PAOLI, Sebastiano
PAOLI (Pauli), Sebastiano. – Nacque a Lucca il 1° aprile 1720, primogenito dei cinque figli di Pietro, medico noto e apprezzato soprattutto nel campo della litotomia. Non si hanno invece notizie del ramo materno.
La prima formazione di Sebastiano avvenne nella città natale, per poi proseguire nelle Università di Pisa, Bologna, Montpellier e Parigi, dove si dedicò agli studi di medicina, chirurgia, chimica e botanica. Durante la sua presenza allo Studio di Bologna, tra il 1743 e il 1744 ebbe come maestro l’ormai anziano Giacomo Bartolomeo Beccari, illustre professore della facoltà di medicina. Nel luglio del 1759, probabilmente coinvolto dal suo allievo, Beccari stese un lungo e dotto parere a stampa a favore di una guarigione miracolosa di un tumore a un ginocchio da cui era affetta Arcangela Pardini, conversa nel convento delle suore dei Servi di Maria di Lucca; il parere fu sottoscritto dallo stesso Paoli.
A Bologna, questi era entrato in contatto anche con l’astronomo Petronio Matteucci, al quale scrisse tre lettere tra il 1749 e il 1752 riguardanti l’applicazione medica dell’elettrizzazione e le preparazioni anatomiche in cera di Anna Morandi Manzolini. Paoli aveva, infatti, espresso il desiderio di crearsi un piccolo gabinetto anatomico «compatibile per la borsa di un povero medico» (Archivio di Stato di Lucca, Archivio Cerù, 724, c.n.n.) in vista del corso di anatomia da tenere a Lucca per l’anno 1753.
Secondo il dottor Giacomo Franceschi che stese l’elogio del Paoli, in gran parte ripreso poi da Cesare Lucchesini, mentre questi era a Bologna avrebbe scritto una lezione accademica sulla struttura del cervello e del cuore che fu molto apprezzata. Di questo scritto, come di altri, non resta traccia, dato che «poche e brevi cose diede alle stampe mosso piuttosto dalle circostanze che dal desiderio di essere autore» (Lucchesini, 1831, p. 381). Franceschi ricorda tra le prime prove di abile medico dimostrate da Paoli la cura del suo stesso genitore, Pietro, e poi del padre del marchese Cesare Lucchesini, Francesco, il quale ancor giovane e in procinto di sposarsi, era stato colto da una grave infermità dalla quale guarì grazie alle cure ricevute.
La fama di Paoli si affermò soprattutto con i suoi esperimenti sull’inoculazione del vaiolo umano, pratica che, fra detrattori e strenui sostenitori, a lungo coinvolse molti medici e letterati in varie parti d’Europa, da Charles-Marie de La Condamine, ad Angelo Gatti, a Pietro Verri ad Antonio Genovesi. Favorevole all’innesto sulla scorta degli studi compiuti a Montpellier, Paoli si inserì nel vivace dibattito dando alle stampe una Relazione di due inoculazioni di vajuolo fatte in Lucca nei figli del sig. marchese Francesco Lucchesini (Lucca 1762). L’opera vedeva la luce esattamente un anno dopo che il medico fiorentino Saverio Manetti, nel suo Trattato della inoculazione del vajuolo (Firenze 1761), aveva tessuto un ampio quadro dei vari esperimenti compiuti in Italia e all’estero e non solo in Europa, ma anche in India e Cina. Come già Manetti, anche Paoli denunciava l’ostilità che incontrava tale pratica medica nonostante i precoci successi che proprio in Toscana, con l’appoggio del governo lorenese, si andavano registrando a partire dal 1756.
Con uno dei protagonisti di questi successi, il medico fiorentino Giovanni Targioni Tozzetti, Paoli intrattenne una breve corrispondenza, grazie al contatto procuratogli dal nobile lucchese Nicola Santini. Nella lettera inviata al Targioni il 22 maggio 1758, oltre a illustrare l’esito felice di alcune inoculazioni compiute a Lucca e a ringraziarlo della sua «dotta operetta intorno a’ vaiuoli» edita nel 1756, gli comunicava che la migliore riuscita delle inoculazioni avveniva con l’uso di «materia variolosa» fresca e non vecchia di qualche mese, giudicata «non tanto sicura quanto gli autori oltramontani pretendono» (Firenze, Biblioteca nazionale centrale, Targioni Tozzetti, 226, cc. 35r-36r). Con altra lettera del 24 maggio il medico lucchese recapitava a Targioni anche due vasetti di «materia variolosa fresca» estratta da «vaiuoli d’ottima qualità in soggetti sani e di lodevole costituzione» (ibid., c. 37r). Nell’ultima lettera, inviata al suo corrispondente fiorentino il 16 agosto del 1758, Paoli annunciava l’intenzione di dare alle stampe i risultati positivi dei suoi metodi, rammaricandosi per gli insuccessi che invece si erano verificati altrove, a Piacenza, a Parigi e ad Amsterdam. Nella stessa lettera dava poi notizia della recente edizione lucchese dell’Encyclopédie «la quale è a vero dire riuscita bella e corretta niente inferiore a quella di Parigi». Paoli invitava Targioni a collaborarvi con delle note, allo scopo di «illustrare la letteratura italiana tanto dimenticata dai francesi, se non disprezzata» (ibid., cc. 38r-39r e Fadda, 1983, pp. 197-198). Fra le carte di Targioni si conserva una breve Relazione d’alcuni innesti di vaiuoli fatti in Lucca dal sig. dott. Sebastiano Paoli (che si firma Pauli), nella quale si dà ragguaglio di come tali innesti fossero stati praticati già nel 1750 su quattro ragazzi di bassa estrazione, seguendo in questo caso il metodo condiviso da altri celebri medici del tempo come Tissot e La Condamine. Secondo quanto riferisce l’erudito ecclesiastico Gianantonio Pelligotti, coevo di Paoli, a queste prime inoculazioni assistettero i medici lucchesi Bernardino Pucci e Giulio Marchini (Archivio di Stato di Lucca, G. Pelligotti, Annali della città e Repubblica di Lucca, Mss. 77, t. III, cc. 563-564). Sulla base di questi primi risultati ottenuti in patria e in varie parti del mondo e sulla scorta delle relazioni di autorevoli scienziati europei, Paoli, insieme ai colleghi Pucci e Bernardo Moscheni, si rivolse ai componenti del Collegio medico della Repubblica di Lucca; chiesero loro di patrocinare le sperimentazioni e ricorrere all’Offizio sopra la Sanità per venire incontro alle «indigenze» di coloro che dalla primavera futura avrebbero per qualche anno accettato di sottoporsi a tali metodi. Dal canto loro, i medici firmatari dell’appello e i dottori del Collegio si impegnavano a garantire la propria prestazione gratuitamente, avendo per fine il pubblico bene.
Fu in seguito all’epidemia di vaiolo verificatasi a Lucca e dintorni nel 1757, che alcuni cittadini si convinsero a sottoporsi alle inoculazioni.
Paoli, nella relazione manoscritta inviata a Targioni, dichiarava che per mancanza di tempo non sarebbe entrato nei dettagli dell’età e dei nomi di tutti i soggetti inoculati, ma che avrebbe accennato di passaggio ad alcuni nobili lucchesi che, con le adeguate preparazioni, avevano accettato l’esperimento; tra questi il canonico Marzio Micheli di 34 anni «di temperamento sanguigno e bilioso», il quale, avendo tanto amore per le scienze e genio per le lettere, non poteva ignorare «l’esito avventuroso di quella cura» in Inghilterra, Ginevra e Parigi. Altrettanto felicemente erano state inoculate delle nobili fanciulle, figlie uniche, di età compresa fra i 10 e i 18 anni, Eleonora de’ Nobili, Lucrezia Balbani, Maria Controni; con «invariabile determinazione» si preparavano all’esperimento anche le tre figlie del nobile Giacomo Cittadella insieme alla signora Maria Caterina Massoni. Il nobile Francesco Buonvisi volle addirittura «la bella e sana sua famiglia liberare da’ pericoli e dalle brutture che arrecare sogliono alle volte i vaiuoli naturali», tanto che fece inoculare tutti i suoi figli maschi e femmine di età compresa fra i 12 e i 7 anni (Firenze, Biblioteca nazionale centrale, Targioni Tozzetti, cc. 112r-113r).
L’ambiente aristocratico garantì dunque a Paoli maggior fama e sicurezza fino al momento di pubblicare la sua Relazione, nella quale, oltre al consueto panorama sullo stato dell’arte, si accennava con maggior precisione alle inoculazioni effettuate sulla fine del marzo 1761 sui fratelli Giacomo e Cesare Lucchesini rispettivamente di 7 e 6 anni. Secondo l’autore, era molto importante avere delle cautele prima di fare gli innesti, assicurandosi che i soggetti trattati fossero abbastanza sani. Altrettanto importante era il trattamento da eseguirsi sulle ferite provocate durante gli innesti.
Tali novità nel campo della medicina pratica furono oggetto di alcuni consulti teologici, pubblicati una prima volta a Milano nel 1762 e poi nel 1763 a Pisa; ne furono autori i fiorentini Giovanni Lorenzo Berti agostiniano e Gaetano Veraci sacerdote, seguiti dal servita Raimondo Adami di Pistoia. Tutti i pareri furono favorevoli agli innesti. Nel consulto del Berti si fa esplicito riferimento alla Relazione a stampa di Paoli, della quale si riportano alcuni passi preceduti dai brani delle Memorie sull’innesto del vajuolo di La Condamine tradotte dal francese in italiano (Venezia 1761) nelle quali si menzionavano i successi ottenuti in Italia con l’inoculazione e si faceva un cenno alla lettera con cui Paoli annunciava la pubblicazione delle sue osservazioni.
Le competenze e la notorietà raggiunta da Paoli si erano nel frattempo valorizzate con la direzione dell’edizione lucchese dell’Encyclopédie di Diderot e D’Alembert, pubblicata dal 1758 al 1771 dallo stampatore Vincenzo Giuntini in 17 volumi corredati di altri undici volumi di tavole (Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des Sciences, des Art set des métiers…, Seconde edition enrichié de notes et donnée au public par M. Octavian Diodati noble lucquois). All’impresa parteciparono Ottaviano Diodati e Carlantonio Giuliani, ai quali dal 24 maggio 1756 si aggiunsero altri sottoscrittori finché il 20 novembre 1757 fu deciso di cooptare nella direzione anche Giovanni Attilio Arnolfini.
A Paoli si devono le annotazioni a 38 articoli, siglate con l’iniziale del cognome e contenute nei volumi dal I al XVI; tutte o quasi sono redatte con l’intento di mettere in luce l’importanza degli studiosi italiani e delle loro intuizioni scientifiche non sempre considerate adeguatamente dagli autori francesi. Tra gli altri si ricordano il chimico lucchese Martino Poli, menzionato nell’articolo Chymie ou chimie (III, p. 362, n. 1), il medico e astronomo napoletano Giovanni Alfonso Borelli, nell’articolo Coeur (ibid., p. 495, n. 1) e l’aretino archiatra della corte medicea Francesco Redi, nell’articolo Dauphin (ibid., p. 535, n. 1). In alcune note Paoli si schiera decisamente dalla parte degli enciclopedisti. A suo avviso, essi avevano una reputazione superiore a qualunque censura, per esempio a quelle lanciate da Jacob Nicolas Moreau, Élie Fréron e Charles Palissot a proposito dell’articolo Cerfs, nel quale si attribuiva ai cervi la capacità di raggiungere l’età della ragione (ibid., II, p. 713, n. 1). In altre, invece, quasi contraddicendosi – come nell’annotazione all’articolo Instinct – respinge l’idea che le bestie possano essere avvicinate allo stato di ragione, mentre solo l’essere umano è capace di arbitrio e di responsabilità (VIII, pp. 659-660, n. 1). Congeniali alla sua diretta professione di medico sono le annotazioni agli articoli Inoculation (ibid., pp. 624-625, n. 1) e Médecine (X, pp. 219-220, n. 1). Nelle prime, si biasimano le posizioni antinoculazioniste dei medici parigini mentre si esaltano i successi ottenuti in Italia e in particolare a Lucca, dove la pratica dell’inoculazione, diffusasi tra i nobili della Repubblica, consentiva di preservarne la discendenza. Nelle altre, si elogiano gli studi di medicina compiuti in Italia e se ne traccia una breve storia dall’anno Mille fino all’epoca di Giovanni Battista Morgagni, ancora vivente quando Paoli scriveva.
Nel 1772 dette alle stampe ancora a Lucca la sua seconda opera, Rara paralysis usu Thermarum Lucensium, dedicata al senatore Bartolomeo Sardi. Ricca di dotte citazioni di vari autori antichi e moderni, l’opera riguarda la guarigione avvenuta nell’autunno del 1770 di un ragazzo di 14 anni – figlio della sorella del Sardi – che, affetto da febbri reumatiche e paralisi degli arti inferiori, era guarito grazie ai bagni termali di Lucca.
Nel febbraio del 1773 Sebastiano Canterzani, segretario dell’Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna, scriveva a Paoli per comunicargli la sua cooptazione come socio dell’Accademia, cosa di cui egli fu molto fiero e grato. Per i suoi meriti scientifici fu annoverato anche tra i soci dell’Accademia berlinese dei Curiosi della natura, dell’Arcadia di Roma, dell’Accademia di Storia ecclesiastica e dell’Accademia degli Oscuri di Lucca, dove tenne una dissertazione sul suono.
Nel suo elogio, Franceschi annoverava un lavoro incompiuto cui Paoli avrebbe tenuto moltissimo, un codice elementare di medicina pratica concepito come guida ai giovani medici, di cui, a suo dire, sarebbero rimasti soltanto alcuni frammenti.
Morì a Lucca il 6 aprile 1796. Non lasciò eredi, essendo il suo matrimonio rimasto senza figli.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Lucca, Archivio Cerù, 724, G. Pelligotti, Annali della città e Repubblica di Lucca, Mss. 77, t. III, pp. 563-564; Archivio di Stato di Bologna, Assunteria di Studio, Registri alfabetici degli scolari Artisti, b. 81, Studio, Università degli Artisti, Matricole, 1742-1769, reg. 377b, Studio, Università unite, Sillabi, 1740-1794, b. 409; Bologna, Archivio dell’Antica Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna, Lettere ricevute, f. V, Missive di Sebastiano Canterzani: una lettera di Sebastiano Canterzani a S. P., Bologna 25 febbraio 1773, e una lettera di S. P. a Sebastiano Canterzani, Lucca, 10 marzo 1773; Firenze, Biblioteca nazionale centrale, Targioni Tozzetti, 126, cc.112r-113r, 35r-39r.
Due Memorie sull’innesto del vajuolo del Signor De La Condamine tradotte dal francese con l’aggiunta delle Relazioni d’innesti di vajuolo fatti in Firenze nel 1756 del sig. Giovanni Targioni Tozzetti, Venezia 1761, p. 93; Tre consulti o disamine fatte in difesa dell’innesto del vaiuolo da tre dottissimi Teologi toscani viventi e riveduti da esso loro, Pisa 17632, pp. 5-7; G. Franceschi, Elogio del dottore Sebastiano Paoli, Lucca 1808; Id., Igèa dei Bagni e più propriamente di quelli di Lucca…, Lucca 1815, p. 163; C. Lucchesini, Della Storia letteraria del Ducato Lucchese libri sette, in Memorie e Documenti per servire all’Istoria del Ducato di Lucca, t. X, Lucca 1831, pp. 380-382; C. Gianni, L’inoculazione del vaiolo umano e della vaccina sotto il Governo della Repubblica in Lucca (1756-1804), Lucca 1887, pp. 6-12; M. Rosa, Encyclopédie, “Lumières” et tradition au 18 ͤ siècle en Italie, in Dix-huitième siècle, IV, 1972, pp. 130-132; B. Fadda, L’innesto del vaiolo: un dibattito scientifico e culturale nell’Italia del Settecento, Milano 1983, pp. 34 e n., 81-83, 197-198; R. Sabbatini, Giovanni Attilio Arnolfini ed il Trattato del ristabilimento dell’Arte della Seta, trascrizione di M.E. Conoscenti, Lucca 2001, pp. 53-55.