SALVIATI, Scipione Maria
SALVIATI, Scipione Maria. – Nacque a Parigi il 23 giugno 1823 dal principe Francesco Borghese Aldobrandini e da Adèle de La Rochefoucauld.
Terzo di quattro figli, appartenente a uno dei casati più in vista del patriziato romano, fu educato a Firenze, dove i genitori occupavano il Casino Salviati di Borgo Pinti. Nel 1834 il padre – cui era passata la primogenitura Borghese dopo la morte senza eredi del fratello Camillo, nel 1832 – ottenne da papa Gregorio XVI e dal granduca di Toscana Leopoldo II che Scipione assumesse il titolo di duca e il cognome della nonna paterna, Anna Maria Salviati; con il testamento del 1837 egli dispose dunque che il terzogenito godesse di una quota delle proprietà di famiglia, da trasmettere in linea diretta ai primogeniti. Nel 1839, in seguito alla morte del principe Francesco, la famiglia lasciò definitivamente Firenze per Roma, dove si trovavano i maggiori interessi della casata Borghese.
Nel 1847 il giovane Scipione presiedette il consiglio di arruolamento della Guardia civica romana per il rione Campo Marzio ricoprendone, nel 1848, anche il ruolo di maggiore. Il suo nome compare tra i soci dilettanti della Società artistica italiana, un’associazione sorta per promuovere il progresso delle arti e l’incremento della gloria nazionale; non è presente però nell’elenco dei soci del Circolo romano fondato nell’aprile del 1847, a differenza di quello dei fratelli Marcantonio Borghese e Camillo Aldobrandini. Mentre i suoi familiari erano attivi durante la stagione riformista inaugurata con l’avvento al pontificato di Pio IX (1846), Salviati rimase dunque in disparte, limitandosi a partecipare alla riorganizzazione della Guardia civica come molti altri esponenti del patriziato romano. Il 27 novembre 1848 seguì il papa nella sua fuga a Gaeta. Riparato poi in Francia, rientrò a Roma dopo la restaurazione del potere temporale.
Il 10 maggio 1847 sposò a Parigi Jacqueline Arabelle de Fitz-James (1827-1903). Dalla loro unione nacquero quattro figli: Isabella Maria Adelaide (1849-1918), Francesca Saveria (1855-1912), Antonino Stefano Camillo (1860-1920) e Maria Enrichetta (1862-1932). Divise la sua vita tra Roma e la tenuta di Migliarino Pisano, antica proprietà della famiglia Salviati che passò a Scipione nel 1850 dietro accordo con i fratelli: lì avviò un vasto progetto di bonifica agraria e fece costruire, tra il 1858 e il 1866, una villa di gusto francese su progetto dell’architetto Joseph-Antoine Froelicher; la struttura venne dotata, oltre che dei locali padronali e di una fattoria, anche di una canonica, dove fu impiantata una scuola per i figli maschi dei coloni; successivamente comparvero una scuola femminile e un asilo, situati in un edificio della tenuta e gestiti dalle suore Figlie della carità.
Dopo il ritorno del papa a Roma, Salviati si impegnò nella militanza cattolica dello Stato pontificio, divenendone una delle personalità più rappresentative. Nel settembre del 1859 fu tra i promotori di un corpo armato per fronteggiare i piemontesi; nella primavera del 1860 animò, insieme al marchese Patrizi e ad altri nobili, un comitato per la difesa dell’ordine pubblico di ispirazione reazionaria, articolato in comitati subalterni per ogni rione di Roma.
Nel 1863 partecipò al congresso cattolico di Malines, in Belgio. Con il grado di capitano, nel 1867 si unì al battaglione di volontari pontifici che affrontò i garibaldini a Mentana; divenne quindi socio effettivo della Società dei reduci dalle battaglie in difesa del papato (18 novembre 1872).
Il salotto della duchessa Salviati fu un centro di aggregazione degli ambienti legittimisti e reazionari romani, ospitando spesso membri del corpo degli zuavi pontifici. Impegnato in diverse opere di assistenza e carità, tra cui la Società di San Vincenzo de’ Paoli e il Circolo San Pietro, Salviati sostenne la moglie nella fondazione del primo nucleo dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, situato allora in via delle Zoccolette nel rione Regola (1869).
Dopo la conquista di Roma da parte dell’esercito italiano (20 settembre 1870), fu fondatore e promotore della Società primaria romana per gli interessi cattolici (1871), che aveva per organo il quotidiano La Voce della verità (1871-1904). Partecipò al Congresso dei comitati cattolici di Einsiedeln (31 agosto - 3 settembre 1871) e svolse un ruolo di primo piano nel Comité de défense catholique di Ginevra, l’organizzazione segreta internazionale dei cattolici europei che operava per la restaurazione del potere temporale e l’instaurazione del Regno sociale di Gesù Cristo.
Al congresso di Ferney (5-7 agosto 1873) divenne membro del collegio dei nove Permanenti del Comité. Alla fine dello stesso anno istituì e diresse il Consiglio di permanenza, un organo segreto di collegamento tra la S. Sede e i movimenti cattolici italiani, che cessò di fatto la sua attività alla morte di Pio IX (1878). Dopo aver partecipato alla riunione di Innsbruck (25 novembre 1877), in cui fu creata l’Union de Saint-Pierre, svolse funzioni di coordinamento della sezione italiana dell’Ufficio stampa, creato dalla S. Sede nel giugno del 1878 con lo scopo di controllare e informare l’opinione pubblica cattolica.
Eletto presidente del primo Congresso cattolico italiano (Venezia, 12-16 giugno 1874), fu confermato alla stessa carica nel successivo (Firenze, 22-26 settembre 1875): nell’adunanza del 24 settembre rese nota la costituzione dell’Opera dei congressi cattolici in Italia, l’organizzazione politico-religiosa che riunì i cattolici italiani nell’azione in difesa degli interessi della Chiesa. Il 1° novembre 1875, insieme a Giovanni Acquaderni, diede alle stampe il Programma d’azione dei cattolici italiani, con il quale si chiamavano i cattolici all’agitazione con i mezzi legali, approvato dal papa stesso in una lettera ai due autori (8 novembre). Mantenne la carica di presidente effettivo anche per il terzo Congresso, tenuto a Bologna nell’ottobre del 1876, e contribuì a organizzare quello di Bergamo (10-14 ottobre 1877).
Il 27 novembre 1878 fu eletto, su indicazione del nuovo pontefice Leone XIII, presidente del Comitato generale permanente dell’Opera, sancendo la parziale emersione delle organizzazioni segrete cattoliche. Conservò la carica per sei anni, delegando in un primo momento Acquaderni alla vicepresidenza, cui si affiancarono il marchese Achille Sassòli Tomba e l’avvocato Giovanni Battista Paganuzzi.
La sua nomina fu una soluzione autorevole e di compromesso agli attriti tra la Società giovanile cattolica bolognese e il comitato promotore veneziano sull’orientamento da dare alla Federazione cattolica italiana: alle indubbie capacità organizzative si aggiunse il rapporto fiduciario che Salviati intratteneva con la S. Sede e le gerarchie cattoliche. Da presidente sostenne una via media tra l’estremismo intransigente e il compromesso con il sistema politico liberale: nel luglio del 1880 emise una circolare, convalidata dal pontefice, per ribadire l’utilità della riunione dei cattolici nell’Opera, facendo prevalere l’unità gerarchica dell’organizzazione; in quella occasione Leone XIII dichiarò pubblicamente di riconoscere Salviati come capo di tutto il movimento cattolico degli italiani. Tuttavia, nell’aprile del 1884 Salviati si dimise ufficialmente dalla presidenza a causa delle cattive condizioni di salute, facendo così mancare la sua funzione di mediazione dei contrasti tra Gioventù cattolica e Opera dei congressi. Il papa lo confermò comunque come punto di riferimento morale dell’azione cattolica con il titolo di presidente onorario dell’Opera. Negli anni della sua direzione vennero convocati i congressi di Modena (21-24 ottobre 1879) e di Napoli (10-14 ottobre 1883).
Salviati si impegnò anche nell’attività politica municipale, risultando eletto alla carica di consigliere comunale nelle file dell’Unione romana (15 giugno 1879). Fu eletto presidente, per il biennio 1880-81, della Federazione piana delle società cattoliche di Roma, l’associazione che era stata istituita da Pio IX con il breve pontificio Maximas del 23 febbraio 1872 (seduta del Consiglio federale del 7 gennaio 1880). Lo stesso anno venne fondato in Trastevere, dietro sua proposta, un dormitorio economico intitolato al Sacro Cuore di Gesù.
Morì a Roma il 15 giugno 1892.
Le sue spoglie furono sepolte nella cappella di Migliarino Pisano, da lui stesso fatta edificare vicino alla villa padronale.
Fonti e Bibl.: Pisa, Centro archivistico della Scuola normale superiore, Fondo Scipione Salviati (cfr. http://siusa.archivi.beniculturali.it/); Venezia, Seminario patriarcale, Archivio del comitato generale permanente dell’Opera dei congressi e dei comitati cattolici in Italia (sull’attività di Salviati nell’Opera); Milano, Università Cattolica del Sacro Cuore, Carte Luigi Manna Roncadelli (lettere di Salviati a Manna Roncadelli); Vienna, Haupt- Hof- und Staatsarchiv, Archiv Pergen, II (lettere di Salviati a Pergen); T. Tommasoni, Società Artistica Italiana in Roma, in Il Contemporaneo, I (1847), 11, pp. 2 s.; G. Spada, Storia della rivoluzione di Roma e della restaurazione del Governo pontificio dal 1° giugno 1846 al 15 luglio 1849, I, Firenze 1868, p. 245; III, 1869, p. 74; H. d’Ideville, Journal d’un diplomate en Italie. Notes intimes pour servir à l’histoire du Second Empire. Rome, 1862-1866, Paris 1873, pp. 65 s., 116 s., 129 s.; necr. in La Voce della verità, 16-17 giugno 1892; Il duca S. S., in L’Osservatore Romano, 18 giugno 1892; N. Roncalli, Cronaca di Roma 1844-1870, IV, 1859-1861, a cura di D.M. Bruni, Roma 2009, ad indicem.
A. Giovagnoli, Pellegrino Rossi e la rivoluzione romana su documenti nuovi, I, Roma 1898, p. 387; R. Della Casa, I nostri, quelli d’ieri e quelli d’oggi, Treviso 1903, pp. 61-64; G.B. Casoni, Cinquant’anni di giornalismo (1846-1900), Bologna 1907, pp. 165 s., 261; S., S., in Enciclopedia italiana di Scienze, Lettere ed Arti, XXX, Roma 1936, p. 587 e A. Vian, S., S., in Enciclopedia cattolica, X, Città del Vaticano 1953, coll. 1728 s. (entrambi con qualche inesattezza); A. Gambasin, Il movimento sociale nell’Opera dei Congressi (1874-1904). Contributo per la storia del cattolicesimo sociale in Italia, Roma 1958, ad ind.; R. Orfei, Notizie su primo movimento cattolico. Il Consiglio di Permanenza italiano e il duca S., in Vita e Pensiero. Rassegna italiana di cultura, XLIV (1961), 2, pp. 101-109; Id., La crisi dell’Opera dei Congressi nel 1884, ibid., 10, pp. 697-706; G. Pescosolido, Terra e nobiltà. I Borghese. Secoli XVIII-XIX, Roma 1979, ad ind.; P. Hurtubise, Une famille-témoin: les Salviati, Città del Vaticano 1985, pp. 492 s.; The Black International. The Holy See and militant catholicism in Europe/L’Internationale noire. Le Saint-Siège et le catholicisme militant en Europe, 1870-1878, a cura di E. Lamberts, Leuven 2002, ad ind.; M. Casella, Cattolici a Roma dopo l’Unità d’Italia (1869-1900), Salerno 2011, ad indicem.