SELEZIONE (dal lat. selectio "scelta")
Processo cui l'uomo ha ricorso dai tempi più antichi per migliorare le proprie razze di animali domestici e per fissarne di nuove. Talvolta egli ha visto, nei suoi allevamenti, esemplari alquanto più belli o più utili degli altri; destinandoli alla riproduzione ha aumentato il numero degli individui migliori e ha eliminato quelli meno belli o meno utili; altre volte l'allevatore ha veduto comparire improvvisamente esemplari più o meno fortemente differenti dal modello della razza che egli allevava ed è riuscito a moltiplicarli e a fissarne i caratteri anomali costituendo razze nuove. La selezione è stata per lungo tempo praticata più o meno empiricamente dagli allevatori e dai coltivatori, specialmente floricultori e orticultori. Essa è entrata nel dominio della scienza, quando Carlo Darwin (v. evoluzione) ha creduto di scorgere in un processo analogo, quotidianamente operante in natura, la spiegazione dell'evoluzione degli organismi. La selezione artificiale praticata dagli allevatori, esercita un'azione positiva sulla specie e sulla razza, perché regola la riproduzione, in maniera da determinare la fecondazione di cellule germinali omogenee rispetto a quel determinato carattere che si vuole intensificare, e ciò in una serie di generazioni, dalle quali nasce una discendenza che si allontana sempre più, per quel carattere determinato, dalla media degli individui della popolazione, alla quale appartengono quelle cellule germinali. Ma la selezione naturale, contrariamente a quanto afferma il darwinismo, esercita molto probabilmente una semplice azione negativa, nel senso che le circostanze avverse dell'ambiente e la lotta per l'esistenza eliminano tutti gl'individui peggiori, che si allontanano dalla media per caratteri sfavorevoli alla specie che si considera, mantenendola in una condizione di maggiore uniformità.
Questo risultato dimostra che la selezione naturale non ha valore progressivo, ma soltanto conservativo.
La selezione ha tale importanza pratica per gli allevamenti e per le colture, che, applicata largamente qual metodo di miglioramento degli animali domestici e delle piante coltivate, ha permesso di sviscerare le cause dei risultati apparentemente positivi ai quali essa conduce.
E. Hanel e K. S. Lashley studiando, indipendentemente l'uno dall'altro, gli effetti della selezione sul numero dei tentacoli, che variano da quattro a nove, nelle idre d'acqua dolce che si riproducono per gemme, videro che, dopo 19 generazioni durante le quali fu praticata la selezione da un lato verso il numero massimo e dall'altro verso il numero minimo dei tentacoli, essa non aveva avuto alcuna efficacia e che le medie non si erano praticamente spostate. Egualmente negativi sono stati tutti i risultati di esperienze fatte su animali che si riproducono per partenogenesi: p. es. quelli di varî autori su Afidi, su parecchie specie di Crostacei, di Entomostiaci, di Rotiferi. A risultati identici condussero gli esperimenti di R. Pearl e F. M. Surface sulla fecondità delle galline e altri ancora.
La selezione ha invece valore quando agisce su popolazioni geneticamente eterogenee, ossia impure; essa permette allora di isolare i varî genotipi (v. genetica; ibridismo), formando altrettante linee pure, ma non va oltre questo risultato. 4. a selezione, applicata in questi ultimi anni, con accuratezza e con tanta utilità economica, ai frumenti, ha dimostrato quanto avevano già messo in evidenza E. Hanel e K. S. Lashley con le idre e cioè che, separate le diverse stirpi omogenee che erano mescolate in quella che fu oggetto di selezione, questa, da sola, non consente alcun miglioramento ulteriore. Anzi quella variabilità normale che caratterizza sempre una stirpe omogenea e pura non può essere spostata dalla selezione e resta come carattere intrinseco di quella tal specie o razza.
La sperimentazione genetica ha messo in evidenza un altro fatto.
Esistono caratteri multipli, determinati da un cumulo di fattori la cui azione è più intensa quanto più essi sono numerosi. Sono in generale caratteri quantitativi, misurabili, come la statura, il peso ecc. Quando s'incrociano due razze che offrono una differenza a tale riguardo, la prima generazione filiale presenta per quel carattere un valore intermedio o presso a poco uniforme, mentre la seconda dà luogo a una serie di valori che ha per limiti estremi quelli degli avi. Su questa e sulle successive generazioni si applica con buon risultato la selezione fino a che non si sia ottenuto, allo stato puro, il valore preesistente nell'antenato. Questo processo è stato adoperato e si usa ancora con ottimi risultati, quando si vogliono associare due caratteri utili, uno dei quali appartiene in origine all'una e il secondo all'altra delle forme che sono state incrociate.
I risultati della selezione sono più o meno rapidi, più o meno notevoli secondo la natura genetica del carattere sottoposto a selezione. Quando esso è recessivo, i risultati sono immediati. Riportandoci alla formula della seconda generazione di un diibrido: AA, Aa, aA, aa, è evidente che la scelta degl'individui omozigotici aa, corrispondenti per esempio a conigli o topi bianchi, partoriti da esemplari grigi, prodotti dall'incrocio del grigio col bianco, è semplice e definitiva giacché è noto che i recessivi sono sempre puri. Più difficile è la scelta di dominanti puri di formula AA. Occorrerà in questo caso, isolare diverse coppie di riproduttori e giudicare della loro purezza, dall'esame delle rispettive discendenze.
È interessante seguire le vicende, attraverso le quali W.E. Castle riuscì a ottenere una razza di cavie con quattro dita ai piedi posteriori, invece di tre, come hanno normalmente. Egli trovò un maschio che aveva un dito sopranumerario, immobile, con unghia e falangi. Accoppiato con femmine normali esso produsse il 6,25% di cavie a quattro dita; unito successivamente a una di queste, diede origine al 44% a quattro dita. Però in questo gruppo si notavano esemplari con l'anomalia più n meno sviluppata, in uno solo o in ambedue gli arti. Unendo i migliori esemplari a quattro dita il Castle ottenne alla 5ª generazione una coppia che produsse 88 piccoli tutti a quattro dita e quasi tutti con la mutazione sviluppata al massimo grado.
Quando si tratta di una razza nella quale i singoli individui siano tra loro differenti, rispetto a un determinato carattere, per valori diversi di questo, così come accade nella seconda generazione di un incrocio, la selezione sposta il centro di oscillazione verso l'uno o l'altro valore e restringe il campo di variazione, giungendo a rendere apparentemente stabile il valore scelto; ma non appena la selezione cessa, i valori trascurati che la selezione ha soltanto diminuiti di numero e di intensità, ma non eliminati, tornano a moltiplicarsi; il campo di variazione torna ad estendersi e, poco alla volta, ricompare la primitiva condizione intermedia, eterogenea ed oscillante entro limiti determinati, a meno che l'allevatore non sia giunto a isolare individui riproduttori completamente omozigotici.
Gli effetti della selezione si manifestano in maniera tale da lasciare supporre una tendenza a variare progressivamente in una determinata direzione nel corso delle generazioni che si susseguono. Tale tendenza è stata designata col nome di ortogenesi, e di essa molti animali domestici hanno fornito prove. Al principio del secolo scorso il miglior cavallo trottatore inglese percorreva il miglio in circa 3 minuti: con una selezione metodica e rigorosa, gli Americani sono riusciti ad allevare cavalli, la cui velocità, di generazione in generazione, è aumentata fino a che nel 1900 il miglio era coperto in 2 minuti. Analoghi risultati sono stati conseguiti con l'aumento di carne e di latte nei bovini, di uova nelle galline, ecc.
Non tutte le stirpi né gl'individui appartenenti a specie di animali anche domestici, si prestano ad una selezione ortogenetica, ma soltanto quelli che posseggono in stato eterozigotico il carattere che si vuol sottoporre a scelta. La selezione apparentemente lo esalta, ma in realtà non fa che depurarlo di tutti i fattori (genomeri) che ne attenuano il grado.
Che esistano, nelle cellule germinali, fattori latenti che si estrinsecano in discendenti non fecondi, è provato almeno dalle piante che producono fiori doppî incapaci di dare semi e dagl'insetti sociali, in cui i neutri non possono generare. I più grandi risultati pratici, conseguiti recentemente dalla selezione artificiale, sono dovuti al metodo di valutare i riproduttori in base allo studio dei caratteri dei loro discendenti.
È giȧ stato detto che la selezione naturale agisce in modo assai diverso perché opera sopra una specie adattata all'ambiente in cui essa vive, in senso conservativo. Tuttavia quando sorgano mutazioni oscillanti intorno ad una media, queste si possono sostituire gradualmente alla razza tipica, ove siano isolate entro limiti ristretti di spazio, quando la razza che sta cambiando si trovi in stato di isolamento geografico, come accade nelle isole o nelle cime di montagne separate da vaste pianure o in vallate separate da catene di monti, ecc.
Bibl.: W. E. Castle, The origin of a polydactylous race of Guinea Pigs, in Carnegie Inst. Pub. No., XLIX (1906); id., Heredity in relation to evolution and animal breeding, Londra 1912; L. Cuénot, La génèse des espèces animales, Parigi 1911; Ch. Darwin, Sull'origine della specie per selezione naturale, trad. it., Torino 1924; id., Variazione degli animali e delle piante allo stato domestico, trad. it., Torino 1914; C. Emery e A. Ghigi, Compendio di Zoologia, Bologna 1927; A. Ghigi, Ibridismo e specie nuove, in Arch. zool. ital., XVI (1930); E. Hanel, Vererbung bei ungeschlectlicher Fortpflanzung von Hydra grisea, in Jen. Zeitschr. f. Naturwiss., XLIII (1907); O. Hertwig, Das Werden der Organismen, Jena 1916; H. S. Jennings, Eredità biologica e natura umana, trad. it., Milano 1934; W. Johannsen, Elemente der exakten Erblichkeitslehre, Jena 1909; 3ª ed., 1926; K. S. Lashley, Inheritance in the asexual reproduction of Hydra viridis, in Proc. Nation. Acad. Sc., Washington, I (1915); R. Pearl e F. M. Surface, Inheritance of Fecundity in the Domestic Fowl, in Americ. Naturalist, XLV (1911); A. Weismann, Die Selektionstheorie, Jena 1909.