SERLIO, Sebastiano
Architetto e teorico dell'architettura nato a Bologna da Bartolomeo, pittore, il 6 settembre 1475, morto a Lione nel 1554. Tra il 1509 e il 1514 lavorò a Pesaro, come pittore di prospettive; quindi si recò a Roma, dove, sotto la guida di B. Peruzzi e valendosi forse di suoi disegni, si dedicò allo studio delle antichità. Nel 1532 il S. si trovava a Venezia, occupato in varî lavori come architetto e maestro di legname. Nel 1537 pubblicò, primo in ordine di tempo, il IV libro del suo trattato di architettura, sugli ordini architettonici; nel 1540 uscì il III libro sulle antichità. Nel 1541 il S. era in Francia, quale architetto di Francesco I; quivi pubblicò, nel 1545, il I e il II libro, di geometria e di prospettiva; e, nel 1547, il V libro sulla varia forma degli edifici sacri, di notevole importanza per la storia dello sviluppo dello schema delle chiese dal Rinascimento al Barocco. Succedutogli il De l'Orme nella carica e nei lavori di Fontainebleau, il S. si trasferì a Lione, dove diede alle stampe, nel 1551, il "libro extra-ordinario delle porte"; nel 1550 Iacopo Strada, antiquario di Massimiliano II, acquistò tutti i manoscritti serliani; tra questi il VII libro, che uscì postumo nel 1575, e il sesto e l'inizio di un ottavo libro del trattato, tuttora inediti nella Staatsbibliothek di Monaco.
Benché i documenti non lascino dubbio sull'attività del S. come architetto a Venezia (palazzo Zen) e in Francia (a Fontainebleau, ad Ancyle-Franc, a Lione), la sua opera architettonica non è stata finora ricostruita né identificata. Comunque, assai più importante fu la sua attività di teorico dell'architettura. Il trattato, più che un arido enunciato di precetti, è il risultato dell'esperienza artistica diretta dei monumenti antichi e delle opere degli architetti romani e veneti del sec. XVI. Privo di cultura umanistica, benché devoto a Vitruvio, il S. guardò alle opere d'arte antiche e recenti piuttosto con l'entusiasmo dell'artista che con il compiacimento del teorico di fronte alla conferma del suo principio; così pure, nel I e nel II Libro, è evidente il tentativo di ridurre la geometria e la prospettiva su di un piano del tutto empirico: ciò che lo conduce a concepire lo spazio piuttosto come visione paesistica che come successione prospettica di piani. Ciò spiega come il S., specie dopo il contatto con l'arte veneta tenda a sottrarre, sia pure inconsapevolmente, l'architettura alla teoria classica per dirigerla verso quella ricerca di valori di luce e di colore, caratteristici dell'architettura del Sansovino, del Sammicheli e del Palladio; del quale, anzi, il S. sembra anticipare alcune soluzioni architettoniche in senso nettamente cromatico (ville del VII libro). Il soggiorno in Francia valse a orientare le preferenze serliane verso atteggiamenti empirici sempre più determinati (VI lib:), rispetto ai quali, tuttavia, il S. tenta di trovare, in complessi schemi manieristici, una possibilità di accordo con le forme della tradizione classica. Per la varietà delle esperienze, tutte ugualmente riflesse in un faticoso tentativo di coordinazione, il suo trattato è forse il più profondo risultato della critica d'arte del sec. XVI.
Bibl.: Bolognini-Amorini, Elogio di S. S., Bologna 1823; A. Maggiori, Dialogo intorno alla vita e alle opere di S. S. Ancona 1824; L. Charvet, S. S., Lione 1869; L. De Laborde, Comptes des Bâtiments du Roi, Parigi 1877-80; F. Malaguzzi-Valeri, L'architettura a Bologna nel Rinascimento, Firenze 1898; F. Burger, Vitruv und die Renaissance, in Rep. f. Kunstw., XXXII (1909), pp. 199-218; J. Burckhardt, Geschichte der Renaissance in Italien, Esslingen 1912; J. von Schlosser, Die Kunstliteratur, Vienna 1924; A. Foratti, S. S. e il Barocco, in Atti e memorie della R. Acc. di lett., sc. ed arti di Padova, n. s., 1929; G. C. Argan, S. S., in L'Arte, XXXV (1932), pp. 183-99; P. du Colombier e P. Espezel, Le sixième livre retrouvé de S. et l'architecture française de la Renaissance, in Gaz. des beaux-arts, II (1934), pp. 42-59.