SELGIUCHIDI
. Dinastia turca musulmana, che nel sec. XI d. C. riunì sotto il suo dominio la Persia, la Mesopotamia, parte dell'Asia Minore e la Siria, e sulla fine di quello stesso secolo si spezzò in numerosi rami tra loro indipendenti, che regnarono per varî periodi di tempo in diverse regioni del mondo musulmano.
Capostipite ed eponimo della stirpe è un Salgiūq b. Duqāq, turcomanno del ramo dei Ghuzz, che nel sec. X emigrò dal Turchestan in Transoxiana, abbracciò l'Islām, e prese parte alle guerre tra Samanidi, Ilak-Khān e Ghaznevidi. La fortuna e la potenza politica della famiglia furono però fondate dal nipote di Salgiūq, Ṭughril Beg, che assieme al fratello Ciaghar Beg, e alla testa del gruppo di tribù turche da essi guidato, strappò ai Ghaznevidi il Khorāsān (1037), e ben presto anche il Giurgiān, il Ṭabaristān, il Khwārizm, l'al-Gibāl, giungendo in meno d'un ventennio a entrare in Baghdād (1055), donde spazzava via gli ultimi Buwayhidi, e riceveva nel 1058 dal califfo ‛abbāside al-Qā'im l'investitura sultanale e il titolo di Malik ash-sharq wa 'l-gharb ("re dell'Oriente e dell'Occidente"). Il movimento di conquista si continuò sotto gl'immediati successori di Ṭughril Beg (morto nel 455/1063), Alp Arslān (455-465/1063-1072) e Malikshāh (465-485/1072-1092), che assieme a Ṭughril Beg sono noti col nome di "Grandi Selgiuchi", conservatori e allargatori del potere unitario dell'impero. Sotto Alp Arslān, nel 1071, i Selgiuchidi infliggevano ai Bizantini la decisiva disfatta di Manzicerta, dove cadeva prigioniero lo stesso imperatore Romano Diogene, e che apriva per la prima volta ai Turchi l'Asia Minore, sino allora strenuamente difesa da Bisanzio contro la pressione dell'Islām. Col secondo successore di Malik-Shāh, Barqiyārūq (485-498/1092-1104), la guerra civile scoppiata fra lui e suo fratello Muhammad ruppe l'unità dell'impero. Questi due figli di Malikshāh tuttavia, come anche i loro fratelli Mahmūd e Sangiar (m. 552/1157), conservarono, assieme al titolo di "Grandi Selgiuchi", una certa egemonia nominale anche sulle parti degli antichi territorî che di fatto si erano sottratte alla loro sovranità; mentre i loro immediati discendenti non furono più, col titolo di "Selgiuchi del ‛Irāq" se non uno dei varî rami in cui si spezzò il grande stato selgiuchide.
Questi rami secondarî sono i seguenti:1. gli ora ricordati Selgiuchi del ‛Irāq, che ivi dominarono sino al 590/1194, anno in cui furono vinti e soppiantati dai Khwārizm Shāh; 2. I Selgiuchi del Kirmān, aventi a capostipite Qāwurd fratello di Alp Arslān, e che regnarono nel Kirmān (Persia di SE.) sino al 583 (1187); 3. i Selgiuchi di Siria, stabilitisi nel 1078 a Damasco con Tutush, fratello di Malikshāh, divenuti indipendenti nel 487/1094, ed estintisi nel 1109 a Damasco, nel 1117 ad Aleppo; 4. più duraturo e politicamente e culturalmente importante il ramo dei Selgiuchi d'Asia Minore, o di Iconio, o di Rūm, fondato da Sulaimān ibn Quṭlumish, figlio d'un cugino di Ṭughril Beg, e sotto Malikshāh comandante delle forze selgiuchidi in Asia Minore. Nel 1074 (o 1077) questi riceveva dall'imperatore Michele VII la cessione definitiva delle provincie conquistate, e prima a Nicea, poi ad Iconio (Conia) iniziava una dinastia mantenutasi sino a circa il 1300; uno dei numerosi emirati sorti sulle sue rovine doveva poi essere quello degli Osmanli, destinati a riprendere e trasportare così lontano, in Europa e in Africa, l'ondata della conquista turca.
Il dominio selgiuchide ha avuto grande importanza per la storia dell'Islām e di tutta l'Asia Anteriore. Anzitutto esso segnò, in seno all'islamismo, il consolidamento dell'ortodossia sunnita, scossa dal trionfo dei Fātimidi eretici in Egitto, e, nel ‛Irāq stesso, degli sciiti Buwaihidi. Contemporaneamente, esso segnava il deciso stabilirsi dell'egemonia etnica turca sull'elemento più propriamente arabo nelle regioni orientali del mondo musulmano, e forniva all'Islām quell'apporto di energie fresche, vigorose e guerriere che gli permisero di resistere con successo, e infine di infrangere l'attacco delle crociate. Ma al tempo stesso la saggezza dei sultani selgiuchidi fece loro riconoscere la superiorità della civiltà materiale e spirituale arabo-persiana che essi trovarono nel territorî da loro conquistati, e col suo accoglimento li fece inserire, armonica forza cooperante, nel quadro della cultura musulmana. Lo stato descritto nel Siyāset-nāmeh del gran visir di Malikshāh, Niẓām al-mulk, stato altamente progredito come organismo amministrativo, è per buona parte (se anche vi è in quel famoso trattato del programmatico) lo stato selgiuchide del secolo XI. La letteratura araba e soprattutto persiana fiorì grandemente alle loro corti: l'arte islamica vi si elaborò, sotto l'influsso di fecondi contatti culturali (v. sotto), ad alta perfezione; il sultanato selgiuchide di Rūm in particolare, per la sua posizione geografica più occidentale degli altri, e gli speciali contatti che ebbe con la civiltà bizantina e con i Franchi crociati, sviluppò una floridissima cultura materiale, e una squisita vita artistica, che ne fanno uno dei più interessanti periodi della vita musulmana medievale.
Durante il periodo del regno dei Selgiuchidi l'elemento turco si afferma per la prima volta in maniera preponderante entro l'ambito dell'arte islamica in Asia. Retaggio del loro passato di popolo nomade, essi avevano un'arte semplice rappresentata da lavori di oreficeria, da tappeti che servivano a decorare le loro tende e da altri prodotti d'arte tessile. Non possedendo un'arte monumentale, essi si limitarono generalmente a favorire, con incarichi grandiosi, l'attività di artefici indigeni e forestieri; nondimeno, ebbero importanza decisiva nel mutamento stilistico che allora si operò in tutti i campi artistici producendo una vera fioritura sotto le varie dinastie fondate dai Selgiuchidi e dai loro ātābeg. Posizioni predominanti occuparono Nīshāpūr e Ray in Persia, Merw nel Turkestan occidentale; nell'Asia minore il sultanato di Conia attraversò un periodo di splendore, Baghdad si avviò verso una nuova rifioritura, nella regione montuosa della Mesopotamia gli Ortuqidi si distinsero come mecenati, ancora superati per fervore d'arte dalle dinastie dei Zengidi in Mossul. Ad Aleppo e Damasco il potente Nūr ed-dīn diede nuovi impulsi all'architettura e all'artigianato.
Compare quale nuovo tipo di edificio sacro la madrasah, ideata per diffondere la dottrina ortodossa e, in quell'epoca, trasformata in una costruzione tipicamente persiana, che modificò in modo essenziale anche la pianta della moschea. Ugualmente importanti diventarono i mausolei, eretti dapprima nel Khorāsān per i principi o governatori turchi; essi portarono in primo piano il problema della costruzione della cupola esercitando un profondo influsso sull'ulteriore sviluppo di questa in tutto l'Oriente islamico. Esempî di fortezze selgiuchidi si sono conservati soprattutto in Aleppo e a Conia, mentre nulla si è conservato dei vasti palazzi di quel periodo.
Nel campo della decorazione fu usata, in Asia Minore e in Siria, soprattutto la pietra, inoltre lo stucco; cominciò pure a diffondersi la tecnica del musaico maiolicato che doveva, più tardi, avere assai vasti sviluppi. L'intaglio in legno fiorì in Asia Minore e in Persia. Ai Selgiuchidi dobbiamo però principalmente l'introduzione del tappeto annodato nella suppellettile dell'Oriente islamico: derivato dall'arte popolare nomade, esso si diffuse a mano a mano anche nelle città.
La calligrafia fu vivificata dall'introduzione nell'epigrafia della scrittura tonda naskhī; e la predilezione dei regnanti selgiuchidi per la decorazione vivace favorì anche l'ampio sviluppo della miniatura che prese le mosse da Baghdād. Nella lavorazione dei metalli la tecnica dell'incrostazione d'argento e oro in bronzo fu portata a Mosul alla massima perfezione; perfezione che Ray, nello stesso periodo, raggiunse nella fabbricazione delle ceramiche.
Aleppo acquistò fama universale coi suoi vetri smaltati e dorati; e le denominazioni di "baldacchino" e di "mussolina" ci rammentano ancor oggi l'importanza che allora ebbero per l'Occidente i centri dell'industria tessile dell'Irāq. (V. tavv. LXI e LXII).
Bibl.: v. arabi: Storia; asia minore; persia: Storia. Alberi genealogici e serie dinastiche in St. Lane Poole, The Muhammadan Dynasties, Londra 1894, pp. 149-155; E. Zambaur, Manuel de chronologie et de généalogie pour l'hist. de l'Islam, Hannover 1927. - Per l'arte v.: F. Sarre, Seldschukische Kleinkunst, Lipsia 1909; id., Denkmäler persischer Baukunst, Berlino 1910; F. Sarre e E. Herzfeld, Archäol. Reise im Euphrat- und Tigrisgebiet, Berlino 1911, 1920; E. Diez, Khurasanische Baudenkmäler, Berlino 1918; R. M. Riefstahl, Turkish architecture in Southwestern Anatolia, Cambridge 1931.