Sem fos Amor de joi donar
Incipit di una canzone di Arnaldo Daniello citata da D. (VE II XIII 2) come esempio di stantia sine rithimo, in qua nulla rithimorum habitudo actenditur, senza dunque consonanza di rime all'interno di essa: forma che egli dichiara analoga a quella della sua canzone-sestina Al poco giorno e al gran cerchio d'ombra (v.), già precedentemente citata nel De vulg. Eloq. (II X 2) - e ancora con riferimento agli schemi metrici adottati dal trovatore provenzale - per dare un esempio di stanza senza ripetizione di modulazione (sine iteratione modulationis cuiusquam et sine diesi).
Nota giustamente il Marigo che D. avrebbe potuto più convenientemente citare accanto alla sua la canzone-sestina di Arnaldo Lo ferm voler q'el cor m'intra, la quale, proprio come Al poco giorno, è costituita di sei stanze di sei endecasillabi con sei parole-rima disposte, nel progresso delle stanze, in retrogradatio cruciata, ed è conclusa da un congedo di tre versi nei quali compaiono le sei parole-rima, due per ogni verso.
Sem fos Amor è invece di tessitura più complessa: è anch'essa formata di " coblas dissolutas ", ma non vi sono né l'artificio della retrogradatio cruciata, né la ripetizione delle otto parole-rima, spesso sostituite da rime o da assonanze.
L'accostamento di Sem fos Amor a Al poco giorno, non esattamente pertinente sul piano metrico, può forse giustificarsi con " la consapevolezza di aver saputo emulare e fors'anche superare il trovatore famoso nelle squisitezze formali e nella fine sensualità esprimendo il tormento sensuale d'amore " (Marigo).