BONGALLO, Scipione
Nacque a Roma nel 1501. Nei suoi studi, che furono dedicati prevalentemente alle lettere greche e latine, ebbe come maestro l'agostiniano trentino Niccolò Scutelli, attivo in Roma dopo il 1522. Tramite lo Scutelli, il B. entrò poi in contatto con Cristoforo Madruzzo e, con ogni probabilità, con Egidio da Viterbo per il quale lo Scutelli lavorò come traduttore in quegli anni.
Resta, a testimonianza del vincolo che lo unì al maestro dei suoi "anni migliori", l'edizione da lui curata nel 1556 delle traduzioni in latino di testi di Giamblico fatte dallo Scutelli: i manoscritti delle traduzioni erano restati in possesso del Madruzzo ed erano stati oggetto dell'interesse, fra gli altri, del Seripando, ma fu il B. che riuscì ad ottenerli dal cardinale di Trento per pubblicarli. I temi culturali e religiosi vivi in questi ambienti sembrano però aver toccato solo molto superficialmente il B., il quale coltivò per conto suo solo un certo gusto dell'eleganza stilistica; Pietro Bembo, col quale fu in rapporti di amicizia, replicando ad una sua "epistola tutta elegante e graziosa", lo ringraziava per il piacere datogli "nel leggerla e rileggerla". Fra le sue opere rimaste manoscritte si annoverano dei tentativi poetici ed uno scritto, attualmente non reperibile ma che fu già visto dal Mazzuchelli, col titolo De vera Constantini donatione, dedicato alla confutazione della tesi del Valla.
Ottenuta la dispensa "super defectu natalium", il 24 nov. 1539 fu creato vescovo di Orte e Civita Castellana. La sua carriera ecclesiastica non si distingue da quella della maggioranza dei vescovi dello Stato pontificio, sia per lo scarso impegno nel governo della diocesi sia per l'atteggiamento nei confronti del concilio di Trento, al quale il B. partecipò solo nell'ultimo periodo obbedendo senza scarti alle direttive curiali. Sotto Giulio III la sua posizione in Curia registrò un lieve miglioramento con la nomina, avvenuta il 27 giugno 1553, a vicelegato di Benevento. Dell'attività del B. in questi anni non si sa molto; nel 1554 era presente a Roma, dove, il 25 novembre, consacrò vescovo Antonio M. Piccolomini. Dopo il breve mtervallo del pontificato di Marcello Cervini, il B. aderì con entusiasmo all'indirizzo rappresentato dal nuovo papa Paolo IV Carafa, in presenza del quale predicò per la festa di Ognissanti del 1556.
Nella predica, che fu subito data alle stampe, venivano esaltati i meriti di Paolo IV come consigliere dei papi precedenti e si metteva in rilievo soprattutto il vigore da lui mostrato nella lotta contro gli eretici; secondo il B., inoltre, il Carafa aveva ormai offuscato la fama del suo pur illustre antenato, il card. Oliviero, ed aveva dato segni certi della sua volontà che finalmente i vescovi cominciassero a godere di un adeguato prestigio. In quest'ultima affermazione si rispecchiava la soddisfazione del B. il quale, con l'avvento del nuovo papa, era un po' uscito dall'ombra e si era visto assegnare compiti di una certa importanza.
Membro della Congregazione per la riforma convocata da Paolo IV, aveva partecipato alla seduta della prima classe della medesima che si era tenuta il 26 marzo 1556 in casa del cardinale du Bellay ed aveva espresso il suo parere sul primo articolo, relativo alla simonia. Ma, a quanto risulta dalla predica di Ognissanti, il B. era grato in maniera particolare a Paolo IV per essere stato invitato al banchetto tenuto nell'anniversario dell'incoronazione papale.
Nelle dediche che in quello stesso anno 1556 il B. premise all'edizione delle traduzioni dello Scutelli si manifesta un atteggiamento sostanzialmente evasivo nei confronti dei maggiori problemi del momento. Nella prima, datata 20 gennaio ed indirizzata al cardinal Morone, il B. si diffonde sulla dottrina di Pitagora, della quale afferma di aver parlato spesso col cardinal Bernardino Scotti, e dichiara esser suo proposito non curarsi delle inquietanti condizioni del mondo e lasciare tutto alla volontà di Dio (Pythagorae vita ex Iamblicho collecta per Nicolaum Scutellium Tridentinum..., Romae 1556, c.n.n.). La seconda, del 4 febbraio, si rivolge ai cardinali Cristoforo Madruzzo e Otto Truchsess e accenna molto fuggevolmente alle discordie religiose nate in Germania; di queste, secondo il B., Paolo IV si preannunziava come il futuro pacificatore già dai suoi primi atti, come per esempio la nomina cardinalizia del Gropper, "hominem Dei" (DeMysteriis Aegyptiorum, Romae 1556).Però, quando l'ondata di sospetti e di processi inquisitoriali scatenata da papa Carafa venne a smentire le lodi del B. ed a colpire alcuni dei personaggi ai quali si era maggiormente legato, egli seppe prendere posizione a loro favore: Giovanni Morone, al quale egli (nella dedica della Pythagorae vita)si era dichiarato unito da una fedeltà vecchia di molti anni, poté contare sopra una sua testimonianza favorevole.
Con la riapertura del concilio anche il B. fu sollecitato a recarsi a Trento, dove arrivò il 29 nov. 1561 con un seguito di quattro persone. Il suo contributo ai dibattiti conciliari fu di scarso rilievo; i suoi mterventi si collocano in genere nell'orbita delle posizioni curiali, mentre una certa pretesa di eleganza ed originalità si riscontra nella loro elaborazione formale. Nella congregazione generale del 14 dic. 1562, parlando a proposito dell'obbligo della residenza dei vescovi, si limitò a generiche osservazioni sulla necessità di risiedere nella diocesi; dal resoconto di un diarista che non gli era certo favorevole risulta inoltre che in tale occasione si sarebbe esibito in un elogio del cardinalato talmente inaspettato e stravagante da essere accolto dalla ilarità generale. Sulla questione della residenza, del resto, aveva già precisato il proprio atteggiamento l'8 apr. 1562, chiedendo che il sinodo tridentino si limitasse a confermare le antiche leggi e non ne promulgasse di nuove. Coerente con questa linea fu anche il suo voto sul decreto "de sacramento ordinis" dell'ottobre 1562, nel quale, pur tributando lodi alla dottrina di Pedro Guerrero, rifiutò le sue proposte sullo "ius divinum" dell'episcopato coll'argomento che non si doveva indebolire ulteriormente la compattezza della gerarchia ecclesiastica in un'epoca in cui si faceva urgente il compito della lotta contro gli eretici. Quanto all'obbligo della residenza, poi, il B. rifiutava che si fissassero delle sanzioni per gli madempienti appellandosi al senso della dignità episcopale. Numerosi e spesso molto ampi furono anche i suoi interventi su altre questioni, come la formazione dell'Indice, il diritto di visita dei vescovi nei confronti degli esenti, la concessione ai laici della comunione sotto le due specie, il problema dei matrimoni clandestini. Ma la conclusione del concilio non lo vide tra i presenti. Il clima di Trento gli aveva procurato "certe freddure nel braccio manco" che facevano temere di peggio e così, nel novembre 1563, chiese di lasciare la città: l'intercessione del cardinal Madruzzo, alla cui ombra si era costantemente mosso in quegli anni, ed il giudizio favorevole che si dava di lui a Roma gli facilitarono la concessione del permesso. Rientrato nella sua diocesi, vi morì il 3 ag. 1564.
Opere: Pythagorae vita ex Iamblicho collecta,per Nicolaum Scutellium Tridentinum ordinis eremitarum sancti Augustini, Romae 1556;Iamblichus, De mysteriis Aegyptiorum,nunc primum ad verbum de Graeco expressus,Nicolao Scutellio ordinis eremitarum sancti Augustini doctore theologo interprete, Romae 1556; Oratio R. D. Scipionis Bongalli ci.ro. Civitatis Castellanae et Ortanae episcopi,in festo omnium Sanctorum habita, Romae 1556.
Fonti e Bibl.: Concilium Tridentinum, ed. Soc. Goerresiana, Diaria, II, Friburgi Bris. 1911; Acta, VIII, ibid. 1919; IX, ibid. 1924, sub voce Civita Castellana; Delle lettere di Messer Pietro Bembo..., I, Verona 1743, pp. 217 s.; F. Ughelli-N. Coleti, Italia Sacra, I, Venetiis 1717, coll.602, 742;G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 3, Brescia 1762, col. 1628;J. Ossinger, Bibliotheca Augustiniana, Ingolstadii et Augustae Vindelicorum 1768, pp. 832 s.; G. Cappelletti, Le Chiese d'Italia, VI, Venezia 1847, p. 57;J. Šusta, Die Römische Kurie und das Konzil von Trient unter Pius IV., IV, Wien 1914, pp. 96, 394;C. Eubel, Hierarchia catholica…, III, Monasterii 1923, p. 211; L. von Pastor, Storia dei papi, VI, Roma 1943, pp. 504, 657 s.; H. Jedin, Girolamo Seripando. Sein Leben und Denken im Geisteskampf des XVI. Jahrhunderts, Würzburg 1937, p. 83;L. Jadin, in Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés., IX, Paris 1937, col. 863(sub voce Bongalli); P. O. Kristeller, Iter Italicum…, I, London-Leiden 1963, ad nomen.