SEDILI
. Formano oggetto di questa voce tutte le forme di sedili in genere (sgabello, sedia, poltrona, seggio, scanno). Ad alcune forme particolari di sedili è stata dedicata una voce a parte (v. p. es.: banco; cattedra; trono).
Gli Egizî usavano sedili semplici in forma di sgabelli, e grandi sedie, talvolta anche capaci per due persone, con spalliere e braccioli; il piano era sovente coperto da cuscini o da pelli. La spalliera, in alcuni esemplari del Nuovo Impero, appare decorata con notevole ricchezza da pannelli traforati o rivestiti di stucco dorato.
Degli Assiri e Babilonesi conosciamo soltanto elementi di grandiosi seggi, troni reali più che sedifi di uso comune.
Presso i Greci e i Romani le forme di sedili in uso si possono ridurre fondamentalmente a due, quella semplice, senza spalliera e braccioli, che è la più comune, e che è designata col nome di ἕδρα o sella, e quella più solenne con spalliera (v. cattedra) o con spalliera e braccioli (v. trono).
Di sellae v'erano varî tipi; i più nobili erano la sella curule (v. curule) e la castrense. Questa era un sedile da campo con gambe pieghevoli a tenaglia, che si poteva a beneplacito aprire e chiudere e trasportare a tutt'agio. Differiva dalla sella curule per essere più semplice e meno ornata, e perché aveva i piedi diritti anziché ricurvi. La sella castrense veniva posta per l'imperatore o per il generale in capo nel pretorio dell'accampamento, sul tribunal.
La sella balnearis era un sedile da bagno, su cui il bagnante si sedeva per ricevere l'acqua calda sul corpo; la tavoletta formante sedile era forata sul davanti a ferro di cavallo per agevolare lo scolo dell'acqua. Si avevano poi la sella tonsoria, poltrona da barbiere, la sella portoria o gestatoria, una sedia portatile, sulla quale chi l'occupava era seduto e non disteso come nella lectica: era generalmente coperta e chiusa, ma si teneva anche aperta.
V'erano sellae a due posti dette bisellia (v. bisellio).
Presso gli Etruschi era in uso una sedia di forma quasi circolare, con spalliera ricurva, e sostegno a superficie unita, anziché costituito dalle quattro zampe consuete: ne abbiamo esempî fin da età molto antica nei seggi su cui sono posati i canopi, e poi più tardi nella cosiddetta "sedia Corsini" e nelle sedie tagliate nel masso della tomba ceretana detta appunto "delle Sedie e degli Scudi".
Nel Medioevo il seggio a X, privo di dossale, fu detto faldistorium: era pieghevole, generalmente di metallo, con quattro sostegni incrociati, su un perno centrale (un rarissimo esemplare di legno del sec. XIII è nella cattedrale di Perugia, un altro nel museo di Vienna). Serviva non solo nelle chiese, presso l'altare maggiore, per i più alti dignitarî (in questa forma e adibito a questo uso lo si vede anche nella Messa di Bolsena di Raffaello), ma anche nelle corti. Essendo pieghevole, poteva essere trasportato facilmente, e poiché i re e i principi viaggiavano continuamente e ricevevano in pieno campo, sotto una tenda, il faldistorio era il sedile nobile a loro riservato, mentre i personaggi del seguito sedevano su sgabelli (v. varie figurazioni: nel monumento a Roberto il Savio in S. Chiara di Napoli, nella tavola di Domenico Veneziano agli Uffizî, ecc.).
Fu frequente nel Medioevo anche un altro tipo di sgabello molto basso, di forma rettangolare, con piano di legno posante su quattro piedi lisci; questo era collocato non solo dinnanzi ai seggi e agli scanni per posarvi i piedi (con un uso che si protrasse fino a tutto l'800, convenientemente però ingentilendo, specie nel '600 e '700, l'intelaiatura dello sgabello, che ebbe fini cornici intagliate e zampe decorate, e fu quasi sempre imbottito di stoffa analoga a quella delle poltrone e divani che accompagnava), ma lo si usava anche come vero sedile, specialmente nei grandi saloni, durante le adunate solenni, attorno ai sedili più nobili. Questo sgabello, convenientemente allargato, lo si collocava anche vicino al letto, per servire da tavolo. Molti inventarî del '300 e '400 citano spesso gli sgabelli adibiti a questi varî usi.
Accanto a questi tipi di sgabello ve ne era un altro, forse il più usato, con un piano di legno triangolare o circolare posante su tre zampe oblique. Erano i più semplici ma anche i più usati nel sec. XIV e nel XV, come appare dai tanti esemplari rimasti in collezioni pubbliche e private e dalle rappresentazioni figurate (bassorilievo di Andrea Pisano nel campanile di Giotto; Annunciazione dell'Angelico a S. Marco, a Firenze, ecc.). In inventarî del sec. XV e del XVI lo troviamo citato come sedile anche nelle case più lussuose (come nell'inventario del 1526 nella Farnesina di Agostino Chigi, a Roma, accanto a sedie e banchi, e in quello del 1553 nella camera di Cosimo I a Firenze). In queste, di solito, serviva per sedere alla mensa; era però riservato alle persone di minore importanza, perché le più nobili sedevano su banchi. Durante il sec. XV, e più ancora nel XVI, lo sgabello ligneo si arricchì di uno schienale rigido, egualmente di legno, piatto o concavo. Questo tipo, sorto forse a Firenze, si diffuse presto in tutta l'Italia. Famosi fra tutti sono gli sgabelli Strozzi, con sedile ottagono sorretto da 3 zampe oblique, e un alto schienale intagliato culminante in un medaglione (v. quelli della coll. Figdor di Vienna, e gli altri, più ricchi, del Kunstgewerbe Museum di Berlino, del Victoria and Albert Museum di Londra, e, finalmente, quello ornatissimo del museo di Magdeburgo: fine del sec. XVI).
L'uso dello sgabello con dossale, si trova frequente anche nel '600; secondo il gusto del tempo, questo sgabello si complica allora di intagli, specialmente nello schienale (v. alcuni esemplari in collezioni private di Firenze e nel museo del Castello Sforzesco di Milano). Lo sgabello senza dossale, con piano rettangolare poggiante su quattro zampe, era destinato però a maggiore fortuna. Nel sec. XVII non solo si arricchì di ornati, ma ebbe il piano imbottito e ricoperto di stoffe e velluti. Inventarî italiani e francesi ne ricordano di splendidi, ornati anche di trine e frange d'oro. In Francia, durante il '600 e il '700, fu molto usato un tipo di sgabello detto tabouret, di forma generalmente rettangolare, sempre imbottito e ricoperto di fini stoffe, su una elegante e ornata intelaiatura di legno scolpito e dorato: non soltanto di forma quadrangolare, ma ovale, circolare. Questo sgabello grazioso, facile a trasportarsi, elegantissimo di forme, fu frequentissimo anche nei salotti veneziani del sec. XVIII e rimase in uso nel XIX e nel mobilio moderno.
Durante il sec. XVI, a Firenze, furono molto in uso gli sgabelloni, che derivano per la forma dallo sgabello consueto, ma che erano adibiti a uso diverso. Constavano di un piano liscio di legno sorretto da due alti sostegni obliqui riccamente intagliati, e, a volte, dorati: servivano di sostegno a busti e a piccoli gruppi di sculture. Se ne vedono nel Palazzo Vecchio e al Bargello a Firenze, nel museo di Berlino e in collezioni private.
Le rappresentazioni figurate dimostrano per tutto il Medioevo l'uso di sedie di svariatissima forma. Le più modeste erano molto basse, impagliate, con schienale determinato da due lisci traversini; la sedia del tesoro della cattedrale di Anagni (sec. XIII-XIV) ha un partito architettonico di archetti e colonnine. Spesso lo schienale era traforato con balaustrini e il piano era di legno, o anche ricoperto di velluto, di cuoio, ecc.; come nelle sedie citate negl'inventarî di Cosimo I. Gl'inventarî distinguono lo scopo e la provenienza: sedie "da donna", sedie "genovesi", ecc.
Nel '400 e nel '500 ebbero voga le sedie pieghevoli - derivanti dallo sgabello a X intrecciato del Medioevo -, dette "da campo" o "da campagna". Se ne fecero in tutta Italia, ed è difficile poterle distinguere da regione a regione (v. esemplari nella collezione Volpi a Firenze, nella casa Bagatti-Valsecchi a Milano, ecc.). Dallo sgabello intrecciato, ma avvicinandosi però al faldistorio, derivò quel tipo di sedia detta savonarola (da quella che si trova nella cella del Savonarola a San Marco in Firenze), frequentissima nel sec. XV. In questa le assicelle dei sostegni salgono a formare i braccioli, congiunti in alto da uno schienale liscio o intagliato (v. esemplari al Bargello e in collezioni private). Nel '500 la savonarola si impreziosì d'intagli, come quella che appartenne a Ferdinando I de' Medici, che si trova nel Palazzo Vecchio.
Affine alla savonarola è la cosiddetta dantesca (denominazione del tutto convenzionale), nella quale i sostegni sono determinati non più da assicelle congiunte, ma da quattro larghe zampe ricurve disposte sempre a X, fino a salire ai braccioli; se ne fecero molte anche di metallo. Fu molto usata nel '500: il sedile e lo schienale erano formati di cuoio, di velluto o di stoffa fermati con grossi bulloni, e ornati di frange e galloni. Ebbe ornati, poggiò su zampe di leone e a volte si complicò con tarsie di madreperla, avorio, legni rari, nello schienale e nelle zampe. Durante il sec. XV, nelle camere, furono usate le cosiddette sedie a pozzetto; l'esemplare più bello è nel Museo Horne di Firenze. Verso la fine del '500 e nel '600 si fecero delle sedie più grandi, con lungo schienale, che si potevano trasformare, mediante cerniere, in inginocchiatoi.
Dalla sedia derivò il seggiolone, che ha anch'esso origine antica, come dimostra il fusto di ferro segnalato dal Toesca nella cattedrale di Benevento. Fu usatissimo nel sec. XVI, con alto schienale e braccioli semplici, intagliati o anche ricoperti di cuoio e di stoffa con bordi e frange d'oro. I sostegni del seggiolone, i braccioli, il piano e la spalliera sono rigidi e verticali come nell'antico scanno, da cui deriva in parte anche per l'uso, che è riservato di solito alle persone più nobili. Nei seggioloni di parata, o in quelli per uso liturgico, l'arte dei secoli XVII e XVIII sfoggiò tutta la ricchezza e il capriccio del suo stile, con intagli, profili accartocciati, dorature.
Dalla metà del sec. XVI in poi, in Italia e fuori, la sedia semplice è però il tipo più comune di sedile. Ha generalmente lo schienale e il sedile ricoperti di stoffa analoga a quella delle poltrone e dei tendaggi, e varia soltanto nella decorazione, perché mantiene inalterata la sua semplice struttura. Splendide sono le sedie stile Luigi XIV e XV, di legno scolpito e dorato, con ornati sulle cornici dello schienale e lungo le zampe; meno sontuose ma più squisitamente intagliate, quelle stile Luigi XVI, con zampe assottigliate, e schienale tutto traforato, con un medaglione ricoperto di stoffa al centro, o ad arcatine leggiere che reggono in alto un tondo o un ovale ricoperto, o ancora a lira (v. quelle del palazzo di Fontainebleau). Venezia, nel '700, ne ebbe di deliziose, di questo tipo. Dopo il breve periodo dell'impero, in cui la sedia, pur conservando una gracile eleganza di forme, tese a perdere a poco a poco la fioritura dei suoi ornati (v. quelle semplicissime con schienale intero ricurvo, coperto di stoffa come il sedile, nel Palazzo reale di Milano), la sedia durante l'800 prese una struttura più pesante; ebbe generalmente il sedile coperto di stoffa e lo schienale determinato da due traversini variamente sagomati.
Fra la fine del sec. XVI e l'inizio del XVII, derivò dal seggiolone la poltrona. La derivazione anzi è così immediata che in alcuni casi è difficile poter distinguere queste due forme di sedile. Subito ebbe una grandissima voga. Le poltrone dorate dell'epoca di Luigi XIV ebbero intagli ricchissimi nelle zampe ricurve, nella incrociatura sotto il sedile, nei braccioli, lungo le cornici dello schienale, coperto, come il sedile, di varie stoffe. Così ornata, la poltrona non era solo il sedile più comodo e nobile riservato alle persone di maggiore importanza, ma sostituiva nel suo ufficio il seggio del Medioevo e del Rinascimento. Di una rara magnificenza sono le poltrone intagliate da Andrea Brustolon, con plastici intagli nelle zampe e nei braccioli (v. quella del Museo Correr di Venezia e l'altra, ancora più bella, dei Ss. Giovanni e Paolo di Venezia). Preziose per la decorazione, sebbene eccessivamente ricercate, sono alcune poltrone del palazzo Doria di Genova (sec. XVIII). Nel '700 la poltrona mantenne sempre la sua struttura, ma si fece più leggiera, acquistando un'eleganza nuova nelle proporzioni e negli ornati di aeree foglie, cornici sottilmente sagomate, ecc. La copertura stessa, con chiari fiori su fondi delicatissimi, con motivi pastorali, ecc., completò armoniosamente le linee gentili della struttura. Lo schienale ebbe a volte forma ovale, come nelle poltrone di Jacob e di Lelargue, o a medaglione; i braccioli e le zampe si inarcarono sempre più, assecondando il gusto impreziosito del mobilio e della decorazione in genere del '700. Venezia ne ha di superbe in collezioni private (Minerbi, Sangiorgi, Gatti-Casazza, Museo Correr, ecc.). Alcune sono di noce naturale e intagliate, altre dorate, o laccate in rosso e in azzurro con lievi ornati d'oro, ricoperte di stoffe leggerissime di disegno; altre infine offrono una rara sontuosità, come quelle da parata della coll. Donà delle Rose e della basilica di S. Marco.
Nel '700 si fecero anche poltrone girevoli, su un perno, con sedile circolare, e braccioli e sedile formanti un solo corpo.
Quest'ultima forma, ma rigida, prevalse nel sec. XIX. Fu di solito imbottita e ricoperta di stoffa o di cuoio. Incontrò il più largo favore per la sua comodità, ma perdette a poco a poco la sua eleganza. Essendo necessaria solamente un'intelaiatura di legno che doveva essere del tutto ricoperta, non intervenne più l'opera di artefici raffinati a modellare i suoi sostegni e i suoi braccioli (sebbene si abbia qualche esemplare anche di poltrona del tipo settecentesco); raramente, perciò, nel mobilio ottocentesco la poltrona ebbe forme degne di nota. Dalla metà del '700 in poi si fecero anche poltrone di forma più complicata, con sedile allungato per poter stendere le gambe, e alta spalliera ricurva per appoggiare la testa e il busto (deriva poi da questa la moderna chaise-longue). Queste poltrone erano collocate nelle camere e nei salotti più intimi delle signore.
È difficile stabilire una linea di derivazione delle forme diverse dei mobili destinati a sedile, poiché sui mobili più semplici poté influire la forma di quelli più complicati, come le cattedre e gli stalli corali. Dalla sedia e dalla panca munite di braccioli e di alto schienale poterono derivare la sedia a baldacchino, la "residenza", i sedili ad alta spalliera disposti torno torno, mobili di cui si hanno frequenti rappresentazioni nei dipinti e nelle miniature dal secolo XIV in poi.
È incerta la distinzione tra seggio, che dovrebbe essere più onorevole, e scanno, poiché in antico i due termini sembrano usati promiscuamente.
Nell'odierno rinnovamento delle arti decorative, dominato dai principî della funzionalità, sedie e poltrone assumono forme quanto mai semplici, rifuggendo da qualsivoglia ornamento che non sia nella bellezza stessa dei materiali, legni lucidati o laccati, metalli cromati (dei quali si sfruttano al massimo elasticità e capacità di sostegno), stoffe o cuoi, dove prevalgono i colori uniti e vivaci. Trattandosi di poltrone, particolare cura si pone nel calcolo dell'apertura angolare formata dall'incontro di schienale e sedile, il quale è di solito basso, profondo e leggermente inclinato all'indietro: ciò allo scopo di favorire al corpo la positura di maggior riposo. Le rivestiture coprono interamente il telaio, lisce sull'imbottitura o capitonnées. La linea retta la vince per lo più sulle curve e non di rado, nella sua massa, la poltrona prende la forma d'un cubo. Le sedie, a dorsale intero e leggermente concavo o piano sono per lo più senza braccioli, e anch'esse entrano in un disegno di piani netti e lisci, di linee continue e ridotte.
V. tavv. LI - LVI; e v. anche arredamento.
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