sconcio
Nel suo significato etimologico di " non acconcio ", " non appropriato ", " non conveniente " ricorre soltanto nell'unico esempio del Convivio, e questo valore, dal quale non esula però del tutto una valutazione morale negativa, è reso più evidente dall'antitesi con ‛ idoneo ': I I 17 certi costumi sono idonei e laudabili ad una etade che sono sconci e biasimevoli ad altra.
Dall'idea della mancanza di convenienza si sviluppa quella della ‛ mancanza di agevolezza ' o addirittura della ‛ deformità '. Scoglio sconcio ed erto (If XIX 131), cioè " disagiato e alto " (Buti), è il ponte roccioso, rotto, pieno di anfratti e ripido che valica la quarta bolgia; gente sconcia (XXX 85) sono i falsari di monete, resi " deformi " dalla sconcia e fastidiosa pena (XXIX 107), cioè " deformante ", dell'idropisia: in quest'ultima occorrenza l'aggettivo prende valore attivo, come del resto l'altro con cui fa coppia.
Più frequentemente, in senso morale, vale " turpe ", " vergognoso ", e implica l'idea di una violenta riprovazione: sconcia (Pd IX 53) è la difalta, il " tradimento ", di Alessandro Novello, reo di aver consegnato a Pino della Tosa, che poi li decapitò, i fuorusciti ferraresi rifugiatisi presso di lui; sconcia novella (If XVIII 57) è quella del lenocinio di Venedico Caccianemico (v.). V. anche DISCONCIO.