DORIA, Sebastiano
Figlio di Tomaso fu Antonio e di Brigida Pallavicini fu Pietro, se ne ignora la data di nascita, collocabile nella seconda metà del XV secolo. Ebbe cinque fratelli (Gaspare, Pellegro, Filippo, Nicolò e Giacomo). Dalla moglie Maria Dernice fu Giuseppe ebbe a sua volta cinque maschi (Tomaso, Scipione, Filippo, Nicolò, Cornelio); ma il ramo della famiglia si chiuse con le quattro figlie di Nicolò. Nel 1516 il D. compare come proprietario e capitano di una galea nell'armata genovese allestita contro i corsari turchi.
Mentre infatti tra Francesco I e il nuovo re di Spagna, Carlo I, si stringeva quella pace di Noyon che doveva essere ben presto violata da entrambe le parti, Leone X, che aveva visto più volte danneggiate le coste del suo Stato dai pirati, specie da Gad-Alì, che aveva la sua base a Biserta, si fece promotore di una spedizione militare tra gli Stati costieri del Tirreno e ne affidò l'allestimento a Ottaviano Fregoso, allora governatore di Genova in nome del re di Francia. Questa armata fu composta dalle due galee dell'armata ordinaria, comandate direttamente da Andrea Doria, da nove galee di privati armatori genovesi, tra le quali quella del D., da alcune galee e galeoni francesi, comandati da Prégent de Bidoux, da due galee pontificie e da altre imbarcazioni minori. La flotta, poiché era pagata dal papa, batteva bandiera pontificia, e un legato pontificio era il comandante in capo, il genovese Federico Fregoso, arcivescovo di Salerno. L'armata, toccate Bonifacio e Cagliari nell'agosto 1516, giunse presso Biserta, dove trovò una piccola flotta di fuste e galee barbaresche e se ne impadronì; poi si diede all'incendio e al saccheggio dei sobborghi della città, invece di cercare di sorprendere l'intera armata corsara e di tentarne la cattura. Quindi, appagate da questo modesto successo, la maggior parte delle navi, guidate dal Fregoso, tornarono in Ponente, mentre solo Andrea Doria e il cugino Filippo (Filippino) restarono con quatto galee a continuare la caccia al capo barbaresco (che sarebbero riusciti a catturare nel 1519 nella battaglia dell'isola di Pianosa).
Il D. invece sicuramente rientrò a Genova col grosso della flotta, poiché, alla fine dello stesso anno, fu inviato come oratore al re di Spagna, allora nelle Fiandre.
Nelle istruzioni a lui consegnate il 22 nov. 1516 il governatore Ottaviano Fregoso, il Consiglio degli anziani e l'ufficio delle cose di Spagna del Comune di Genova ricordavano la perdurante interdizione dei mercati genovesi e dei loro beni nel Regno di Spagna, e la recente cattura di una nave genovese nel porto di Alicante in tempo di fiera. Il D. avrebbe dovuto protestare per le ingiustizie subite, nettamente in contrasto sia con le franchigie tradizionali, i salvacondotti e i capitoli della pace, sia con la deferenza di Genova verso il re di Spagna e la sua collaborazione armata contro gli infedeli. Il D., giovandosi del consiglio e dell'aiuto dei mercanti genovesi residenti a Bruges, avrebbe dovuto ottenere al più presto la restituzione della nave e delle mercanzie, di un valore di 3.000 scudi, e, in seconda istanza, almeno la liberazione delle persone e dei beni. Il D. avrebbe anche dovuto convincere il re che un precedente episodio di apparente conflittualità con un ufficiale spagnolo (episodio di cui era stato protagonista a Cartagena Tomaso Lomellini che aveva reagito contro un capitano del re, poiché questi aveva difeso un capo corsaro) era circoscritto alla situazione che lo aveva provocato, ma non doveva certo essere attribuito ad una volontà di offesa. Per ogni difficoltà politica che l'ambasceria avesse potuto incontrare, si ordinava al D. di avvalersi del consiglio di Giovan Gioacchino Doria, ambasciatore del re di Francia presso Carlo; per quelle di ordine economico invece al console genovese a Bruges, a Bartolomeo De Fornari e a Damiano Pallavicini, che erano autorizzati a prelevare da Ansaldo Grimaldi le somme necessarie per "facilitare" le pratiche alla corte di Spagna.
L'ultima documentazione riguardante il D. è il gruppo di lettere da lui inviato da Bruxelles al governo della Repubblica dal 20 febbr. al 28 apr. 1517.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Genova, Litterarum, f. 2/1959; Ibid., Instructiones et relationes, 2707 C, n. 122; Ibid., ms.652, cc. 1524-29; Genova, Bibl. civ. Berio, m.r. X, 2, 168: L. Della Cella, Famiglie di Genova, II, c. 45; Istruz. e relaz. degli ambasciatori genovesi, a cura di R. Ciasca, Roma 1951, I, pp. 72 ss.; N. Battilana, Genealogie delle famiglie nobili, Genova 1825, p. 6. C. Manfroni, Storia della marina ital., Roma 1897, III, p. 252; G. Guelfi Camajani, Il Liber nobilitatis Genuensis, Firenze 1975, p. 157.