SCUOLA (XXXI, 249)
In Italia l'ultimo decennio non ha visto innovazioni profonde e organiche, eccetto forse l'istituzione della Scuola media; e la caduta del fascismo ha determinato piuttosto un ritorno all'antico. Non sono mancati però provvedimenti notevoli; e sono avviati gli studî intesi a mettere la scuola in grado di adeguarsi alle nuove esigenze culturali e sociali.
La "Carta della scuola" (emanata dal Gran consiglio del fascismo l'8 febbraio 1939, dichiarata decaduta con circolare ministeriale del 27 luglio 1943) rimase un programma, ispirato in gran parte dalle concezioni del fascismo benché contenesse anche affermazioni d'importanza non contingente; né si oppose al continuo accentramento.
Scuola elementare. - L'art. 34 della costituzione della repubblica stabilisce tra l'altro che l'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni (quindi, dai 6 ai 14 compiuti), è obbligatoria e gratuita. In pratica la scuola elementare italiana è ferma, dov'è completa, ai 5 anni dei corsi inferiore e superiore. In moltissimi luoghi però vi sono 3 sole classi, di regola con un solo maestro. Sono le cosiddette scuole uniche o pluriclassi (15.394, di cui 13.483 statali), delle quali si discute se estenderle a 50 anche a 8 classi.
Le scuole rurali (dei centri con popolazione dedita prevalentemente all'agricoltura e da 20 a 250 fanciulli obbligati) divennero quasi tutte di stato nel 1938; la distinzione tra scuole urbane e rurali scomparve nel 1942 e col 1943 ebbe fine anche la gestione dell'Opera nazionale dell'Italia redenta e delle scuole per i contadini dell'Agro romano. Restano in vigore le disposizioni relative all'istituzione di scuole statali e alle scuole sussidiate; e così pure quelle relative all'insegnamento religioso, tranne solo qualche particolare.
Varie disposizioni hanno eliminato misure improntate allo spirito del fascismo. Così il "libro di stato" è stato abrogato dal decr. legisl. lgt. 31 agosto 1945. Ora il ministro ha facoltà di vietare, su parere conforme del Consiglio superiore, l'adozione di libri non conformi ai programmi, approvati con decr. lgt. 24 maggio 1945 (quelli di educazione fisica, affidata nuovamente alla scuola, con decr. del capo provv. dello stato 8 novembre 1946). Lo spirito di essi, naturalmente assai mutato rispetto all'epoca fascista, si concreta nell'affermazione della necessaria sintesi di cultura e lavoro e nel programma di lotta contro l'"analfabetismo spirituale", che è immaturità alla vita civile e politica, insensibilità per i problemi sociali, empirismo ed ignoranza nel campo del lavoro; nel compito di educare al senso di giustizia e di libertà nei rapporti umani e a quello della fraterna collaborazione tra i popoli. Di qui l'importanza data: all'insegnamento del lavoro; alla scuola come comunità sociale, in cui l'educazione morale e civile deve fondarsi soprattutto nell'esercizio della responsabilità, dell'ordine, della collaborazione, onde tale educazione assorbe anche l'educazione fisica e il voto relativo comprende anche la valutazione della condotta; al ben inteso "autogoverno" degli scolari; all'iniziativa e al lavoro collettivo, in collaborazione, a squadre, su compiti proposti eventualmente dagli stessi allievi; e all'esplorazione dell'ambiente naturale e sociale fatta base di tutti gl'insegnamenti.
Si ha qui, evidentemente, un riflesso dei postulati della scuola attiva, ormai ampiamente accolti in Italia. Van ricordati p. e., il metodo per l'insegnamento della lettura e scrittura, di M. Massa e G. Gabrielli, che richiama quello globale del Decroly, ma se ne distingue in parte, procedendo con maggiore spontaneità (quasi di gioco) e inventività da parte del fanciullo, con l'uso dell'alfabetiere illustrato e di altri mezzi analoghi; ilmetodo proposizionale e il proposizionale graduale, con progressiva sostituzione della parola al disegno, del Dal Piaz (1936). Allo stesso movimento rinnovatore si collega quello per le scuole all'aperto, non ancora contemplate però da nessuna precisa disposizione di legge.
Grave è il problema dell'edilizia scolastica, specie in seguito alle distruzioni causate dalla guerra. Le scuole elementari, da 31.732 nel 1945-46 sono salite a 35.241 nel 1948-49; le aule, da 110.495 nel 1940-41 erano ridotte a 101.737 nel 1945-46, m nel 1947-48 ne sono state recuperate 2700; gli alunni sono aumentati, nel 1948-49, di circa 500.000 rispetto ai 4.065.636 del 1945-46; e il fabbisogno di aule, che era di 35.000 nel 1937, è calcolato ora in 50.000 per le sole scuole elementari, più altre 50.000 indispensabili per le scuole materne, che nel 1940 erano 11.000, con oltre 800.000 alunni (esistono in 5403 su 7315 comuni, ma circa la metà dei comuni minori ne è sprovvista). Gli insegnanti, di ruolo e non di ruolo, erano, nelle scuole pubbliche nel 1946-47,135.055 (124.465 nel 1945-46) e, nelle private, 7.325 nel 1945-46 (circa 900 di più che nel 1940-41). Quanto alla edilizia, il r. decr. 27 maggio 1940 ha dato alcune nornne, ma appare necessaria una trasformazione profonda nel senso della scuola piccola e raccolta, e con suppellettile adatta al fanciullo, quale la invoca G. Calò secondo un tipo che si trova adottato in molte scuole del "Gruppo d'azione" di Milano.
Oggetto di cure particolari sono le scuole "speciali": le reggimentali, di 1° e di 2° grado, le carcerarie, le classi differenziali per fanciulli minorati psichici (con insegnanti addestrati nelle scuole magistrali ortofreniche fondate a Roma e a Firenze da G. Montesano, G. Calò e E. Modigliani, o in corsi affini). Promuove gli studî in questo campo la "Società italiana per l'assistenza medico-psico-pedagogica ai minorati dell'età evolutiva". Altre scuole speciali sono quelle per adulti (10.000 nel 1947) che concorrono alla lotta contro l'analfabetismo (v. in questa App.), per la quale è stanziata la spesa di un miliardo. Tra le scuole speciali possono porsi anche i corsi di qualificazione e di riqualificazione, per lavoratori, i corsi di cultura promossi dalle università popolari che si vanno ricostituendo, da sindacati, dall'ENAL, ecc. Nel Congresso nazionale della cultura popolare (Firenze, ottobre 1947) è stata ricostituita l'Unione italiana della cultura popolare, con sede in Milano. Si è dato impulso alle biblioteche scolastiche, associate d'ufficio, dal 1948, all'Ente nazionale biblioteche popolari scolastiche. Per i patronati scolastici, v. parascolastiche istituzioni, in questa App.
Istruzione secondaria. - Questa, a differenza dell'elementare, attraversa una profonda crisi, apertasi con l'istituzione della Scuola media, che tendeva a semplificare l'ordinamento, fondendo in una sola varie scuole secondarie inferiori poco diverse tra loro (grado inferiore del GinnasioLiceo classico, dell'Istituto magistrale e del tecnico) e rimediando alla mancanza di un grado inferiore proprio del Liceo scientifico; e a rinviare la decisione sulla via da far seguire agli allievi, dando modo di saggiare le attitudini di ciascuno: donde il divieto di qualsiasi abbreviazione della durata triennale, la sostituzione alle votazioni in punti di qualifiche relative anche alle capacità generali e alle qualità morali, con formulazione a fin d'anno da parte dei varî insegnanti ("consiglio di classe") di un profilo dell'alunno, con valore orientativo. Ma il secondo scopo reagì sul primo, portando la scuola media a differenziarsi dagli istituti che sostituiva: onde al latino (con l'insegnamenm grammaticale nel terzo trimestre del 1° anno) si aggiunsero il disegno e il lavoro, e fu esclusa la lingua straniera.
Si apriva la prospettiva di un "umanismo moderno", con stretto e intenso significato sociale, caratterizzato anche dalle "esercitazioni di lavoro" (introdotto in tutte le scuole, ma improvvisato e perciò caduto, come, naturalmente, la cultura militare, la "cultura fascista" e la correlativa puericoltura per le fanciulle) e di una scuola non soltanto selettiva, ma orientatrice. Ma la scuola media non ha fatto buona prova: tra gli 11 e i 13 anni le attitudini non si manifestano e comunque alcune (p. es., quelle propriamente scientifiche, molte delle artistiche e le pratiche in generale, cioè non propriamente tecnico-manuali) le sfuggono. Il decr. lgt. 7 settembre 1945 ha ristabilito le votazioni numeriche, pur mantenendo il "profilo" e ha aggiunto la musica e il canto (facoltativo) e una lingua straniera, oltre il latino, aggravando la situazione di una scuola preparatoria a istituti di secondo grado in cui questo non viene insegnato (istituti tecnici), con l'inconveniente, tra gli altri, di determinare in molti la tentazione a continuare per la scuola classica.
Il corso del Liceo classico è rimasto triennale e agli antichi 4° e 5° corso del ginnasio è stato lasciato il nome di ginnasio superiore: si avevano nel quinquennio circa 90.000 alunni nel 1942 e 105.000 nel 1948 per le scuole di stato (il 15% di tutta la popolazione della scuola secondaria) e 21.765 in 196 istituti pareggiati e parificati: l'aumento annuo è notevole, ma inferiore a quello del periodo tra il 1923-24 e il 1939-40 che fu di circa 6000 unità all'anno. Nei Licei scientifici, quinquennali (i primi due anni costituiscono un ciclo a parte) che sono 87, invece, si è passati tra il 1940 e il 1946 da 12.480 a 34.862 alunni (4363 nel 1923-24) negli istituti di stato, oltre 6879 nei pareggiati o parificati.
Gl'Istituti magistrali governativi, da 87 nel 1923, sono ora 145: la popolazione scolastica, raggiunto il minimo di 21.000 nel 1926-27, salì a 108.000 nel 1939-40, per ridiscendere alle attuali 34.000 unità; cui bisogna però aggiungerne 22.989 degl'Istituti non governativi: cifre preoccupanti, (specie la seconda) poiché occorrono in media solo circa 2500 nuovi maestri elementari ogni anno. Questa scuola ha assunto sempre più carattere professionale, pur mantenendo una notevole impronta di cultura umanistica. Ora, si è ricostituito il "tirocinio" (soppresso dalla riforma Gentile, ma ristabilito nel 1942-43), con caratteri rinnovati e col nome di esercitazioni pratiche; si sono introdotti due tipi di programma di pedagogia e filosofia, di cui uno (A) mantiene il carattere di trattazione prevalentemente storico, l'altro (B) è invece sistematico, per problemi; e, come nuovi insegnamenti, la psicologia, il lavoro, l'agraria (senza programma specifico) estendendo altresì la lingua straniera ai primi due anni.
Il corso degli Istituti tecnici è stato portato a 5 anni, disciplinando col decr. intermin. 9 luglio 1946 le innovazioni introdotte dall'A.M.G. Nella prima classe, che sostituisce quella "di collegamento", si dà maggiore sviluppo alle materie di cultura generale, alle lingue straniere, alle scienze e alle esercitazioni pratiche. Le scuole e i corsi di avviamento, dal 1945-46 al 1946-47 sono aumentate da 1374 a 1450; le tecniche e gli istituti tecnici di tutti i tipi, da 622 a 650 (con lieve flessione nelle scuole tecniche agrarie, negli istituti tecnici agrarî e nelle scuole professionali femminili); ma la popolazione di queste scuole è aumentata notevolmente tra il 1945-46 (286.344) e il 1946-47 (298.288) specie nelle scuole e corsi d'avviamento (circa 13.000 unità) mentre dopo il 1941-42 era discesa da oltre 317.000 a circa 174.000 alunni. I programmi dei "corsi" d'avviamento (1-2 anni) sono stati adeguati a quelli delle scuole complete. Vanno inoltre considerati i corsi per la qualificazione e il perfezionamento dei lavoratori e quelli per il perfezionamento e la rieducazione professionale dei disoccupati (decr. legisl. del capo provv. dello stato 7 novembre 1947).
Quanto agli insegnanti, le condizioni determinate dalla guerra hanno reso necessarî provvedimenti di eccezione. Per coloro che, allontanatisi dalle loro sedi, erano nell'impossibilità di ritornarvi, si provvide con assegnazioni provvisorie e con "comandi", ora di nuovo ridotti ai casi di provata necessità; i concorsi sono stati ripresi nel 1948 cercando altresì di riassorbire i molti supplenti e incaricati e di rimediare in parte alle disagiate condizioni economiche anche con miglioramenti di carriera; e si sono introdotti notevoli provvedimenti quanto al trattamento giuridico. Un problema delicato fu, dopo la soppressione della GIL, quello degli insegnanti di educazione fisica, che dipendevano da quella.
Si sono ricostituiti (decr. legisl. 7 settembre 1944) e poi resi in massima parte elettivi (legge 30 dicembre 1947) il Consiglio superiore della P.I. (diviso in tre sezioni, per l'istruzione superiore, la media e l'elementare), quello della Antichità e belle arti (in cui sono rappresentati insegnanti e direttori degli Istituti d'istruzione artistica e musicale) e quello delle Accademie e biblioteche.
Su tutto ciò che riguarda la scuola, il contributo più notevole di studî è venuto dalla Commissione nazionale d'inchiesta sulla riforma della scuola (la Gosiddetta "Costituente della scuola") insediata il 27 gennaio 1948 e divisa in varie sottocommissioni che hanno redatto e diffuso numerosi questionarî; lo spoglio delle risposte è fatto da commissioni provinciali e regionali; sicchè la Commissione stessa può e potrà lavorare su opinioni e proposte di cui si conosce la percentuale dei voti favorevoli raccolti da ciascuna. Altra Commissione accerta le condizioni attuali, per mezzo di ispezioni in scuole d'ogni grado, statali, pareggiate e parificate.
I problemi maggiormente dibattuti sono quelli della scuola privata e dell'esame di stato. La costituzione della repubblica, stabilendo (art. 33) che "enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo stato", afferma il principio della libertà dell'insegnamento, ma lo stato ha pure il diritto di richiedere certi requisiti fondamentali nelle persone preposte all'insegnamento e nelle condizioni in cui è impartito, e di esigere che nella scuola nulla s'insegni in contrasto ai principî fondamentali d'uno stato democratico, anzi umano. Discutibile appare invece la pretesa d'imporre conformismo di programmi, metodi, ecc. De resto, risponde all'orientamento pedagogico odierno il non parlar di programmi, ma di linee direttive. Ma il problema d'oggi è quello delle scuole private, in specie le parificate, ai cui esami interni si riconosce valore legale, senza sottoporle ai rigorosi requisiti delle scuole pareggiate. Da alcuni si vorrebbe abolita la parificazione, creata in epoca fascista; altri chiede maggiore severità nelle concessioni, da considerare quasi un premio, con limitazioni nel numero e possibilità di revocarle.
Con questo problema è strettamente connesso quello dell'esame di stato, soprattutto quello alla fine del corso secondario (maturità e abilitazione). Esso è ormai prescritto dall'art. 33 della costituzione. Era rimasto fermo il principio che si dovesse compiere innanzi a commissioni "esterne", formate cioè da insegnanti di altre scuole, e ciò allo scopo di mettere in condizioni di parità gli allievi delle scuole private; ma quando queste passarono alle dipendenze dell'Ente nazionale per l'istruzione media superiore (ENIMS), organo statale (ora sostituito da un ispettorato per l'istruzione media non governativa), la Carta della scuola e la legge 19 gennaio 1942 stabilirono che l'esame di stato fosse interno e due soli i commissarî "esterni". La guerra produsse un pernicioso allentamento: approvazioni in base allo scrutinio finale, esame ridotto alle sole prove orali, un solo esaminatore estraneo all'istituto sede d'esame. Nel maggio 1945 vennero riportati a due (tra cui il presidente) i commissarî esterni e ristabilite le prove grafiche e quella scritta di italiano e l'anno seguente le altre (per l'Istituto magistrale la sola versione dal latino); dal 1947 i commissarî esterni sono stati quattro, i temi per le prove scritte sono di nuovo mandati dal Ministero, e gravi deficienze nelle prove scritte escludono dalle orali. Prevale ormai la tendenza favorevole alla Commissione presieduta da un professore universitario e includente un solo commissario "interno". Altre questioni di cui si discute sono quelle della preparazione tecnica degl'insegnanti in quanto tali, cioè come maestri e educatori (problema urgente, che riguarda la scuola media ma anche l'università), e della struttura dei varî ordini di scuole e della loro riforma. Per l'Istituto magistrale si discute, tra l'altro, se mantenere in esso il latino; e così pure se consentire il passaggio all'università dall'Istituto tecnico (oltre che da quello commerciale e per geometri alla facoltà di economia e commercio).
Certo, la questione più grave in questo campo è quella della "scuola unica". Nel senso che vi abbiano accesso e possibilità di far valere le proprie attitudini alunni di ogni condizione sociale la sua utilità sarebbe evidente. Ma circa l'organizzazione, si discute. Alcuni vorrebbero una scuola postelementare unica, altri una distinzione tra una scuola di complemento dell'istruzione elementare e una scuola di lavoro e avviamento professionale, da una parte, e una scuola media comune per tutti gli istituti secondarî, dall'altra. Si discute pure tra chi vorrebbe la scuola secondaria preuniversitaria assolutamente unificata, e chi preferisce un sistema di scuole secondarie di vario tipo (classico, con greco e latino; classico-scientifico, con latino, lingue moderne e più forte cultura scientifica; scientifico, con prevalenza di quest'ultima cultura, senza latino); e se in tal caso possano queste tre scuole avere un corso inferiore comune, e se di tre o quattro anni, e se con latino per tutti, o per i soli due primi tipi; o se convenga lasciare al liceo classico un suo corso inferiore. Taluni sono favorevoli a un sistema di tipo americano, di scelte successive di materie anche diversissime, raggruppate intorno a certi insegnamenti fondamentali in una scuola che rimane unica perché ha in sé la possibilità di tutti gli adeguamenti e di tutti gli adattamenti. Questa organizzazione però è ritenuta da altri troppo estranea alle tradizioni e non confacente alle condizioni culturali e all'indole degli Italiani. Quanto alla scuola media inferiore unica, cioè comune a tutti, si osserva che essa implica condizioni economico-sociali diverse dalle presenti, quando buon numero delle elementari sono ferme al 3° corso; quando istituirla ovunque, anche nei piccoli centri, (come si dovrebbe) costituirebbe una spesa non sostenibile dal bilancio statale; quando è più vivamente sentita, in alcune classi sociali, l'urgenza che il fanciullo si renda utile con il suo lavoro, pertanto entri al più presto nella scuola di apprendistato, cui invece la scuola postelementare unica ritarda di parecchio l'accesso. Inoltre in essa il latino, insegnato anche a chi non se ne occuperà più, si ridurrebbe a cosa poco seria; mentre, se posticipato di tre o quattro anni, il suo insegnamento nella scuola di cultura (liceo) dovrebbe diventare intensissimo, e comincierebbe quasi insieme con quello del greco, accanto ad altri elementi di cultura non eliminabili (matematiche, scienze naturali, ecc.). Nell'un caso o nell'altro, ne andrebbe compromessa la scuola classica che, anche se destinata a una minoranza (nel senso delle attitudini), deve conservare il suo valore formativo e la sua insopprimibile funzione spirituale. Ma l'importante è risolvere il problema, che è vivo nella scuola italiana, dell'orientamento scolastico (vocational guidance), per cui poco si è fatto. A tal fine, si pensa da molti che per gli alunni in condizioni disagiate e di riconosciute capacità potrebbero provvedere lo stato e gli enti pubblici, anche con collegi nazionali gratuiti; e che l'importante in ogni caso sarebbe che, pur stabilendo varî tipi di scuole e di studî, fosse possibile passare dall'uno all'altro, secondo la constatazione di particolari attitudini, agevolando il passaggio magari mediante speciali classi di ricupero e di riadattamento presso l'istituto di arrivo.
Qualche problema di non facile soluzione, specie in caso di riforma unitaria della scuola media superiore, può essere creato dalle norme costituzionali sull'ordinamento regionale. L'art. 117 della costituzione attribuisce alla Regione facoltà legislative anche in materie di istruzione artigiana e professionale. Anzi le regioni costituite fino al 31 dicembre 1948 hanno poteri più vasti: p. es. la Sicilia ha poteri legislativi su tutti i gradi dell'istruzione (esclusivi su quella elementare); la Sardegna può adattare alle sue particolari esigenze le leggi della repubblica in questo campo; nella val d'Aosta alla lingua francese è assegnato un orario settimanale pari a quello dell'italiana e certe materie possono essere insegnate in francese; nella provincia di Bolzano e nella zona mistilingue di quella di Trento l'insegnamento della lingua tedesca, e in lingua tedesca, è disciplinato dal d. legisl. 16 maggio 1947.
Circa la riforma della scuola secondaria è utile anche tener presenti condizioni e riforme di altri paesi.
Francia. - Si è accentuato il sistema già in vigore, e il lycée ha ora accanto alle tre accennate (v. XXXI, p. 254) una sezione latino-scienze; al 7° e ultimo anno, v'è opzione tra le specializzazioni, in filosofia, scienze sperimentali, matematica. Il principio delle biforcazioni successive è accolto dalla riforma Langevin-Wallon che prevede: 4 anni di scuola elementare; un corso quadriennale di orientamento col primo biennio comune e uno con materie-base e altre a scelta; un terzo periodo di determinazione con varie sezioni (tra cui la "teorica" per il "baccalaureato", di 4 tipi); infine un biennio preuniversitario (età: 18-20 anni).
Cecoslovacchia. - Secondo la legge 21 aprile 1948, dopo la scuola unica (scuola nazionale fino agli 11 anni; media, senza latino, fino ai 15) viene il terzo grado, fino ai 18 anni, distinto in scuole obbligatorie, professionali, e selettive (ginnasio umanistico, istituto tecnico-industriale, scuola agraria, scuola commerciale, scuola sociale-sanitaria).
Gran Bretagna. - L'educational Act del 1944 presenta un'importanza sociale enorme per l'organizzazione della scuola popolare e dell'educazione degli adulti. Dopo la primaria, la scuola secondaria superiore si distingue in Grammar School (classica), Technical School e Modern School. È possibile, a giudizio delle autorità scolastiche che godono di larga sfera d'iniziativa, la fusione dei 3 tipi in Bilateral o Plurilateral Schools o anche in una scuola generale unica gratuita. Il passaggio al College è concesso in base a un giudizio di attitudini, ed è introdotto l'uso di un libretto scolastico e dei testi mentali, soppresso l'esame di ammissione.
URSS. - La scuola è rigorosamente unitaria; il primo quadriennio corrisponde all'insegnamento elementare; il triennio successivo all'attuale scuola media italiana, e l'ultimo triennio, diversamente articolato, alla scuola secondaria superiore.
È evidente che la riforma scolastica deve rispondere a varie esigenze: rendere accessibile a tutti i meritevoli l'accesso agli studî più lunghi e insieme render quelli di cultura più severi (con selezione rigorosa al principio piuttosto che con sbarramenti di dubbia efficacia in fine); conciliare la funzione selettiva con quella, importantissima, dell'orientamento dell'allievo, anche mediante i passaggi da uno ad altro tipo di scuola, secondo le attitudini e il profitto; favorire la scuola professionale. Vedi anche istruzione tecnica, in questa Appendice.
Bibl.: Ministero dell'ed. naz., Dalla riforma Gentile alla carta della scuola. Firenze 1941; R. Giannarelli, La nuova scuola media, ivi 1941; G. Bottai, La nuova scuola media, ivi 1941; A. Cantella e R. Ferruzzi, Italia (coll. La scuola nel mondo, I), Roma 1943; Proposte per la riforma della scuola ital. (Commissione di professori dell'Univ. Cattol.), Milano 1946; G. Calò, Educazione e scuola, 2ª ed., ivi 1947; Ministero d. P. I., La p. i. nel periodo della Costituente, Spoleto 1948; R. Moro, Legislazione d. sc. elem., Milano 1943; collez. Quaderni della riforma scolastica, Roma; Riviste: La riforma d. scuola, Roma (Comm. naz. d'inchiesta); Scuola e vita, Brescia; Rass. d. istruz. media, Torino; Bollettino di legislazione scol. comp. (Ministero d. P. I.); Rassegna di pedagogia, Padova.