sdegnoso
L'aggettivo ha lo stesso valore del più frequente ‛ disdegnoso ' (v.). Dei due esempi della Commedia, il primo (basciommi 'l volto e disse: " Alma sdegnosa... ", If VIII 44), famoso per le sue implicazioni autobiografiche, vale tutto un capitolo d'iconografia morale dantesca dal Boccaccio al De Sanctis.
Tuttavia la parola non ha riferimento assoluto e va intesa in rapporto alla situazione evocata dal poeta. E già il Boccaccio annotava: " Virgilio fa festa all'autore per ciò che ha avuto in dispregio lo spirito fangoso: e mostra in questa particella l'autore una spezie d'ira, la quale non solamente non è peccato ad averla, ma è merito a saperla usare ".
Vale la pena anche riportare per la sua puntuale aderenza al testo il commento di Gregorio di Siena citato dallo Scartazzini: " Sdegnoso propriamente è chi ha disdegno, ed ha in dispregio ed a schivo le cose vili ed inoneste, epperò altero, gentile. Bene qui dunque si contrappone lo sdegno del Poeta all'orgoglio e burbanza dell'Argenti; nulla sendo a cotali uomini più dura pena che l'altrui disprezzo ".
Sulla distinzione tra il disprezzo e l'ira, accennata dal Boccaccio, tornò il Tommaseo, che dopo aver spiegato brevemente nel commento al testo il valore dell'aggettivo (" Ha qui nobil senso: che non degna il male "), faceva seguire in appendice al canto un intero capitolo, dedicato a illustrare i temi dell'ira e dello sdegno, che è tutto da rileggere per la ricchezza dell'erudizione e per la proprietà e finezza delle osservazioni desunte dalle fonti dottrinali più familiari a Dante.
L'altro esempio è nell'episodio di Farinata: guardommi un poco, e poi, quasi sdegnoso, / mi dimandò (If X 41). Qui l'espressione vale " come se fosse sprezzante ", e sta a conferma della natura altera dell'antagonista di D., interlocutore ancora anonimo.
Commenta il Boccaccio: " è questo atto d'uomini arroganti, li quali, quasi ogni altra persona che sé avendo in fastidio, con isdegno riguardano altrui "; ma il Vellutello: " il che suol essere alcuna volta atto d'uomo magnanimo e grave "; e il Castelvetro: " Quasi sdegnoso, o per la natura sua altera... o... avendomi veduto vivo andare per lo 'nferno senza pena ".
In Rime LXX 5 Deh, gentil donne, non siate sdegnose, l'aggettivo vale semplicemente " restie ", " ritrose "; lo stesso valore in XCI 82 Canzon mia bella, se tu mi somigli, / tu non sarai sdegnosa / tanto quanto a la tua bontà s'avvene, dove il poeta invita la canzone a contener la sua ritrosia nei giusti limiti, secondo la virtù delle persone con cui avrà compagnia.