semenza (sementa; semente)
Riproduce nell'uso dantesco gli stessi valori di ‛ seme ' (v.). Ricorre talora in senso proprio: Sempre natura, se fortuna trova / discorde a sé, com'ogne altra semente / fuor di sua regïon, fa mala prova (Pd VIII 140); talora, per sineddoche, vale " specie vegetale ": la campagna santa / dove tu se' d'ogne semenza è piena (Pg XXVIII 119).
Altre volte con riferimento al valore proprio può inserirsi in sentenze o espressioni di carattere metaforico: Non può essere che de li maggiori di costui sia tanto quanto si dice, poi che de la loro semenza sì fatta pianta si vede (Cv IV XXIX 6: a proposito del ma[l]estr[u]o figlio o nepote che getta discredito anche sui progenitori); Di mia semente cotal paglia mieto (Pg XIV 85: la colpa che ha seminato in terra gli frutta ora la pena nel Purgatorio); Quando l'una paglia è trita, / quando la sua semenza è già riposta, / a batter l'altra dolce amor m'invita (Pd XIII 35): " postquam... una quaestio, scilicet prima est bene discussa et determinata... postquam fructus eius est inde elicitus ", l'amore lo invita " ad discutiendum secundum dictum, excutiendo inde dulcem fructum qui latet sub litera " (Benvenuto); con limpidezza il Porena: " I due punti del suo discorso di cui Dante desiderava spiegazione... sono come spighe non trebbiate, che bisognava mondare per trarne il grano buono, cioè il senso chiaro. La spiga U'ben s'impingua è stata già battuta e il grano buono è stato già riposto da Dante: ora bisogna battere l'altra, cioè non surse il secondo ".
Come " seme umano " Si registra in Fiore XL 8 'n dilettando sua semenza grana, cioè nel piacere il suo seme fruttifica; e ancora in CCXXX 10 e 12, dove culmina il racconto del lungo assedio dell'amante all'amata: la semenza ch'i'avea portate, / quand'ebbi arato, sì la seminai. / La semenza del fior v'era cascata; / amendue insieme sì le mescolai, / che molta di buon'erba n'è po' nata; i due ultimi versi alludono alla fusione degli elementi seminali maschili e femminili e al concepimento di nuove esistenze.
Passando ai significati strettamente metaforici, s., come ‛ seme ', può indicare gli " antenati ", i " progenitori ": questo senso possiede, per la maggior parte dei commentatori, nell'espressione seme / di lor semenza (If III 105), " padri dei loro padri "; ma per il Boccaccio e per il Buti s. è qui il seme già seminato, sicché, intendendo il verso unitariamente, ne verrebbe che gl'ignavi bestemmiavano il luogo (cioè il grembo materno), il tempo e il seme del loro " concepimento " (Padoan), dato che il seme seminato si pone all'origine del processo di fecondazione.
Nei riguardi dell'esortazione di Ulisse (Considerate la vostra semenza, If XXVI 118), meno Guido da Pisa che glossa " considerate vestras animas quae ut facerent fructum fuerunt in vestris corporibus seminatae ", gl'interpreti vedono opportunamente nel termine un implicito rimando alla specie umana e alla sua dignità: " nobilitatem excelsae naturae humanae " (Benvenuto); " non solo gli antenati, ma la natura umana " (Torraca); " la specie a cui appartenete " (Porena); " la dignità della propria natura " (Casini-Barbi); il Sapegno e il Fallani propongono " origine ".
Altrove sta per " causa ", " principio ": il concilio / che fu per li Giudei mala sementa (If XXIII 123) è il concilio dei Farisei, causa delle successive sventure degli Ebrei.
Numerose le occorrenze in cui il vocabolo, sempre in sede traslata e per la sua ancipite valenza semantica (v. SEME), passa a significare " discendenza " o " figlio ": se riposi mai vostra semenza (If X 94); la sementa santa (dei Romani rimasta in Firenze, XV 76; modulo biblico: Is. 6, 13; I Esd. 9, 2); mi narrò li 'nganni / che ricever dovea la sua semenza (Pd IX 3); la coronata fiamma / ... si levò appresso sua semenza (XXIII 120: la Madonna ascende verso l'Empireo seguendo Gesù, suo " figlio ").
L'uso di s. nell'ambito della dottrina dell'infusione della divina bontà (o amore) nell'uomo, in quella della nobiltà e della generazione dell'anima, è analogo a quello esaminato per la nozione di seme (v.). Così in Cv IV XXI 13 è ricordato come la bontà divina discende in noi attraverso l'infusione della sementa dei sette doni dello Spirito Santo, da cui nasce l'appetito de l'animo per il bene e la perfezione morale. Il santo ‛ pneuma ' vivificante è la buona e ammirabile sementa che feconda le buone biade, cioè quei beati che tale sementa coltivano come si conviene (XXI 12); né l'uomo che da sua naturale radice... non ha questa sementa può essere giustificato, in quanto ogni creatura mal nata può correggersi assumendola per via d'insetazione (XXII 12). L'amore naturale, infuso sin dalla nascita come s. da Dio, o quello d'animo acquisito con l'esercizio delle virtù, ci pone in grado comunque di esercitare la corretta scelta morale e di meritare le pene ove non sia esercitata: di qui la conclusione dantesca: Quinci comprender puoi ch'esser convene / amor sementa in voi d'ogne virtute / e d'ogne operazion che merta pene (Pg XVII 104). L'amore infatti è natural semenza, ed esso si risveglia ovunque la sua potenza è seminata per buona natura (Cv III VII 13), cioè è pronto a fruttificare in ogni creatura naturalmente ben predisposta. Nell'anima fecondata da tale semente de la virtù divina nasce inoltre la nobiltà (IV XXI 2), indicata da D. come semente di felicitade (XX 9). Nell'induzione della perfezione naturale, che è fine ultimo di ogni essere creato, sono strumenti i cieli, i quali differenziano la virtù divina in una molteplicità di " semi " che riposti in ogni sostanza creata la conducono alla sua attuazione naturale (L'altri giron per varie differenze / le distinzion che dentro da sé hanno / dispongono a lor fini e a lor semenze, Pd II 120). In Pg XXV 57 semente è l'anima vegetativa (in quanto prima virtù attiva esplicata dal seme), capace a sua volta di dare sviluppo all'anima sensitiva e alle potenze relative. Qui s. è più propriamente la virtù germinale dello sperma paterno che si esprime in forme via via più articolate e perfette.