sedere
Quanto alla morfologia, si registrano anche le forme seguenti (cfr. Petrocchi, Introduzione 439): al pres. indic., seggio, seggiono, seggono, seggonsi; al pres. cong. III singol. seggia (nel Detto); pres. indic. II singol. sidi, in rima, e III singol. sie'; imperf. indic. I plur. sedavamo (cfr. Petrocchi, Introduzione 430) e III plur. sediero (cfr. Parodi, Lingua 255 e 338); fut. sederà; ger. seggendo. Il verbo è frequente in tutte le opere di D.; ricorre una volta anche nel Fiore e una nel Detto.
Nel suo valore fondamentale e più consueto, il verbo ricorre sia nella forma intransitiva sia come intransitivo pronominale per indicare il mantenimento della posizione di chi poggia su un sedile, sul letto, sul terreno, ecc. Di questo uso si hanno i seguenti esempi: Vn V 1 questa gentilissima sedea in parte ove s'udiano parole de la regina de la gloria (altro esempio nello stesso paragrafo); XII 3 nel mezzo de lo mio dormire... me parve vedere ne la mia camera lungo me sedere uno giovane; XIV 3 convenia che le facessero compagnia nel primo sedere a la mensa; XXXIV 1 io mi sedea in parte ne la quale...; Pd VIII 9 Cupido / ... sedette in grembo a Dido (cfr. Aen. I 718-719 " interdum gremio fovet inscia Dido / insidat quantus miserae deus "). E così in Vn XXIV 1, Cv IV XXII 15 (in esplicita traduzione da Matt. 28, 2); Pg XXXII 149.
Particolare interesse ha esaminare l'uso del verbo nelle occorrenze della Commedia.
Lo star seduti può rappresentare una delle modalità delle pene cui sono sottoposti i dannati o gli spiriti penitenti. Così, delle tre schiere in cui si dividono i violenti contro Dio, supin giacea in terra alcuna [i bestemmiatori]... / alcuna si sedea tutta raccolta [gli usurai], / e altra [i sodomiti] andava continüamente (If XIV 23; alla pena degli usurai il verbo fa riferimento anche in XVII 36, 45 e 69). Fra i falsari di metalli, racconta D., io vidi due sedere a sé poggiati (XXIX 73). Tra i penitenti ‛ siedono ' (Pg XIII 44) con il corpo appoggiato alla roccia e sostenendosi l'un l'altro gl'invidiosi: per loro la posizione seduta è un effetto della pena più grave, di aver le palpebre cucite con fil di ferro, cui sono sottoposti.
Altre volte, l'aver immaginato che gli spiriti stiano seduti sembra piuttosto suggerito dal desiderio di offrire una notazione psicologica o da un sottinteso riferimento agli uffici e alle funzioni esercitati in vita, e in qualche modo si collega quindi agli usi estensivi e figurati del verbo (per i quali v. oltre). Descrivendo gli spiriti magni visti nel nobile castello del Limbo, solo in due casi D. esplicitamente dice che alcuni fra loro sono seduti: in If IV 126 vidi 'l re Latino / che con Lavina sua figlia sedea, e 132 vidi 'l maestro di color che sanno / seder tra filosofica famiglia: ed è atteggiamento da re quello di essere assiso in trono, e positura di maestro quella del s. insegnando. Posizione emblematica della sua neghittosità è quella di Belacqua: mi sembiava lasso, / sedeva e abbracciava le ginocchia (Pg IV 107); e così può dirsi delle parole poco prima da lui rivolte a D.: Forse / che di sedere in pria avrai distretta! (v. 99: anche qui, il verbo significa " star seduto ", ma potrebbe pure significare " mettersi a sedere "). Gli spiriti della valletta sono principi e peccarono di negligenza: duplice, dunque, la motivazione per immaginarli seduti, e perché, con loro, sedessero anche Virgilio e D.: ‛ Salve, Regina ' in sul verde e 'n su' fiori / quindi seder cantando anime vidi (Pg VII 83; cfr. anche i vv. 91, 116 e 131, VIII 65); vinto dal sonno, in su l'erba inchinai / là 've già tutti e cinque sedavamo (IX 12).
Ma lo star seduti è anche atteggiamento composto, di per sé espressivo di dignità e di decoro. Nel vasello che li traghetta all'isola del Purgatorio, più di cento spirti... sediero (Pg II 45; il valore d'imperfetto era già stato notato da Benvenuto: " sediero pro sedebant "). L'ingresso al Purgatorio è vigilato da l'angel di Dio che siede in su la porta (IV 129; analogamente, IX 80 e 104; ma può darsi che qui s. valga " aver sede "; v. oltre). Nel Paradiso terrestre, allorquando sta per iniziarsi la profetica e simbolica trasformazione del carro, Beatrice, simbolo della verità rivelata, sola sedeasi in su la terra vera (XXXII 94, da collegare al v. 87). Il motivo iconografico di Cristo e della Vergine seduti in trono e circondati da angeli e santi può aver suggerito l'immagine dei beati dell'Empireo assisi; ma anche qui il verbo indica l'idea di una regalità alta e solenne: Pd XXX 136 'n quel gran seggio... / sederà l'alma... / de l'alto Arrigo; XXXI 116 veggi seder la regina / cui questo regno è suddito e devoto; e così If II 102 (mi sedea con l'antica Rachele), Pd XXXII 8, 42 (nella forma impersonale si siede), 102, 118 (Adamo e s. Pietro seggon [seggion nel Casella] là sù), 130, 133 e 137.
Lo star seduti può diventare così allegoria della vita contemplativa. Lo spunto è offerto dall'episodio evangelico (Luc. 10, 39) di Marta e Maria, ricordato in Cv IV XVII 10 Maria... a' piedi di Cristo sedendo, nulla cura del ministerio de la casa mostrava; il tema è poi ripreso in modo esplicito nel sogno di D. sulla scala che porta al Paradiso terrestre (Pg XXVII 105 mia suora Rachel mai non si maga / dal suo miraglio, e siede tutto giorno) e, implicitamente, nelle parole rivolte da Virgilio al suo discepolo prima di salutarlo per sempre: Mentre che vegnan lieti li occhi belli [di Beatrice] / ... seder ti puoi e puoi andar tra elli, tra i fiori del Paradiso terrestre (XXVII 138).
Com'è stato notato, solo in Pg IV 99 (già citato), il verbo indica lo stato, la permanenza nella posizione. Con questo valore compare invece con certezza quando è presente come sintagma finale in alcune locuzioni: If VI 38 Elle giacean per terra tutte quante, / fuor d'una ch'a seder si levò; XXXIV 86 puose me in su l'orlo a sedere; Pg IV 52 A seder ci ponemmo ivi ambedui; Fiore LXIII 9 Falla seder ad alti, e tu sie basso.
Con accezione più limitata, s. indica l'assolvimento di una funzione o di un ufficio in quanto questo si esercita stando seduti: Cv IV VI 20 dico a voi... regi, e... principi e tiranni... guardate chi a lato vi siede per consiglio; con riferimento alla dignità pontificia e a chi la detiene, in Pd XII 90 la sedia, che fu già benigna / più a' poveri giusti, non per lei, / ma per colui che siede, che traligna; in relazione al nome di ‛ scranna ' dato alla sedia dei dottori, in XIX 79 Or tu chi se', che vuo' sedere a scranna, / per giudicar di lungi mille miglia / con la veduta corta d'una spanna?, dove ‛ s. a scranna ' è usato in senso figurato con il significato di " impancarsi a giudice ", senza averne la competenza e l'autorità.
Altre volte il valore figurato è del tutto prevalente. All'usitata metafora della sapienza quale nutrimento dell'intelletto e dell'animo s'ispira la locuzione figurata ‛ s. a mensa ' con il valore di " apprendere ": Pd V 37 convienti ancor sedere un poco a mensa, / però che 'l cibo rigido c'hai preso, / richiede ancora aiuto a tua dispensa; Cv I I 10 io... non seggio a la beata mensa, ma, fuggito de la pastura del vulgo, a' piedi di coloro che seggiono ricolgo di quello che da loro cade (qui la metafora non indica l'attività dello scolaro che apprende, ma quella del maestro che insegna, ed è quella stessa da cui prende le mosse, e il titolo, il Convivio); cfr. anche i §§ 7 e 13. L'idea di una posizione di agio o di riposo s'interpreta come oziosa inattività: If XXIV 47 seggendo in piuma, / in fama non si vien, né sotto coltre. Nell'ammonimento rivolto alla gente che dovrebbe esser devota e lasciar seder Cesare in la sella (Pg VI 92), cioè " lasciare all'imperatore l'esercizio dell'autorità civile ", la metafora s'inserisce in quella più ampia dell'Italia raffigurata come una cavalla selvaggia, non più governata dal freno imperiale, per cui cfr. Cv IV IX 10. A un traslato ricorre s. Pietro per deprecare che i pontefici favoriscano una parte della cristianità contro l'altra: Pd XXVII 47 Non fu nostra intenzion ch'a destra mano / d'i nostri successor parte sedesse, / parte da l'altra del popolo cristiano; l'origine del traslato è nella descrizione che del giorno del giudizio dà Matteo (25, 31-33 " Cum... venerit Filius hominis in maiestate sua ... congregabuntur ante eum omnes gentes, et separabit eos ab invicem, sicut pastor segregat oves ab haedis, et statuet oves quidem a dextris suis, haedos autem a sinistris ").
In senso più limitato, s. vale " stare ", " trovarsi ": If XXI 88 O tu che siedi / tra li scheggion del ponte quatto quatto...; XXII 102 io [Ciampolo], seggendo in questo loco stesso, / per un ch'io son, ne farò venir sette / quand'io suffolerò. Il centro della Terra è indicato mediante la perifrasi 'l punto / de l'universo in su che Dite siede (XI 65); quasi tutti i commentatori interpretano " dove sta Lucifero "; solo il Porena spiega " su cui poggia la città di Dite ", in considerazione del fatto che " Lucifero ha il centro della Terra nel centro del proprio corpo, e quindi mal si direbbe che siede su di esso " (ma è spiegazione poco convincente: il dire che la intera città di Dite " poggi " su un solo punto sarebbe altrettanto improprio).
Ancora valore di " trovarsi " il verbo ha in Rime dubbie IV 11 Aprimi, petra, sì ch'io Para veggia... / ch'ancor viva seggia.
La terzina di If II 24 la quale e 'l quale, a voler dir lo vero, / fu stabilita per lo loco santo / u' siede il successor del maggior Piero, ha posto all'esegesi un problema di carattere generale, relativo allo sviluppo del pensiero politico di D. (un'ampia disamina della questione in F. Mazzoni, Saggio di un nuovo commento alla D.C., Firenze 1967, 200-220). Minor attenzione è stata posta alla definizione semantica di siede, che è sì " parola propria dell'esercizio della potestà e autorità " (Zingarelli, Dante 871) e può significare quindi " regna ", ma può valere anche " risiede ", " ha sede ": le due spiegazioni sono ugualmente plausibili, e l'accettazione dell'una o dell'altra non influisce sulla soluzione del problema generale e più importante.
Vale " aver la propria sede " anche quando ricorre in senso figurato. Risale a un passo biblico (Lev. 17, 14 " Anima... omnis carnis in sanguine est ") la dottrina, comune ai tempi di D., secondo la quale il sangue sarebbe la sede dell'anima e della vita; di qui gli esempi di s., in Cv IV XX 9 ne l'anima che ben siede... cioè lo cui corpo è d'ogni parte disposto perfettamente, Dio infonde la nobilitade; Pg V 74 li profondi fóri / ond'usci 'l sangue in sul quale io sedea. Sono locuzioni diffuse nel linguaggio degli stilnovisti ‛ s. nel cuore ', ‛ nella mente ' o ‛ nell'anima ' riferite ad Amore o anche alla donna amata; a questo uso, per il quale s. assume un valore assai vicino a quello di " regnare ", si collegano alcuni esempi delle Rime: LXVII 43 L'imagine di questa donna siede / su ne la mente ancora; CIV 2 e 3 Tre donne intorno al cor mi son venute, / e seggonsi di fore; / ché dentro siede Amore (nella prima occorrenza s. varrà " si rifugiano " presso il cuore del poeta, visto che in esso è assiso come signore Amore); e così in CXVII 9. E vada qui anche l'invocazione a Dio trino e uno, in Pd XXXIII 124 O luce etterna che sola in te sidi, " sola stai in te medesima " (Buti); il verbo, dal latino sidere, esprime il concetto che Dio è, in assoluto, l'unica vera sussistenza o sostanza, cioè ha in sé soltanto la " ragione d'essere " (Pistelli).
Riferito a una città, a un paese, a una regione, vale " esser situato ", " stendersi ": Cv IV V 20 lo suolo dov'ella [Roma] siede; If XIX 107 colei che siede sopra l'acque, ancora riferito a Roma (per la nota trasposizione alla Curia romana della rappresentazione della Roma pagana, in Apoc. 17,1 " ostendam tibi damnationem meretricis magnae, quae sedet super aquas multas "); XIV 94 In mezzo al mar siede un paese guasto / ... che s'appella Creta; XXVII 53 [Cesena] sie' tra 'l piano e 'l monte; Pd IX 92 Ad un occaso quasi e ad un orto / Buggea siede e Marsiglia, cioè le due città sono poste quasi sullo stesso meridiano, hanno la medesima longitudine. E così If V 97, XX 70, Pg V 69, Pd IX 26, XII 52. Riferito a edifici, vale " esser posto ", " sorgere ": Cv IV IX 6 perché noi volessimo che la casa sedesse... pendente come diritta, non sarebbe; Pg XII 101 [sul monte alle Croci] sìede la chiesa di San Miniato al Monte.
Vale " convenire " (Parodi), in Detto 425 far cosa che lor seggia, / gli mette in alta reggia.