Nella primavera del 2010, immagini di violenti scontri tra forze di polizia thailandesi e manifestanti disarmati – abbigliati in T-shirt rosse, e da ciò rinominati Camicie Rosse (red shirts) – invasero i giornali e le TV occidentali, focalizzando l’attenzione internazionale sulla crescente instabilità politica del paese. L’incapacità di raggiungere un accordo tra i leader della protesta e il governo si tradusse, nel maggio dello stesso anno, in un’escalation di violenza, che causò la morte di circa un centinaio di persone, in prevalenza manifestanti. Le Camicie Rosse rappresentano un movimento popolare guidato dallo United Front for Democracy against Dictatorship (Udd), una coalizione di quelle forze politiche contrarie al colpo di stato militare che, nel settembre 2006, depose l’allora primo ministro Thaksin Shinawatra, democraticamente eletto un anno prima. Da un punto di vista popolare, il movimento è espressione della Thailandia rurale e del malcontento che, nelle campagne come nelle città al di fuori di Bangkok, si oppone all’eccessiva concentrazione di potere politico ed economico nella capitale, accusata di crescere a scapito del resto del paese. Dal gennaio 2011, le Camicie Rosse – sebbene con una leadership decimata da frequenti arresti e persecuzioni da parte del governo – sono riuscite a riorganizzarsi, radunandosi regolarmente due volte al mese per ricordare le vittime degli scontri e chiedere nuove elezioni.
A esse si contrappone il movimento conosciuto come Camicie Gialle (yellow shirts), dal colore usato durante le celebrazioni per il compleanno del re. Le Camicie Gialle si richiamano simbolicamente alla monarchia, chiedendo che il re svolga un maggior ruolo in politica per prevenire l’emergere di leader populisti, con ovvio riferimento all’ex premier in esilio. Già protagoniste delle proteste che portarono al golpe del 2006, successivamente esse contestarono l’esito delle elezioni del 2007 – vinte dal nuovo partito fondato da Thaksin, il Palang Prachachon (‘Potere popolare’, Pp) – occupando i due aeroporti di Bangkok nell’ottobre 2008 e ottenendo che il Pp fosse accusato di brogli elettorali e dichiarato illegale. Rappresentazione del forte nazionalismo presente tra la borghesia ricca e l’aristocrazia di Bangkok, oggi il movimento delle Camicie Gialle chiede le dimissioni dell’attuale governo e del premier Abhisit Vejjajiva (salito in carica proprio grazie al sostegno dei ‘gialli’), accusato di non saper gestire con la dovuta fermezza l’annoso contenzioso territoriale con la Cambogia per la sovranità sul tempio Preah Vihear, in questi ultimi mesi teatro di crescenti tensioni fra i due paesi.