secondo
Il vocabolo, presente in tutte le opere meno che nelle Rime, conserva nella larga maggioranza degli esempi il suo valore di numerale ordinale e perciò è riferito a persona o a cosa che, in una serie o successione, segue immediatamente al primo, nell'ordine, nel tempo o nello spazio: Pg V 132 seguitò 'l terzo spirito al secondo; Pd XI 97 di seconda corona redimita / fu per Onorio da l'Etterno Spiro / la santa voglia d'esto archimandrita; Cv III XI 4 quelli sette savi antichissimi... lo primo de li quali ebbe nome Solon, lo secondo Chilon, lo terzo Periandro...; IV XXIII 14 'l carro del sole avea quattro cavalli: lo primo chiamavano Eoo, lo secondo Pirroi...; Fiore I 10 La prima [delle cinque saette di Amore] ha nom Bieltà... / la seconda, Angelicanza...
Analoghi esempi di carattere generico si hanno in Vn XVI 3, XXVIII 2; Cv I IV 2 e 6, VIII 2, XI 2 e 11, II IX 6, XIII 4, III I 7, XIII 5, IV XIV 9, XVII 4, XXIV 11; Fiore XXX 8. In Cv I III 9 La seconda mente che ciò riceve, s. ha connotazione temporale (" in secondo luogo ", " successivamente ": v. oltre).
Per indicare l'ordine di successione di sovrani: Cv III XI 3 Numa Pompilio, secondo re de li Romani; If X 119 'l secondo Federico, Federico II di Svevia; e vada qui anche Pd III 119 il secondo vento di Soave, Enrico VI, secondo imperatore della casa di Svevia.
Con riferimento alla divisione della vita umana in quattro età: Cv IV XXIII 13 La prima è Adolescenza... la seconda si è Gioventute...; e così in XXIV 1 e 3; Pg XXX 125 come in su la soglia fui / di mia seconda etade... mutai vita, morii non appena ebbi raggiunta la giovinezza.
A proposito della distribuzione dei nove cori angelici in tre gerarchie, formate da tre cori ciascuna: Cv II V 6 Lo primo [ordine] è quello de li Angeli, lo secondo de li Arcangeli, lo terzo de li Troni; e questi tre ordini fanno la prima gerarchia... Poi sono le Dominazioni ... le Virtuti ... li Principati: e questi fanno la seconda gerarchia; altro esempio al § 8.
In relazione all'ordine dei cieli: Cv II III 7 è l'ordine del sito questo, che lo primo [cielo] che numerano è quello dove è la Luna; lo secondo è quello dov'è Mercurio; lo terzo..., e analogamente al § 4; XIII 20 esso cielo di Marte... esso è lo mezzo di tutti, cioè de li primi, de li secondi, de li terzi e de li quarti (si noti l'uso del plurale).
Non molto frequenti sono gli esempi offerti dalla descrizione dell'aldilà o dall'analisi della sua struttura morale. In If V 2 Così discesi del cerchio primaio / giù nel secondo, quest'ultimo è il cerchio dei lussuriosi; cerchio secondo (XI 57) indica il s. dei tre ultimi cerchi, e cioè l'ottavo dell'Inferno. Sono inoltre ricordati l'argine secondo (XVIII 101), che separa la prima dalla s. bolgia, il secondo ‛ girone ' del settimo cerchio (XI 41, XIII 17, XIV 5) e il secondo dei tre gradini che portano alla porta del Purgatorio (Pg IX 97). Secondo regno indica il Purgatorio (Pg I 4) o il cielo di Mercurio (Pd V 93).
Nell'esame delle cinque ‛ nature ' (gradi generali) dell'uomo, ricordate da D. secondo una progressione che va da quella più semplice, che importa un minimo di perfezione, a quella più complessa e più perfetta, natura seconda (Cv III III 6) è la natura del corpo misto.
Alla ragionata distribuzione in più parti delle liriche della Vita Nuova e del Convivio si collega il frequente ricorso della locuzione ‛ la s. parte ' nella prosa delle due opere. Di questo uso si hanno i seguenti esempi, in molti dei quali il sostantivo ‛ parte ' è sottinteso: Vn III 13 (due volte), VII 7 (due volte), VIII 7 (due volte) e 12 (due volte), IX 13 (due volte), XII 16 (due volte), XIII 10 (due volte), XV 7, 8 (due volte) e 9, XVI 11, XIX 15 (due volte), 16 (due volte), 17, 18 (due volte), 19 (due volte) e 20 (due volte), XX 6 (due volte) e 7 (due volte), XXI 6 (due volte), XXII 11 (due volte) e 17, XXIII 29 (due volte), 30 e 31, XXIV 10 (due volte) e 11 (due volte), XXVI 14 (due volte) e 15 (due volte), XXXI 3 (due volte), 4 (due volte) e 6 (due volte), XXXII 4 (due volte), XXXIII 4, XXXIV 4 (due volte), 5 e 6, XXXVII 4, XXXVIII 7 (due volte), XLI 4 e 8; Cv II II 8, VII 1, X 2 (in integrazione), III I 13, II 1, V 1 (due volte) e 2, VI 13, VII 1 e 17 (due volte), VIII 22, IV II 1 (due volte), III 1, 2 e 4 (due volte), X 2 e 3, XVI 2 (tre volte) e 3 (due volte), XIX 2 (due volte), XXIII 2 (due volte) e 5, XXVI 1, XXX 1(due volte). Ha lo stesso valore l'espressione ‛ s. membro ', presente due volte in Cv IV II 2 e due in III 5; anche in questo caso, in ognuno dei due esempi, una volta il sostantivo è sottinteso.
In relazione alla struttura formale delle opere dantesche sono ricordati il secondo verso, cioè la s. stanza (nel Convivio D. usa spesso verso col valore di " stanza "), delle canzoni Voi che 'ntendendo (Cv II XV 2), Amor che ne la mente (III XII 6) e Le dolci rime (IV II 1, terza occorrenza; VII 15). Invece, il verso ch'è lo secondo di questa parte e lo terzo de la canzone (II VII 2), poiché questa parte è la s. della canzone, è la terza stanza di Voi che 'ntendendo. Analogamente, sono citati il secondo trattato del Convivio (II XV 12, due volte) e la cantica seconda (Pg XXXIII 140) della Commedia.
Usato assolutamente, l'aggettivo indica il s. libro di un'opera letteraria. In questo senso ricorre a proposito delle seguenti opere di Aristotele: Etica (Nicomachea), in Cv II XIV 4, III VIII 17, IV XVII 1, XXI 14; Metafisica, in Vn XLI 6, Cv II IV 16, III XIV 10; De Anima, in II IX 7, III II 11, VI 11, IX 6, IV VII 11 e 14, XX 7; De Coelo, in II III 6, III V 7; e così, in II III 4 nel secondo De Coelo et Mundo, ch'è nel secondo de' libri naturali (per il titolo e per l'inserimento dell'opera fra i libri naturali, v. DE COELO); si veda anche, in integrazione, I XIII 4. Sono inoltre citati i ‛ s. libri ' dell'Eneide (III XI 16), delle Metamorfosi di Ovidio (II XIV 5, IV XXIII 14), della Farsaglia (XXVIII 13) e del De Consolatione di Boezio (XIII 13).
S. conserva il suo valore di numerale in Vn XII 17 Potrebbe già l'uomo... dicere che non sapesse a cui fosse lo mio parlare in seconda persona, dove l'uso dell'espressione parlare in seconda persona è dovuto al fatto che al § 10 1 Ballata, i' voi che tu ritrovi Amore, l'autore si rivolge direttamente alla ballata personificata. Così, in XIX 1 parlare di lei non si convenia che io facesse, se io non parlasse a donne in seconda persona, si allude alla canzone Donne ch'avete intelletto d'amore (§ 4 1).
Come numerale, compare in composizione solo in Cv IV VII 9 Salomone... nel vigesimo secondo capitolo de li Proverbi.
Formalmente ha valore di numerale, ma di fatto assume l'accezione di " successivo ", in If XVIII 39 Ahi come facean lor levar le berze / a le prime percosse! già nessuno / le seconde aspettava né le terze.
Quando si considerino solamente due cose, è in genere sinonimo di " altro ", con il quale di fatto alcune volte si alterna (cfr. Cv IV XXIX 3 l'altra, e 11 la seconda questione). Esempi di quest'accezione si hanno in Vn VIII 3 dissi... due sonetti, li quali comincia lo primo... e lo secondo...; Cv III V 10, XI 6, IV III 9, XXIX 8 e 11 (già citato). E vada qui anche III XII 5 Né più è mestiere di ragionare per la presente esposizione [cioè secondo il senso allegorico] questo... verso... però che per la prima sua ragione [cioè secondo il senso letterale] assai di leggiero a questa seconda si può volgere lo 'ntendimento. L'attribuire a seconda l'accezione di " altra " è giustificato dal fatto che, subito dopo aver esposto la dottrina dei quattro sensi in Cv II I, D. aggiunge che sopra ciascuna canzone ragionerò prima la litterale sentenza, e appresso di quella ragionerò la sua allegoria... e talvolta de li altri sensi toccherò incidentemente (§ 15) e, di fatto, un'esposizione delle canzoni secondo i sensi morale e anagogico manca.
A parere della maggior parte degl'interpreti, s. è usato nell'accezione di " altro " anche in Pg XXXI 138, nella preghiera rivolta dalle virtù teologali a Beatrice di rivelare a D. la sua seconda bellezza, ancora nascosta dal velo, di mostrargli cioè il suo santo riso, essendo la prima bellezza costituita dagli occhi. Questa interpretazione, del tutto convincente, ha l'appoggio di Cv III VIII 8 ne la faccia massimamente in due luoghi opera l'anima... cioè ne li occhi e ne la bocca, né esclude di per sé la possibilità che la rivelazione degli occhi di Beatrice a opera delle virtù cardinali (vv. 109-120) e, successivamente, della bocca di lei per l'intervento delle virtù teologali, implichi un senso allegorico, per altro non facile a stabilirsi. Probabilmente una probante indicazione all'esegesi è offerta da Cv III XV 2 li occhi de la Sapienza sono le sue demonstrazioni, con le quali si vede la veritade certissimamente; e lo suo riso sono le sue persuasioni, ne le quali si dimostra la luce interiore de la Sapienza sotto alcuno velamento: " interpretazione che può essere, senza grande arbitrio, estesa anche agli aspetti della Beatrice-Teologia " (Sapegno). Ma se questo è il senso letterale e allegorico del passo, cadono le altre ipotesi formulate per spiegare la seconda bellezza; da quella dello Steiner e del Mattalia, che vi vedono un riferimento alla bellezza spirituale, cui Beatrice aveva precedentemente accennato dicendo che dopo morta era cresciuta in bellezza e in virtù (Pg XXX 128); all'altra, riferita dal Mattalia per confutarla, per la quale seconda bellezza significherebbe " bellezza riflessa ", perché derivata da Dio. Ovviamente quest'ultima spiegazione, per quanto non convincente, troverebbe il suo appoggio nella definizione di un raggio riflesso come secondo raggio data in Pd I 49 (e qui l'uso dell'aggettivo è del tutto pertinente perché il raggio di riflessione ‛ segue ', ‛ è successivo ' a quello d'incidenza), e ancor più in XVIII 18 'l piacere etterno, che diretto / raggiava in Bëatrice, dal bel viso / mi contentava col secondo aspetto, limpidamente chiarito dalla chiosa dell'Ottimo: " Iddio dirizzava li raggi suoi in Beatrice, e quelli poi da lei in me rifletteano, sì che questo secondo aspetto mi contentava ".
S. può dunque valere anche " successivo ", " che viene dopo altro " in ordine di tempo. Secondo amore (Cv III I 1) è l'amore per la Donna gentile, a cui D. si abbandona dopo la morte di Beatrice; foco secondo (Pd XXV 37) o secondo lume (v. 48) è s. Iacopo, apparso a D. nel cielo delle Stelle fisse dopo s. Pietro; seconda soma (Pg XXI 93) era stata per Stazio l'Achilleide, che egli aveva intrapreso a comporre dopo aver terminato la Tebaide (né sembra necessario scorgere in tutto il verso caddi in via con la seconda soma un'allusione al fatto che il poema era rimasto incompiuto proprio al s. libro). Così è del tutto propria l'espressione morte seconda (Pd XX 116), usata a proposito di Traiano, la cui anima, per grazia divina, era potuta tornare dall'Inferno nel corpo e rimanervi quanto bastò perché egli ‛ morisse nuovamente ' da cristiano.
Tutt'altro valore ha la stessa locuzione nel discusso passo di If I 117 vedrai li antichi spiriti dolenti, / ch'a la seconda morte ciascun grida, già ampiamente esaminato alla voce ‛ morte ' (v.); qui sarà sufficiente ricordare che se, come ha dimostrato F. Mazzoni (in Saggio di un nuovo commento alla D.C., Firenze 1967, 142-143), l'espressione va riferita al giudizio universale e alla dannazione eterna che ne seguirà, essa è ricalcata sull'autorità di testi biblici (Apoc. 20, 14 " Et infernus et mors missi sunt in stagnum ignis. Haec est mors secunda ") e patristici (cfr. Agost. Civ. XIX 28 " miseria sempiterna... mors etiam secunda dicitur ").
In altri esempi, s. vale " che viene dietro ", " che segue " nello spazio: cfr. If XXXIV 136 salimmo sù, el primo e io secondo, dov'è rapidamente descritto il cammino compiuto da Virgilio e da D. per risalire dal centro della terra alla superficie dell'emisfero australe. Sembra probabile che sia in questo passo sia nelle parole pronunciate da Virgilio al momento di discendere nel cieco mondo (IV 15 Io sarò primo, e tu sarai secondo) si nasconda anche un accenno alla funzione di guida assunta dal poeta latino. Del resto, la stessa formula torna a indicare espressamente la maggior attendibilità che i chiarimenti di Nesso hanno in confronto a quelli di Virgilio, in XII 114 mi volsi al poeta, e quei disse: / " Questi [Nesso] ti sia or primo, e io secondo ".
Usato in senso figurato, in una successione ideale di valori, qualifica ciò che si considera di minor pregio. In questo senso lo usa s. Tommaso, quando afferma che in Salomone sì profondo / saver fu messo, che... / a veder tanto non sorse il secondo (Pd X 114; cfr. anche XI 26, XIII 47), in armonia alla narrazione biblica (III Reg. 3, 11-12 " dixit Dominus Salomoni... dedi tibi cor sapiens et intelligens, in tantum ut nullus ante te similis fuerit nec post te surrecturus sit "). Una gradazione di valori determina anche la distinzione fra il ‛ primo bene ', che è Dio, e i secondi ‛ beni ' (Pg XVII 98), che sono quelli puramente terreni, e però di ordine inferiore; in questo caso, però, osserva opportunamente il Mattalia, è implicito in s. anche un richiamo al significato speculativo che nel linguaggio di D. ha l'aggettivo ‛ secondario ' (v.).
Un giudizio di valore è forse presente anche nella prima fra le occorrenze di Cv I XIII 3 due perfezioni [ha]... l'uomo, una prima e una seconda - la prima lo fa essere, la seconda lo fa essere buono, come lascia desumere il riscontro con II XIII. Qui l'autore, istituendo tre similitudini fra i cieli e le scienze, osserva che ambedue inducono alla perfezione: quanto a la prima perfezione, cioè de la generazione sustanziale, tutti li filosofi concordano che li cieli siano cagione [§ 5] ... Così de la induzione de la perfezione seconda le scienze sono cagione a noi; per l'abito de le quali potemo la veritade speculare, che... è lo bene de lo intelletto (§ 6). Ora, come spiega s. Tommaso (Sum. theol. I 73 1c), " Prima... perfectio est, secundum quod res in sua substantia est perfecta. Quae quidem perfectio est forma... Perfectio autem secunda... est aliquid ad quod per operationem pervenitur... Prima autem perfectio est causa secundae; quia forma est principium operationis ". La perfezione seconda è perciò una perfezione accidentale, che sopravviene a quella sostanziale indotta dai cieli.
Variamente interpretato è Pg XXVI 133 Poi, forse per dar luogo altrui secondo / che presso avea, [G. Guinizzelli] disparve per lo foco. La difficoltà deriva da secondo, che il Torraca riferisce a luogo (" dar luogo secondo ", cioè agevole, comodo), altri ad altrui (altrui secondo, a un altro " che lo seguiva " immediatamente); altri ancora lo lega con che (secondo che, " in quanto, per il fatto che " lo aveva vicino).