SEFĪD KŪH (A. T., 92; 93-94)
H In persiano "montagna bianca"; è epiteto che ricorre non di rado nella topografia iranica, e che più generalmente viene applicato a due plessi orografici pertinenti al Hindu Kush, uno nella sezione occidentale di questo, l'altro, molto più noto, al confine indo-afgano. Il primo la cede di gran lunga sotto ogni punto di vista al secondo, sì che di regola col nome Sefīd Kūh s'intende ormai solo la zona di montagne compresa all'ingrosso fra 34° a 33° 15′ N. e 69° 30′ a 72° 10′ E., sebbene non manchi chi ne prolunghi il dominio fin nelle alte superficie (Psein Dāg e Toba) che fanno da spartiacque fra il bacino dell'Indo e l'Afghānistān sud-orientale (sino al 31° 15′ all'incirca). Il gruppo s'aderge alle massime altezze (Sikaram m. 4761 e Kabia m. 4379) nella sbarra che divide le valli dell'alto Kurram e dell'Afridi Tirāh dal medio Kābul; sbarra che presenta all'ingrosso una direzione O-E., ed è formata da allineamenti montuosi che si vengono man mano rinserrando verso. occidente. Il Sefīd Kūh manda a N. una serie di diramazioni (Karkat shāh), attraverso le quali il Kābul si è dovuto aprire un cammino con una profonda gola (epigenetica), tra i ripiani di Kābul e di Gialālābād.
Le pendici settentrionali, sotto vento e perciò aride, sono pressoché spoglie di vegetazione, mentre quelle volte a sud conservano ancora boschi di conifere. Colture diverse trovano posto nei fondovalle e sui pendii più elevati; accanto al cotone, al riso, all'orzo, al miglio, sono diffusissimi gli alberi da frutta e in più luoghi l'ulivo. Ben popolate sono in special modo le valli tributarie del Kurram.