovane. La madre lo mandò a studiare a Bologna dove ebbe come maestro Giovan Battista Pio, ma dopo tre anni dovette interrompere gli studi a causa di una serie di disgrazie familiari (poi rievocate nel poemetto Fortuna): dapprima gli morì il fratello Cesare, poi la madre; qualche anno dopo, il giovedì santo del 1531, un altro fratello, Alessandro, fu ucciso da due sicari. Il B. risiedette a Finale per alcuni anni, presumibilmente occupandosi degli interessi familiari, senza però abbandonare gli studi e dedicandosi in particolare alla poesia latina. Quando Renata di Francia passò nel 1529 per recarsi a sposare Ercole d'Este, il B. scrisse un poemetto che celebrava le nozze e lo dedicò a Obizio Remnio, segretario ducale. Ma oltre ai rapporti con Ferrara e con i duchi d'Este, il B. guardava anche a Bologna e all'università. Nel 1531 dedicò un poemetto in lode di Bologna a Francesco Guicciardini, e a Bologna dal 1552 al 1564 o 1565 il B. fu lettore di grammatica (I Rotuli dell'università registrano il nome alternativamente come "Scipio Baldus" o "Scipio Balbus de Finali").
È probabile che il 1565 sia l'anno della sua morte.
L'attività letteraria del B. si volse esclusivamente alla poesia latina. I contemporanei testimoniano della fecondità del B., ma anche della scarsa cura per la forma e del manifestato proposito di rinunciare a parte della sua produzione. "Scipio Baldus Finalensis cui ingemum ad Poeticam pronum esse ex eius plurimis versibus facile cognoscimus, multa edidit, plura adhuc supprimit" scriveva Lilio Gregorio Giraldi (De peötis nostrorum temporum, Florentiae 1551, p. 96) e Celso Calcagnini, commentando un poemetto che il B. gli aveva inviato: "Omnino in eo impetus quosdam poeticos agnoscimus, ex quibus intelligi possit, quantum efficere potueras, si stylum invertere, quam ingenio indulgere maluisses" (Opera, Basileae 1544, p. 171).
II Carducci lo definì "uno di quei tanti verseggiatori latini che allora ogni angolo d'Italia produceva... ma come rampolli anche senza frutto seccavano presto". E si può ancora concordare con questo giudizio. La sua opera più nota è la descrizione dell'isoletta di Belvedere, il famoso parco privato di delizie dei duchi d'Este. Ma essa soffre irrimediabilmente al paragone con le analoghe descrizioni di Celio Calcagnini e dell'Ariosto (Furioso, XLIII, 56-59).
Le opere del B. di cui abbiamo notizia sono le seguenti: Pulcher Visus, locus Illustris. Ducis Ferrarie (senza data. Dedicato a Bonaventura Pistofilo. È la descrizione in esametri del Belvedere. Risulta essere la prima opera stampata del B.); Nuptiae Ill. Herculis Esten. Et Diuae Reneae, Bononiae 1529 (epitalamio in esametri dedicato a Obizio Remnio; contiene inoltre tre distici allegorici sulle insegne ducali e un epigramma in lode del cardinale Ippolito d'Este il Giovane); Bononia, Bononiae 1531 (poemetto in esametri in lode di Bologna); Peregrinatio Lauretana, Bononiae 1533 (poemetto in versi elegiaci dedicato a Giovan Francesco Pico della Mirandola; descrive un pellegrinaggio dal poeta fatto a Loreto); Epicedion, sive Fortuna, Bononiae 1537 (poemetto in versi esametri in cui il B. accenna alla morte del padre e degli altri familiari).
Bibl.: F. Borsetti, Historia almi Ferrariae gymnasii...., Ferrariae 1735, pars secunda, p. 283; C. Frassoni, Memorie storiche del Finale, Modena 1752, pp. 102-103; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 1, Brescia 1758, p. 90 (con bibl. precedente); G. Tiraboschi, Biblioteca modenese, Modena 1781, I, pp. 143-147; IV, p. 23; G. Carducci, Opere, ediz. naz., XIV, p. 234; U. Dallari, I rotuli dei lettori legisti e artisti dello studio bolognese, II, Bologna 1889, pp. 128 ss.; E. Narducci, Giunte all'opera "Gli Scrittori d'Italia", Roma 1884, pp. 48 s.; C. Pazzi, Il Belvedere ferrarese nei versi di L. Ariosto e S. B. ,Roma 1933.