Vedi SCRITTURA dell'anno: 1966 - 1973
SCRITTURA (v. vol. vii, pp. 123-138)
Grecia e Roma. - Le ricerche più recenti sulla S. greca e romana, oltre che nell'aprire talune prospettive nuove, hanno raggiunto risultati di sicuro interesse nell'analizzare certi aspetti evolutivi della civiltà grafica e nell'approfondire, mediante una impostazione scientifica più rigorosa e una tecnica più raffinata, lo studio di talune s. canonizzate.
Per quanto riguarda la maiuscola greca libraria, la pubblicazione, ad opera di Stylianos G. Kapsomenos, di frammenti orfici di papiro provenienti da una tomba di Derveni presso Tessalonica (v. salonicco), ha fatto conoscere un esemplare di S. probabilmente anteriore a quella dei Persiani di Timoteo, forse quindi della metà del IV sec. a. C. circa, confermando che in questo periodo la S. greca letteraria, resta essenzialmente legata alle forme epigrafiche delle quali appare, nei suoi caratteri fondamentali, una trasposizione su papiro. E del resto anche nei secoli successivi, S. epigrafica e S. letteraria mostrano talune tendenze comuni non tanto nella forma e nel tratteggio delle lettere, quanto per certi orientamenti di gusto. Così dal II e soprattutto dal I sec. a. C., e nelle epigrafi e nei papiri, le lettere, leziosamente apicate, assumono un aspetto fiorito, peraltro quanto mai congeniale - come ha ben rilevato M. Guarducci - al carattere dell'età ellenistica. La moda dello stile ad apici ornamentali perdura fino all'età imperiale avanzata, anche se non incontrò sempre e dovunque uguale favore.
Al di là tuttavia dei confronti con le manifestazioni epigrafiche (pur interessanti in relazione a fenomeni culturali ed estetici), poiché l'indagine paleografica nel terreno delle s. latine, forte di metodi affinati, è giunta a risultati di fondamentale importanza, si impone una revisione radicale della storia della s. greca su uguali basi metodologiche. Vale a dire che, come delle latine, anche delle s. greche appare indispensabile valutare quegli elementi che la scuola francese - in particolare Jean Mallon - ha messo in giusta luce, ossia, oltre la forma delle lettere, il tratteggio (il numero, la successione e la direzione dei tratti che compongono ciascun segno grafico), il ductus (il grado di velocità nell'esecuzione), l'angolo di scrittura (ossia l'angolo complementare a quello formato dalla retta passante per le punte dello strumento scrittorio con il rigo di base, e avente quest'ultimo elemento in comune). Concetti inoltre come quello di s. normale (le forme ideali dei singoli segni alfabetici ai quali si riferiscono le forme realizzate praticamente nell'atto di scrivere), di s. usuale (le multiformi manifestazioni grafiche della prassi quotidiana), di canone scrittorio (somma di caratteristiche che si enucleano dall'usuale e si fissano, in certe epoche e ambienti, in regole precise) già da tempo e largamente applicati in campo latino ad opera, soprattutto, di G. Cencetti, sembrano ormai doversi introdurre o applicare più largamente anche negli studî sulla s. greca (di canone scrittorio ha parlato di recente un grecista, J. Irigoin, a proposito della maiuscola greca del cosiddetto "tipo copto").
Sempre in ricerche di paleografia romana, analisi minuziose all'interno di s. canonizzate hanno rivelato fondamentali differenze di epoca e di scuola tra i manoscritti presi in esame. In particolare, per la capitale libraria latina, uno studio rigoroso in tal senso è stato condotto da A. Pratesi. L'indagine ha dimostrato che il canone grafico della capitale è meno rigido di quanto la manualistica corrente sia solita presentarlo: singole scuole, infatti, hanno elaborato caratteristiche particolari (secondo un diverso orientamento nell'interpretazione e nell'applicazione delle regole fondamentali) che conferiscono ai proprî manufatti uno stile diverso da quelli di altre scuole. Il Pratesi ha acquisito, tra l'altro, che i famosi Virgilio Palatino e Virgilio Romano della Biblioteca Apostolica Vaticana provengono sicuramente da una stessa scuola, finora purtroppo non localizzabile. Dal punto di vista della datazione, la s. del Virgilio Romano (IV-V sec.) appare nel complesso più faticosa che non quella del Palatino (IV sec.) e sembra quindi più tarda (valutazione cronologica, questa, più fondata delle precedenti, in quanto relativa a prodotti che risultano provenienti da una stessa scuola).
Nell'ambito della s. greca e sul fondamento dell'ampia documentazione pervenuta sino a noi, si è studiato (G. Cavallo) - secondo i criteri di indagine già sperimentati in paleografia latina - il processo formativo ed evolutivo di una tra le canonizzazioni greche più diffuse, la maiuscola biblica, attestata, in forma esemplare, nei ben noti codici Vaticano, Sinaitico e Alessandrino della Bibbia. Si evidenzia così una parabola che dalle timide origini del canone (fine del II sec. d. C.) e attraverso la sistemazione (III sec.) e la perfezione (IV sec.), declina fino all'artificio (V-VI sec.) e alla estrema decadenza (VI-IX sec.). Inoltre, poiché tra il V e il VI sec. si manifestano all'interno del canone ben marcate differenze stilistiche, pare plausibile dedurre l'esistenza di scuole diverse, localizzabili, almeno su basi ipotetiche, anche con l'aiuto di elementi extrapaleografici. L'indagine così orientata porta a datare, pur se approssimativamente, i manufatti scrittori e in relazione alla intera linea evolutiva del canone (sul fondamento soprattutto della maggiore o minore spontaneità nell'esecuzione) e, quando si tratti di gruppi di manoscritti riferibili a scuole particolari, secondo criterî di datazione relativa.
Sembra così che, dei più famosi codici vergati in maiuscola biblica, il Vaticano sia da assegnare intorno alla metà del IV sec. e il Sinaitico a pochi anni più tardi, mentre l'Alessandrino sarebbe di circa un secolo posteriore. Inoltre, sul fondamento di confronti grafico-stilistici con taluni papiri egiziani e con il Dioscuride di Vienna, scritto sicuramente a Costantinopoli intorno al 512, pare che la Genesi Gotton vada attribuita a scuola egiziana e alla fine del sec. V; che il Vindobonense della Genesi, il Sinopense e il Rossanense dei Vangeli provengano da scuola antiochena e siano riferibili il primo all'inizio e gli altri alla fine del sec. VI; e che non anteriore all'inizio dello stesso secolo sia l'Iliade Ambrosiana, un prodotto ibrido dal punto di vista grafico, in quanto le caratteristiche della maiuscola biblica vengono innestate su di una calligrafizzazione più antica. L'ausilio che la paleografia offre alla storia dell'arte per la datazione e talvolta anche per la localizzazione dei codici miniati, si rivela del massimo interesse.
Per quanto riguarda la s. greca documentaria, una vera e propria evoluzione in senso corsivo sembra non si sia avuta prima del II sec. a. C.; tale svolgimento, fino agli ultimi anni del III sec. d. C., appare peraltro essenzialmente autonoma rispetto alla s. latina (anche se non mancano certe occasionali influenze), mentre dal IV sec. d. C. si potrebbe forse parlare, almeno a livello burocratico, di una koinè grafica greco-latina.
Per lo studio della s. romana corrente, si sono rivelati di grande interesse i graffiti (riferibili al I e II sec. d. C.) scoperti fra l'altro in questo secolo nella località francese di La Graufesenque (Aveyron, a 2 km da Millau), corrispondente alla gallica Condatomagos, e studiati da Armando Petrucci. Si tratta di conti incisi da rozzi scrivani indigeni su piatti e scodelle e quindi di una produzione popolare-provinciale di umile origine, lontana e diversa dalle s. librarie composte e conservatrici perché fortemente legate a regole tradizionali e di scuola. Bipolarismo fra produzione aulica e produzione popolare come in campo artistico? In ogni caso tali graffiti, come ha mostrato il Petrucci, in quanto provenienti da un ambiente geograficamente eccentrico e culturalmente poco evoluto, rivelano in certe forme aspetti ignorati della s. usuale del I sec. d. C. e aiutano quindi ad affrontare e talvolta a risolvere problemi inerenti alla evoluzione della corsiva latina antica, vale a dire al passaggio dalla capitale alla minuscola.
Bibl.: J. Mallon, Paléographie romaine, Madrid 1952; G. Cencetti, Lineamenti di storia della scrittura latina, Bologna 1954-1956; J. Irigoin, L'onciale grecque de type copte, in Jahrbuch der Österreichischen Byzantinischen Gesellschaft, VIII, 1959, pp. 29-51; W. Lameere, Aperçus de paléographie homerique, Parigi-Bruxelles-Anversa-Amsterdam 1960; A. Petrucci, Per la storia della scrittura romana: i graffiti di Condatomagos, in Bull. Archivio Paleografico It., III Serie I, 1962, pp. 85-132; S. G. Kapsomenos, ῾Ο ὀρϕικὸς πάπυρος τῆς Θεσσαλονικης, in ᾿Αρχ. Δελτίον, XIX, 1964, pp. 17-25; A. Pratesi, Considerazioni su alcuni codici in capitale della Biblioteca Apostolica Vaticana, in Mélanges Eugène Tisserant, VII, 2, Città del Vaticano 1964, pp. 243-254; G. Cavallo, La scrittura del P. Berol. 11532: contributo allo studio dello stile di cancelleria nei papiri greci di età romana, in Aegyptus, XLV, 1965, pp. 216-249; id., Ricerche sulla maiuscola biblica, Firenze 1967; M. Guarducci, Epigrafia greca, I: Caratteri e storia della disciplina - La scrittura greca dalle origini all'età imperiale, Roma 1967; R. Seider, Paläographie der griechischen Papyri, I, Stoccarda 1967; M. Wittek, Album de paléographie grecque, Gand 1967.