TRANQUILLI, Secondo (Ignazio Silone)
Nacque a Pescina dei Marsi (L'Aquila) il 1° maggio 1900 da Paolo e Marianna Delli Quadri.
Il padre era un contadino-proprietario, di temperamento inquieto, di simpatie risorgimentali, animato da un vivo senso di giustizia, di rispetto per chi lavora e soffre; la madre era tessitrice e tintora. Quattro dei sei fratelli morirono ancora piccoli, uno a quattordici anni, mentre Romolo (nato nel 1904) perse la vita nelle prigioni fasciste nel 1932.
Negli anni dell’infanzia e dell’adolescenza l’incontro con il mondo contadino abruzzese modellò in profondità la sua visione del reale, sviluppando in lui spirito osservativo, inclinazione a meditare, e una sensibilità vivissima insieme con una salda consapevolezza degli elementi essenziali della condizione umana e delle contraddizioni che la modellano. Frequentate le scuole elementari di Pescina, studiò come convittore nel seminario vescovile, crescendo in un contesto in cui l’immaginario era innanzi tutto religioso e popolare. Esperienze decisive, inconsuete e sconvolgenti furono il rapporto epistolare, come tramite della madre analfabeta, con un ergastolano innocente (Francesco Zauri, protagonista poi del romanzo Il segreto di Luca), nonché il devastante terremoto della Marsica del 1915 in cui perse la vita anche la madre (il padre era mancato nel 1911).
Dopo il terremoto cominciò a frequentare la sede della lega dei contadini di Pescina, iniziando a definire quella «scelta dei compagni» centrale nella sua «formazione, anche tecnica, di scrittore». Nel 1916 fu espulso dall’istituto Pio X di Roma per l’atteggiamento irrequieto e ribelle, e venne accolto a Sanremo nel collegio di San Romolo da don Orione, che dopo il ginnasio lo indirizzò all'istituto San Prospero di Reggio Calabria (un memorabile ritratto del sacerdote si legge in apertura di Uscita di sicurezza).
Salute fragile e penuria economica accompagnarono l’esistenza del giovane. Il distacco dalla chiesa e la scelta socialista – per un progetto di giustizia sociale, di liberazione dei poveri – si compirono in modo convinto e sofferto, alimentati da un sentimento potente della contraddizione sensi-ideali e dalle tensioni di un «materialista incoerente», come si autodefinì in una lettera del 29 luglio 1918 a don Orione (Casali, 2000, p. 118).
Nel 1917 scrisse i primi articoli sull'Avanti!. Interrotti gli studi, entrò nella gioventù socialista, diventando presto segretario della federazione romana e, nel gennaio 1919, direttore del settimanale l'Avanguardia. Iniziò così un rapido e brillante percorso di militanza politica che lo condusse a rivestire ruoli di rilievo e incontrare personalità di spicco (su tutti Antonio Gramsci nel 1919).
Al Congresso di Livorno del 1921 la gioventù socialista confluì largamente nel Partito comunista d’Italia e Tranquilli entrò nel comitato centrale della Federazione giovanile. A Mosca in giugno seguì i lavori del III Congresso dell'Internazionale comunista, nel primo di vari, brevi, viaggi in Unione Sovietica.
Redattore del quotidiano Il Lavoratore di Trieste dal 1921 al 1923, conobbe a Fiume nel 1921, al convegno dei giovani comunisti, Gabriella Seidenfeld – di modesta famiglia ebraica, giunta dalla Slovacchia – con la quale ebbe la sua prima profonda e duratura vicenda amorosa.
Fra 1923 e 1925 fu a Berlino, poi in Spagna. Qui assunse per la prima volta lo pseudonimo «Silone».
Si trattava d'un richiamo al capo della resistenza dei Marsi, nella guerra sociale contro Roma, Poppedius Silo: «simbolo di autonomia», ripreso più tardi «per uso letterario» accompagnato «col nome d'Ignazio [...] al fine di battezzare il cognome pagano» (ma, dal 1947, divenne il nome legale effettivo).
Arrestato due volte, espulso, si rifugiò in Francia, dove ebbe il compito di organizzare i lavoratori italiani emigrati, e fondò il settimanale La Riscossa.
Richiamato in Italia dal partito nel corso del 1925, gli fu affidato l'ufficio stampa e propaganda, diretto da Gramsci. Nel 1927 venne cooptato nel comitato centrale; nel maggio lui e Palmiro Togliatti a Mosca in una riunione ristretta si rifiutarono di sottoscrivere la condanna di un documento, perché non mostrato, in cui Lev Trockij denunciava gli errori della politica staliniana verso la Cina. La deliberazione fu ritirata per diventare poi comunque operativa. Fu un impatto rivelatore con la durezza spregiudicata di Stalin e dei suoi metodi, avvio di un contrastato e sofferto percorso di messa in discussione della propria appartenenza al partito.
Il 18 aprile 1928 il fratello Romolo fu messo agli arresti per un’accusa infondata relativa all’attentato al re presso la fiera campionaria di Milano. Tranquilli si impegnò in una campagna internazionale in suo favore. Nel 1929 l’acutizzarsi di disturbi respiratori lo costrinsero a soggiorni di cura ad Ascona dove iniziò a scrivere Fontamara.
Nel marzo 1930 fu allontanato dal comitato centrale. Il 13 aprile scrisse a Emilio Bellone, capo dell'ufficio speciale della polizia politica del ministero degli Interni, conosciuto negli anni giovanili a Roma, per porre fine ai rapporti con lui fino a quel momento intrattenuti.
La lettera, a lungo sconosciuta, getta luce sul mutamento profondo di posizione e concezione politica che andava conducendo, tra il 1929 e l’espulsione nel 1931, con convinzione intima e nel contempo con incertezze di un comportamento in cui si avvicendano rivendicazione di un punto di vista autonomo nel dibattito interno, ipotesi di rimodulazione della propria adesione in termini di semplice militanza e azione ideale, dichiarazioni d’ortodossia sollecitate e subite con crescente senso di estraneità.
A rendere lento e contradditorio il distacco dal Partito comunista italiano (PCI) fu in primo luogo il legame con il mondo umano operaio e contadino riconosciutosi nel partito, che la condizione drammatica di Romolo sintetizzava emblematicamente.
Proprio nel tentativo di ricorrere a ogni mezzo per portare aiuto a Romolo aveva fatto leva sui contatti con Bellone, col quale aveva un legame difficile da interpretare, «non assimilabile al quadro ordinario delle relazioni intercorrenti tra informatori e dirigenti della polizia politica» (Soave, 2005, p. 146), come ben attesta il carattere singolare della lettera citata che, nel comunicare a un funzionario di regime un’interruzione di collaborazione, dichiarava un programma politico-culturale di tenace opposizione antifascista.
Nel 2000 la pubblicazione da parte di Dario Biocca e Mauro Canali di documenti che mostravano l’immagine inedita di un Silone informatore suscitò subito un vasto clamore mediatico e un duro confronto di posizioni divergenti sulla ricostruzione dell’accaduto (attribuzione dei documenti, durata della collaborazione, portata delle informazioni, interpretazione). Per le diverse letture si vedano: Biocca - Canali, 2000; Granata - Isinelli, 2001; Biocca, 2005; Soave, 2005; Tamburrano, 2006. Ancora una volta Silone è stato al centro del dibattito con un’evidenza infelice, segnata dalle polemiche, da sensazionalismi e polarizzazioni. L’esigenza di approfondire lo studio di forme e contenuti del lavoro letterario e culturale è rimasta in secondo piano, oppure – nel recuperare il fertile aspetto di complessità contradditoria che percorre le sue opere narrative – se n'è data una lettura esasperata e distorta (in chiave di reinvenzione di sé autocelebrativa e manipolatoria: Leake, 2003).
Nel 1930 si stabilì a Zurigo dove rimase fino al 1944. La Svizzera fu per lui il contesto di una trasformazione decisiva, modello concreto, sul piano sociale, di una convivenza civile in cui si bilanciano senso di collettività e rispetto dell’autonomia individuale, e, sul piano culturale, di apertura, confronto, interazione.
Grazie all’intensa vita intellettuale zurighese i suoi interessi ebbero modo di dispiegarsi e arricchirsi in rapporto con le tendenze più innovative (dal Bauhaus alla psicanalisi junghiana). A favorire i contatti furono innanzi tutto luoghi e persone dell’accoglienza. Dapprima il salotto del dottor Erich Katzenstein e di sua moglie Nettie Sutro, poi traduttrice di Fontamara. A dargli una collocazione abitativa stabile e serena, nella sua casa di Germaniastraße 53, fu, dal 1934 fino al ritorno in Italia, Marcel Fleischmann, commerciante di cereali, uomo sensibile, cólto e generoso, collezionista d'arte, protettore di esuli antifascisti.
Dal 1931 all'inizio del 1933 frequentò la casa zurighese e la residenza di Comologno di Aline Valangin, pianista, psicoanalista, più tardi scrittrice, moglie dell'avvocato Wladimir Rosenbaum, dove conobbe Kurt Tucholsky, Ernst Toller, Joseph Roth, Thomas Mann. Con la donna strinse un’importante e sofferta relazione sentimentale. Più tardi conobbe, fra gli altri, Bertolt Brecht e Robert Musil. Il colloquio intellettuale più assiduo si svolse, comunque, con Bernard von Brentano, Jean-Paul Samson e Rudolf Jacob Humm.
L’incontro con il pensiero socialista cristiano e la persona del pastore protestante Leonhard Ragaz gli diedero la percezione che il percorso di riflessione ed esperienze da lui intrapreso fosse fondato. Nicola Chiaromonte, conosciuto nel 1934, gli lasciò una forte impressione di autonomia intellettuale e asciuttezza antiretorica, base di un’intesa di lunga durata.
La scrittura narrativa fu al centro della sua operosità negli anni Trenta.
Nel 1933 in tedesco apparve Fontamara (Oprecht und Helbling, Zurigo e poi in italiano per le Nuove Edizioni italiane, Zurigo-Parigi), un esordio letterario improvviso e notevole: romanzo antifascista, corale e contadino, fondato su linearità di struttura e radicalità dell’antitesi sociale che le vicende mettono in scena, su uno stile insofferente alle retoriche, al bello scrivere, pensato per effetti di funzionalità critica che sanno consegnare ai lettori un’immagine potentemente antipopulistica del mondo dei «cafoni». Nel 1934 pubblicò la raccolta di racconti Die Reise nach Paris (Oprecht und Helbling), mai riproposta in italiano. Il secondo romanzo fu nel 1936 Pane e vino (Nuove Edizioni di Capolago, Lugano), cui seguì nel 1938 il dialogo politico La scuola dei dittatori (Europa Verlag, Zurigo-New York); nel libro la sua analisi del fascismo si allargò a riflessione complessiva – efficacemente narrativizzata – sulle diverse forme di totalitarismo.
Pane e vino è il primo dei romanzi imperniati sul giovane militante comunista Pietro Spina, sul suo itinerario di conoscenze sociali ed esistenziali, di crisi e ricerca di una rifondazione di sé e del proprio agire politico. Qui lo scrittore Silone inizia a definire per destini e figure i caratteri del suo socialismo cristiano, dando vita, come poi anche negli anni a venire, a una personale narrativa popolare problematica, ad alta evidenza comunicativa e carica interrogante. Una narrativa che racconta sovente storie di travestimenti e di segreti, di identità scisse e in divenire, alimentata dall'idea novecentesca di un soggetto contraddittorio, plurale, frutto anche di una riflessione culturale acuta e aggiornata, ma con forte radicamento esperienziale, senza compiacimenti intellettualistici.
Ai libri in cui esplorò le potenzialità discorsive della narrazione quale strumento d’intervento duttile e critico sulle mentalità, si affiancò una significativa produzione di articoli e saggi.
L’attività pubblicistica e il volume Der Fascismus: seine Entstehung und seine Entwicklung (Europa, Zürich 1934) ebbero valenza militante e professionale, legata anche a pressanti necessità economiche. Rilevante la promozione o partecipazione di primo piano ad alcune imprese culturali collettive, realizzate (la rivista zurighese information, 1932-34; le Nuove Edizioni di Capolago) oppure soltanto progettate (la rivista Das Freie Wort, momento importante nella messa a fuoco del proprio socialismo umanistico).
I primi anni Quaranta segnarono il ritorno a un impegno politico sul terreno dei partiti. Un'intervista alla Partisan Review nel 1939 aveva esplicitato il delinearsi del pensiero politico che alimentò la sua azione quale segretario del Centro estero socialista di Zurigo (costituzione di un «terzo fronte», autoliberazione, superamento dell'ottica nazionale, «antropocrazia»).
Nel dicembre 1941 conobbe Darina Laracy, una giovane studiosa irlandese con cui si unì in matrimonio tre anni dopo. Donna di profonda cultura, affascinante e risoluta, gli rimase generosamente accanto tutta la vita affiancandolo nelle sue attività politiche e culturali, con significative amicizie internazionali, come Indira Ghandi.
Alla fine del 1941 apparve Il seme sotto la neve (Nuove Edizioni di Capolago, Lugano – Oprecht, Zurigo - New York), secondo romanzo del dittico di Spina, le cui vicenda fu ripresa poi, in forma teatrale, nel 1944 in Ed egli si nascose (La Ghilda del Libro, Zurigo - Lugano).
Il primo numero di Il terzo fronte. Organo del partito socialista italiano contenente Il manifesto per la disobbedienza civile redatto da Tranquilli venne intercettato dalla polizia, che lo arrestò; alle autorità elvetiche rivolse il Memoriale dal carcere svizzero, incisivo testo di chiarimento e rivendicazione del proprio percorso culturale e politico.
Riuscì comunque a dirigere nel 1944 L'Avvenire dei Lavoratori. A Lugano nel 1943 aveva incontrato Altiero Spinelli. I rapporti che intrattenne – dal 1942 al 1944 – con l’Office of Strategic Services (OSS) si inquadrano nella sua azione antifascista di politico socialista.
Il 12 ottobre 1944 Tranquilli era rientrato in Italia e si aprì per lui una fase di grande impegno nel socialismo italiano: ricoprì cariche di rilievo nel Partito socialista italiano di unità proletaria (PSIUP), diresse l’edizione romana dell’Avanti!, fu eletto all’Assemblea Costituente. Nel 1947, alla scissione che determinò la nascita del Partito socialista dei lavoratori italiani (PSLI), non entrò in alcuna delle due formazioni. Dal 1946 aveva fondato e dirigeva il quindicinale Europa socialista, spazio di un’iniziativa politico-culturale per una nuova internazionale socialista e una federazione socialista degli Stati europei indipendente dalle grandi potenze, ma i progetti autonomisti e federalisti fallirono e il suo disagio verso la forma partito crebbe. Nel 1948 declinò la candidatura alle elezioni; diventò invece nel 1950 segretario del Partito socialista unitario (PSU), dimettendosi presto per facilitarne l’unificazione con il PSLI; nel 1953, un’ultima candidatura, senza però essere eletto.
Nel luglio 1947 al congresso internazionale del Pen Club di Basilea tenne il discorso Sulla dignità dell'intelligenza e l'indegnità degli intellettuali: la sua autorevolezza e indipendenza di pensiero furono sempre più in questi anni internazionalmente riconosciute. Vasta eco generò Uscita di sicurezza, apparso a Londra nel 1950 nel volume The God that failed. Six Studies in Communism. Alla fine del 1950 nacque l'«Associazione italiana per la libertà della cultura», da lui diretta. A Silone scrittore e politico, e all'Associazione, la cultura comunista italiana riservò per anni un atteggiamento in cui si alternavano attacco personale, critica serrata e silenzio.
Al pubblico italiano presentò le opere scritte in Svizzera in nuove edizioni con significative revisioni testuali: Fontamara (1947 e 1949), Il seme sotto la neve (1950), Vino e pane (1955). Nel 1952 apparve il nuovo romanzo Una manciata di more. I suoi testi (pubblicati dal 1949 da Mondadori, poi sempre suo editore) vennero accolti dalla critica con apprezzamenti ma anche con polemiche e giudizi limitativi: si stentò a riconoscere i tratti di un’originalità letteraria in vesti dimesse, ruvide, spoglie, intese invece come segni di un attardato realismo ideologico.
Con Chiaromonte, nel 1956, diede vita all’importante rivista Tempo presente (che proseguì fino al 1968), pensata come strumento di informazione, riflessione e discussione, antidogmatico, aperto, internazionale. Nello stesso anno denunciò l'intervento militare sovietico in Ungheria, anche per mezzo dell’Associazione per la libertà della cultura, impegnandosi per la solidarietà verso i profughi. Mostrò viva attenzione per le società in via di sviluppo, entrando in dialogo con gli intellettuali di quei Paesi.
Nel 1956 pubblicò Il segreto di Luca (premio «Salento»), romanzo breve felicemente costruito su forza e ricchezza della semplicità: sia dell’intreccio – intensificato da un lavoro sul tempo e le prospettive – sia del protagonista contadino, figura emblematica della straordinarietà del comune. Il libro suscitò larghi consensi di pubblico e critica, non replicati nel 1960 da La volpe e le camelie. Nel giugno 1962 uscì la nuova edizione della Scuola dei dittatori, cui seguì, da Vallecchi, Uscita di sicurezza (Firenze 1965, premio «Marzotto»), che riunisce e rielabora memorie, saggi e racconti di varia data, in un’autobiografia per tessere difformi, ibrida, limpida ed ellittica.
Dal 1962 al 1968, su proposta di Giovanni Spadolini, collaborò con Il Resto del Carlino. Fra il 1962 e il 1964 si recò più volte all'estero (America Latina, Stati Uniti, Israele). Nel 1966 il New York Times rese nota un'inchiesta sui fondi destinati dalla CIA al Congresso per la libertà della cultura. Dalla crisi nel Congresso originò, nel 1967, la nuova International Association for Cultural, di cui lo stesso Silone entrò a far parte, dimettendosi però nel 1970.
Nel 1968 diede alle stampe L'avventura di un povero cristiano (insignito con i premi «Moretti» e «Super-Campiello»), rapido e importante il successo di pubblico. Dalla seconda metà degli anni Sessanta ricevette numerosi riconoscimenti: lauree honoris causa, premi letterari, altre onorificenze.
Nel 1975 avviò la scrittura del romanzo Severina che, rimasto incompiuto, uscì postumo da Mondadori (Milano 1981) per cura di Darina Silone e con una presentazione di Geno Pampaloni. Dall'ottobre 1977 il suo stato di salute si aggravò.
Morì a Ginevra il 22 agosto 1978.
Si vedano i due volumi dell’edizione nei «Meridiani» Mondadori a cura di B. Falcetto: I, Romanzi e saggi 1927-1944, con una testimonianza di G. Herling; II, Romanzi e saggi 1945-1978, rispett. Milano 1998 e 1999, cui si rimanda per ampie bibliografie degli scritti sparsi e della critica.
Fra le opere non comprese nei «Meridiani» si segnalano: Viaggio a Parigi. Novelle, trad. di S. Carusi - K. Wiedermeyer Francesconi, a cura di V. Esposito, Pescina 1993; Ed egli si nascose, a cura di B. Pierfederici, introd. di C. Ossola, Roma 2000; Il fascismo. Origini e sviluppo, a cura di M. Franzinelli, trad. di M. Buttarelli, Milano 2002.
Fra le principali monografie si vedano almeno: R.W.B. Lewis, Introduzione all'opera di Silone, Roma 1961; L. d'Eramo, L'opera di Ignazio Silone. Saggio critico e guida bibliografica, Milano 1971; G. Rigobello, Ignazio Silone. Introduzione e guida allo studio dell'opera siloniana. Storia e antologia della critica, Firenze 1975; V. Esposito, Vita e pensiero di Ignazio Silone, Roma 1980; G. Casali, L'incontro di due uomini liberi: Don Orione e Silone. Con lettere inedite, Milano 2000; O. Gurgo - F. De Core, Silone. L'avventura di un uomo libero, Frosinone 1997; D. Biocca - M. Canali, L’informatore: Silone, i comunisti, la polizia, Milano-Trento 2000; M. Nicolai Paynter, Ignazio Silone: beyond the tragic vision, Toronto 2000; G. Granata - A. Isinelli, Processo a Silone. La disavventura di un povero cristiano, Roma 2001; E. Leake, The reinvention of Ignazio Silone, Toronto 2003; M. Moscardelli, La coperta abruzzese, Roma 2004; D. Biocca, Silone. La doppia vita di un italiano, Milano 2005; D. Holmes, Ignazio Silone in exile: writing and antifascism in Switzerland 1929-1944, Aldershot 2005; S. Soave, Senza tradirsi e senza tradire. Silone e Tasca dal comunismo al socialismo cristiano (1900-1940), Milano 2005; D. Laracy Silone, Colloqui, a cura di M. Dorigatti - M. Maghenzani, Zevio (Verona) 2005; G. Tamburrano, Il “caso” Silone, Torino 2006; S. Pugliese, Bitter Spring. Life of Ignazio Silone, New York 2009; M. Nicolai Paynter, On Friendship and Freedom. The correspondence of Ignazio Silone and Marcel Fleischmann, Toronto-Buffalo-London 2016; G. Napoleone, Il segreto di Fontamara, Roma 2018.