SCITE (Σκύϑης, Scythes)
Signore di Zancle, in Sicilia, nei primissimi anni del sec. V a. C. Secondo alcuni studiosi egli non sarebbe da identificarsi con l'omonimo tiranno di Coo; secondo altri, invece, si tratterebbe della stessa persona che, avendo chiesto al re Dario il permesso di lasciare il governo dell'isola di Coo al figlio Cadmo, sarebbe venuto in Sicilia dove, per l'influsso di Ippocrate di Gela, divenne padrone della città dello stretto. Pertanto, mentre egli, secondando i piani di Ippocrate, si trovava ad assediare una città dei Siculi, Zancle, momentaneamente da lui abbandonata, veniva occupata dai Samî, profughi dell'Asia Minore, dietro suggerimento di Anassila di Reggio. S., in tale frangente, non soltanto non ebbe l'invocato aiuto di Ippocrate ma ne perse i favori; fu confinato a Inico donde fuggì, insieme con il fratello, a Imera e quindi in Persia, alla corte del re Dario, presso il quale acquistò fama di essere il più giusto dei Greci. Vogliono alcuni che egli sia poi tornato per breve tempo in Sicilia, ma secondo altri ciò non risulterebbe dal racconto di Erodoto (VI, 22, 24; VII, 163, 4). Nel governo di Zancle gli successe per breve tempo il figlio Cadmo (v.).
L. Pareti, Studi sicelioti e italioti, Firenze 1914, p. 75 segg.; E. Ciceri, St. della Magna Grecia, II, Milano 1927, pp. 291 e 307.