Scozia
Regione della Gran Bretagna settentrionale, con capitale Edimburgo.
Abitata da popolazioni celtiche, la S. fu parzialmente occupata nel 1° sec. d.C. dai romani, che vi esercitarono una certa influenza fino al 4° secolo. Nel 6° sec. l’azione della cristianità celta, partendo da Iona, affermò contro Roma la propria autonomia e contribuì ad approfondire il distacco tra l’Inghilterra e la S., che fu divisa in 4 organismi (i due regni dei pitti, i britanni di Strathclyde e gli scoti irlandesi di Dalriada); nell’8° sec. i pitti estesero la loro supremazia sulle popolazioni vicine; nel 9° sec. il loro regno fu assoggettato da Kenneth McAlpin, il quale unì in un unico regno Dalriada e Caledonia, chiamandolo regno di S. (Scone). La storia del regno celtico è la storia della difesa contro i vichinghi e delle campagne per la conquista del Lothian a S, del Moray a N, dello Strathclyde a O. Il maggiore dei sovrani celti di S., Costantino II (900-940), rinnovò la struttura della Chiesa scozzese e consolidò il potere del sovrano sui nobili, pur riconoscendo la supremazia del re anglosassone. Lo Strathclyde si staccò dal regno negli ultimi anni di Costantino, e vi ritornò solo sotto il re Duncan di Strathclyde, che riunì sotto il suo scettro tutta la S., tranne le zone costiere in mano ai vichinghi. Per assicurare la successione al trono di Duncan, Malcolm II aveva ucciso il nipote; il marito della sorella di questi, Macbeth, insorse, uccise Duncan (1040) e si impadronì del potere. Fu poi cacciato e ucciso dal figlio di Duncan, Malcolm Canmore (Malcolm III), con il quale si introdussero in S. le usanze religiose e sociali inglesi (1058-93). Con David I (1124-53) la S. diventò un tipico regno normanno di carattere feudale. La pressione inglese si era intanto fatta sempre più forte. Guglielmo il Leone (1165-1214) tentò la riconquista del Cumberland e del Northumberland perduti (1174) ma, sconfitto, dovette riconoscere la dipendenza feudale del suo regno dal sovrano inglese (1175). Dopo la morte di Alessandro III (1244-86) e della nipote Margherita, il problema della successione travagliò gravemente la Scozia. I pretendenti erano: Giovanni Baliol, David conte di Nuntingdom e Robert Bruce (futuro Roberto I). Approfittando della situazione, Edoardo d’Inghilterra prese in formale consegna la S. (1291), vi nominò dei reggenti e incaricò una commissione di scozzesi e inglesi di esaminare le pretese dei vari aspiranti al trono. Essa si pronunciò per Baliol (1292), incoronato re a Scone. Ma l’arrendevolezza di Baliol verso Edoardo indignò i nobili scozzesi, che si allearono con la Francia contro Edoardo (1295). Quando questi nel 1303 proclamò l’annessione della S. all’Inghilterra, Robert Bruce organizzò una rivolta di nobili e fu incoronato a Scone (1306). Alla sua morte gli inglesi posero sul trono Edoardo Baliol, che nel 1333 cedette all’Inghilterra diversi territori. Il partito scozzese riebbe il sopravvento (1341) con David Bruce, figlio di Robert, con cui finì (1371) la discendenza di Roberto I.
Con Roberto II, che diede inizio alla dinastia degli Stuart, e Roberto III l’indebolimento della monarchia consentì alle fazioni nobiliari, in particolare ai potenti Douglas, di consolidare i propri poteri. Giacomo I tentò di riformare il Parlamento scozzese sul modello inglese e, attraverso una nuova legislazione, ridusse l’anarchia dei baroni; dopo il suo assassinio (1437), Giacomo II e Giacomo III proseguirono, ma con minor vigore, la sua opera. Giacomo IV attaccò i nobili e continuò l’alleanza con la Francia; nonostante il matrimonio con Margherita, figlia di Enrico VII di Inghilterra, aiutò le rivolte contro questi finché rimase ucciso a Flodden (1513). Giacomo V sposò Maria di Guisa e, alla sua morte (1542), fu incoronata regina la neonata Maria Stuarda. La madre, Maria di Guisa, governò fino al 1560 la S. come una provincia francese: la guerra contro l’Inghilterra fu continuata e l’opposizione filoinglese trovò un rinforzo nell’alleanza con i protestanti; J. Knox fu l’anima del covenant (1557), in cui i nobili scozzesi giurarono di identificare la causa della S. con quella della religione evangelica. L’alleanza con Elisabetta, di cui Maria dichiarava illegittima la successione vantando il proprio diritto, rese forte la fazione antifrancese, che, capeggiata da Knox e da J.S. Moray, prevalse con l’aiuto inglese. Alla morte di Maria di Guisa, il partito protestante e antifrancese accolse Maria Stuarda. Ma dopo il Trattato di Edimburgo, in cui Maria Stuarda rinunciava alle sue pretese sul trono d’Inghilterra, il Parlamento adottò la fede calvinista e nel 1567 costrinse la cattolica Maria ad abdicare in favore del figlio minorenne Giacomo VI. Divenuto maggiorenne, Giacomo VI governò la S. con una forma di potere assoluto, manipolando il Parlamento fino a ridurlo a un organo formale, e dopo la sua ascesa al trono d’Inghilterra (morta Elisabetta senza discendenza), con il nome di Giacomo I, si servì del nuovo potere per effettuare delle innovazioni in ambito ecclesiastico che suscitarono forti reazioni nel Paese. L’unione personale tra le corone di S. e di Inghilterra non pose fine ai contrasti religiosi e politici fra i due regni. In contrapposizione alla Chiesa inglese governata dallo Stato, in S. la Chiesa nazionale riformata, governata da organi elettivi, impose il proprio controllo sullo Stato. Alla morte di Giacomo I, il successore Carlo I sciolse il Parlamento inglese (1629) e governò senza di esso per undici anni; in S., invece, fu costretto a lasciare che un’assemblea di nobili, pastori e borghesi esaminasse le sue riforme. Quando il re volle imporre un nuovo rituale e una disciplina modellata su quella anglicana, e quando i vescovi tentarono di introdurre la nuova liturgia voluta dallo stesso Carlo I, la Chiesa scozzese rispose con il covenant del 1638, che riconfermò la professione di fede presbiteriana del 1581. L’abolizione dei vescovi, della nuova liturgia e dei nuovi canoni disposti da Carlo I portarono alla prima guerra dei vescovi (1638-39). La seconda iniziò nel 1640 e si concluse con il Trattato di Ripon. Gli scozzesi imposero la revoca di tutte le riforme religiose dalla S. e il pagamento di una forte somma alle milizie del covenant, costringendo così Carlo I a convocare il Parlamento. La frattura fra Parlamento inglese e re si acuì con la Grande rimostranza (1641), che sciolse l’episcopato e impose a Carlo I di scegliere i propri collaboratori solo se autorizzati dal Parlamento. Fu così che nel 1643 fu costituita la lega tra il partito presbiteriano di Argyll e il Parlamento inglese, per cui gli scozzesi si impegnavano a sostenere il Parlamento e gli inglesi a introdurre il presbiterianesimo nel loro Paese. Dopo vittorie e sconfitte da ambo le parti, l’ascesa di O. Cromwell indusse gli scozzesi a mutare la loro politica. Carlo I riuscì a convincerli a venire in suo soccorso (1648), ma Cromwell li sconfisse. Dopo la decapitazione di Carlo I (1649), gli scozzesi elessero loro re Carlo II e minacciarono l’Inghilterra, ma furono sconfitti da Cromwell (1650) e Carlo II fuggì in Francia. Cromwell tolse alla Chiesa presbiteriana il suo potere politico, abolì la giurisdizione feudale, pacificò gli Highlands; ammettendo la nobiltà scozzese nel Parlamento di Londra, accelerò il processo di integrazione della nazione scozzese nello Stato britannico. Con la Restaurazione, il potere del re si affermò contro i nobili e soprattutto contro la Chiesa: il Parlamento ripudiò il covenant e il potere ecclesiastico fu dichiarato prerogativa regia. I covenanters tentarono senza successo la resistenza armata, ma furono sconfitti e la persecuzione non ebbe fine che con l’avvento degli Orange. Con questi, i rapporti tra Inghilterra e S. rimasero tesi, finché nel 1692 Guglielmo III ordinò il massacro di tutto il clan dei Macdonald, solo perché non avevano giurato in tempo fedeltà alla nuova dinastia. Il problema dell’unione fu affrontato con poco tatto, in un Paese ancora impregnato di lealismo stuardiano e di orgoglioso autonomismo. Anna Stuart nominò una commissione per trattare le condizioni dell’Unione (1702), ma una serie di provvedimenti unilaterali indussero il Parlamento scozzese a minacciare la separazione delle corone; l’Inghilterra, in guerra con la Francia e bisognosa di stabilità interna, fu costretta a concessioni. La S. conservava i suoi sistemi ecclesiastici, amministrativi e giudiziari, si impegnava a pagare il 2,5% del reddito nazionale e mandava 16 rappresentanti alla Camera dei lord e 45 alla Camera dei comuni. Il progetto fu approvato e l’Unione divenne effettiva dal 1° maggio 1707. Da allora la storia della S. si confonde con quella della Gran Bretagna.
Negli anni Settanta del 20° sec. emersero istanze autonomistiche: lo Scottish national party conobbe nell’arco di pochi anni una crescita sorprendente, ottenendo per la prima volta un seggio alla Camera dei comuni e diventando il secondo partito della regione dopo i laburisti. Il governo Thatcher propose una forma di devoluzione a favore di S. e Galles ma, dopo la bocciatura referendaria, la legge fu revocata. La questione si ripropose nel 1997, quando un nuovo referendum popolare approvò l’istituzione di un Parlamento regionale competente anche in materia fiscale. Le prime elezioni si sono tenute nel 1999 e i laburisti hanno ottenuto la maggioranza dei seggi. Nelle elezioni del 2007 invece è risultato primo partito lo Scottish national party.