DOLCI, Sebastiano
Recentemente indicato, non si sa su quali basi documentarie, come Slade-Dolči, nacque a Ragusa (oggi Dubrovnik) in Dalmazia il 30 giugno 1699. Di famiglia modesta, ma non del tutto oscura, entrò - seguito dal fratello Stefano, poi insegnante di retorica a Pesaro - nell'Ordine dei frati minori osservanti e a quattordici anni ne vestì l'abito nel convento francescano di Rosato in Val d'Ombla a pochi chilometri da Ragusa. Più tardi venne trasferito nel convento di S. Francesco entro le mura, dove compì gli studi di filosofia e di teologia. Ancora per motivi di studio fu a Venezia, a Padova e a Loreto, mettendosi presto in luce come buon oratore.
La sua prima opera a stampa fu appunto un discorso politico-morale tenuto nel periodo quaresimale a Lucca, su invito del Senato della Repubblica, pubblicato col titolo Ilbuon governo delle Repubbliche riposto nella saggia elezione dei magistrati (Lucca 1731). A questo invito altri ne seguirono, e la fama del quaresimalista D. divenne assai larga: egli predicò in varie città della penisola, quali Padova, Venezia, Ferrara, Ancona e Camerino. Nella sua diocesi venne nominato esaminatore sinodale; nel suo convento, lettore di filosofia e teologia, e poi, nel suo Ordine, due volte padre provinciale. Il governo della Repubblica di Ragusa gli affidò incarichi pubblici, dapprima solo di pronunciare l'elogio funebre dei rettori defunti, poi di esprimere il suo parere in materia morale e giuridica, infine di diventare teologo della Repubblica.
Egli si dedicò con buona erudizione allo studio e alla pubblicazione di documenti storici. Giovandosi del ricco archivio e della biblioteca del convento, compilò i Monumenta historica provinciae Rhacusinae Ordinis minorum S.P.N. Francisci, notis criticis et chronologicis perpetuo illustrata (Neapoli 1746), sostenendo, sulla base d'una epigrafe rinvenuta presso la chiesa di S. Margherita e poi dispersa, che lo stesso s. Francesco si era fermato a Ragusa intorno al 1212. Migliori fondamenti ha il suo Necrologium fratrum minorum de observantia provinciae S. Francisci Ragusii, rimasto a lungo manoscritto e finalmente edito dal padre B. Rode (Ad Claras Aquas 1914). Negli anni seguenti il D. pubblicò un'ampia opera su s. Gerolamo, ricavata dai suoi scritti: MaximusHieronymus vitae suae scriptor, sive de moribus, doctrina et rebus gestis divi Hieronymi Stridoniensis ... commentarius..., dedicata al cardinale G. Colonna, protettore dell'Ordine dei frati minori (Anconae 1750).
Le vicende della vita di s. Gerolamo (che si sostiene nato in Pannonia, di stirpe e di lingua "illirica") sono seguite con buona informazione, ma la parte più originale è costituita dalle Vindiciae, in cui le tesi sui peccati, i sacramenti amministrati da ministri indegni, le seconde nozze, la pari dignità di vescovi e sacerdoti vengono difese dalle contestazioni di Origene e dalle accuse del Dallei, del Biondelli e del Gennadio.
Un contributo all'"illirismo", portato avanti nella prima metà del secolo dagli scritti e dall'azione svolta dal vescovo M. Caraman e da monsignor M. Sovich per celebrare le origini, l'importanza e la diffusione delle lingue slave, è costituito dal suo opuscolo De Illyricae linguae vetustate et amplitudine, dissertatio historico-chronologico-critica (Venezia 1754).
Con dovizia di argomenti storici e linguistici, spesso fantasiosi, ma sostenuti con fervore, il D. cerca di dimostrare che i popoli slavi costituirono la più antica popolazione dell'Europa e che dalla loro madrelingua (il serbo-croato) derivarono non solo le altre lingue slave ma anche il greco e il latino. L'operetta ebbe una certa risonanza ed il frate raguseo fu ascritto all'Accademia dei Ricovrati di Padova (18 apr. 1754). Sostenne poi le sue tesi, con vigore, contro le obiezioni postegli dall'archeologo G. F. Zanetti, professore a Padova, in un altro opuscolo dello stesso anno uscito a Ferrara, in forma di Epistola H. F. Zanetti in Dissertaioonem de linguae Illyricae vetustate et amplitudine confutata perpetuis animadvertionibus in eiusdem Zanetti disquisitionem. Le enfatiche glorificazioni dell'antichità e dell'unità degli Slavi, avviate del resto fin dal primo Seicento da un altro raguseo, il benedettino Mauro Orbini, testimoniano dell'intento di valorizzare una tradizione troppo a lungo disprezzata e danno i loro risultati proprio in questi anni con la fondazione in Dalmazia di due seminari illirici per l'educazione dei sacerdoti officianti in paleoslavo e l'istituzione a Roma della prima cattedra di slavistica nel collegio urbano di Propaganda Fide.
Negli anni successivi il D. continuò a lungo nella attività di predicatore in lingua italiana, anche a Firenze, Roma e Napoli, e ne pubblicò qualche saggio, come il Panegirico in lode di s. Vincenzo Ferrario e di altri, pronunciato nella chiesa dei domenicani di Ragusa (Venezia 1763), l'Elegia in lode di s. Tommaso d'Aquino e la lettera contro don Stefano Rosa sulla patria di s. Biagio. Appartengono al clima dell'epoca e all'atteggiamento di fiera indipendenza comune ai cittadini ragusei le sue dissertazioni rimaste inedite sull'Origine di Ragusa e sulla di lei ininterrotta libertà, i versiencomiastici rivolti al nobile collezionista veneziano Pietro Gradenigo, la corrispondenza su temi d'erudizione tenuta con illustri personaggi contemporanei quali A. Zeno, il cardinale A. M. Quirini, il bibliotecario G. Lami.
Conservano ancora interesse la Ragusina archiepiscopatus antiquitas (Anconae 1761), dove viene pubblicato qualche raro documento, e i Fasti litterario-ragusini, dedicati al vescovo G. A. Gradenigo (Venetiis 1767), che, pur nella loro brevità e mancanza di acume critico, costituiscono con le più di duecento biografie raccolte i primi rudimenti d'una storia della letteratura a Ragusa.
Non manca neppure un cenno dell'autore a se stesso, di cui ricorda alcuni scritti inediti, come i tre tomi "concionum Italicarum" o prediche in lingua italiana tenute nella cattedrale di Ragusa e una Poëtica. La recente storiografia ha dedicato qualche attenzione, piuttosto che ad altre, a queste opere documentarie, da cui sono derivate quelle ben altrimenti mature di F. M. Appendini e B. Stay.
Degli ultimi anni di vita del D. si sa poco. Li trascorse nel convento francescano di Ragusa, nel quale si spense il 19 nov. 1777. Venne sepolto nella tomba dei frati minori e ricordato, con un'onorifica epigrafe latina, come uno dei più illustri cittadini del suo tempo.
Fonti e Bibl.: A. Zeno, Epistolario, a cura di E. Forcellini, III, Venezia 1752, pp. 17, 19; A. Fortis, Saggio di osservazioni sopra l'isola di Cherso ed Ossero, Venezia 1771, pp. 8, 14-15, 52; F. M. Appendini, Notizie storico-critiche sulle antichità, storia e letteratura dei Ragusei, Ragusa 1802; Biografia univers. antica e moderna..., XVI, Venezia 1824, p. 126 (siglato); S. Gliubich, Diz. biogr. degli uomini illustri della Dalmazia, Zara-Vienna 1856, pp. 114-115; D. Fabianich, Storia dei frati minori dai primordi della loro istituzione in Dalmazia e Bossina fino ai nostri giorni, Zara 1863-64, II, p. 199; G. E. Cusmich, Cenni stor. sui minori osservanti di Ragusa, Trieste 1864, pp. 23-25; F. Jurié, Franjevački samostan u dubrovačkoj Riječi (Ilconvento dei francescani in Ombla presso Ragusa), Zagreb 1916, p. 28; A. Tamaro, La Venétie Julienne et la Dalmatie, III, Roma 1919, p. 292; Contributo per la storia dei conventi francescani in Dalmazia, in Archivio storico per la Dalmazia, I (1926), 1, p. 17; A. Bacotich, Due quadri storici, ibid., II (1927), 3, p. 83; A. Cronia, La Croazia vista dagli Italiani, quadri-figure-bilanci, Roma 1942, pp. 57-58; M. Pantić, S. Slade-Dolči, dubrovački biograf XVIII veka (S. Slade-Dolči, biografo raguseo del sec. XVIII), Beograd 1957; A. Cronia, La conoscenza del mondo slavo in Italia Padova 1958, pp. 202, 347; A. Maggiolo, I soci dell'Accademia Patavina dalla sua fondazione, Padova 1983, p. 21; Enc. Ital., XIII, p. 98.