GUERRA, Scipione
Sono pochissime le notizie biografiche su di lui, desunte pressoché integralmente dai Diurnali, l'unica sua opera rimasta. Nacque a Napoli, nella zona di Forcella, nella seconda metà del XVI secolo, da una famiglia della piccola nobiltà dedita all'esercizio delle armi, cui fu presto avviato nella guarnigione della città. Il 9 maggio 1585, insieme con un gruppo di soldati e di "giovani di buona fattione" condotti dal capitano Antonio Solimena (di cui probabilmente era l'alfiere), attaccò la folla che aveva linciato l'eletto del Popolo Giovanni Vincenzo Storace e saccheggiato la sua casa. L'azione permise il recupero di una parte dei beni sottratti alla famiglia della vittima e contribuì a sedare il tumulto scoppiato per "mancamento" del pane.
Nel 1606 il G. sembrerebbe avere preso parte alla scorta dell'ex viceré ad interim di Napoli Francisco de Castro, inviato a Venezia da Filippo III come mediatore tra la Repubblica e la S. Sede nella questione dell'interdetto. Nei Diurnali, infatti, il G. afferma di avere scritto un Ricordo, descrivendo dettagliatamente le tappe di quel viaggio, le cerimonie di accoglienza da parte del Senato e del doge e il modo in cui il Castro compose la vertenza, ma l'opera non è mai stata rinvenuta.
Negli anni successivi il G. rimase a Napoli, conducendo una vita caratterizzata da fanfaronate e brighe con militari e civili. A causa di una di queste, all'inizio del 1616, venne imprigionato nel carcere dei nobili insieme con alcuni compagni di brigata.
Qui, tra le 4 e le 5 di notte del 12 gennaio, mentre dormiva, probabilmente ubriaco, fu sorpreso dal terremoto, ma ritenne inizialmente che il tremore del muro fosse dovuto alle "pazzie e alle burle" dei suoi amici, chiusi nella cella accanto. Compresa poi la realtà a causa del rumore della gente scesa in strada, giudicò la scossa tellurica un avvertimento divino.
Da questo punto in poi la sorte parve accanirsi contro la famiglia del G.: nel 1622 un parente rimasto anonimo, che insieme con altre quattro persone aveva chiesto il diritto di asilo in una chiesa di Afragola, venne tratto fuori con l'inganno e decapitato. Nel 1623 un figlio del G., Cesare, forse implicato in una vicenda di spaccio di monete false, fu imprigionato a Napoli per dieci mesi e quindi condannato a remare nelle galere del papa. Il 18 luglio 1624 un certo Giovan Angelo Carrara, per strada, sparò a tradimento un colpo di pistola contro un nipote del G., Simone Guerra. Evitata per un soffio la pallottola, Simone assalì il Carrara con la spada, ma non riuscì a ucciderlo perché era protetto da una maglia metallica. La cosa fu messa a tacere e il 22 maggio 1625 il giovane si arruolò nel tercio di Giovan Tommaso Spina, come alfiere del capitano Giuseppe Del Tufo, e partì per la Lombardia, dove si guadagnò elogi per il suo valore militare. Tornato a Napoli con il grado di capitano, Simone Guerra sposò una figlia illegittima di don Cesare Bucca d'Aragona.
La composizione dei Diurnali cade intorno al 1643, quando il G. era in età ormai avanzata. I Diurnali sono arrivati fino a noi privi di una "prima parte", in due manoscritti comprendenti il primo gli anni 1574-1616, il secondo quelli 1620-27, divisi in capitoli dedicati ciascuno al governo di un viceré, dal duca di Mondéjar al duca d'Alba (si veda l'edizione a cura di G. De Montemayor, Diurnali di Scipione Guerra, Napoli 1891). Pur non potendosi annoverare tra le migliori cronache di Napoli (a causa della prospettiva antipopolare dell'autore, della redazione avvenuta troppo tempo dopo i fatti narrati e dell'attenzione eccessiva per la cronaca nera), i Diurnali del G. contengono comunque alcune annotazioni frutto di un'osservazione scrupolosa della realtà. Per esempio, l'attestazione del favore del viceré Juan de Zúñiga verso la Confraternita dei Bianchi, ma non la sua iscrizione a essa come affermano altre fonti, il disegno del monumento infamatorio al promotore del delitto Storace, l'inclusione di un buon numero di documenti sulle controversie giurisdizionali avanzate dall'ambasciatore spagnolo a Roma Antonio Fernández de Córdoba Cardona y Requesens contro gli arcivescovi di Napoli e di Milano, tratti dalla raccolta di documenti sulle controversie giurisdizionali tra la Spagna e il Papato completata da Bartolomeo Chioccarelli nel 1631. In altri casi, però, il G. appare meno attento, come quando ritarda di un anno, ponendolo al 1612 anziché al 1611, l'arrivo a Palermo del viceré di Sicilia Pedro Tellez Girón duca d'Osuna.
Un'aggiunta ai Diurnali per gli anni 1629-37 fu compilata da Ferrante Bucca d'Aragona, un parente di Cesare (F. Bucca D'Aragona, Aggiunta alli Diurnali…, a cura di S. Volpicella, in Arch. stor. per le provincie napoletane, XXXVI [1911], e XXXVII [1912]).
Dato che non si hanno notizie per gli anni successivi alla composizione dell'opera (1643 circa), il G. dovette concludere la sua esistenza a Napoli non molto tempo dopo.
Fonti e Bibl.: F. Capecelatro, Diario, a cura di A. Granito, II, 1, Napoli 1852, pp. 15, 390; B. Capasso, La casa e la famiglia di Masaniello, Napoli 1893, pp. 12, 56; F. Nicolini, Aspetti della vita italo-spagnuola nel Cinque e Seicento, Napoli 1934, pp. 33, 38; R. Colapietra, La storiografia napoletana del secondo Cinquecento, in Belfagor, XV (1960), p. 433; M. Mendella, Il moto napoletano del 1585 e il delitto Storace, Napoli 1967, pp. 7, 21, 72, 87, 107; R. Villari, La rivolta antispagnola a Napoli. Le origini (1585-1647), Roma-Bari 1976, pp. 43, 50, 55, 58; G. Romeo, Aspettando il boia. Condannati a morte, confortatori e inquisitori nella Napoli della Controriforma, Firenze 1993, pp. 311, 320.