Abstract
Viene esaminata, sulla scorta della dottrina e della giurisprudenza costituzionale, la portata normativa e scultorea del segreto di Stato, la cui dimensione oggettiva cattura l’interprete e pone seri problemi di compatibilità rispetto alla tutela soggettiva di diritti fondamentali, che non possono essere totalmente compromessi ed estromessi in situazioni nascoste di urgenza ed emergenza, per mere ragioni formali di Stato. In questa direzione, si individua un nuovo plausibile fondamento costituzionale del segreto di Stato nel novero dell’ordine pubblico costituzionale, europeo ed internazionale, inteso anche come ordine pubblico materiale, che rende “l’indecidibile” non impossibile e maggiormente compatibile con la formula repubblicana dei diritti.
Ripercorrendo gli assunti dottrinali e gli indirizzi giurisprudenziali emerge subito che il segreto di Stato, vera e propria no fly zone del costituzionalismo contemporaneo, anche comparato, è un tema complesso, a cavallo tra diritto e politica, tra forma di Stato e forma di Governo, in cui il tema dei diritti fondamentali è fortemente compromesso per ragioni di Stato. Se si privilegia una visione oggettiva del segreto di Stato, il dato normativo sfugge ad una rigida e formale collocazione sul piano costituzionale, costringendo l’interprete ad una ricerca sinottica e combinata del suo fondamento costituzionale implicito, nascosto in qualche nicchia della Costituzione materiale e vivente, anche al di là dei termini lapidei del dettato costituzionale e del cd. ordine pubblico costituzionale di cui all’art. 2 Cost., in una dimensione interna ed esterna.
Se il padre nobile del segreto di Stato, come materia privilegiata, può essere considerato ab initio Vezio Crisafulli, il cui pensiero (partendo dal profilo militare) in Corte Costituzionale ha inciso fortemente nella successiva definizione dell’istituto in sede giurisprudenziale, di recente, la giovane dottrina si è ampiamente confrontata sul tema (Pupo, V., Prime note sul segreto di Stato nella dimensione della democrazia rappresentativa, in Consulta online, 2015; n. 1; Caprio, A., “L’ultimo atto” della vicenda Abu Omar: cala il sipario ma qualche dubbio resta sulla scena, in Forum Quaderni Costituzionali del 29 aprile 2014; Arconzo, G.- Pellizzone, I., Il Segreto di Stato nella giurisprudenza della Corte Costituzionale e della Corte europea dei diritti dell’uomo, in Rivista AIC, 2012, n. 1) ed ha posto in luce, ricostruendolo in modo articolato, che l’apposizione del segreto di Stato si giustifica solo in presenza di esigenze di tutela forte di interessi pubblici, come la sicurezza interna ed esterna della Repubblica, la sicurezza della collettività, la salvaguardia dello Stato-ordinamento, per cui un ordinamento è democratico anche nella misura in cui riconosce e garantisce i segreti meritevoli di essere tutelati (Ferrari, G. L’avventura del “segreto” nell’Italia repubblicana tra gli anni ’60 e ’80, in AA.VV., Il segreto nella realtà giuridica italiana, Atti del convegno nazionale tenuto a Roma, 26-28 ottobre 1981, Padova, 1983, 60 ss.). Rappresenta, comunque, un esempio non facile di democrazia protetta, nel senso che il sistema delle libertà fondamentali (Crisafulli, V., In tema di limiti alla cronaca giudiziaria, in Giur. Cost., 1965, 245 ss.) viene limitato o annullato in funzione della tutela di interessi ritenuti vitali per la tenuta della Costituzione stessa.
D’altronde la nostra Costituzione, ma ciò avviene anche nelle principali Costituzioni comparate, come Francia, Stati Uniti, Spagna e Germania (sul punto il volume curato da Passaglia, P., Il Segreto di Stato e l'attività giurisdizionale, in Studi e ricerche di Diritto comparato, Corte Costituzionale, marzo 2012), nei rapporti civili, pur menzionando, in una dimensione negativa e positiva, la segretezza della corrispondenza (art. 15 Cost.), il divieto di associazioni segrete (art. 18 Cost.), la segretezza del voto (art. 48 Cost.), la possibilità di deliberare sedute segrete delle Camere (art. 64 Cost.), non prevede formalmente il segreto di Stato come formula a sé stante (in realtà, si dovrebbe parlare di segreto della Repubblica ex art. 114 Cost.). Si ritiene, pertanto, che una eventuale revisione-integrazione costituzionale, pur auspicabile, potrebbe prevederlo, al di là delle suindicate disposizioni costituzionali, sempre richiamate in dottrina, integrando, ad esempio, con un comma ulteriore, l’art. 25 Cost. (in due possibili versioni: Il segreto di Stato è disciplinato con apposita legge generale – ovvero ... con apposita legge costituzionale), nella sua portata determinante sul piano della tutela giurisdizionale dei diritti (C. cost., 14.4.1965, n. 25 e C. cost., 2.2.1982, n. 18) nella forma di Stato.
La disciplina normativa a far data dal R.d. 11.7.1941, n. 1161, relativo al segreto militare, è stata meglio specificata prima con la l. 24.10.1977, n. 801 (Istituzione e ordinamento dei servizi per le informazioni e la sicurezza e disciplina del segreto di Stato), di cui rimarrebbe solo l’art. 2 e, poi, con la l. 3.8.2007, n. 124 (Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto di Stato), modificata per effetto della l. 7.8.2012, n. 133 (Modifiche alla legge 3 agosto 2007, n. 124, concernente il Sistema di informazioni per la sicurezza della Repubblica e la disciplina del segreto), anche se la stessa appare costituzionalmente debole (e non orientata), senza un preciso riscontro, materiale e vivente, interno ed esterno.
Emerge, in primis, in dottrina (Anzon, A., Segreto di Stato e Costituzione, in Giur. cost., 1976, I, 1785 ss.), il fondamento costituzionale del segreto di Stato nell’art. 52 Cost. (C. cost. 6.4.1976, n. 82, nell’iniziale versante militare, relatore Vezio Crisafulli), nella parte in cui sancisce per il cittadino il «sacro dovere di difendere la Patria», evidenziandosi, dunque, una «sacertà laica, consistente nell’assoluta intangibilità, inviolabilità e inderogabilità di tale dovere», anche in una prospettiva di tutela della sicurezza nazionale (Luciani, M., Il segreto di Stato nell’ordinamento nazionale, in AA.VV., Il segreto di Stato. Evoluzioni normative e giurisprudenziali, Quaderno di intelligence, Gnosis – Rivista italiana di intelligence, Roma, 2011, 11). Vi sarebbe, d’altronde, una sorta di prevalenza del segreto militare, non tanto del mero segreto “politico” o di quello “qualificato”, definito, cioè, in connessione ai pericoli di eversione interna, che possono minacciare la sopravvivenza degli organi e delle istituzioni che rappresentano la massima espressione dell’ordinamento democratico pluralista.
Per Silvestri, l’accezione è sicuramente più ampia, perché l’oggetto del segreto di Stato non può essere determinato casisticamente, né può essere ristretto alle notizie riguardanti la difesa nazionale, ma può consistere in qualunque notizia che, per la sua particolare natura, sia tale da incidere sulla salus rei publicae (brocardo ricorrente nella giurisprudenza costituzionale), determinando un pericolo reale, pur evidenziandosi la centralità del sistema dei controlli.
Poiché la conservazione dell’integrità dello Stato e dei valori di base dell’ordinamento è interesse di tutta la collettività, correlativamente è obbligo di ogni soggetto, pubblico o privato, il rispetto precipuo della normativa sul segreto di Stato ex art. art. 54 Cost., quale unica possibile esplicazione costituzionale del concetto di sicurezza interna dello Stato (Silvestri, G., Considerazioni sui poteri e i limiti delle Commissioni parlamentari di inchiesta, in Il Politico, Milano, 1970, 574 ss.).
Paolo Barile, d’altronde, ha prospettato per il segreto di Stato una lettura combinata degli articoli 52 e 54 Cost., ovvero sia nel dovere di difesa della Patria che nel dovere di fedeltà alla Repubblica, poiché lo scopo sarebbe quello di garantire sia la sicurezza interna sia quella esterna, non rilevando la protezione di generici interessi politici, vieppiù la difesa dell’insieme dei valori costituzionali comuni che danno contenuto all’unità politica (Barile, P., Democrazia e segretezza, in Quad. cost., 1987, n. 1, 47 ss.). Vi sarebbe, infine, anche un collegamento decentrato con l’art. 117, co. 2, lett. d), Cost. (diffusamente Pace, A., L’apposizione del segreto di Stato nei principi costituzionali e nella legge n. 124 del 2007, in Giur. cost., 2008, n. 5, 4046 ss.) e con gli articoli 5, 126 e 139 della Costituzione. Il riferimento all’art. 5 Cost. risulta interessante in una logica collaborativa sul segreto di Stato, laddove l’art. 126, peraltro ipervalutato, conferirebbe un fondamento costituzionale al valore della sicurezza della Repubblica nel prevedere la possibilità (molto difficile da configurare, si potrebbe pensare al terrorismo secessionistico nelle democrazie che si difendono) di scioglimento dei Consigli regionali e di rimozione dei Presidenti di Regione “per ragioni di sicurezza nazionale” (Luciani, M., Il segreto di Stato nell’ordinamento nazionale, cit., 11; Giupponi, T. F., Servizi di informazione e segreto di Stato nella legge n. 124/2007, in Forumcostituzionale.it). Da ultimo, un plausibile nuovo fondamento costituzionale del segreto di Stato potrebbe essere ricondotto ad una lettura combinata degli artt. 2, 25, 10 e 11 Cost. sulla scia del cd. ordine pubblico costituzionale, europeo ed internazionale, particolarmente rilevante nel panel di tutela dei diritti fondamentali nella forma di Stato, pur tra esigenze invisibili ed inevitabili, di segretezza e sicurezza.
Sul piano della giurisprudenza costituzionale rilevante è la sentenza 24.5.1977, n. 86, relatore Roherssen (così come la sentenza n. 82/1976 di Crisafulli), con la quale la Corte ha dichiarato la illegittimità costituzionale di alcune disposizioni del codice di procedura penale, all’epoca vigente, che disciplinavano il segreto politico – militare e stabilivano il divieto per i giudici di sottoporre ad interrogatorio pubblici ufficiali relativamente a notizie o fatti coperti da segreto politico-militare. Si imponeva ai magistrati che avessero ritenuto infondata l’eccezione del segreto di Stato di informare il Procuratore generale della Corte d’Appello, il quale, a sua volta, avrebbe dovuto informare il Ministro della Giustizia, nella veste di autorità preposta a consentire l’eventuale utilizzo delle informazioni sulle quali fosse stato invocato il segreto. La pronuncia della Corte ha attribuito, invece, al Presidente del Consiglio un ruolo determinante ovvero l’unica ed ultima parola in merito alla conferma o meno del segreto, trattandosi di decisioni attinenti all’integrità e all’essenza democratica dello Stato, che devono, pertanto, spettare all’organo preposto a dirigere la politica generale del Governo ex art. 95 Cost. ed a garantire, quindi, il supremo interesse alla difesa e alla sicurezza nazionale.
Bilanciando, anche tra poteri, la Corte ha posto in luce che la segretezza può essere giustificata solo se è volta a garantire la tutela di un interesse costituzionale di sicurezza dello Stato, preminente e sovrano rispetto ad altri interessi di natura costituzionale coinvolti.
Il segreto, infatti, può coprire notizie concernenti la forza, la preparazione o la difesa militare dello Stato, involgendo pertanto il supremo interesse della sicurezza dello Stato nella sua configurazione internazionale, e, cioè, l’interesse dello Stato-comunità alla propria integrità territoriale, indipendenza e, inevitabilmente, alla stessa sopravvivenza istituzionale (già C. cost. n. 82/1976). In altre parole, il passaggio dal segreto militare a quello di Stato è molto breve ed inevitabilmente connesso.
La sicurezza nazionale, sia interna che esterna, della Repubblica può essere, così, compromessa da ogni azione violenta, o comunque non conforme allo spirito democratico che ispira il nostro assetto costituzionale e, nei casi più estremi, da azioni che pongono in pericolo l’esistenza stessa dello Stato.
Ritornano, così, proprio sulla base del dictamen della Consulta, gli articoli 52, 87, 5 e 126 Cost.: quanto all’art. 52 Cost., la Corte riconosce che sicurezza nazionale e difesa della patria sono interessi preminenti dell'ordinamento. Con riferimento, invece, all’art. 87 Cost., la Corte richiama il Consiglio supremo di difesa (a cui dovrebbe aggiungersi il ruolo dello stesso P.d.R.), la cui priorità sarebbe quella di assicurare proprio la sicurezza dello Stato attraverso la difesa militare. Infine, la Corte ricorda gli artt. 1 e 5 Cost., che nel prescrivere la democraticità dell’ordinamento, la sua unità e la sua indivisibilità, individuerebbero gli elementi essenziali dell’ordinamento repubblicano, in senso pluralista e territoriale, da tutelare anche mediante il segreto.
Tuttavia, per la Corte il ruolo del Presidente del Consiglio diventa determinante, nella forma di governo parlamentare, avendo il compito di valutare, in via definitiva, quando il segreto sia indispensabile per la salvaguardia di interessi nazionali supremi ed imprescindibili. L’individuazione degli atti e dei fatti o delle notizie suscettibili di offendere la sicurezza dello Stato configura un’attività discrezionale ma, secondo i giudici costituzionali, si tratterebbe di una discrezionalità che supera l’ambito ed i limiti di quella puramente amministrativa (forse inquadrabile nei cd. atti di alta amministrazione), in quanto tocca la (fin troppo dubbia formula della) salus rei publicae ed è, quindi, intimamente legata all’accertamento dei relativi interessi ed alla valutazione dei mezzi che ne evitano la compromissione o ne assicurano la salvaguardia. Di talché, essa deve essere affidata all’organo che, secondo l’art. 95 Cost., dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Il Presidente del Consiglio diviene, perciò, il dominus del segreto di Stato (in particolare, Morrone, A., Il nomos del segreto di Stato, in Nuovi profili del segreto di Stato e dell'attività di intelligence, a cura di G. Illuminati, Torino, 2010, 32), come avviene sul piano dell’esecutivo in molti modelli comparati di riferimento, ed opera a scapito del legislativo e del giudiziario ovvero della separazione dei poteri, anche laddove intesa come articolazione pluralista delle competenze.
Costituiscono applicazione di tali principi e ribadiscono quanto evidenziato anche altre sentenze della Consulta, strettamente collegate ed incrociate, la sentenza del 3.4.2009, n. 106 e le sentenza del 23.2.2012, n. 40, tutte oggetto di una attenta e quasi feroce critica in dottrina.
Nella lunga sentenza n. 106/2009 della Corte costituzionale (rispetto alla brevitas della n. 82/1976), il segreto funge, in particolare, da sbarramento al potere giurisdizionale per cui non ha l’effetto di impedire che il Pubblico Ministero indaghi sui fatti di reato cui si riferisce la notitia criminis in suo possesso, ed eserciti se del caso l’azione penale, ma ha l’effetto di inibire all’autorità giudiziaria di acquisire e conseguentemente di utilizzare gli elementi di conoscenza e di prova coperti dal segreto. Dal segreto, pertanto, non scaturisce una immunità sostanziale (ed una totale logica immunitaria) per quanti vedono la loro azione protetta dalla segretazione.
La sentenza sottolinea che vi è un divieto di utilizzazione non solo degli atti e documenti coperti da segreto in via diretta, ai fini cioè di fondare su di essi l’esercizio dell’azione penale, ma anche dell’utilizzazione degli stessi in via indiretta, cioè, per trarne spunto ai fini di ulteriori atti di indagine. Ne deriverebbe, secondo la Corte, l’inutilizzabilità di tutte le prove la cui origine derivi da atti o testimonianze coperte da segreto. In ogni caso, è consentito al Pubblico Ministero di procedere con le indagini e le sue richieste al giudice ove disponga o possa acquisire, in altro modo, gli elementi indizianti che risultino del tutto autonomi ed indipendenti dagli atti e documenti coperti da segreto (Arconzo, G.-Pellizzone, I., Il segreto di Stato nella giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte europea dei diritti dell'uomo, in Rivista AIC, 2012, n. 1). In altri termini, seguendo il dictamen della Corte, consentendosi, comunque, al Pubblico Ministero di proseguire nelle indagini, fino ad arrivare all’eventuale richiesta di rinvio a giudizio, non si fornisce all’autorità giudiziaria un limite sufficientemente chiaro dinanzi al quale fermarsi per far prevalere il supremo interesse alla sicurezza, proprio a mezzo della segretazione.
Un problema particolarmente interessante riguarda gli effetti che derivano dall’apposizione del segreto in un momento successivo all’acquisizione delle prove. Nel corso delle indagini relative alla vicenda del sequestro dell’Imam Abu Omar, ampiamente commentata in dottrina, sugli atti inizialmente sequestrati presso la sede del SISMI dalla Procura di Milano non era stato opposto il segreto di Stato. Tali atti erano stati, dunque, legittimamente immessi nel fascicolo delle indagini preliminari. Successivamente, però, il SISMI inviava una nota alla Procura milanese, oscurando parzialmente la medesima documentazione già oggetto di sequestro, a seguito dell’apposizione del segreto di Stato.
Ora, secondo la Corte, in queste circostanze, l’apposizione del segreto non può avere effetto retroattivo. La tardiva segretazione non rende, pertanto, illegittima l’acquisizione delle prove, ma non può neppure risultare indifferente rispetto alle ulteriori attività dell’autorità giudiziaria. In altri termini, ferma restando la legittimità del comportamento della Procura, precedente all’apposizione del segreto, una volta che l’apposizione, seppur tardiva, è avvenuta, è necessario che l’autorità giudiziaria ne tenga conto, non utilizzando gli atti segretati o, laddove ritenga ingiustificata la segretazione, si attivi per la procedura diretta alla conferma da parte del Presidente del Consiglio (Arconzo,G.-Pellizzone, I., Il segreto di Stato nella giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte europea dei diritti dell’uomo, in Rivista AIC, 2012, n.1).
Tale principio pone seri dubbi in dottrina: innanzitutto l’effetto della segretazione non può impedire la pubblicazione o il disvelamento degli atti, considerato che ciò si è già verificato. Vieppiù, potrebbe evidenziarsi una strumentalizzazione dell’apposizione del segreto al sol fine di rendere immuni i soggetti coinvolti nella questione, creando una vera e propria “franchigia giurisdizionale”, se non proprio costituzionale.
In particolare, la Consulta già nella sentenza n. 86/1977 ha imposto l’obbligo per il Presidente del Consiglio, in seguito ad una richiesta di conferma dell’opposizione del segreto di Stato, di fornire, in termini ragionevoli, una risposta fondata sulle ragioni essenziali del provvedimento che decide sul mantenimento del segreto. Il controllo esercitabile sulla responsabilità del Governo spetta al Parlamento, a cui il primo è legato dal rapporto fiduciario, poiché è davanti alla doppia sovranità popolare-parlamentare che devono essere vagliate nel merito le più alte e gravose decisioni dell’esecutivo. Si tratta, perciò, di un controllo di opportunità politica, che potrebbe sfociare, paradossalmente, anche nella sfiducia al Governo (Pupo, V., Prime note sul segreto di Stato nella dimensione della democrazia rappresentativa, in Consulta online, estratto Fasc. 1, Aprile 2015). Inoltre, alla Corte è precluso qualsiasi sindacato giurisdizionale non solo sull’an, ma anche sul quomodo del potere di segretazione, essendo valutazioni di mera natura politica, tipiche della forma di governo parlamentare (di qui la “franchigia costituzionale”).
Le sentenze della Consulta n. 82/1976 e n. 86/1977 hanno creato un filo logico conduttore giunto fino ad oggi, molto teso, mai spezzato, ed hanno influito sin dalla l. n. 801/1977, sia per ciò che concerne il controllo parlamentare sull’apposizione e sulla conferma dell’opposizione del segreto, tramite l’attuale Co.pa.si.R. (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) sulla scorta della l. n. 124/2007, sia sulla espressa previsione dell’obbligo di motivare e di comunicare al Comitato ogni ipotesi di conferma dell’opposizione del segreto di Stato, funzionale al controllo parlamentare. In ultimo, la l. n. 133/2012 ha previsto che il Presidente del Consiglio, su richiesta del Presidente del Co.pa.si.R., debba esporre, in seduta segreta, il quadro informativo idoneo a consentire l’esame nel merito della conferma dell’opposizione del segreto.
Altro limite al segreto è rappresentato dall’impossibilità di invocare il segreto a copertura di fatti eversivi dell’ordine costituzionale (l. n. 124/2007). Nelle ultime sentenze (n. 106/2009 e n. 40/2012) la Corte ha specificato quali possono essere tali fatti. In seguito al rocambolesco caso Abu Omar del 2003 la Corte, pur ammettendo di convenire con le indicazioni europee che riconoscono la contrarietà delle cd. “consegne straordinarie” alle tradizioni ed ai principi del diritto europeo, ha ristretto il concetto di “fatti eversivi”, escludendo che il fatto “sequestro di persona” fosse riconducibile ad esso. Per la Corte, infatti, si configura un’eversione dell’ordine costituzionale in presenza di un fatto necessariamente preordinato a sovvertire l’ordine democratico o le istituzioni della Repubblica, ovvero a recare offesa al bene primario della personalità internazionale dello Stato e, pertanto, un singolo atto delittuoso, per quanto grave, non sarebbe idoneo a considerarsi fatto eversivo dell’ordine costituzionale, se non idoneo a sovvertire, disarticolandolo, l’assetto complessivo delle istituzioni democratiche.
Tante, ovviamente, le opinioni contrapposte in dottrina, qui ripercorse, sebbene la pronuncia richiamata sembra essere coerente con l’idea che il segreto di Stato non sia strumentale alla protezione di diritti o valori particolari, quanto piuttosto del complesso dei valori che danno contenuto all’unità politica (così Morrone, A., Il nomos del segreto di Stato, cit., 9 ss.) e sono propri della forma di Stato di democrazia pluralista.
In questa direzione, nella nostra forma di governo parlamentare (e per superare il regno dell'impossibile), solo una maggiore ed ulteriore incisività del giudizio di legittimità costituzionale, oltre gli ambiti di cui alla sentenza n. 106/2009 della Consulta e della pregevole scelta iniziale di Vezio Crisafulli (C. cost. 14.4.1976, n. 82), nonché sulla scia della Corte EDU (sul punto Pace, A., Le due Corti e il caso Abu Omar, in Consulta online del 9.6.2014), in una dimensione comparata ed europea, non arcana, potrà garantire, attraverso una protezione valoriale sistemica, intrisa di leale collaborazione, ragionevolezza e proporzionalità, la tutela vitale, non impossibile, appunto, di diritti ed interessi, costituzionalmente rilevanti, anche in materia di segreto di Stato, emergenza e sicurezza nazionale.
Art. 2, l. 24.10.1977, n. 801; l. 3.08.2007, n. 124; l. 7.08.2012, n. 133.
Anzon, A., Segreto di Stato e Costituzione, in Giur. Cost., 1976, I, 1785 ss.; Arconzo, G.- Pellizzone, I., Il Segreto di Stato nella giurisprudenza della Corte Costituzionale e della Corte europea dei diritti dell’uomo, in Rivista AIC, 2012, n. 1; Barile, P., Democrazia e segretezza, in Quad. cost., 1987, n. 1, 47 ss.; Caprio, A. “L’ultimo atto” della vicenda Abu Omar: cala il sipario ma qualche dubbio resta sulla scena, in Forum Quaderni Costituzionali del 29 aprile 2014; Crisafulli, V., In tema di limiti alla cronaca giudiziaria, in Giur. Cost., 1965, 245 ss.; Giupponi, T.F., Servizi di informazione e segreto di Stato nella legge n. 124/2007, in Forum costituzionale.it; Luciani, M., Il segreto di Stato nell’ordinamento nazionale, in AA.VV., Il segreto di Stato. Evoluzioni normative e giurisprudenziali, Quaderno di intelligence, Gnosis – Rivista italiana di intelligence, Roma, 2011, 11; Morrone, A., Il nomos del segreto di Stato, in Nuovi profili del segreto di Stato e dell’attività di intelligence, a cura di G. Illuminati, Torino, 2010, 12 ss.; Pace, A., L’apposizione del segreto di Stato nei principi costituzionali e nella legge n. 124 del 2007, in Giur. cost., 2008, n. 5, 4046 ss.; Passaglia, P., a cura di, Il Segreto di Stato e l’attività giurisdizionale, in Studi e ricerche di Diritto comparato, Corte Costituzionale, 2012; Pupo, V., Prime note sul segreto di Stato nella dimensione della democrazia rappresentativa, in Consulta online, 2015, n. 1; Silvestri, G., Considerazioni sui poteri e i limiti delle Commissioni parlamentari di inchiesta, in Il Politico, Milano, 1970, 574 ss.