FENZI, Sebastiano
Nato a Firenze da nobile famiglia il 22 ott. 1822, dal banchiere Emanuele e da Ernesta Lamberti, compì i primi studi a Vienna, nel 1832, insieme al fratello Carlo, successivamente in Inghilterra e, dal 1836 al 1838, a Parigi. In virtù dell'educazione ricevuta, la sua formazione intellettuale e culturale, anche per la permanenza all'estero, risultò ampia e aperta, e articolata in svariate discipline che suggerirono molti e diversi interessi. Irrequieto, dispersivo, non privo di generosità, assetato di indipendenza, fondamentalmente ambizioso, si dedicava ai più svariati affari e progetti - spesso molto dispendiosi - il più delle volte in maniera velleitaria, verosimilmente per vincere una certa insicurezza e mostrare il proprio valore ai fratelli e al padre, il quale invece voleva condurlo su binari più tradizionali, avviandolo alla cura degli interessi della famiglia e del banco di famiglia. Tornato in Italia, fu inviato dal padre a far pratica di banca a Firenze e a Genova, ma l'esperienza si rivelò presto negativa, risultando il F. inadatto a riuscire in quel campo.
Nel 1844 trascorse qualche tempo a Londra, dove aveva ottenuto un impiego di copialettere, e qui manifestò il desiderio di intraprendere la carriera diplomatica, suggeritogli ciò dai contatti e dall'amicizia con numerose personalità del mondo politico e finanziario inglese. Risale a quest'epoca il primo incontro con G. Mazzini) che nell'occasione definì il F. - il quale andava proclamando sincera adesione ai principi repubblicani - "giovine eccellente, benché debole e capace di dimenticare".
Lo stesso G. Lamberti, fido segretario del Mazzini e parente del F., lo definiva "buono ma di testa leggera" per il suo amore per i piaceri, i bei vestiti e il gioco. Comunque il F. seppe rendere alcuni servigi al Mazzini, entrando a far parte di quella fitta rete di collaboratori, latori di messaggi orali o scritti, spesso cifrati, che rappresentarono il tessuto connettivo dell'organizzazione mazziniana.Rientrato a Firenze nello stesso 1844, insieme con alcuni amici dell'aristocrazia fiorentina costituì il primo club ginnico, le cui riunioni, sospette alla polizia granducale, sarebbero avvenute alla presenza di un funzionario intento a sorvegliare i giovani signori in odore di sovversione. L'associazione fu la prima manifestazione dell'interesse per l'esercizio ginnico di cui il F. fu sempre attivo promotore. Fondò infatti successivamente altre associazioni di tal genere, a Pisa e a Firenze, e favorì la costituzione di istituzioni analoghe in altre città.
Quando entrò in vigore la legge 7 luglio 1878 che rendeva obbligatorio l'insegnamento della ginnastica nelle scuole, il F., che sedeva tra i componenti la commissione appositamente nominata per l'approvazione dei nuovi programmi scolastici, si batté con impegno perché il progetto venisse attuato.
Questa attiva partecipazione al problema dell'educazione fisica costituirà la base di una parte della sua pubblicistica. Pubblicò sull'argomento un vero e proprio manuale, Ginnastica igienica in camera, uscito a Firenze in due edizioni nel 1872 e nel 1888. Seguirono (sempre editi a Firenze): La ginnastica. Discorso letto al Circolo filologico di Firenze il 12 maggio 1879; Parole dirette dal cav. S. Fenzi ai giovani della Società Ferruccio di ginnastica e tiro a segno di Prato (Toscana) il 28 nov. 1880; Relazioni dei deputati italiani al Congresso ginnastico di Francoforte (1880); Canti ginnastici (1885); Brevi parole intorno all'importanza della fisica educazione, lette al Congresso della Società d'igiene, tenuto in Bologna nell'ottobre (1888); Brevi parole sull'importanza della educazione fisica per giungere a tarda età vigorosi e sani (1889). Si aggiungono numerosi articoli pubblicati su riviste di cui il F. era direttore o collaboratore: Letture di famiglia (1849-1885), La ginnastica in Italia. Bollettino della Federazione ginnastica italiana (1874-1881), Rassegna di scienze sociali e politiche (1883-1894).
Nell'estate del 1846, mentre si trovava a Bagni di Lucca, ebbe un diverbio di gioco con un pittore di Nancy, A. Geniole. I contendenti ritennero di non poter chiudere pacificamente la vertenza, ma cavilli e speciose questioni d'onore procrastinarono la data dello scontro.
La posizione della famiglia e le amicizie del F. provocarono ripercussioni e strumentalizzazione dell'incidente in diversi ambienti politici - mazziniani compresi, ostili alla monarchia orleanese che allora conduceva una politica filoaustriaca -, attribuendogli un connotato patriottico che gli era invece estraneo. Fu inizialmente stabilito che il duello si dovesse svolgere in Corsica, lontano dall'area di giurisdizione delle autorità granducali, ma dopo un lungo periodo di trattative fu impossibile trovare un accordo, e col passare del tempo, e soprattutto con l'incalzare degli avvenimenti politici, la polemica si affievolì, perdendo la sua pubblica risonanza. Tuttavia il duello alla spada si svolse ugualmente il 10 ag. 1847 a Ginevra: il F. risultò ferito non gravemente e così la questione si chiuse senza tanto clamore, con sollievo di entrambi i contendenti.
Nel gennaio 1848 il F. partì nuovamente per Londra, dove veniva sostenuto da un sussidio inviatogli dal padre. In terra britannica riprese a frequentare le conoscenze allacciate anni prima, stringendo anche nuovi contatti con Mazzini. Fu così che ricevette la nomina a vice presidente della sezione londinese dell'Associazione nazionale italiana. Nella primavera dello stesso anno, nonostante la disapprovazione del padre, si sposò con Emilia Verity, figlia di un pastore protestante: dal matrimonio sarebbero nati sette figli. Con la consorte avrebbe voluto partire per l'Italia per dare il proprio contributo alla guerra in Lombardia, ma la morte del suocero e il termine della guerra segnato dalla sconfitta di Novara impedirono il proposito. Intervenendo il 3 ag. 1849 a Leicester square a una riunione di patrioti italiani che, esacerbati dal voltafaccia di Pio IX, avevano scritto sui giornali parole di fuoco contro il cattolicesimo e inneggianti a Lutero, il F. pronunciò un discorso di chiara impostazione anticlericale, difendendo tuttavia la religione cattolica, elemento di unione di tutti gli Italiani.
Al ritorno a Firenze il F., ormai padrone della lingua inglese e conoscitore della storia e della vita anglosassoni, ideò e diresse la Rivista britannica. La rivista, la cui pubblicazione durò con cadenza mensile dall'aprile 1851 al marzo 1852, contiene per lo più articoli e brani di scrittori inglesi tradotti in italiano, con sue aggiunte e commenti. Gli argomenti trattati riguardano storia, politica, filosofia e letteratura, e non mancano passi di contenuto scientifico e narrativo.
In inglese sarà espressa una buona parte della sua produzione poetica, tutta edita a Firenze; la raccolta più consistente è del 1861, English and Italian fugitive verses and translations, una successione di componimenti in ricordo e a celebrazione degli anni giovanili trascorsi in Inghilterra. Seguono Poesie inglesi e italiane (1861); Spiritualism. Its mission and ultimate triumph (1880); Translations into English verses from some of the Italian poets, Filicaia, Michelangelo, Giusti, Fucini, Stecchetti and others (1883); dodici Appendici (1885); La vita (1890). Tutte le composizioni hanno un timbro stilistico che oscilla tra l'accademico e il familiare, testimonianza di quella letteratura minore che, risentendo ormai dell'usura dei caratteri del romanticismo, può condurre ad un effetto retorico, declamatorio e convenzionale.
A partire dal 1853 il F. fu impegnato come contabile presso il Banco Fenzi e nel comitato direttivo della Ferrovia Leopolda, di cui il padre era stato il maggior imprenditore. A causa delle precaria salute della moglie nel 1860 dovette trasferirsi per qualche tempo in Egitto, rinunciando agli impegni assunti e affidando i propri figli alle cure del padre e del fratello Carlo. Nonostante i numerosi e frequenti spostamenti in località dal clima asciutto (come esigevano le condizioni della moglie che sarebbe morta di tisi nel 1869), in seguito alle disposizioni paterne, che riservavano al fratello Carlo la gestione delle operazioni finanziarie e commerciali, gli venne affidata l'amministrazione dei possedimenti della famiglia, compito che gli richiese non poco impegno ma che tuttavia non lo gratificò con soddisfacenti risultati.
Sempre promotore di iniziative sociali e culturali di ogni genere, ricoprì anche numerose cariche pubbliche: nel 1858 era consigliere della Società anonima per la strada ferrata Leopolda; deputato nel 1859 nell'Assemblea toscana, fu sindaco del Comune di San Casciano in Val di Pesa; nel 1860 ricevette il decreto di nomina a capitano della guardia nazionale e nel 1862 il titolo di cavaliere dell'Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro. Già nello stesso anno risultava affiliato alla loggia massonica fiorentina "Concordia", con l'incarico di segretario della corrispondenza e, all'interno della stessa, ricevette nel 1875 il grado di maestro. Nel 1871 fu uno dei componenti la commissione ministeriale che studiò il progetto della perequazione dell'imposta fondiaria nel Regno d'Italia, e nello stesso anno fu presidente della Società dei forni economici e di panizzazione. Presiedette la Federazione ginnastica italiana nel 1873 e offrì il suo contributo per la soluzione di questioni sociali di attualità, come quella della organizzazione della rete fognaria di Firenze, partecipando alla commissione nominata dalla Società fiorentina d'igiene nel 1885.
Continuava nel frattempo la sua attività di scrittore. Oltre ai volumi già citati pubblicò alcune composizioni dedicate ai propri familiari ed altri opuscoli di vario argomento. Il volume più consistente resta Gita intorno alla Terra, dal gennaio al settembre dell'anno 1876, pubblicato a Firenze nel 1877. Si tratta di un vero e proprio diario di viaggio in forma epistolare, annotato con prosa scorrevole in numerose lettere che il F. indirizzava a C. Bianchi, allora direttore del quotidiano La Nazione, perché le pubblicasse. Raccolte in volume, esse costituiscono un documento notevole per le particolareggiate descrizioni di carattere geografico ed etnologico.
Trascorse gli ultimi anni a Livorno, ritirato a vita privata, collaborando ancora a riviste, come Babilonia (1888-1900) e Cordelia (1881-1911), per le quali si dilettava anche di enigmistica, dimostrando grande inventiva nel comporre indovinelli in versi, sciarade, ecc. Si interessò anche di arti figurative, rivelando una certa maestria nel plasmare in creta un busto del fratello Carlo, realizzato poi in marmo e donato alla Camera di commercio di Firenze nel 1886.
Morì a Firenze il 5 sett. 1901.
Fonti e Bibl.: Firenze, Biblioteca e Archivio del Risorgimento, Carte Fenzi; Ed. naz. degli scritti di G. Mazzini, Epistolario, XIII, pp.280, 294 n., 300 e n., 303, 313; XIV, 132 n.; XV, p. 258; XVI, pp. 138 s.; XVII, pp. 295, 298; XVIII, pp. 299, 301; XIX, p. 51 n.; A. De Gubernatis Dict. intern. des écrivains du jour, Florence 1888-1891; Id., Piccolo diz. dei contemp. italiani, Roma 1895; G. Valeggia, Storia della loggia massonica fiorentina Concordia, 1861-1911, Milano 1911, pp. 47, 50; L. Mordini, Un mancato duello in Corsica, in Arch. stor. di Corsica, IX (1933), pp. 567-576; C. Rotondi, S. F. e la Rivista britannica, in Atti del V Convegno storico toscano, Lucca 1953, pp. 313-318; M. Pepe, Lineamenti di storia dell'educazione fisica e dello sport, Torino [1975], II, p. 189; D. Ottati, Ilventre di Firenze, Firenze 1988, p. 120; Cl. Perini, S. F. e la Rivista britannica, in Rass. storica toscana, XLI (1995), pp. 99-120.