MARTELLINI, Sebastiano
(Bastiano, Bastianus Petri). – Nacque nel 1548 a Macerata. Il suo nucleo familiare era composto dalla moglie «donna Cleria, con quattro figlioli e la serva» (Macerata, Archivio diocesano, Parrocchie, Stati d’anime, anno 1600; Assegne di Macerata, anno 1600, c. 13v).
Una delle figlie, Piera, sposò il tipografo Sertorio Monti, socio del M. negli anni 1573-83; pochi mesi dopo il battesimo della loro primogenita Vittoria, nel settembre 1583, la coppia si trasferì a Fermo, dove Monti, dal 1584, agì in proprio.
Il M. apprese l’arte della stampa dal prototipografo maceratese di origine mantovana Luca Bini che, dopo anni di lavoro itinerante in Toscana, Umbria e Marche, nel 1551 aveva accolto l’offerta della magistratura di Macerata di ubicare l’officina in città, dietro garanzia di sussidi e immunità e con l’obbligo di assicurare l’apprendistato gratuito a due giovani concittadini. Alla morte di Bini (aprile 1568), il laboratorio passò al M., che fu nominato bidello dello Studium e impressore municipale. Nel ruolo di bidello, che esercitò fino alla morte, svolse una funzione strategica a contatto con i docenti, dei quali pubblicò alcune opere, e con gli studenti, nel suo ruolo di commerciante interno di libri e di altri strumenti di studio, sulla scia di una consuetudine iniziata fin dal 1541 da Alessio da Verona, primo bidello dell’ateneo. Come ulteriore forma di agevolazione e sostegno all’attività editoriale, il M. ottenne in appalto (1569-1605) l’incetta degli stracci nel territorio comunale, «ut commodius de carta sibi valeat providere ad imprimendum» (Arch. di Stato di Macerata, Archivio priorale di Macerata, Riformanze, b. 86, 1568-69, cc. 196v-198r; ibid., Libri del Camerlengo, b. 199, 1605, c. 10r).
Tipografo prolifico e versatile, attivo tra il 1568 e il 1626, il M. seppe coniugare perizia e rigore compositivo sia nei prodotti editoriali più complessi sia in quelli minori e d’occasione. Secondo una stima approssimativa realizzò più di trecento pubblicazioni, diverse per tipologia e impegno editoriale, in prevalenza al servizio delle istituzioni politiche, culturali, ecclesiastiche e giudiziarie della città. Dopo alcuni anni di gestione autonoma dell’officina, nell’edizione del 1572 degli Statuti di Monte San Giusto appare il primo indizio della società con Sertorio Monti, che sarà esplicitata l’anno successivo nella sottoscrizione comune degli Statuti di Corinaldo.
La società Martellini-Monti, tuttavia, più che dalle dichiarazioni esplicite dei volumi è testimoniata dalla documentazione e dall’analisi bibliologica degli esemplari. Nel 1580 Monti rivendicò a sé l’edizione lauretana della Historia de la santa Casa di Loreto di Raphael Riera, commissionata dall’amministrazione del santuario («In Loreto. Appresso Sertorio de’ Monti. M.D.LXXX»), ma i documenti resi noti da F. Grimaldi provano che il lavoro fu realizzato nell’officina del M., mentre la data topica si riferisce al committente. Alla stessa officina va attribuita la Dottrina cristiana (Loreto 1580, a istanza di Claudio Sabini) priva del nome dello stampatore ma analoga per caratteristiche bibliologiche alle pubblicazioni martelliniane dello stesso anno (il Flagellum daemonum di G. Menghi e L’historia di Santa Maria di Loreto di G. Angelita). Dal 1584 parte dell’apparato tipografico e decorativo del M. fu impiegato da Monti a Fermo, prova della spartizione dei materiali di laboratorio dopo la separazione.
Da allora il M. gestì la tipografia da solo fino al 1610, quando si associò dapprima con Gregorio Arnazzini e poi, dal 1621, con Giovanni Battista Bonomi, con il quale sottoscrisse principalmente opuscoli di servizio e modulistica burocratica. Nel 1626 il M., ormai anziano, cedette l’officina a Bonomi che agì in proprio servendosi del corredo del M., come mostrano i caratteri, i capilettera e la marca nelle Decisiones novissimae Sacrae Rotae Maceratensis dell’uditore Marco Antonio Tomati (1633).
La produzione del M. riflette l’interazione con la comunità cittadina e le sue istituzioni (Comune, Studium, Accademia dei Catenati, curia diocesana, confraternite, ordini religiosi, curia del legato, tribunale della Rota), per le quali produsse una lunga teoria di testi normativi e di servizio, opere devozionali, atti sinodali, commemorazioni di eventi e resoconti di apparati trionfali. Altre tipologie librarie peculiari del M. furono gli statuti, che pubblicò numerosi (in continuità con Bini, definito anche tipografo di statuti), le stampe popolari commissionate da cantimbanchi e le pubblicazioni di letterati in omaggio a dedicatari potenti.
Negli anni centrali della Controriforma e dell’uso intenso della stampa a fini apologetici e parenetici, committenti del M. furono legati e vescovi. Tra questi, in particolare, il milanese Galeazzo Morone, seguace del modello borromaico, che resse la diocesi dal 1573 al 1613 e al cui impulso si devono ripetute edizioni di opere di autori cari a Carlo Borromeo: Gaspar Loarte, Luis de Granada, Mattia Bellintani, Giovanni Pietro Besozzi. A Morone è da ascrivere anche la committenza (1576-77) delle Cause, et rimedii della peste con gli avvisi del Borromeo «a curati, predicatori, & religiosi», delle Litaniae, et preces… pro avertenda a populo christiano pestilentia e, nel 1583, di una serie di pubblicazioni sui sacramenti destinate alla formazione dei fedeli e del clero curato. A lui, e alla sua collaborazione con i gesuiti, si devono pure la pubblicazione delle opere Methodus ad eos adiuvandos qui moriuntur (1575) e Breve directorium ad confessarii et confitentis munus (1576) di Juan Alphonso Polanco, nonché le due edizioni de Il soldato christiano di Antonio Possevino (1576, 1583), con il testo ampliato dal M. rispetto alla princeps romana del 1569.
Il M. intrattenne relazioni anche con la comunità culturale cittadina: ai suoi torchi si affidarono docenti dello Studium (i giuristi Scipione Giardini e Virginio Boccacci, i medici Giano Matteo Durastante e Sebastiano Paparella, il letterato Girolamo Zoppio); membri dell’Accademia dei Catenati (Marcello Ferro, Cesare Borrocci, Alessandro e Carlo Cenzi); nonché il pretore della Rota Sebastiano Medici.
Committenti del M. furono, inoltre, i librai, in specie i lauretani Pierino Guarlotti e Claudio e Agostino Sabini. Nell’anno santo 1575 e nell’anno giubilare lauretano 1576 Guarlotti gli chiese la stampa di un manuale per i devoti (Istruttione de’ peregrini che vanno alla Madonna di Loreto di Luis de Granada) e di una guida del santuario (L’historia di Santa Maria di Loreto di G. Angelita). La devozione lauretana e il movimento di pellegrini che alimentava costituirono una sostanziosa fonte di reddito per il M., che ristampò ogni anno, tra il 1578 e il 1604, l’opera di G. Angelita per i fratelli Sabini e ripetutamente per il santuario della S. Casa la modulistica speciale per le pratiche di devozione, come le fedi di confessioni e le fedi di comunioni. Committenze sporadiche gli giunsero dai librai Battista Mancini di Macerata, per il quale nel 1580 produsse il Compendio dell’arte essorcistica e il Flagellum daemonum di Girolamo Menghi; da Francesco e Creaco Pichi di Senigallia, per i quali nel 1581 stampò l’edizione illustrata del Nuouo e breve discorso dell’armi e lacci de’ demoni di Giulio Candiotti, arcidiacono della S. Casa di Loreto; da Alitenio Gatti, per il quale nel 1588 pubblicò la commedia Desiata pace di Angelo Oldradi e La seguenza de’ morti (il Dies irae) tradotta da Alessandro Guglielmi.
Da definire è invece la natura dei rapporti che il M. intrattenne con il libraio camerte, con bottega a Macerata, Tiburzio Conti a istanza del quale nel 1577 stampò il Summario di tutte l’indulgenze della Confraternita del Ss. Sacramento di Macerata. L. Zdekauer restituisce gli atti di una causa tra il M. e gli eredi di Conti, conclusa nel 1594, da cui risulta una società «super impressione librorum, et operis in spetie nuncupati “Studio di vera sapientia”» (Zdekauer, c. 4r), cioè l’opera dell’agostiniano Agostino De Vivo, stampata e sottoscritta nel 1585 dal M., senza alcuna menzione del socio. Il documento, noto solo grazie alla trascrizione di Zdekauer, accenna anche alla costituzione di una compagnia di librai, fra il M., Tiburzio Conti, Leopardo Censi e l’avvocato curiale Gaspare Galeotti di Amandola. Le scarne notizie evidenziano un cospicuo commercio con librai di città limitrofe – Ancona, Fabriano, Loreto –, ma anche di Napoli, Perugia, Roma, e con i Sessa di Venezia e le loro filiali nelle città fieristiche di Foligno e Recanati.
Il M. morì a Macerata il 29 apr. 1635.
Il M. rivendicò i suoi prodotti con due marche tipografiche. La prima compare nel 1572 negli Statuti di Monte San Giusto e fu impiegata fino al 1586 (Statuti di Caldarola). È una marca «parlante»: due martelli schiacciano la testa e la coda di un serpente annodato tra le fiamme su un’incudine, con il motto «Plectenda sic est invidia»; raramente è senza motto e in un caso è accompagnata dall’inscriptio «Sic cognoscitur virtus», sconosciuta ai repertori (Boccacci, Tractatus de interdicto vti possidetis, 1581). Dal 1599 figura una nuova insegna: fumo che s’innalza da rami e il motto «Mox fulgor» (Paolo Rossi, La rosa), usata anche nelle edizioni sottoscritte con Arnazzini e Bonomi, il quale nel 1626 la rilevò con il resto del corredo di laboratorio.
Lo stesso marchio fu impiegato, però, anche dalla società costituita a Fermo dagli eredi di Monti e da Giovanni Bonibello (come Settimio Brecca, Protheus, 1601), a conferma di un rapporto ininterrotto tra il M. e i nipoti. L’attribuzione al M. di un’ulteriore marca (Vaccaro, Ascarelli - Menato) è frutto di un’errata interpretazione della vignetta xilografica del frontespizio di Cause, et rimedii della peste del 1577: due angeli appaiono a una figura in trono con il motto «Coakctor nimis».
Quanto all’apparato iconografico del M., oltre agli emblemi istituzionali e familiari di committenti e finanziatori, si segnalano due legni raffiguranti la Crocifissione, ricorrenti e di buona fattura, l’uno con la Vergine, Giovanni e Maria Maddalena (Regole della Compagnia della Charita di San Girollamo di Macerata, 1588), e l’altro con le pie donne che sorreggono la Madonna, la Maddalena e il centurione (A. Possevino, Il soldato christiano, 1576), nonché l’ovale silografico con una delicata Pietà (G. Loarte, Trattato delli rimedii generali, et particolari de le tentationi, 1576).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Macerata, Archivio priorale di Macerata, Riformanze, b. 86, 1568-69, c. 10r, 13 apr. 1568 (nomina a bidello dello Studium e impressore camerale); ibid., Libri del Camerlengo, bb. 213, 1621, cc. 58r, 125v-126v; 216, 1624, c. 113v; 217, 1625, c. 117v; 218, 1626, c. 119v (modulistica); 224, 1635, c. 20r; Macerata, Archivio diocesano, Parrocchia di S. Salvatore, Registro dei morti, 1615-1672, c. 41r; Parrocchia cattedrale, Libro dei battesimi, 1582-1588, c. 32r; Ibid., Biblioteca comunale, Mss., 775: L. Zdekauer, Notizie di Tiburzio de Contis di Camerino e S. M. di Macerata e di altri stampatori (1529-1607); F. Raffaelli, Gli statuti suntuari dal secolo XV al XVII per la città di Macerata, Fano 1879; E. Cinti Federici, La stampa a Macerata fino all’anno 1700, seguendo specialmente i documenti dell’Archivio priorale, in Studi sulla Biblioteca comunale e sui tipografi di Macerata, a cura di A. Adversi, Macerata 1966, pp. 189-233, in particolare pp. 195-203; A. Marongiu, L’Università di Macerata nel periodo delle origini, in Id., Stato e scuola: esperienze e problemi della scuola occidentale, Milano 1974, pp. 149-195; F. Ascarelli - E. Vaccaro, Marche poco note di tipografi ed editori italiani del sec. XVI dalla raccolta della Biblioteca universitaria Alessandrina, in Miscellanea di studi in memoria di A. Saitta Revignas, Firenze 1978, pp. 29-52 (in particolare p. 43, fig. 13); E. Vaccaro, Le marche dei tipografi ed editori italiani del secolo XVI nella Biblioteca Angelica di Roma, Firenze 1983, pp. 112 s., fig. 95; G. Zappella, Le marche dei tipografi e degli editori italiani del Cinquecento. Repertorio di figure, simboli e soggetti e dei relativi motti, Milano 1986, fig. 740; F. Ascarelli - M. Menato, La tipografia del ’500 in Italia, Firenze 1989, pp. 205 s.; F. Grimaldi, S. M., tipografo maceratese, in Atti del XXII Convegno di studi storici maceratesi… 1986, Macerata 1989, pp. 403-425; N. Raponi, Galeazzo Morone: un prelato milanese dell’età borromaica vescovo di Macerata e Recanati, 1573-1586, in Annali della Facoltà di lettere e filosofia, Università di Macerata, XXII-XXIII (1989-90), pp. 75-109; F. Grimaldi, Il libro lauretano. Secoli XV-XVIII, Macerata 1994, pp. 30-37 e passim; R.M. Borraccini, La tipografia nelle Marche. Tessere di un mosaico da comporre, in La cultura nelle Marche in Età moderna, a cura di W. Angelini - G. Piccinini, Milano 1996, pp. 68-81, 341 s.; R. Bigliardi, De Monti, Sertorio, in Diz. dei tipografi e degli editori italiani. Il Cinquecento, I, Milano 1997, pp. 371 s.; M. Villani, Bini, Luca, ibid., pp. 143 s.; Id., Luca Bini, tipografo di statuti umbro-marchigiani: considerazioni sui rapporti tra un tipografo «errante» e le autorità committenti (1541-1566), in La professione bibliotecaria in Italia e altri studi, Roma 2002, pp. 113-119; A. Sfrappini, Tipografie e libro: uno sguardo d’insieme, in Istituzioni culturali del Maceratese. Atti del XXXIV Convegno di studi maceratesi, Abbadia di Fiastra (Tolentino)… 1998, Macerata 2000, pp. 375-382 (in particolare p. 381); R.M. Borraccini, Libri e società nelle Marche centro-meridionali dei secoli XVI-XVIII, in Collectio thesauri. Dalle Marche tesori nascosti... (catal., Ancona), a cura di M. Mei, II, L’arte tipografica dal XV al XIX secolo, Firenze 2005, pp. 97-131.