Sclerosi multipla
Nel linguaggio medico si definisce sclerosi (dal greco σκλήρωσις, "indurimento") una profonda alterazione della struttura di un tessuto o di un organo, contraddistinta da un addensamento delle formazioni connettivali di sostegno, da una corrispondente atrofia delle cellule parenchimali e da una ridotta vascolarizzazione. La sclerosi multipla è una malattia del sistema nervoso centrale caratterizzata dalla presenza di numerose aree di infiammazione, che comportano un rallentamento o un blocco totale della trasmissione nervosa. Tale fenomeno si manifesta con la compromissione o addirittura la perdita delle funzioni esercitate dalle strutture nervose coinvolte dalla lesione. Per l'esordio in età giovanile e il lungo decorso, può essere considerata una patologia neurologica tra le più invalidanti. Si calcola che in tutto il mondo ne siano affetti più di tre milioni di persone. Essendo una malattia cronica, i suoi effetti si estendono al di là del puro aspetto medico per coinvolgere anche l'ambito familiare e sociale.
1. Aspetti fisiopatologici
Nella maggior parte dei casi la sclerosi multipla ha un esordio variabile tra i 20 e i 40 anni, con un picco di incidenza intorno ai 30, e colpisce le donne più frequentemente degli uomini, con un rapporto di circa 2/1. La malattia presenta una diversa distribuzione geografica. Infatti, la probabilità di comparsa della sclerosi multipla è minore nella zona periequatoriale e cresce con la latitudine sia in direzione nord sia verso sud. Attualmente sono considerate zone ad alta prevalenza (>50 casi/100.000 abitanti) l'Europa centrosettentrionale, l'America Settentrionale e l'Oceania sudorientale. L'Italia è invece considerata zona a medio rischio (circa 50 casi/100.000 abitanti). Alcune ricerche, infine, sembrano indicare che la migrazione da un'area a bassa incidenza a una ad alta conferisce una protezione dal rischio di malattia solo se è avvenuta prima dei 15 anni di età. L'eziologia è tuttora sconosciuta, come pure i meccanismi patogenetici responsabili della demielinizzazione e del decorso clinico, ma è probabile che la sclerosi multipla sia causata da fattori ambientali che agiscono su un terreno geneticamente predisposto. Nell'ambito dei fattori ambientali in grado di condizionare l'insorgenza della malattia, gli studi più rilevanti riguardano la possibile implicazione di infezioni virali. Tra i virus studiati meritano attenzione gli Herpesvirus come il Simian V5 e l'HSV-6, oltre a retrovirus quali l'HTLV-1 (Human T-cell leukemia virus). Tuttavia, per nessuno di essi è stata dimostrata una responsabilità causale nella comparsa della patologia. Si ritiene, comunque, possibile che l'agente iniziale sia virale e che, successivamente, intervengano meccanismi autoimmuni responsabili della lesione e della cronicizzazione della malattia. Per quanto riguarda il fattore genetico e in analogia con altre malattie a possibile patogenesi autoimmunitaria, la ricerca di variazioni geniche associate al rischio di contrarre la sclerosi multipla ha riguardato in massima parte geni implicati nella risposta immunitaria, quali il complesso maggiore di istocompatibilità (HLA, Human leukocyte antigen) e il recettore per l'antigene dei linfociti T (TCR, T-cell receptor). I dati sono risultati contrastanti (come per il TCR) oppure variabili in rapporto alle popolazioni prese in esame (come per gli HLA). Infine, studi su gemelli hanno rilevato una concordanza riguardo la presenza di sclerosi multipla del 28% nei monozigotici e del 5-7% nei dizigotici. Circa il 15% dei pazienti con sclerosi multipla ha un familiare o un parente affetto. Non si è, però, riscontrato in queste famiglie un modello genetico coerente: si pensa, perciò, che la predisposizione ad ammalarsi non sia legata in maniera univoca alla trasmissione genica. L'ipotesi più attendibile è che la sclerosi multipla sia una malattia provocata da un'anomala risposta immunitaria rivolta contro costituenti propri della mielina, una struttura che costituisce il rivestimento delle cellule nervose. Tra i dati clinici e sperimentali a sostegno di questa ipotesi vanno citati il riscontro di anticorpi nel liquor dei pazienti o il peggioramento dei sintomi in pazienti trattati con sostanze che modulano la risposta immunitaria, quali l'interferone-γ. Lesione tipica della sclerosi multipla è la 'placca', un'area di demielinizzazione, ossia di perdita della mielina, nell'ambito della sostanza bianca del sistema nervoso centrale. In fase acuta, tale lesione è caratterizzata da un infiltrato infiammatorio, che comporta l'alterazione della barriera ematoencefalica, cui consegue la rottura delle guaine mieliniche. Successivamente, si osserva la comparsa di una proliferazione astrogliale reattiva e di una perdita assonale irreversibile, oppure, in alcuni casi, rimielinizzazione più o meno parziale. Tuttavia, una buona parte delle lesioni può andare incontro a un processo di regressione completa dell'infiammazione. In tale evenienza, il sintomo determinato dalla lesione del sistema nervoso centrale può regredire fino a scomparire del tutto. Dal punto di vista macroscopico, le aree di lesione sono preferenzialmente distribuite intorno ai ventricoli laterali, al pavimento dell'acquedotto e del quarto ventricolo, anche se talvolta possono avere sede sottocorticale o interessare in parte la sostanza grigia. Il corpo calloso, i nervi ottici e il tronco cerebrale sono frequentemente interessati. Anche il midollo spinale è spesso sede di lesioni, soprattutto nel tratto cervicale, a livello delle colonne dorsali, delle regioni subpiali e intorno al solco anteriore.
2. Aspetti clinici
Nel suo stadio iniziale, la malattia tende a seguire un decorso denominato remittente (o à poussée, secondo gli autori francesi), in cui ogni riacutizzazione è seguita da una remissione pressoché completa. Con il passare del tempo, però, segni e sintomi tendono a non scomparire totalmente e si può assistere a una continua progressione del deficit neurologico. Così la malattia, inizialmente remittente, diviene secondariamente progressiva. Quando la progressione si manifesta sin dall'esordio si parla di forme primariamente progressive (15%). Esiste, inoltre, una discreta percentuale di pazienti (10-20%) affetti da forma benigna, nei quali la patologia si mantiene poco invalidante anche dopo 10 anni dall'esordio. Per quanto riguarda la storia naturale della sclerosi multipla, è stato osservato che, dopo 15 anni di malattia, circa un terzo dei pazienti presenta un grado lieve di invalidità; dopo un periodo più prolungato di osservazione (circa 25 anni), tale proporzione si riduce a un settimo. Inoltre, si delinea un migliore andamento quando l'esordio si presenta prima dei 40 anni con un disturbo visivo o sensitivo. Il sintomo d'esordio più frequente è la perdita di forza, che riguarda prevalentemente gli arti inferiori. Nel corso dell'evoluzione della malattia, la lesione della via motoria, isolata o associata ad altri sintomi, generalmente contribuisce a produrre l'invalidità permanente. Una riduzione o un'alterazione della sensibilità è ugualmente piuttosto frequente e può riguardare sia la componente tattile e termodolorifica sia la sensibilità di movimento e posizione. Il coinvolgimento del cervelletto, raro come sintomo d'esordio, contribuisce in modo determinante ai disturbi dell'equilibrio, della parola e della scrittura, che caratterizzano gli stadi più avanzati. Segni e sintomi cerebellari hanno scarsa tendenza alla regressione e, se presenti all'esordio, hanno un cattivo significato prognostico. Un quarto dei casi esordisce con una neurite ottica retrobulbare, che viene determinata dalla formazione di una lesione infiammatoria all'interno del nervo ottico. Obiettivamente tale lesione si manifesta con l'associazione di un rapido abbassamento dell'acuità visiva unito alla presenza di dolori orbitari, accentuati dalla mobilizzazione del globo oculare. Tra le manifestazioni legate a lesione del tronco cerebrale predomina il nistagmo, cioè la presenza di movimenti oculari coniugati involontari e aritmici, costituiti da una componente lenta in una direzione e una componente rapida di compenso nell'altra. Tuttavia, sono presenti anche alterazioni a carico di altri nervi cranici, con compromissione della motilità oculare e della muscolatura della faccia, o difficoltà nella deglutizione. Possono costituire una manifestazione precoce e frequente anche i disturbi urinari, espressi sia dalla necessità di urinare con urgenza sia dalla tendenza alla ritenzione urinaria. Inoltre, possono comparire pure stitichezza o disfunzioni sessuali. Il disturbo psicologico più riscontrato è rappresentato dalla condizione depressiva, in fase iniziale verosimilmente reattiva, poi espressione della malattia stessa. Nelle fasi più tardive possono comparire anche l'euforia, ossia un'esuberanza ingiustificata ed eccessiva, e veri e propri disturbi cognitivi, quali la perdita di memoria, della capacità di calcolo e dell'attenzione. Un vero deterioramento mentale però non è frequente, salvo in alcuni casi di malattia molto avanzata. Questi sintomi possono essere variamente associati tra loro e possono condurre a un quadro clinico di gravità molto variabile. La diagnosi si basa su dati clinici e strumentali. La presenza di sintomi attribuibili a diverse strutture cerebrali e in momenti diversi è essenziale e spesso sufficiente per una diagnosi di certezza. Tra gli esami strumentali vanno segnalati, per la loro importanza, l'esame del liquor e le neuroimmagini, in particolare la risonanza magnetica nucleare (RMN). L'esame del liquor, il liquido che circonda e protegge le strutture del sistema nervoso centrale, fornisce dati indispensabili alla diagnosi: il reperto più frequente è la presenza di glicoproteine appartenenti a una particolare classe di proteine, le immunoglobuline, caratterizzate da comuni proprietà chimico-fisiche (le bande oligoclonali); possono essere presenti anche una sintesi anticorpale e un aumento dei linfociti nel liquor. Il riscontro di tali reperti, però, pur essendo suggestivo, non costituisce un elemento sufficiente per la diagnosi di sclerosi multipla. Oggi la RMN ricopre un ruolo fondamentale consentendo di valutare non soltanto la sede e l'estensione delle zone di demielinizzazione, ma anche la fase di attività della malattia. Infatti, grazie al mezzo di contrasto, è possibile identificare le aree in cui è in atto il processo infiammatorio, responsabili eventualmente del sintomo neurologico. Studi di correlazione clinico-radiologica hanno dimostrato che fattori quali il numero e la dimensione delle lesioni che assumono il mezzo di contrasto, l'atrofia delle strutture encefaliche e midollari e la perdita assonale sono in relazione con un maggior grado di invalidità. Però la corrispondenza tra sintomatologia e neuroimmagini non è assoluta, in quanto alcune lesioni rimangono clinicamente asintomatiche. Infine, la RMN, mediante esami seriati, è utile nel seguire il decorso della malattia e l'efficacia dei trattamenti farmacologici nel tempo.
In generale, dunque, si può affermare che i dati clinici, associati ai due esami strumentali sopra descritti, conducono a una diagnosi certa nella maggior parte dei casi. Le informazioni attualmente in nostro possesso hanno ampliato le prospettive terapeutiche relative a tale patologia. Dal momento che il numero di riacutizzazioni comparse nei primi anni della malattia è predittivo dell'invalidità riscontrata a molti anni di distanza, è consigliabile iniziare la terapia in fasi precoci. Oggi, comunque, la mancata individuazione di un agente causale della sclerosi multipla, non ha permesso l'introduzione di una terapia eziologica. In fase acuta, l'obiettivo terapeutico primario è quello di ridurre la durata e la gravità della ricaduta. Successivamente si cercherà di eliminare o almeno di ridurre il numero di ricadute attraverso una terapia iniziata in fase precoce e caratterizzata da scarsi effetti collaterali sia a breve sia a lungo termine. Durante la ricaduta, lo scopo principale sarà quello di ridurre l'intensità e la durata della sintomatologia. Sebbene il trattamento con steroidi per via orale o con l'ormone adrenocorticotropo (ACTH, Adrenocorticotropic hormone) per via intramuscolare venga talora impiegato nel caso di disturbi di lieve entità, la maggior parte degli autori è concorde nel ritenere che la somministrazione endovenosa di alte dosi di steroidi per un periodo di tempo limitato costituisca il trattamento più indicato per la fase acuta della malattia. Rispetto alla terapia per via orale, quella con alte dosi per via endovenosa sembra in grado di produrre un miglioramento dei disturbi riducendo i tempi della ripresa funzionale. Sono attualmente disponibili presidi farmacologici efficaci nel prevenire la comparsa di riacutizzazioni. Tra questi è da menzionare l'interferone-β, i cui effetti positivi consistono nel determinare una diminuzione nella frequenza delle esacerbazioni cliniche di circa il 30-35% e soprattutto una ridotta progressione del danno encefalico documentato alla RMN (52-75%). Più incerto appare l'effetto del farmaco sull'invalidità a lungo termine, in quanto i dati finora disponibili sono scarsi e riguardanti un limitato periodo di follow up (2-5 anni). Essi sembrano comunque indicare un lieve rallentamento nella progressione dell'invalidità. Recentemente il copolimero, un polipeptide dotato immunologicamente di reattività crociata con la proteina basica della mielina, si è dimostrato una valida alternativa nella prevenzione delle ricadute. Gli immunosoppressori sono usati, invece, nei pazienti con malattia remittente, che presentano frequenti ricadute (più di 3 all'anno) e nei pazienti con malattia progressiva soprattutto nelle fasi iniziali di avanzamento. La terapia sintomatica è quella rivolta a trattare in maniera specifica i sintomi più tipici della patologia senza incidere sul suo decorso. I sintomi cronici che più spesso richiedono un trattamento sono l'astenia, la spasticità, molto frequente in corso di sclerosi multipla, il deficit di forza e i disturbi dell'alvo. Per tali sintomi esistono specifici presidi farmacologici. Per quanto riguarda i disturbi urinari (v. sopra), essi sono estremamente complessi, per cui è necessario tener conto sia delle caratteristiche cliniche sia dei dati urodinamici. È comunque possibile ricorrere sia a farmacoterapia sia a mezzi diversi, quali per es. il cateterismo intermittente.
Anche i sintomi psicologici possono richiedere un trattamento farmacologico o una psicoterapia di supporto. Tra le misure non farmacologiche che hanno migliorato la condizione di vita di questi pazienti vi è la fisioterapia, il cui scopo è duplice: sia mantenere il potenziale motorio al momento dell'intervento, sia migliorare le attività motorie compromesse. Per fare questo, è necessario, in primo luogo, mantenere il tono ottimale della muscolatura che spesso in questi malati è incrementato. Pertanto, è necessario effettuare manovre di inibizione del tono muscolare atte a facilitare i movimenti di determinati punti chiave del controllo posturale, al fine di ridurre la spasticità. Inoltre, non bisogna trascurare le altre componenti, quali i disturbi dell'equilibrio, della coordinazione e della sensibilità. In aggiunta ai presidi farmacologici, l'approccio terapeutico alla sclerosi multipla può includere anche dieta, riposo, servizi di consultazione sia per il paziente sia per i familiari, gruppi di supporto e ausili meccanici. In conclusione, considerata la variabilità del decorso e dell'invalidità a essa legata, la sclerosi multipla è una malattia la cui gestione richiede un approccio multifattoriale, che tenga in considerazione sia la sintomatologia sia le ripercussioni che essa può determinare sull'aspetto familiare, economico e sociale.
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