Se vedi Amore, assai ti priego, Dante
Sonetto di G. Cavalcanti (Rime LIV; schema abba abba; Cde edc) che chiede a D. se Lapo Gianni è veramente innamorato, come si richiede a un " fedele " degno di far parte dell'ideale corte d'Amore, concludendo che solo la " sofferenza " o pazienza nel " servire " può far conoscere l'amore vero e meritare all'amante la " merzede " o pietà.
L'interpretazione del sonetto è controversa su alcuni punti. Accettabile pare senz'altro l'esclusione, da parte del Barbi, dell'ipotesi del Di Benedetto che Guido aspiri a prendere il posto di Lapo nel cuore di monna Lagia; meno sicura l'interpretazione di " per gravezza " (v. 8) come " per darsi gravità " o un'aria importante (Corbellini, Barbi), cui il Contini oppone che ‛ gravezza ', in Lapo e in D., vale " infelicità ".
Forse converrebbe porre il sonetto a riscontro con la canzone di Lapo Donna, se 'l prego de la mente mia, dove si parla di " sofrenza ", di " corte d'Amore ", di " gravezze ", e il poeta invoca sulla donna impietosa la punizione del dio: la perdita, cioè, della sua bellezza. Opponendosi a Lapo, Guido ravviserebbe il segno del vero amore non nel lamento della passione insoddisfatta, ma nell'aristocratica " gentilezza " che induce l'animo alla pazienza nell'amare e nel servire (cfr. la chiusa del sonetto S'io fosse quello, che d'amor fu degno), riprendendo antichi temi provenzali con l'affinamento di forme e di spiriti tipico dell'atmosfera stilnovistica.
Bibl. - R. Ortiz, Studi sul canzoniere di D., Bucarest 1923, 183-194; A. Corbellini, Lapo fiorentino reietto dalla corte d'Amore, Pavia 1925, 7 ss.; L. Di Benedetto, Fra gli amori di D. e del Cavalcanti, Napoli 1928, 5-6; Barbi-Maggini, Rime 198 ss.; Contini, Poeti II 546.