scudo
Ha senso proprio in Cv I VIII 5, dove si afferma che non riceve un gran bene chi, pur essendogli fatto un dono, che resta comunque una testimonianza di amicizia, non può trovarlo pertinente alle sue inclinazioni o bisogni, come quando uno cavaliere donasse ad uno medico uno scudo, e quando uno medico donasse a uno cavaliere scritti li Aphorismi d'Ipocràs, ovvero li Tegni di Galieno. Senso proprio, pur se in un contesto chiaramente metaforico, conserva anche in Rime CIII 14: per le frecce che gli lancia la donna Pietra il poeta asserisce che non trovo scudo ch'ella non mi spezzi / né loco che dal suo viso m'asconda. Cfr. anche Pg XXXII 19, Fiore CXXVIII 5, CCVII 13, CCVIII 3, CCIX 11, CCX 3, CCXIII 9.
Indica più propriamente lo stemma gentilizio, che vi si portava istoriato dai nobili, e qui precisamente dai re di Castiglia, in Pd XII 53, con accenno a Calaroga, il luogo natale di s. Domenico: siede la fortunata Calaroga / sotto la protezion del grande scudo / in che soggiace il leone e soggioga: uno stemma inquartato nel quale sono raffigurati due leoni e due torri, il primo dei quali sormonta una delle due torri mentre il secondo è sormontato dall'altra.
È usato invece in modo nettamente metaforico in Pd XXIX 114 dove, in opposizione alle vuote ciance dei vacui predicatori, vengono presentate come scudo e lance per la loro battaglia di propagazione della fede cristiana le parole del Vangelo che gli Apostoli diffusero nel mondo ripetendo il verbo di Cristo: Non disse Cristo al suo primo convento: / ‛ Andate, e predicate al mondo ciance '; / ma diede lor verace fondamento; / e quel tanto sonò ne le sue guance, / sì ch'a pugnar per accender la fede / de l'Evangelio fero scudo e lance.
Ha il senso di " schermo ", " riparo ", in Pg XXXII 159: il gigante che sconciamente bacia la puttana che se ne sta seduta sul mostro in cui si è trasformato il carro della Chiesa dopo che con la sua coda l'ha trafitto il dragone, la batte selvaggiamente quando si accorge che essa volge il suo occhio cupido e vagante sul poeta e poi la trascina insieme col mostro in una selva, che fa appunto da scudo perché D. non possa più scorgere niente: tanto che sol di lei mi fece scudo / a la puttana e a la nova belva. Così anche in If XXII 116 sia la ripa scudo: la ripa, dietro la quale il diavolo Alichino pattuisce con Ciampolo di Navarra che se ne starà raccolto insieme con gli altri Malebranche che compongono la decina formata da Barbariccia perché faccia da scorta a D. e Virgilio, deve servire perché i compagni di pena, che il Navarrese s'impegna a far uscire dalla pece bollente in cui sono immersi e da cui talora sporgono il capo, non si terrorizzino alla vista dei diavoli guardiani della bolgia e il progetto di catturarli non naufraghi.