DONATI, Sebastiano
Nacque a Ombreglio di Brancoli (Lucca) il 21 nov. 1711 da Donato e da Maria Benedetta Lemucchi (cfr. l'atto di battesimo presso la parrocchiale di S. Pietro ad Ombreglio, Liber baptismatum, I, 77).
La data di nascita del 1712, riportata da tutte le fonti edite consultate, deriva da un falso dello stesso D., il quale nelle notizie autobiografiche inserite nei Nuovimiscellanei lucchesi (cui tutti gli autori posteriori si rifaranno), volendo far credere che esse fossero del conte G. M. Mazzuchelli onde potersi liberamente autoelogiare, dichiara di essere nato "verso il 1712".
Fece i primi studi a Lucca, nel collegio della Congregazione della Madre di Dio, sotto la guida del padre G. M. Priani, applicandosi al latino e alle belle lettere, poi alla retorica e, infine, per quattro anni alla filosofia. Insoddisfatto dei risultati conseguiti in quell'istituto, entrò quindi nel seminario vescovile, ove ebbe come maestri J. A. Bacci per l'etica e la teologia dogmatica, A. Lunardi per le istituzioni canoniche, G. Venturini - professore all'università di Pisa, ma allora temporaneamente a Lucca - per il diritto civile, l'agostiniano G. M. Serantoni per le matematiche e la geografia. Volle prendere anche lezioni di greco da G. C. Di Poggio, sacerdote di rigide virtù, cui il D. si legò di un'amicizia che durò fino alla morte e si rafforzò durante i numerosi viaggi di studio effettuati insieme. Infine attese allo studio della lingua francese e di qualche rudimento d'ebraico, nonché della teologia morale con il domenicano S. M. Mansi.
Dal 1733, divenuto sacerdote, insegnò belle lettere nelle scuole pubbliche come supplente di T. Tognini reso inabile dall'età, finché nel 1737 gli venne affidata la parrocchia di Sant'Alessio nei pressi di Lucca, dove si manifestò la sua passione per l'epigrafia, col ritrovamento, l'interpretazione e il restauro di due antiche lapidi murate nelle fondamenta di quella chiesa. Il suo primo viaggio ebbe luogo nel 1743: dopo una sosta a Pistoia, dove visitò la Biblioteca Fabroniana, e una in Prato, dove il canonico teologo I. Buonamici gli permise di studiare il suo museo privato di antichità, giunse a Firenze per le festività di S. Giovanni. Ivi consultò le principali biblioteche e conobbe A. F. Gori e G. Lami, coi quali da anni era in corrispondenza. P di questo periodo la pubblicazione da lui curata con note e indici de L'Orazioni del Sansovino aggiunte, ed espurgate con copiosi indici tomi 2 (Lione [ma Lucca] 1742).
Nella primavera del 1750 iniziò con il Di Poggio un viaggio di studio a Roma, cui in seguito attribuì molta importanza per l'evoluzione dei suoi interessi: in quella città conobbe e frequentò sopratutto il card. A. M. Querini, che gli permise di servirsi liberamente della Biblioteca Vaticana cui era preposto, sicché parte del materiale delle future opere del D. fu raccolto in quell'occasione ed altra parte vi fu controllata "ad fidem autographi", come egli soleva fare tutte le volte che gli era possibile. In Roma, oltre all'udienza d'uso ottenuta da Benedetto XIV che lo incoraggiò benignamente nei suoi studi, ebbe rapporti frequenti con i dotti cardinali A. Albani, N. Corsini e D. Passionei, usufruendo specialmente della ricca biblioteca di quest'ultimo. Ma l'influenza più determinante fu certo esercitata dal Querini che, avendo preso conoscenza di un suo studio sul famoso dittico consolare lucchese di Aerobindo del V secolo, lo persuase ad ampliare in un vero trattato quel soggetto.
A tale scopo nell'autunno dello stesso anno il D. si porto nuovamente a Firenze per raccogliervi. materiale, aiutato dal Gori, dal Lami, dall'arcivescovo F. G. Incontri, ma sopratutto dal dotto barone Filippo de Stosch, diplomatico erudito e viaggiatore, che diverrà suo amico e in qualche modo maestro di antichità romane (la presenza di tanti amici lo spingera negli anni a più frequenti soggiorni a Firenze). Fu così che nel 1753 vide la luce la sua opera oggi più ricordata, De' dittici degli antichi profani, e sacri coll'appendice di alcuni, necrologij, e calendarij inediti..., Lucca 1753, dedicata al Querini, con illustrazioni (ivi ristampata nel 1771 con aggiunte e dedica al principe T. Galitzin).
Il trattato, interessante sia perché è il primo organico ed esteso sull'argomento, sia perché nel tempo ha in parte conservato la sua validità, si divide in tre libri: nel primo tratta dei materiali su cui gli antichi scrivevano, della forma dei libri, e poi specificamente dei dittici, del loro uso e del tempo in cui esso cessò; nel secondo considera analiticamente quanto nei dittici è inciso sia in lettere sia in figure; nel terzo infine ragiona del succitato dittico lucchese d'Aerobindo console orientale, e di altri inediti, nonché d'alcuni necrologi e calendari necrologici. L'appendice della seconda edizione analizza altri dodici dittici già conosciuti. I contemporanei trovarono che "l'erudizione è molta in tutta l'opera, non però sempre necessaria" (C Lucchesini).
Nel 1757 il D. accompagnò a Firenze due studiosi bolognesi di antichità, il conte V. Boschi e il canonico G. B. Orsi: trovandosi ivi in casa dei barone de Stosch, per ammirarvi la famosa collezione di testi d'epigrafia, medaglie, cammei e pietre incise che già il Winckelmann aveva studiato e disegnato, venne esortato a voler dare un seguito al Novum Thesaurum veterum inscriptionum del Muratori. Entrato volentieri in tale prospettiva, il D. lavorò per qualche tempo nelle celebri collezioni medicee di pietre incise e iscrizioni, nonché su di una ricca raccolta manoscritta di epigrafi greche e latine inedite che il de Stosch aveva fatto "ad fidem lapidum." per tutta Europa (manoscritto di cui il nipote ed erede del barone, M. de Stosch, gli farà dono nel 1759). Così nell'autunno del 1757 il D., rientrato a Lucca, stampò (27 ottobre) e fece circolare in Europa il programma dell'opera, che fungeva anche da circolare per chiedere agli studiosi di volergli inviare la trascrizione di tutte le lapidi inedite greche e latine di cui avessero conoscenza: la messe fu ingente, ma, non essendovi più il controllo diretto sugli originali, fu ingente anche il numero delle imprecisioni, come quelle causate dal sacerdote bresciano P. Gnocchi, che gli fornì numerosissime schede con iscrizioni alterate o errate, alcune anche apocrife (pare più per ingenuità che per malafede), togliendo così all'opera del D. parte del suo rigore. La pubblicazione avvenne in Lucca nel 1765 con il titolo Ad Novum Thesaurum Muratorianum veterum inscriptionum Supplementum..., ed ebbe una seconda edizione in due volumi con illustrazioni (Lucae 1775), dedicata al granduca Pietro Leopoldo ed accresciuta, intitolata Veterum inscriptionum Graecarum, et Latinarum novissimus thesaurus, sive ad Nov. Thes. veterum inscriptionum ... L. A. Muratorii Supplementum.
Si tratta di un'opera suddivisa in quattordici capitoli, su temi archeologici ed epigrafici abbastanza eterogenei, fra i quali si segnalano il I, Musei Etrusci Guarnaccii descriptio; il V, Lapidum vetustorum epigrammata; il VII, Vetus marmoreum Sanctae Neapolitanae Ecclesiae Kalendarium; l'VIII, Trajana Tabula in Museo Regiae Academiae Parmensis adservata; il IX, Cenotaphia Pisana nondum exacta ad fidemlapidum edita; ed il XIV, Vetustissima inscriptio in Insula Melo reperta... . Era stato utile alla stesura di alcune di queste monografie un altro lavoro svolto nello stesso periodo dal D., consistente nella correzione e nelle annotazioni dell'Arte critica lapidaria di Scipione Maffei, il cui manoscritto, di assai difficile decifrazione, affidato dall'autore in tarda età all'amico G. B. Séguier, era stato da quest'ultimo ceduto in copia al D., che lo pubblicò col titolo Ars critica lapidariaexcerpta ex Maffeianis adversariis partim Latina, et partim vernacula lingua scriptis absque collectorum lapidum, et scriptorum Graecorum et Latinorum citationibus a Seb. Donato tota Latine reddita, et perpetuis commentariis inlustrata, etc. (Lucae 1765).
Nella primavera del 1768 il D. si recò di nuovo a Firenze, mentre vi si trovava l'arciduchessa Maria Carolina che andava sposa al re di Napoli, e vi studiò il diploma del 1439 sull'unione delle Chiese greca e latina sottoscritto dall'imperatore d'Oriente Giovanni Paleologo, nonché quello del trattato di pace e di commercio del 1192 fra i Pisani e l'imperatore Isacco Angelo, di cui trascrisse il testo greco. Da Firenze passò a Bologna, ben accolto dall'ambiente universitario. e lì si occupò sopratutto delle due Bibbie magontine della biblioteca dell'Istituto e prese conoscenza delle carte lasciate da J.B. Beccari suo corrispondente, morto nel 1766. Nel luglio del 1770 si portò a Parma, ospite del marchese F. Buonvisi, lavorando nella Regia Biblioteca, accoltovi da P. M. Paciaudi con cui era da tempo in contatto, e nel Museo della Reale Accademia, dove studiò e trascrisse le lapidi di Velleja, da poco scoperte, e la famosa tavola di Traiano. Dal conte A. G. Della Torre di Rezzonico fu poi presentato al duca di Parma Ferdinando di Borbone, che lo trattò con benevolenza e gli commissionò una ricerca.
Nel 1771, di ritorno a Lucca, compose su richiesta del generale Alessio Orlov un elogio di Caterina II, che sarà stampato a Lucca nel 1775 come Elogium Latino-Gallicum Catherinae II Russorum imperatricis e gli darà una certa rinomanza al di fuori degli ambienti eruditi, essendo stato diffuso da tutte le principali riviste letterarie. Nel 1773 a Lucca diede alle stampe il primo volume di un lavoro cui attendeva da anni, la raccolta Nuovi miscellanei lucchesi; ilsecondo volume invece uscì nel 1784, sempre a Lucca, ma con la falsa indicazione di "Carlosruhe".
Nel primo volume sono del D. i seguenti saggi: Epitaphium ad sepulcrum restauratum patriciae gentis Pisanae de Testa; Dissertazione sopra il S. Sacrificio della messa...; Relazione di varie pietre della vessica umana, e in particolare di quella di once 39...; Prodromo di storia naturale, e di patrie antichità; Dissertazione II sopra l'uso de' lumi nell'adunanze de' primitivi cristiani, e specialmente in tempo della messa.... Nel secondo volume si trova invece una nota autobiografica falsamente attribuita al conte G. M. Mazzuchelli (pp. 1-45), un elenco delle sue opere edite fino al 1777 (App., pp.VIII-XIII) ed un elenco delle pretese opere inedite (App., pp. XIV-XXIV).
Dal 1770, su incarico dell'arcivescovo mons. M. Bianchi, si occupò con passione di un processo mosso alla mensa arcivescovile di Lucca per il possesso del castello e della corte di s. Gervasio con molte terre, possesso che dipendeva dall'autenticità o meno della pergamena contenente l'istrumento di compera, fatta dal vescovo s. Anselmo nel 1075, dove la parte avversaria schierava i più illustri specialisti di paleografia, sfragistica e diplomatica del tempo, fra cui P. L. Galletti arcivescovo di Nisibi, gli abati camaldolesi G. B. Mittarelli e A. Costadoni. Il D. pubblicò per questa occasione prima un'Apologiadella legittimità, ed autenticità d'una pergamena dell'Archivio segreto ... (Lucca 1776) e, poi, un'Appendice all'Apologiadellalegittimità... (Firenze 1777), che lo tennero occupato per tre anni, tale fu la mole di manoscritti e di documenti di tutta Italia che gli fu necessario consultare, fino a raccogliere una collezione giurisprudenziale e diplomatica ab, bastanza organica da considerare l'opportunità di pubblicarla. Il risultato comunque fu lusinghiero per il D., che ottenne sentenza totalmente favorevole alle sue tesi.
Altre sue opere pubblicate di minor mole furono: una Vita di s. Ansano protomartire e apostolo di Siena (Lucca 1758), una Vita di Castruccio Castracani Antelminelli, nella Raccoltadegli uomini illustri (Livorno 1759, senza nome dell'autore); In Thesauro veterum diptychorumconsularium et ecclesiasticorum Ant. FrancisciGori commentarius Donati Latine redditus ... (Florentiae 1759), Notizie istoriche del Serchio, suoi antichi nomi e differente corso, con ragionamento sopra l'antica situazione della città di Pisa (Lucca 1784, ma pare esistesse una precedente edizione senza luogo né data dal titolo Memorie del fiume Serchio, che L. I. Di Poggio rivendicava come opera in parte sua); infine, varie epistole inserite nelle raccolte del tempo, ed alcune note nei primi volumi dell'Enciclopedia nell'edizione di Lucca.
Ammesso il 15 genn. 1758 all'Accademia lucchese, il D. fu membro di numerose altre, fra cui la Colombaria di Firenze, e venne dal granduca nominato professore onorario di sacri canoni nell'università di Pisa. Nonostante i frequenti viaggi e gli studi, fu sempre scrupolosamente osservante dei suoi obblighi ecclesistici: il 1º marzo 1753 era stato trasferito dalla parrocchia di Sant'Alessio alla cura di San Concordio di Moriano, di patronato Bernardini, dove risiedette stabilmente, esercitando il suo ministero fino alla morte, ivi avvenuta il 27 ott. 1787.
Lasciò una biblioteca, che molto tempo dopo fu trasferita presso la curia arcivescovile di Lucca, e molte carte della cui importanza si favoleggiava fra i dotti lucchesi, forse sulla base dell'elenco di ben 108 opere inedite da lui stilato: ma doveva trattarsi solo di abbozzi o di progetti, poiché a mons. F. Sardi, che volle farne acquisto dagli eredi, furono consegnati tre grossi sacchi di fogli sciolti e senza nesso, da cui poté ricostruire una sola opera organica, Nonnullae inscriptiones Florentiae, et in aliis Italiae civitatibus collectae.
Fonti e Bibl.: Roma, Bibl. naz., Autografi, A 19/10, (lettera del 31 agosto 1750a Pietro Lazzari S. I.); Archivio di Stato di Lucca, N. Tucci-D. De Nobili-B. Beverini, Illustrium Lucensium elogia, m. 71; Novelle letterarie pubblicate in Firenze, XVI (1755), col. 714; n. s., XIX (1788), coll. 504 ss. (elogio funebre); J. C. von Orelli, Inscriptionum Latinarum selectarum amplissima collectio, I, Taurini 1828, p. 35; A. Lombardi, Storia. della letteratura ital. nel sec. XVIII, IV, Modena 1830, pp. 82, 143; C. Lucchesini, Opere edite ed inedite, XX, Storia letter. del Ducato di Lucca, Lucca 1833, pp. 179-84; Collezione alfabetica di uomini e donne illustri della Toscana dagli scorsi secoli fino alla metà del sec. XIX, compilata da F. B. di G. B., Firenze 1852, p. 65; Nouvelle Biogr. générale, XIV, Paris 1854, p. 538; A. Bertacchi, Storia dell'Accademia lucchese, I, Lucca 1881, p. CCXXVI; G. Sforza, Ricordi e biografie lucchesi, Lucca 1916, p. 468 e n. 3; C. Frati, Diz. bio-bibliografico dei bibliotecari e bibliofili italiani dal sec. XIV al XIX, Firenze 1934, p. 207 (ma forse tratta dell'omonimo abate: le informazioni che fornisce non permettono di stabilirlo con certezza); G. Natali, Il Settecento, Milano 1950, p. 378.