O'FAOLÁIN, Sean
Scrittore irlandese, nato a Cork il 22 febbraio 1900, morto a Dublino il 21 aprile 1991. Adottò la forma gaelica del proprio nome inglese, John Whelan, al tempo della militanza nello Irish Republican Army, durante la guerra civile che dal 1918 al 1922 lacerò il paese. Laureatosi in inglese e irlandese alla National University of Ireland, si trasferì per qualche tempo negli Stati Uniti, ove, dopo essersi laureato a Harvard, svolse attività d'insegnamento. Si trasferì successivamente in Inghilterra, per approdare definitivamente in Irlanda, dove fondò e diresse dal 1940 al 1946 la prestigiosa rivista letteraria The Bell, nei cui editoriali, oltre a discutere temi letterari e di costume, s'impegnò con molta energia e coerenza su gravi problemi sociali e morali di attualità, fra cui quello della censura letteraria, contro la quale non lesinò forza polemica e le armi di una dura satira politica. La sua attività letteraria è stata ricca e varia. Ha pubblicato molti volumi di racconti − fra cui emergono Midsummer night's madness and other stories (1932), A purse of coppers (1937), Teresa and other stories (1947), The heat of the sun. Stories and tales (1966), Foreign affairs and other stories (1976) −, integralmente raccolti nei tre tomi di The collected stories of O'Faolain (1980-82); ha scritto inoltre quattro romanzi (A nest of simple folk, 1934, rist. 1989; Bird alone, 1936; Come back to Erin, 1940; And again?, 1979), un dramma (She had to do something, 1938), opere di critica letteraria, biografie di uomini e donne illustri della storia d'Irlanda (The life story of Eamon De Valera, 1933; Constance Markievicz, or The average revolutionary: a biography, 1934, nuova ediz. 1968; King of beggars: a life of Daniel O'Connell, 1938; The great O'Neill, 1942), libri di viaggi (An Irish journey, 1940; A summer in Italy, 1949; South to Sicily, 1953) e un'opera autobiografica, Vive moi! (1964). È anche autore di una storia d'Irlanda (The Irish, 1947), in cui si tratteggiano acutamente alcuni tratti non oleografici del carattere irlandese: opera dalle vedute a volte molto discutibili, ma di piacevolissima lettura.
Narratore robusto, essenziale, di grande ampiezza tematica, si è espresso in modo particolarmente felice e originale nel racconto, un genere che ha anche analizzato criticamente (The short story, 1948). Ha risentito dell'influenza di narratori francesi (Maupassant, A. France) e russi (Turgheniev, Checov); il ritmo e il respiro dei suoi racconti, tuttavia, tiene anche conto della lunga tradizione del racconto orale in Irlanda, particolarmente di quello che trovò espressione nei cosiddetti Seanchai (cantastorie popolari), che ancora battevano le campagne e i villaggi attorno a Cork ai tempi dell'adolescenza e della giovinezza dell'autore. I primi racconti risentono tematicamente dell'esperienza rivoluzionaria e della guerra civile, alle cui vicende O'F. aveva avuto occasione di partecipare; successivamente si concentrò sull'analisi di personalità in crisi d'identità, sia personale sia culturale, e indimenticabili sono certi suoi personaggi femminili dolenti e certe figure lacerate di sacerdoti combattuti fra idealità e difficoltà quotidiane, fra le richieste della propria funzione e le esigenze della propria natura umana. Non infrequente anche una vena polemica nei confronti dei connazionali, intrappolati in sogni tanto grandiosi quanto futili, che spesso impediscono una vera conoscenza di se stessi e del proprio ambiente e che paralizzano l'azione. Gli ultimi racconti presentano con sempre maggior frequenza ambienti internazionali, sia nel loro contesto europeo sia in un'Irlanda che ben poco conserva dell'oleografico paese di contadini, pescatori e cavatori di torba di una certa tradizione narrativa, anche novecentesca. Pure lo stile è diverso: la scelta lessicale si fa straordinariamente ricca, frequente è il ricorso a imprestiti, citazioni, allusioni, parodie; si mescolano registri e livelli di lingua anche molto distanti fra loro; tecniche come il monologo interiore, prima rigorosamente bandite dalla sua narrativa, vengono incorporate in narrazioni per altri versi tradizionali. L'impressione che se ne trae è in generale quella di una maggiore maturità formale, anche se talvolta si ha l'impressione della forzatura e dell'eccesso di elaborazione linguistico-strutturale, specialmente quando meno forte si fa la vigilanza sull'uso dell'ironia, che è il tono prevalente di questi racconti (si veda soprattutto la raccolta Foreign affairs and other stories).
Bibl.: M. Harmon, S. O'Faolain: a critical introduction, Londra 1966 (rist. Dublino 1984); Irish University Review, 6, Spring 1976, numero interamente dedicato a O'Faolain a cura di M. Harmon; J.S. Rippier, The short stories of S. O'Faolain: a study in descriptive techniques, Gerrards Cross 1976; J. Kilroy, S. O'Faolain, in Dictionary of Irish Literature, a cura di R. Hogan, Dublino 1979, pp. 516-20; J. O'Faolain, Sean at eighty, in Fathers: reflections by daughters, a cura di U. Owen, Londra 1983; R. Bonaccorso, O'Faolain's Irish vision, Albany (N.Y.) 1987; M. Harmon, S. O'Faolain, in Contemporary novelists, Chicago e Londra 1988, pp. 654-55; G. O'Brien, S. O'Faolain, in Reference guide to English literature, ivi 1991, pp. 1039-40; P. Lynch, O' Faolain's way, in Irish University Review, 22, 1 (1992), pp. 142-50.