SELLARI, Girolamo detto Girolamo (Girolamino) da Carpi
– Figlio del pittore Tommaso da Carpi e di madre ignota, nacque a Ferrara nel 1501 e risiedette nella contrada di S. Romano, come si ricava dalle Vite giuntine di Giorgio Vasari, che lo dichiara morto nel 1556, all’età di cinquantacinque anni (1550 e 1568, 1984, p. 419). Vasari, che a Girolamo dedica una biografia congiunta a quella del più anziano Garofalo, ricorda anche la sua attività di architetto «per servigio di molti privati» a Ferrara e accenna ad alcune opere romane (ibid., pp. 418 s.). Il testo dell’aretino deve essere considerato una fonte primaria, nonostante presenti inesattezze biografiche e cronologiche e sia stato periodicamente rivisitato e integrato dopo le ricerche di archivio di fine Ottocento.
Circa la formazione artistica di Girolamo, la documentazione estense garantisce che egli, prima di trasferirsi a Bologna a cercare fortuna, poté conoscere e studiare le opere di Tiziano e di Raffaello, oltre che di Dosso Dossi e di Fra Bartolomeo, presenti a corte. Vasari riferisce di un fruttuoso discepolato di Girolamo presso Garofalo, oggi però attestato solo da una serie di pagamenti intercorsi tra il gennaio e il marzo del 1520 per un perduto Cristo morto sulle ginocchia della madre (Baruffaldi, 1697-1730 circa, I, 1844, p. 338 nota 1); tale rapporto si sarebbe interrotto per la decisione di porre fine ai lavori «meccanici» nei quali il padre continuava a coinvolgerlo, allontanandosi da Ferrara per intraprendere viaggi di studio e per fermarsi poi a Bologna.
Secondo la più recente storiografia, un primo soggiorno romano è attestato dall’iscrizione «da Carpi f. 1525» apposta sullo Studio dalla Disputa del Sacramento (Londra, Victoria and Albert Museum; Petrioli Tofani, 2000) e da altri fogli conservati a Parigi (Musée du Louvre) e a Vienna (Graphische Sammlung Albertina; Pattanaro, 2010). Un secondo soggiorno è comprovato dall’iscrizione «lo trasse de 1531 / in roma in monte[...]o» apposta sullo Studio dall’antico n. 1708E degli Uffizi. È invece da smentire un soggiorno fiorentino di Girolamo alla metà del quarto decennio, ipotizzato confondendo il nostro con l’omonimo segretario del duca Alessandro de’ Medici (Rebecchini, 2010, pp. 133, 144).
A Bologna Girolamo si trovava certamente il 30 agosto 1525, quando firmò il contratto con i monaci olivetani di S. Michele in Bosco, insieme ai pittori Biagio Pupini e Girolamo Borzese (o Borghese), impegnandosi a dipingere la sacrestia della chiesa entro il maggio del 1526 (Zucchini, 1943, pp. 18-70; Mezzetti, 1977, p. 53). Insieme a Pupini, con cui si unì in società, affrescò nella parete di testa la Trasfigurazione, servendosi del disegno di quella di Raffaello, e figure di Santi alle pareti e gli ‘spartimenti’ nella volta, per i quali è stato ipotizzato un intervento di Sebastiano Serlio, forse presente nel cantiere (Bristot - Ceriana, 2003, p. 129).
Girolamo si sostituì a Girolamo da Treviso nell’esecuzione dell’Apparizione della Vergine ai ss. Pietro, Paolo, Petronio e Filippo Benizzi (passata a Dresda e infine distrutta) per la chiesa dell’Ospedale di S. Biagio, un’opera commissionata nel novembre del 1523, ma a evidenza poi non realizzata dal pittore veneto nei termini prescritti dal contratto e girata a Sellari (Longhi, 1940, 1956, pp. 164 s.). Ai primi anni bolognesi deve risalire pure l’Adorazione dei Magi, nota dalla copia della Pinacoteca Estense di Modena, che omaggia di una citazione la Visione di Ezechiele di Raffaello e fu forse commissionata da Ippolito II d’Este per l’arcipretale di Bondeno (Pattanaro, 2002, pp. 190-192, n. 47; Massari, 2013).
Nella città emiliana Girolamo acquistò la fama di buon ritrattista: Vasari (1568, 1984, V, p. 416) gli attribuì con certezza l’Onofrio Bartolini Salimbeni di palazzo Pitti (Pattanaro, 2000).
Il soggiorno del Parmigianino in città tra il 1527 e il 1530 segnò il progressivo adeguamento di Sellari allo stile del collega. Girolamo dipinse all’inizio di questo periodo l’Incontro di Cristo con Marta e Maria degli Uffizi e, tra il 1529 e il 1532, l’Adorazione dei Magi per la cappella Buoncompagni in S. Martino, nonché il Matrimonio mistico di s. Caterina, con i ss. Sebastiano e Rocco della chiesa di S. Salvatore, opere esemplate ormai sulle pale bolognesi del parmense (Pattanaro, 2010). Così risente della ritrattistica di Mazzola il Ritratto di prelato con orologio di collezione privata, datato 1529 (Pattanaro, 2000), mentre la presenza in città delle corti imperiale e papale, con tutti i loro apparati, nell’occasione dell’incoronazione di Carlo V e della sua riconferma tra il 1530 e il 1533, ebbe un impatto di lunga durata bene ravvisabile in un gruppo di opere che abbinano stimoli tizianeschi e parmigianineschi, ormai assegnate a Sellari su basi stilistiche, come il Ritratto di Girolamo de Vincenti (1535) e il Ritratto di gentiluomo (1536), entrambi a Napoli, nel Museo di Capodimonte. Sembrano contrarre un debito con la ritrattistica di Giulio Romano e di Sebastiano del Piombo, rispettivamente, i ritratti di Dama in verde di Francoforte (Städelsches Kunstinstitut) – forse Renata di Francia, moglie di Ercole II d’Este dal 1528 – e di Marco Bracci e del cardinale Ippolito de’ Medici della National Gallery di Londra (Pattanaro, 2000 e 2008).
Ancora residente a Bologna, Girolamo condusse a buon fine alcuni impegni ferraresi lodati anche da Vasari: nella chiesa di S. Francesco, per l’altare Muzzarelli, la pala con l’Apparizione della Vergine in gloria a Giulia Muzzarelli (Washington, National Gallery of Art; Longhi, 1940, 1956, p. 166 nota; Bologna, 1972, p. 151 nota), e la decorazione ad affresco con i Quattro Evangelisti, il fregio monocromo e alcuni Santi nel transetto e nella navata, realizzato insieme al padre nel 1530 (Cittadella, 1867, p. 93); perduti i primi nei terremoti del 1561 e del 1570, permangono, parzialmente ridipinti, il fregio e i Santi (Mezzetti, 1977, pp. 53, 78 s.). Nella chiesa di S. Paolo, inoltre, eseguì la pala con S. Girolamo per gli eredi di Girolamo Fabiani (Pattanaro, 1999).
Dopo l’ascesa a guida della città di Ercole II nel 1534, Girolamo rientrò a Ferrara, dove il palazzo ducale, colpito nel 1532 da un incendio, necessitava di manutenzione e di rifacimenti. Il 22 luglio 1536 Ercole convocò Girolamo a Voghiera: nella cappella di quella ‘Delizia’ stavano dipingendo Dosso e Battista (Mezzetti, 1977, p. 65) e prese così avvio per Girolamo la collaborazione con i Luteri (p. 55). L’operato degli artisti è oggi ravvisabile nella sala delle Cariatidi, ambiente superstite che simula un profondo loggiato con erme di cariatide aperto su paesaggi lontani all’antica (Pattanaro, 2011).
Nel 1538 Girolamo sposò Caterina Amadori, dalla quale nacquero i figli Giulio e Annibale, entrambi pittori, e Maddalena (post 1545; Cittadella, 1864, pp. 592 s.). Vasari menziona i primi due, ma ricorda anche un terzo figlio e una seconda figlia di cui non indica il nome, forse naturali.
Nel 1540 il biografo effettuò un soggiorno a Ferrara, dove vide di Girolamo «una Venere ignuda a giacere, e grande quanto il vivo, con Amore appresso; la quale fu mandata a Francesco I di Francia a Parigi», che egli riteneva «bellissima» (Vasari, 1550 e 1568, 1984, p. 418).
Tra il febbraio e l’aprile del 1540 i Dossi furono retribuiti dalla Camera ducale per avere dipinto S. Giorgio e l’Arcangelo Michele oggi a Dresda (Staatlichen Kunstsammlungen, Gemäldegalerie Alte Meister) per un non specificato ambiente del palazzo ducale. Delle due tele, il S. Giorgio è stato giustamente attribuito a Girolamo (V. Romani, in Ballarin, 1994-1995, I, p. 369).
Nel 1541, bene integrato nella vita culturale cittadina, Girolamo eseguì i disegni preparatori per il corredo illustrativo della Musculorum humani corporis picturata dissectio (1541, c.2v), testo del medico ferrarese Giovanni Battista Canani, e lo stesso anno allestì le scene della prima rappresentazione della tragedia musicale Orbecche (stampata per la prima volta nel 1543, c.3v) di Giovan Battista Giraldi Cinzio. Tra le opere superstiti eseguite in quell’anno per il duca è l’Occasione con il Pentimento di Dresda (Staatlichen Kunstsammlungen, Gemäldegalerie Alte Meister), con la quale Girolamo inaugurò una fase di rivisitazione padana dell’antico toccata da un compiacimento formale di sapore più decisamente manieristico.
Risalgono a quell’anno una Disputa di Cristo (Venturi, 1882, p. 25), la cassa dell’organo di corte (Mezzetti, 1977, p. 57), il ritratto di Trecenta in Polesine, allora annessa al vescovado di Ferrara (Marchesi, 2011, p. 634). Nella primavera del 1541 presero avvio le campagne decorative al Casino della Montagna di Sotto, dove, tra agosto e ottobre, Sellari, con Battista Dossi, Camillo Filippi e Garofalo, dipinse figure nella facciata dell’edificio e, l’anno successivo, le figure nel soffitto di un salotto e di una camera adiacente (Marchesi, 2011-2015, II, pp. 464, 467 s., 472, 476).
Se molte opere pittoriche di questa fase sono perdute, sopravvive il portale di palazzo Contughi (1543), apparato marmoreo che sancisce l’introduzione dell’opera rustica a Ferrara, la cui attribuzione all’artista è comprovata dall’accordo stipulato con l’erudito ferrarese Mario Girolamo Contughi (Mattei, 2013, pp. 150 s.). Le forme innovative del portale dimostrano una certa confidenza con l’arte del costruire, nonostante che la formazione come architetto di Sellari resti ancora in parte nebulosa. È probabile che egli abbia familiarizzato con la disciplina attraverso i lavori giovanili dedicati alla decorazione pittorica delle sopra menzionate facciate di palazzo ferraresi, ricordate anche da Vasari (Vasari, 1550 e 1568, 1984, pp. 413, 417). Incerto è il catalogo architettonico dell’artista, ancora in fase di revisione: tra i progetti a lui attribuiti senza riscontri documentari si annoverano la villa del Verginese, palazzo Bonaccorsi, la casa di Ludovico Ariosto e il portale di palazzo Trotti (Cavicchi, 1992a e 1992b).
Tra il 1543 e il 1544, nel pieno del revival raffaellesco, Sellari fu pagato per una «Galatea» a lungo identificata con la Venere sull’Eridano conservata a Dresda e opera di collaborazione con Dossi (Mezzetti, 1977, p. 58; Pattanaro, 2007). Nel 1544 fu eseguito il Ganimede rapito dall’aquila oggi a Dresda, di chiara simbologia araldica, insieme al perduto ritratto di una pantera (Marchesi, 2011-2015, II, p. 357).
Molti sono i lavori non più valutabili riferiti a quest’anno, come il «renfrescare» l’arazzo con la Gigantomachia, realizzata su disegno di Giulio Romano (Forti Grazzini, 1982, p. 48), le pitture di cocchi e portelle (Mezzetti, 1977, p. 59; Marchesi, 2011-2015, II, pp. 250-252), le tele consegnate per il palazzo di S. Francesco (p. 647), e l’allestimento scenico dell’Egle (1545) di Giraldi Cinzio, come dichiara lo stesso autore (c. 5v) presso la cui casa venne rappresentata la prima volta, alla presenza di Ercole II e del cardinale Ippolito.
Dal 1544 Sellari è attestato, insieme ad altri pittori, nella decorazione della facciata del palazzo di Copparo (Mezzetti, 1977, p. 59; Marchesi, 2011-2015, I, p. 298, 2015, pp. 250-254). Maggiori descrizioni giungono sui ritratti dei principi estensi del «saloto in crose», dove il pittore venne pagato – anche con Garofalo – per «fare dui putini in la prospettiva» (Mezzetti, 1977, p. 59), e per le «figure deli signori da Este» (Marchesi, 2011-2015, II, pp. 260-268). Per volere di Ercole II, Girolamo dipinse «otto termini a chiaroscuro colonnati, con paesi, pergolati, grotteschi, e tutte le città e castelli dominati dagli Estensi» in compagnia del Garofalo nella palazzina della Montagnola di S. Giorgio (Baruffaldi, 1697-1730 circa, 1844-1846, I, pp. 387-389; Pattanaro, 2000; Marchesi, 2011-2015, II, pp. 282-288).
Nella primavera del 1547 progettò un apparato funebre in onore di Francesco I di Francia, coronato da due statue lignee raffiguranti il Tempo e la Fama avvolte in bianchi lenzuoli (Venturi, 1882, p. 33).
Il 3 gennaio 1548 suscitarono l’entusiasmo di Caterina de’ Medici e di Enrico II i ritratti dei figli di Ercole e Renata, dipinti o disegnati da Girolamo, pervenuti alla corte francese e consegnati da Francesco Primaticcio (Venturi, 1889).
Nell’estate del 1548 Sellari e Filippi, definiti «depintori compagni», furono pagati per l’esecuzione del soffitto e del fregio della camera da letto di Ercole II in Castello: al centro si trovava l’Occasione, agli angoli le Stagioni e tra queste Giunone, Venere, Pallade e Diana entro grottesche e con l’impresa ducale (Mezzetti, 1977, p. 61; Pattanaro, 2012b, pp. 72-74).
Di un certo interesse per una migliore comprensione dei meccanismi di scambio con la bottega dei Filippi è la partecipazione di Sellari all’allestimento di una scenografia per una terza opera teatrale di Giraldi, alla quale parteciparono sia Filippi sia il figlio Sebastiano, detto il Bastianino (Marchesi, 2011-2015, II, p. 742). Nel gennaio del 1549 Sellari si recò a Mantova con il compito di apparare il palazzo dove il duca di Ferrara avrebbe alloggiato durante l’ingresso in città dell’infante di Spagna, Filippo d’Asburgo, e decorò con motivi vegetali e grotteschi un cocchio poi donato dal duca a Francesco di Guisa e spedito in Francia (Mezzetti, 1977, p. 62); nell’estate presentò i disegni per la grotta del casino della Montagna di Sotto insieme a un garzone di nome Marco (Marchesi, 2011-2015, II, p. 492). Compì anche viaggi a Bologna e a Roma per conto del cardinale Ippolito, e dall’agosto del 1549 fino al dicembre del 1553 venne salariato con regolarità dall’amministrazione del prelato (Mezzetti, 1977, p. 62).
Prima della partenza per l’Urbe eseguì un perduto ritratto di Lucrezia d’Este quattordicenne (Marchesi, 2011-2015, II, p. 714) e la Discesa dello Spirito Santo per la cappella Sandrini in S. Francesco a Rovigo (Sgarbi, 1988, pp. 78-81), lodata da Vasari, e sintesi dell’arte di Raffaello, di Parmigianino e di Tiziano in chiave salviatesca (Pattanaro, 1999, pp. 89-91).
Nel 1550 Sellari, ormai a Roma, entrò in amicizia con Vasari (Vasari, 1550 e 1568, 1984, p. 415) e fu introdotto da Francesco Salviati all’Accademia dei Virtuosi al Pantheon in qualità di architetto (Tiberia, 2000, p. 104). Di lì a poco fu nominato «architetto sopra le cose di Belvedere» da papa Giulio III, da cui ricevette 150 scudi d’oro il 17 dicembre 1550 (Liserre, 2013, p. 210), e sistemò l’esedra terminale, sulla base di un disegno di Michelangelo (Ackerman, 1954, pp. 70-91; Redig De Campos, 1967, pp. 135 s., 150). Nello stesso complesso, progettò nel 1551 la fontana nella sala di Cleopatra (Liserre, 2013, p. 212 nota 31), statua raffigurata in un foglio del cosiddetto Taccuino romano (Canedy, 1976, T5, 3r) che è da intendere come testimonianza degli studi preparatori condotti per l’apparato (Dauner, 2005, pp. 36 s.).
Il clima ostile della corte pontificia e l’atteggiamento incerto del papa lo convinsero a tornare alle dipendenze del cardinale d’Este (Vasari, 1550 e 1568, 1984, p. 418). Alcuni pagamenti presentano Sellari quale apparatore dei giardini di Ippolito II a Tivoli (Frommel, 2009, pp. 304-307; Zampa, 2013, p. 163; Liserre, 2013, p. 207). Sellari predispose architetture lignee destinate a ospitare e valorizzare le statue del cardinale, che furono qui trasportate dalla residenza di Monte Giordano nel corso del 1554 (Liserre, 2013, p. 210).
La fama d’intendente di antichità è attestata dal Taccuino romano – oggi diviso tra la Biblioteca Reale di Torino (90 fogli), la Rosenbach Foundation di Philadelphia (8 fogli) e il British Museum di Londra (5 fogli) – che raccoglie un numero elevatissimo di copie da statue e da rilievi antichi. Lo studio di questi disegni, ora separati, ha consentito in qualche caso di individuare veri e propri itinerari di studio nelle più importanti collezioni del tempo: Soderini, Lisca, Del Bufalo, Cesarini, Della Valle, Pio da Carpi e Farnese (Riccomini, 1992 e 2016).
Dopo il rientro a Ferrara nel dicembre del 1553, Sellari dipinse per Ippolito, tra le altre cose, una tela grande di soggetto imprecisato destinata al palazzo di Belfiore, divenuta residenza del cardinale in città, e un nuovo ritratto di Lucrezia diciannovenne da inviare a Emanuele Filiberto di Savoia, in vista di un possibile matrimonio (Marchesi, 2011-2015, II, pp. 19, 714).
Nel febbraio del 1554, a seguito di un incendio che danneggiò il castello di Ferrara (Baruffaldi, 1697-1730 circa, 1844-1846, I, pp. 397 s.), Sellari fu incaricato da Ercole II del progetto di restauro dell’edificio. I memoriali della munizione del castello estense, conservati presso l’Archivio di Stato di Modena, attestano che eseguì i disegni per lo scalone a chiocciola e per la loggia degli Aranci e che predispose l’innalzamento delle torri (1554-56; Cavicchi, 1992a, pp. 41-45; Guerzoni, 2008).
Dal gennaio del 1556 le registrazioni relative al salario di Sellari da parte dell’amministrazione di Ippolito II furono riprese con regolarità, ma a fianco del pagamento datato 1° agosto fu apposta la scritta «morse», a conferma della data di morte asserita da Vasari (Mezzetti, 1977, p. 63), il quale ricorda Sellari sepolto nella chiesa degli Angeli «accanto alla sua donna» (Vasari, 1550 e 1568, 1984, p. 419).
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