Semiconduttori organici
Materiali organici policoniugati
È noto che i materiali polimerici (le cosiddette materie plastiche) furono scoperti negli anni Cinquanta del 20° sec. grazie al lavoro di Giulio Natta e Karl Ziegler e dei gruppi di ricerca da loro diretti, rispettivamente, presso il Politecnico di Milano e il Max Planck Institute in Germania. In seguito a tale scoperta, la cui rilevanza fu confermata nel 1963 dal conferimento ai due artefici del premio Nobel per la chimica, moltissimi laboratori accademici e industriali hanno sviluppato le ricerche nel settore fino a costituire una realtà industriale di massima importanza. Oggi le materie plastiche sono usate in tutte le applicazioni, dalla piccola e semplice oggettistica alla vita domestica, nei mezzi di trasporto, nell’industria manifatturiera, in quella farmaceutica, nei tessuti, nell’edilizia, nell’elettronica, fino alla tecnologia in aeronautica e per le esplorazioni spaziali. I materiali plastici hanno rimpiazzato in moltissime applicazioni quelli metallici perché comparativamente presentano migliori caratteristiche: costo nettamente inferiore; consumo energetico per la produzione e la lavorazione notevolmente ridotto; proprietà meccaniche concorrenziali e densità molto inferiore. Natta intuì che, utilizzando come prodotto iniziale un gas poco costoso e facile da ottenere, l’acetilene, era possibile produrre, avvalendosi dei catalizzatori da lui sviluppati, un polimero, il poliacetilene, e che la struttura molecolare di questo nuovo materiale era tale da poter permettere il trasporto di corrente elettrica. L’intenzione di Natta era quella di produrre, con metodi di chimica organica, il primo polimero conduttore di elettricità, aprendo in tal modo nuovi orizzonti scientifico-tecnici. Sfortunatamente i tempi non erano ancora maturi per una collaborazione interdisciplinare fra chimici e fisici al fine di realizzare il primo materiale organico elettroconduttore. Malgrado la pubblicazione dei metodi di sintesi del poliacetilene (G. Natta, G. Mazzanti, P. Corradini, Polimerizzazione stereospecifica dell’acetilene, «Rendiconti dell’Accademia nazionale dei Lincei, classe di scienze fisiche, matematiche e naturali», 1958, ser. 8, 25, 1-2, pp. 3-12), la proposta non venne ripresa dalla comunità scientifica dell’epoca e fu accantonata e dimenticata.
Soltanto quindici anni dopo, il gruppo di ricercatori giapponesi diretti da Hideki Shirakawa ha ripreso a studiare il poliacetilene ottenuto con i metodi di Natta e ha dimostrato che, drogando il poliacetilene con iodio, si poteva fare acquisire al materiale un’elevatissima capacità di condurre corrente elettrica, simile a quella dei metalli (H. Shirakawa, E.J. Louis, A.G. McDiarmid et al., Synthesis of electrically conducting organic polymers. Halogen derivatives of polyacetylene, (CH)x, «Journal of the chemical society, chemical communications», 1977, pp. 578-80). Nasceva così la nuova scienza chimica e fisica dei metalli organici di sintesi. L’interesse per questa scoperta da parte di chimici, fisici e tecnologi dell’industria si è rapidamente diffuso perché è stato percepito come innovativo il suo potenziale di sviluppo per le moderne tecnologie. Ricercando nuove e speciali prestazioni è stata prodotta una miriade di nuovi materiali polimerici detti policoniugati e si è sviluppata una nuova fisica per la comprensione del fenomeno che ha permesso in seguito anche la cognizione (e l’utilizzazione) di diverse proprietà elettroottiche degli stessi materiali. A partire da quella data ha avuto inizio una vera scienza dei materiali che si è avvalsa della stretta collaborazione interdisciplinare fra chimici, fisici e tecnologi, culminata nel 2000 con l’assegnazione del premio Nobel per la chimica a Shirakawa, Alan G. McDiarmid e Alan J. Heeger.
La scienza dei materiali organici ha quasi raggiunto la condizione di piena maturità e offre alla tecnologia vaste conoscenze di base a livello molecolare, teorico e sperimentale che permettono di affrontare razionalmente la progettazione di nuovi dispositivi e la loro produzione industriale (Handbook of conducting polymers. Conjugated polymers, ed. T.A. Skotheim, J.R. Reynolds, 20073). Dal punto di vista della cultura scientifica, è importante rilevare che la scienza dei materiali organici conduttori richiede ampie e approfondite competenze interdisciplinari sia al singolo ricercatore sia alla comunità degli scienziati e tecnologi di settore. Al chimico sono richieste competenze di fisica della materia, mentre il fisico deve sviluppare una sensibilità e una mentalità molecolare generalmente non ancora insegnate a livello universitario. Le conoscenze delle proprietà molecolari non possono fare a meno del supporto di inevitabili calcoli di chimica quantistica oggi resi possibili, con risultati straordinari, da elaborazioni numeriche con supercalcolatori elettronici.
Il colloquio costruttivo in fase iniziale fra chimici, fisici e matematici, che ha coinvolto in ultimo anche i tecnologi, ha richiesto l’accettazione di un linguaggio tecnico-scientifico comune. Per molti anni queste comunità scientifiche sono state divise da una barriera di incomprensione perché descrivevano gli stessi oggetti e gli stessi fenomeni con linguaggi totalmente diversi dettati dalle reciproche culture di origine. Si può citare, per es., il caso, curioso ma interessante, della molecola del poliacetilene, descritta dal chimico come molecola policoniugata (Ch.A. Coulson, The electronic structure of some polyenes and aromatic molecules, «Proceedings of the Royal society A», 1938, 164, pp. 383-96; L. Salem, The molecular orbital theory of conjugated systems, 1966), mentre per il fisico è un sistema dimerizzato dalla distorsione di Peierls (W.P. Su, J.R. Schrieffer, A. Heeger, Soliton excitations in polyacetylene, «Physical review B», 1980, 22, pp. 2099-2111). Nella discussione che segue si adotterà un linguaggio misto, oggi comunemente accettato, indicando qualche differenza nel gergo del chimico o del fisico, quando sarà necessario, per ragioni di chiarezza.
Elementi per una comprensione di dettaglio
I concetti chimico-fisici fondamentali emersi dopo la sintesi del poliacetilene sono alla base degli argomenti qui presentati. Nella letteratura di chimica organica e chimica teorica sono da tempo note classi di molecole definite polieni, costituite da sequenze relativamente corte di doppi legami C=C separati da un legame C−C. In natura si ricorre molto spesso alla sintesi di molecole polieniche, sia come intermedi sia come prodotti finali per svolgere particolari funzioni che i chimici sono spesso capaci di ricreare in laboratorio. Richiamando il caso della classe dei carotenoidi, basterà citare, per es., il beta carotene, essenziale in molti processi biologici (è il comune pigmento di carota, pomodoro, banana, arancia, granchio, piume colorate di uccelli ecc.) e il retinale, legato al complesso sistema biologico della retina nell’occhio umano e animale in modo da costituire il sensore che trasduce il segnale luminoso in un segnale elettrico il quale, attraverso il nervo ottico, si propaga fino ai centri cerebrali responsabili del meccanismo della visione. Questo processo è generato dalla variazione (fotoindotta e reversibile) della sua struttura molecolare provocata dalla luce che raggiunge la retina. Il motivo strutturale ricorrente nelle molecole del tipo di quelle citate è la sequenza più o meno lunga del tipo −C=C−C=C−C=C−. La distribuzione degli elettroni lungo tale catena è all’origine delle proprietà chimiche e fisiche (importanti per la scienza e la tecnologia) di questa vastissima classe di materiali.
Da più di mezzo secolo si sa dalla chimica quantistica che dei sei elettroni presenti in un atomo di carbonio quattro possono formare orbitali spazialmente distribuiti attorno al nucleo nei cosiddetti ibridi sp3, sp2 e sp (fig. 1). Ciascuno degli orbitali contiene un elettrone il quale può formare un legame covalente mettendolo in comune con un atomo che gli si avvicina fornendo in compartecipazione un suo elettrone. Si formano in tal modo gli orbitali molecolari che determinano la struttura e le proprietà chimico-fisiche della molecola generatasi.
Con metodi di calcolo chimici, fisici e oggi anche numerici è possibile prevedere o determinare sperimentalmente, partendo da dati a livello molecolare, parametri utili per la comprensione delle proprietà macroscopiche e la loro modifica mirata a fini applicativi; se ne possono citare alcuni come, per es., la distribuzione degli elettroni nella molecola e la posizione spaziale degli atomi (struttura molecolare). A loro volta questi parametri sono correlati alle principali proprietà fisico-strutturali quali cariche atomiche, densità elettroniche, distanze e angoli di legame, flessibilità della struttura molecolare, polarità e polarizzabilità della molecola, mobilità delle cariche elettriche, vibrazioni molecolari, energie necessarie per compiere un lavoro sul sistema al fine di modificarne la struttura forzando la distribuzione degli elettroni. Alcune di tali proprietà costituiscono gli strumenti utilizzati dalla scienza dei materiali policoniugati mirata allo sviluppo di tecnologie innovative. Di particolare interesse è il parametro BO, detto ordine di legame (bond order), che valuta il grado di legame doppio o di legame semplice (BOC=C=2; BOC−C=1).
La polimerizzazione dell’acetilene HC≡CH, mediante l’uso di opportuni catalizzatori, porta alla formazione di un polimero −(CH=CH)n−. Le molecole di acetilene possono costituire una catena di atomi di carbonio, nello stato di ibridazione sp2, uniti alternativamente da legami doppi C=C e da legami semplici C−C. La geometria di minima energia (cioè di massima stabilità) viene raggiunta quando gli atomi si dispongono in un piano formando una catena a zig-zag di atomi di carbonio uniti da legami C−C covalenti (legami σ); questa geometria (fig. 2) permette la massima sovrapposizione di coppie di orbitali pz formando un secondo legame covalente e generando così il doppio legame C=C (legami π). In questa discussione si suppone che la catena del polimero sia infinita e con struttura perfetta (con tutti i legami chimici formanti angoli di legame di ∼120°).
Esperimenti e calcoli dimostrano che l’orbitale molecolare in sistemi costituiti da orbitali atomici pz adiacenti è delocalizzato, ovverosia distribuito lungo tutta la catena generando BOC=C<2 e dC=C≳0,14 nm; BOC−C≳1 e dC−C<0,15 nm. Il grado di delocalizzazione del sistema dipende dal numero di legami π coniugati che, a loro volta, modulano i valori delle lunghezze di legame (d) e degli ordini di legame (BO). Un parametro di fondamentale importanza nello studio dei materiali policoniugati è la bond length alternation, (misura dell’alternanza della lunghezza di legame) u=dC=C−dC−C. Il calcolo dell’energia elettronica E(u) della molecola in funzione del grado di delocalizzazione fornisce una curva come quella rappresentata nella figura 3. Partendo da valori negativi di u, che corrispondono alla struttura a legami alternati A, si modula il grado di delocalizzazione degli elettroni π e, conseguentemente, la distribuzione degli elettroni nella catena e i parametri strutturali BO e d. Ne deriva una variazione continua di u che per u=0 descrive uno stato della molecola dove la distribuzione degli elettroni è uniforme lungo tutta la catena. Tale situazione rappresenta lo stato metallico, per il quale le bande di conduzione e di valenza sono contigue come descritto dalla fisica della struttura della materia. Passando a valori positivi di u si genera una catena di tipo B, ancora a legami alternati, ma speculare rispetto ad A. Il diagramma energetico mostra che il sistema non può esistere allo stato metallico (u=0) ma può rilassare in due strutture di minimo A o B stabili con identica energia. Sulla base delle teorie quantistiche proposte inizialmente dal fisico Sir Rudolph Ernst Peierls (1907-1995) e dai chimici quantistici Charles A. Coulson (1910-1974) e Lionel Salem (n. 1937) , si è a conoscenza del fatto che il poliacetilene non può essere un metallo perché le interazioni fra gli elettroni deformano la struttura verso situazioni energeticamente più stabili. Quindi il poliacetilene, come sintetizzato da Natta e da altri (nello stato definito pristino), non può essere un elettroconduttore. Solo i trattamenti scoperti in seguito da Shirakawa lo possono trasformare in conduttore inducendo un’opportuna modificazione della struttura elettronica.
La breve discussione che segue riguardo le proprietà ottiche ed elettriche del poliacetilene permette di gettare le basi per una comprensione più generalizzata delle proprietà di molti materiali policoniugati sintetizzati in seguito dai chimici e in parte utilizzati in tecnologia. La distorsione di Peierls determina che il poliacetilene non possa avere una struttura metallica e si debba comportare come un normale isolante (fig. 3). Questo concetto risulta verificato e razionalizzato se si calcolano le energie degli stati quantici elettronici previsti per tali sistemi e si effettuano osservazioni sperimentali a supporto dei risultati teorici. Si consideri una serie di catene polieniche lineari costituite da un certo numero di unità ripetitive −(CH=CH)n−, con n=2 (butadiene), n=3 (esatriene) proseguendo con n sempre più grandi; la terminologia chimica classifica queste catene coniugate a lunghezza crescente, ma relativamente piccola, come oligoeni. In natura esistono molti sistemi oligoenici variamente sostituiti (per es., i carotenoidi e il retinale); i chimici hanno prodotto per sintesi molti altri tipi di oligomeri della stessa classe.
Limitando l’attenzione unicamente sugli stati quantici elettronici associati agli m orbitali atomici pz che costituiscono la molecola, m sono gli orbitali molecolari prevedibili nel sistema; per il principio di Pauli m/2 sono occupati ciascuno da una coppia di elettroni a spin antiparalleli e formano lo stato elettronico fondamentale a energia più bassa (banda di valenza); m/2 sono orbitali vuoti a energia più alta disponibili ad accogliere elettroni se al sistema molecolare viene fornita opportuna energia (banda di conduzione). La differenza in energia tra l’ultimo orbitale occupato dagli elettroni (HOMO, Highest Occupied Molecular Orbital) e il primo livello vuoto (LUMO, Lowest Unoccupied Molecular Orbital) definisce l’intervallo di energia (gap), Egap=EHOMO−ELUMO, che svolge un importante ruolo anche nella fisica dei sistemi molecolari policoniugati. Dalla relazione di Einstein E=hν (dove h è la costante di Planck e ν la frequenza della radiazione elettromagnetica) è possibile individuare la radiazione opportuna (con lunghezza d’onda λ=c/ν, dove c è la velocità della luce), capace di fornire energia (E=hc/λ) al sistema molecolare per promuovere un elettrone dallo stato HOMO al LUMO. Un elementare esperimento di spettroscopia elettronica, in genere nella regione dello spettro elettromagnetico nel visibile e nel vicino ultravioletto (λ∼250÷1000 nm), permette di misurare direttamente Egap. È evidente che, avendo fornito energia al sistema, è stato eseguito un lavoro in modo tale che la distribuzione degli elettroni nella molecola allo stato eccitato HOMO, e la conseguente struttura molecolare, vengono modificate così come le proprietà fisiche del sistema. Il tempo di vita medio dello stato energeticamente eccitato è brevissimo (fs-ms); l’energia può essere riemessa (fluorescenza) e il sistema ritorna nello stato LUMO, o si possono generare altri fenomeni fotofisici o fotochimici di grande interesse per la scienza dei materiali policoniugati e per le conseguenti applicazioni in tecnologia. Sulla base di queste premesse è possibile analizzare gli spettri elettronici sperimentali di una serie di oligomeri dell’acetilene (fig. 4). All’aumentare della lunghezza della catena oligoenica cresce progressivamente il numero di livelli elettronici occupati nella banda di valenza e parallelamente aumenta il numero di livelli vuoti nella banda di conduzione; la distribuzione elettronica π si modifica progressivamente con la conseguente variazione dei parametri associati alla lunghezza di coniugazione quali u e BO. Si potrebbe quindi pensare che, se la natura o la chimica di sintesi potessero fornire catene oligoeniche con n molto grande, Egap si chiuderebbe, le bande di conduzione e di valenza diventerebbero adiacenti, la distribuzione elettronica sarebbe identica su tutti i legami CC e quindi u=0. Dal diagramma della figura 3 si deduce che a causa della distorsione di Peierls la configurazione elettronica per u=0 è energeticamente sfavorita e il sistema rilassa in due minimi (associati alle strutture elettroniche e molecolari A e B). Dalla fisica dello stato solido è noto che quando le bande elettroniche di valenza e di conduzione sono adiacenti, il sistema acquista le proprietà di un metallo diventando elettroconduttore. Tuttavia quando Egap>0 il sistema è isolante. Anche il poliacetilene, idealmente considerato, costituito da una catena perfetta con n molto grande (Egap≃1,4 eV), è quindi un isolante. Affinché possa diventare conduttore è necessario illuminare il sistema con un’opportuna radiazione elettromagnetica per portare un elettrone dalla banda di valenza alla banda di conduzione (fotoconducibilità) o generare portatori di carica mediante opportuno drogaggio. Trascorsi circa quindici anni dalla scoperta del poliacetilene al primo drogaggio con iodio, a partire dal 1975 si è sviluppata una nuova scienza dei materiali polimerici policoniugati che mostrano un’elevatissima conducibilità elettrica (dalla quale deriva il termine metalli sintetici) e di conseguenza numerose altre rilevanti proprietà fisiche.
Dopo la scoperta del poliacetilene, numerose molecole policoniugate sono state sintetizzate presentando buone proprietà come elettroconduttori ma anche migliore stabilità chimica e lavorabilità rispetto all’originaria. Come esempio si può citare il polimero poliaromatico polifenilene, che può essere preso come prototipo di alcune specifiche proprietà elettroniche. Si consideri il singolo anello di benzene descritto dalla teoria chimica quantistica come ibrido di risonanza fra molte strutture elettroniche tra le quali prevalgono energeticamente le due strutture, dette canoniche, di Kekulé (fig. 5A). Ci si trova in una situazione analoga nel caso del poliparafenilene, per il quale le forme canoniche più rilevanti sono ancora quelle di Kekulé (indicate come struttura aromatica a cui va aggiunta una forma detta parachinoide o chinoide, fig. 5B). Per questo polimero, a differenza del caso del poliacetilene, il diagramma dell’energia in funzione del parametro medio di dimerizzazione (fig. 5C) segnala che la forma aromatica è energeticamente preferita perché più stabile di quella chinoide; quindi per generare quest’ultima si deve fornire energia al sistema. La distorsione di Peierls non è prevista e la struttura chinoide diventa dunque prevalente nel primo stato elettronico eccitato. Situazioni strutturali analoghe sono schematizzate per la classe di sistemi polieteroaromatici.
Drogaggio
Trattando in breve gli aspetti molecolari associati alla chimica o fisica della generazione dei portatori di carica in polimeri policoniugati, va evidenziato che i linguaggi dei chimici e dei fisici in questo settore della scienza dei materiali sono stati, e sono tuttora, diversi anche se descrivono lo stesso oggetto. I concetti illustrati sono discussi per semplicità nel caso del poliacetilene, ma possono essere ugualmente estesi alla generalità di qualsiasi molecola come polimero lineare policoniugato. Il concetto chimico di drogaggio si basa sul fatto che gli elettroni dei legami π mostrano un basso potenziale di ionizzazione e sono facilmente polarizzabili e mobili nella catena. Le reazioni di drogaggio schematizzate nel linguaggio chimico sono le seguenti:
P+EA=(P+)+(EA−), P+ED=(P−)+(ED+)
Nel primo caso viene descritta una reazione di trasferimento di carica dalla molecola del polimero (P) a un reattivo accettore (EA) di elettroni. Nel secondo caso il reattivo si comporta da donatore (ED) di elettroni generando nel polimero siti con aumentata carica elettronica. Queste reazioni di ossido-riduzione (redox) sono ben note e comunemente usate in chimica, ma acquistano particolare significato quando sono coinvolti gli elettroni π di oligomeri o polimeri policoniugati. La formazione di difetti nella distribuzione degli elettroni nella catena policoniugata viene schematicamente illustrata nella figura 6, dove il fenomeno si ipotizza agente su un singolo legame, mentre in realtà tali perturbazioni della struttura elettronica da parte di EA o ED si distribuiscono su un segmento della catena.
L’avvicinarsi del reattivo drogante agisce su un legame C=C aprendolo e liberando i due orbitali pz che generano due dangling bonds, ciascuno associato a un elettrone. Se una sola molecola di EA è efficace, avviene il trasferimento a EA di un elettrone e il polimero si carica positivamente. Localmente è stato creato un difetto elettronico detto radicalcatione o polarone(+) dando origine anche a proprietà magnetiche; nel caso in cui la stechiometria e la termodinamica lo permettano, due molecole di EA reagiscono prelevando la carica elettronica dai due orbitali pz così da generare un dicatione o bipolarone(2+) diamagnetico. Analogamente, la reazione con donatori D può creare il radicalanione o polarone(−) oppure il dianione o bipolarone(2−).
A causa della variazione della distribuzione degli elettroni all’interno della molecola indotta dal drogante, il sistema si rilassa in una nuova geometria molecolare di minimo che, necessariamente, risulterà diversa da quella della molecola non perturbata (sistema pristino) prima del drogaggio. Calcoli di chimica quantistica permettono di prevedere la nuova struttura molecolare e le nuove energie degli stati elettronici. Lo spettro di assorbimento elettronico di polimeri policoniugati drogati risulta notevolmente diverso da quello della sostanza allo stato pristino perché hanno luogo transizioni fra livelli associati ai difetti elettronici generati dal drogaggio. Questi esperimenti non solo confermano le previsioni teoriche del meccanismo di drogaggio, ma permettono di identificare la natura dei difetti da esso generati. Si deve inoltre puntualizzare che un campione di questi materiali allo stato solido, di solito amorfo, è chimicamente e strutturalmente molto complesso e provoca quindi una distribuzione di livelli associati ai difetti elettronici che formano una banda di difetti all’interno del gap HOMO-LUMO, cioè tra la banda di valenza e quella di conduzione. Una spiegazione analoga è stata data per altre molecole policoniugate con anelli aromatici o eteroaromatici.
Il fenomeno della conducibilità elettrica, scoperto nel 1975 da Shirakawa per il poliacetilene, e in seguito osservato per molti polimeri o oligomeri policoniugati dopo opportuno drogaggio, trova una ragionevole spiegazione con la creazione di portatori di carica che possono muoversi all’interno del materiale. Numerose ricerche hanno dimostrato che il meccanismo della conducibilità elettrica non è di tipo metallico, ma si basa su un modello di hopping tra livelli elettronici associati all’esistenza dei difetti. Le probabilità di hopping intramolecolare, intermolecolare, intrafibrilla e interfibrille non sono trascurabili, e questo giustifica il meccanismo di hopping tra livelli elettronici di difetto all’interno del gap HOMO-LUMO (Günes, Neugebauer, Sariciftci 2007).
Dal punto di vista della storia della scienza (Roth, Carroll 20042) in questo settore bisogna ricordare il contributo fornito dalla ricerca dell’esistenza del difetto elettronico chiamato solitone (o radicale libero). Con riferimento alla figura 3, per una molecola isolata di poliacetilene veramente perfetta le strutture indicate con A e B sarebbero ugualmente probabili e il passaggio dall’una all’altra avverrebbe attraverso una struttura localizzata (con u=0) che si presenterebbe come difetto metallico tra due strutture A e B policoniugate con struttura a doppi legami alternati. Visto come difetto localizzato, su un’unità monomerica si individua un elettrone libero descritto dalla teoria come solitone neutro (con spin S=1/2), che diventa solitone carico (+/−, S=0) quando viene drogato rispettivamente con un accettore o un donatore. Nella realtà il poliacetilene ottenuto è una sostanza strutturalmente molto complessa e difficilmente caratterizzabile così da vanificare gli sforzi di individuare sperimentalmente l’esistenza di solitoni neutri o carichi.
I nuovi materiali
La scoperta del poliacetilene come materiale organico reso elettroconduttore per drogaggio, interessante per la ricerca nella speranza di utilizzarlo in molte applicazioni di innovativa rilevanza industriale, nell’immediato tradì tali attese perché il materiale, negli stati sia pristino (isolante) sia drogato (elettroconduttore), è chimicamente molto instabile e, se lasciato all’aria, dopo pochi minuti si decompone in modo irreversibile. Il merito della scoperta consiste comunque nel concetto che materiali organici policoniugati possono essere trasformati in elettroconduttori mediante opportuni trattamenti chimici e/o fisici.
Dagli anni Ottanta si è così registrato un notevole sviluppo della ricerca sia teorica per la comprensione del fenomeno, sia sperimentale per la sintesi di nuove classi di materiali policoniugati e per una nuova chimica nel settore dei droganti. Alcuni dei nuovi materiali si sono rivelati chimicamente stabili, buoni elettroconduttori, facilmente sintetizzabili anche in masse relativamente grandi, lavorabili e a basso costo, così da diventare centro di interesse per lo sviluppo di dispositivi innovativi che oggi hanno già raggiunto il livello commerciale (Chandrasekhar 1999).
Il fenomeno del drogaggio illustrato nel caso dei polimeri conduttori consiste in un fenomeno redox con un trasferimento di elettroni fra la molecola del polimero e quella di drogante o viceversa. Per questo motivo, le tecniche elettrochimiche sono state ampiamente utilizzate nello sviluppo di materiali elettroconduttori, specialmente indirizzate alla produzione di capacitori. L’elettrochimica (basata su processi redox reversibili) ha costituito un valido supporto per la sintesi e lo studio delle proprietà di nuovi materiali organici policoniugati elettroconduttori.
Fotochimica e fotofisica di materiali policoniugati
L’attacco di un reagente elettron-accettore o donatore provoca un parziale trasferimento di carica generando localmente un difetto nella distribuzione degli elettroni π della catena policoniugata che viene descritto come catione/anione (solitone carico +/−), radical-catione/anione (polarone +/−), dicatione/dianione (bipolarone +/−). Questi difetti costituiscono i portatori di carica che rendono il materiale elettroconduttore mediante opportuni processi di hopping intra e intermolecolare.
Partendo dalla constatazione che nei materiali policoniugati il gap di energia HOMO-LUMO è relativamente basso e il processo di fotoeccitazione è notevolmente favorito per gli elettroni π, lo studio degli spettri di assorbimento elettronico nella regione delle lunghezze d’onda dall’ultravioletto al visibile è stato ed è al centro dell’interesse dei ricercatori. I concetti elementari della spettroscopia di assorbimento a un fotone in sistemi molecolari organici si basano sul fatto che, quando un campione viene investito da una radiazione elettromagnetica a cui è associata un’energia pari o leggermente superiore a Egap, avviene una transizione dal livello quantico elettronico fondamentale n0v=0 (HOMO) al primo livello eccitato (LUMO); se l’energia fornita è tale da aver raggiunto uno dei livelli vibronici dello stato eccitato n1v≠0, essa viene dissipata nel sistema e si ha termalizzazione sul livello vibronico con n1v=0. Il sistema può poi decadere sugli stati vibronici dello stato fondamentale per fluorescenza. L’energia può anche essere ceduta a un altro stato elettronico mediante inter system crossing per decadere successivamente ancora su n0v=0 con emissione di fosforescenza a intensità molto più debole e con cinetica di decadimento molto più lenta a causa delle regole di selezione che impedirebbero la transizione da uno stato di tripletto (molteplicità di spin 3) a quello di singoletto (S=0).
Con queste premesse possono essere schematicamente descritti gli atti elementari del fenomeno di fotoeccitazione per molecole policoniugate nello stato non drogato (Pope, Swenberg 19992). Il fotone di opportuna energia promuove uno degli elettroni dalla banda di valenza occupata n0v=0 alla banda di conduzione vuota. I chimici descrivono il fenomeno come l’apertura di uno dei legami C=C con l’istantanea creazione di due elettroni liberi (dangling bonds). Questa situazione elettronica è energeticamente molto instabile e il sistema in un tempo brevissimo rilassa in uno stato più stabile, variamente indicato come elettrone/buca o eccitone. L’eccitone può avere una certa stabilità temporale oppure può dissociarsi rapidamente in elettrone e buca che possono migrare indipendenti nel sistema, rendendolo fotoconduttore e favorendo altri fenomeni descritti più avanti. L’eccitone stabile formatosi per fotoeccitazione può migrare sia all’interno del sistema molecolare (generando un fenomeno di redox interno o intramolecolare), sia su una molecola adiacente (inducendo ulteriori fenomeni chimici e/o fisici).
Nell’ultimo decennio si è sviluppato un nuovo campo di ricerche con ampie ricadute tecnologiche nel settore del trasferimento intramolecolare dell’elettrone o di energia in sistemi molecolari. La fotoconducibilità (conseguente a un fotodrogaggio) e la fotoeccitazione dei sistemi policoniugati sono state, e sono tuttora, oggetto di studi teorici e sperimentali essendo alla base di molti fenomeni fondamentali nel campo della fotofisica e fotochimica inorganica, organica e biologica.
Celle fotovoltaiche
È sempre più pressante la richiesta di ricerca e di utilizzazione di fonti di energia innovative che possano sostituire in un futuro relativamente vicino, in modo economicamente vantaggioso, le risorse petrolifere e siano complementari, se non sostitutive, all’energia nucleare. Lo sfruttamento dell’energia solare, inesauribile, a costo nullo e non inquinante, vede oggi impegnate comunità scientifiche e industriali di diversi Paesi tecnologicamente avanzati con l’obiettivo di sviluppare celle fotovoltaiche per la produzione di energia elettrica, con rese economicamente accettabili. Le attuali celle al silicio, per i costi elevati del materiale, della loro lavorazione e le rese relativamente basse nella conversione luce/corrente comportano un costo per kWh elettrico troppo elevato per grandi progetti socialmente innovativi e sostenibili dal punto di vista industriale. L’interesse per le proprietà fotofisiche dei materiali organici policoniugati e semiconduttori ha aperto nuovi orizzonti di ricerca nel settore del fotovoltaico organico, divenuto oggi argomento di intenso studio (Organic photovoltaics, 2003).
Lo spettro della radiazione elettromagnetica solare che colpisce la Terra copre un intervallo di lunghezze d’onda da circa 0,3 a 1,45 μm; si pone quindi il problema di scoprire materiali, singoli oppure in miscela, capaci di trasformare l’energia dei fotoni solari di un’ampia regione di lunghezze d’onda in corrente elettrica. I principi di fotofisica e fotochimica dei materiali organici semiconduttori illustrati vengono in questo ambito ripresi per la comprensione dei processi elementari alla base delle celle fotovoltaiche. Affinché un materiale semiconduttore possa dimostrarsi utile nel settore del fotovoltaico, è necessario che un fotone di determinata energia possa essere assorbito dal materiale per generare nel sistema una transizione elettronica tra uno stato HOMO e quello LUMO con la creazione di un eccitone. L’eccitone deve poi essere dissociato nei portatori di carica elettrone e buca che devono poter diffondere attraverso il materiale verso due elettrodi permettendo la generazione di corrente.
I parametri fisici rilevanti nel processo fotovoltaico sono i seguenti: a) Egap, cioè il gap di energia che separa la banda di valenza da quella di conduzione e che determina la frequenza della radiazione assorbita per la generazione di eccitoni; b) il potenziale di ionizzazione e l’affinità elettronica dei materiali utilizzati che determinano la possibilità di dissociare l’eccitone fotogenerato; c) l’energia di dissociazione dell’eccitone; d) le energie di Fermi degli elettrodi utilizzati; e) la purezza chimica e strutturale dei materiali che facilitino la migrazione dell’elettrone e della buca, riducendo al minimo la concentrazione di trappole che diminuiscono l’efficienza del processo di diffusione. Questi parametri orientano le scelte oculate dei diversi materiali da utilizzare per ottenere celle fotovoltaiche a elevata efficienza. Non vengono menzionati in quest’analisi i problemi di stabilità chimica dei materiali, non trascurabili e spesso non risolti, che sono determinanti per la durata di funzionamento di una cella.
Lo schema più semplificato di una cella fotovoltaica basata su materiali organici semiconduttori si può riassumere come segue. Si considerino due strati (con spessori di pochi nanometri) di materiali organici semiconduttori, l’uno donatore di elettroni (D) a contatto con un materiale elettron-accettore (A). Questi due strati sono disposti a sandwich fra due elettrodi, uno trasparente alla radiazione, ma conduttore, che funge da anodo, e un catodo metallico. Quando il materiale D è investito da una radiazione luminosa di opportuna frequenza (determinata da Egap) in esso avviene una transizione HOMO-LUMO che genera l’eccitone. L’eccitone si dissocia rapidamente all’interfaccia fra D e A generando un elettrone che si diffonde nello strato A fino a raggiungere il catodo e una buca che si diffonde nello strato D verso l’anodo. L’efficienza di trasferimento delle cariche dipende evidentemente dall’energia dei livelli HOMO e LUMO dei materiali e dalle funzioni lavoro degli elettrodi utilizzati. L’efficienza e la stabilità nel tempo del dispositivo fotovoltaico costituiscono i fattori determinanti per un progetto di sviluppo industriale. Le scelte riguardanti i materiali, la loro lavorazione, lo spessore degli strati attivi, le architetture del dispositivo e altri aspetti, sono state varie, e le efficienze delle celle fotovoltaiche organiche e polimeriche hanno raggiunto oggi valori nell’intervallo approssimativo 2-10%. L’efficienza del dispositivo non può costituire il solo criterio per valutarne il possibile successo industriale. I costi dei materiali utilizzati e la loro lavorabilità sono spesso il fattore determinante (Günes, Neugebauer, Sariciftci 2007).
La radiazione solare raggiunge la Terra nell’intervallo di lunghezze d’onda sopra indicato con una variazione di intensità che segue approssimativamente la legge di emissione del corpo nero, ma con discontinuità originate dagli assorbimenti di radiazioni da parte delle molecole presenti nell’atmosfera. Affinché la conversione dell’energia solare in energia elettrica si effettui con alti rendimenti, sarebbe necessario sviluppare celle fotovoltaiche costituite da materiali capaci di creare eccitoni con una gamma di energie di eccitazione (HOMO-LUMO) diverse e compatibili con le radiazioni solari. Finora si sono scelte a tale scopo opportune miscele di materiali organici semiconduttori; sono anche allo studio polimeri contenenti una distribuzione di segmenti policoniugati a lunghezza di coniugazione diversa. Poiché a ogni segmento di una data lunghezza di coniugazione corrisponde un determinato, e noto, Egap, è concettualmente possibile ottenere film sottili di polimero in grado di assorbire un ampio spettro di energia solare. Al centro dell’interesse delle tecnologie per il fotovoltaico oggi si colloca lo studio dei convertitori di spettro. Il concetto ispiratore sfrutta la possibilità che un materiale (che verrà indicato con S, simbolo di sensibilizzatore) aggiunto a D sia capace di assorbire una delle radiazioni solari che porta il sistema in un particolare stato energetico eccitato innestando ulteriori processi a uno o più fotoni all’interno del materiale stesso. In un processo detto di down conversion il fotone solare di frequenza νUV (in genere a energie elevate nella regione dell’ultravioletto che andrebbe persa in un comune dispositivo fotovoltaico) è assorbito da S generando in esso uno stato eccitato S*, che rapidamente dissipa non radiativamente parte della sua energia e raggiunge lo stato elettronico S1 più stabile; a sua volta lo stato S1 decade sullo stato fondamentale S0 con emissione della radiazione νS1→S0, che viene assorbita da D generando in D la transizione HOMO-LUMO con la creazione di un ulteriore eccitone; l’energia associata alla radiazione solare νUV non viene così persa.
Nel processo di up conversion una radiazione solare (in genere a energie basse e inferiori a Egap del materiale D e quindi incapaci di generare in D la transizione HOMO-LUMO) raggiunge in S uno stato quantico intermedio Tn* (tripletto); la collisione fra due tripletti (triplet-triplet anihilation) o l’assorbimento di un altro identico fotone (two photon absorption) porta il sistema nello stato energetico S* con energia dell’ordine del LUMO in D. L’energia viene facilmente trasmessa a D al livello LUMO con la creazione dell’eccitone. Gli schemi concettuali indicati rappresentano le linee di pensiero che ispirano oggi le ricerche nel settore dei materiali organici policoniugati per il fotovoltaico. Per non perdere nulla dell’energia che viene inviata gratuitamente dal Sole alla Terra è opportuno scegliere idonei elettrodi e materiali attivi della cella fotovoltaica, in modo tale da raccogliere i fotoni solari con energie comprese tra la regione dell’ultravioletto fino e quella dell’infrarosso.
La storia della scienza indica con chiarezza che generalmente, in seguito a una nuova e fondamentale scoperta, viene innescato un esplosivo sviluppo di ricerche teoriche e sperimentali per la comprensione del fenomeno stesso mirate alla sua utilizzazione in applicazioni tecnologiche che segnano profondamente un significativo progresso per le condizioni di vita dell’umanità. L’inizio del 21° sec. ha segnato un tale sviluppo nel settore del fotovoltaico da far ritenere che, pur non essendosi ancora prodotte le condizioni ottimali, nel prossimo decennio i dispositivi fotovoltaici diventeranno una realtà di uso comune.
Bibliografia
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S. Roth, D. Carroll, One-dimensional metals. Conjugated polymers, organic crystals, carbon nanotubes, Weinheim 20042.
S. Günes, H. Neugebauer, N.S. Sariciftci, Conjugated polymer-based organic solar cells, «Chemical reviews», 2007, 107, 4, pp. 1324-38.