Semplificazioni. DURC, sanzioni e procedure
La semplificazione delle procedure gestionali dei rapporti di lavoro ha almeno tre forme o strutture tradizionali di razionalizzazione normativa. Una prima forma riguarda il DURC, il quale ha subito un processo di smaterializzazione, o melius di dematerializzazione telematica, per far fronte alle richieste di semplificazione amministrativa avanzate dalle organizzazioni imprenditoriali e alle non marginali critiche di eccessiva burocratizzazione del sistema italiano da parte di istituzioni europee e internazionali. Una seconda forma attiene alla ridefinizione dell’assetto sanzionatorio, il quale è a oggi ancora eccessivamente disordinato nell’applicazione per effetto di contrasti interpretativi. Le procedure gestionali sono la terza forma di razionalizzazione. Le procedure attengono prevalentemente a forme di interazione tra pubbliche amministrazioni con riferimento a atti e documenti che il datore di lavoro e/o il lavoratore producono in sedi qualificate per esercitare diritti o adempiere obblighi. Nel Jobs Act (d.d.l. delega n. 1428/2014) si articolano possibili futuri scenari di semplificazione di tali forme.
La semplificazione delle procedure gestionali dei rapporti di lavoro ha almeno tre forme o strutture tradizionali di razionalizzazione normativa.
Una prima forma riguarda il DURC. Una seconda forma attiene alla ridefinizione dell’assetto sanzionatorio. La terza forma di razionalizzazione ricade sulle interazioni telematiche tra pubbliche amministrazioni e attori dei rapporti di lavoro (datore di lavoro, prestatore di lavoro, istituzioni di servizio, consulenti, etc.).
Nella prospettiva specifica di questo studio appare particolarmente interessante, perché sintesi dei presupposti giuridici fondamentali della semplificazione, la forma che ha caratterizzato l’evoluzione dell’istituto del Documento Unico di Regolarità Contributiva (“DURC”). A tal proposito si dovrà notare che esso è, per qualificazione normativa, una certificazione unificata emessa da un ente con finalità previdenziali, pubblico (INPS e INAIL) o privato-paritetico (Casse Edili). Il DURC, nel diritto del lavoro, assume una validità generalizzata di informazione per/da INPS, INAIL e Casse Edili sull’adempimento dell’obbligazione contributiva.
Per la giurisprudenza il DURC ha «la valenza di una dichiarazione di scienza, da collocarsi tra gli atti di certificazione o di attestazione redatti da un pubblico ufficiale ed aventi carattere meramente dichiarativo di dati in possesso della pubblica amministrazione, assistito da pubblica fede ai sensi dell’art. 2700 c.c., facente quindi prova fino a querela di falso» (Cons. St., ad. plen., ord. 4.5.2012, n. 8). Questa plurivalenza del DURC ha, però, un punto fisso nel simbolismo, o paradigma, di correttezza sociale. Dietro il DURC si cela, sin dalla volontà istitutiva, che è stata di matrice collettiva, un disegno di norma promozionale, volta a permettere ai datori di lavoro adempienti di mostrare la propria conformità al sistema delle regole sul lavoro. Il DURC si pone, dunque, in prima battuta, come uno strumento di ulteriore incidenza verso la trasparenza del lavoro sui cantieri connessi ai lavori pubblici o a quelli privati (DURC di prima generazione), in un secondo tempo, come un obbligo generalizzato per le imprese di tutti i settori che intendano accedere alle sovvenzioni europee (DURC di seconda generazione), e ancora, come obbligo generalizzato per i datori di lavoro che intendano accedere ad ogni forma di agevolazione normativa e contributiva (DURC di terza generazione). Da ultimo, esso diviene strumento per realizzare una compensazione impropria tra debito/credito rispetto alla pubblica amministrazione (DURC di quarta generazione). Si possono segnalare, pertanto, più fasi di evoluzione normativa del DURC le quali tracciano altresì episodi alterni di materializzazione, smaterializzazione, ri-materalizzazione e conseguente (quasi) definitiva smaterializzazione del DURC1.
La prima fase. La disciplina di base è nell’art. 2, co. 1, d.l. 25.9.2002, n. 210 (sub l. conv. 22.11.2002, n. 266). Operativamente sono state sottoscritte convenzioni di rilievo amministrativistico, con l’INPS e l’INAIL il 3.12.2003 e successivamente con le Casse Edili il 15.4.2004 (il che in forza dell’art. 86, co. 10, d.lgs. 10.9.2003, n. 276, che modifica l’art. 3, co. 8, d.lgs. 14.08.1996, n. 494 – con conseguente estensione dell’obbligo di rilascio del DURC anche a ipotesi di lavori privati nel settore dell’edilizia, e coinvolgimento delle Casse Edili). In questa prospettiva, con nota del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 14.7.2004, n. 848, si affermò che ilDURCnon poteva essere sostituito da un’autocertificazione del datore di lavoro. Mediante sistema a testo congiunto, l’INAIL con circ. del 22.12.2005, n. 38, l’INPS con circ. del 26.7.2005, n. 92 e le Casse Edili con nota della Commissione Nazionale Paritetica del 27.7.2005, n. 272, definirono gli aspetti operativi del DURC.
La seconda fase. L’art. 10, co. 7, d.l. 30.9.2005, n. 203 (sub l. conv. 2.12.2005, n. 248) ha stabilito che la presentazione del DURC fosse condizione necessaria per le imprese di ogni settore per accedere ai benefici ed alle sovvenzioni europee. Tale norma venne confermata anche attraverso il co. 553 dell’art. 1, l. 23.12.2005, n. 266, il quale dispone che «per accedere ai benefìci ed alle sovvenzioni comunitarie per la realizzazione di investimenti, le imprese di tutti i settori sono tenute a presentare il documento unico di regolarità contributiva». In questa linea crescente di effettività dell’azione amministrativa, l’ambito di operatività del DURC venne esteso dal d.lgs. 12.4.2006, n. 163. L’art. 38, co. 1, lett. i) del d.lgs. n. 163/2006 ha, infatti, fissato l’esclusione dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, dei datori di lavoro che abbiano commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, secondo le norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali, secondo la legislazione italiana o dello Stato in cui sono stabiliti. Il contrasto giurisprudenziale sulla nozione di violazione grave delle regole contributive è stato risolto recentemente2.
La terza fase. L’art. 1, co. 1175, l. 27.12.2006, n. 296 ha esteso il DURC a tutti gli ambiti di attività e a tutti i settori, a far data dal 1.7.2007, subordinando al DURC il godimento dei benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e dalla legislazione sociale. Con il d.m. 24.10.2007 è stata dettata una disciplina uniforme in ordine alle modalità di rilascio ed ai contenuti analitici del DURC, sia per la concessione di agevolazioni normative e contributive, sia per gli appalti di lavori, servizi e forniture pubbliche che per i lavori privati dell’edilizia, nonché per la fruizione di benefici e sovvenzioni previsti dalla disciplina comunitaria.
Qui si abbina anche la disciplina dell’art. 4, d.P.R. 5.10.2010, n. 207 che ha stabilito che qualora, nel corso di un appalto/affidamento pubblico, l’amministrazione committente rilevi dal DURC situazioni di irregolarità riferibili all’esecutore (e/o al subappaltatore) può trattenere gli importi corrispondenti al mancato versamento contributivo e/o assicurativo dal pagamento dei SAL o del saldo finale e versarli direttamente all’istituto previdenziale di riferimento (cd. intervento sostitutivo). In questa prospettiva si noti che l’art. 1, co. 1175, l. n. 296/2006 condiziona l’ottenimento del DURC per ogni forma di incentivazione normativa e contributiva alla regolarità contributiva, fermo restando l’adempimento degli obblighi derivanti di norme di legge e di contratto collettivo. Tale norma è riferita agli obblighi di
legge e al «rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale». La nozione di «rispetto» degli accordi e contratti collettivi rappresenta una categoria che per dirsi giuridica dovrebbe essere riportata nella logica dell’adempimento delle obbligazioni contrattuali derivanti dalle clausole normative e da quelle obbligatorie dei contratti collettivi, tra cui le norme sulla bilateralità.
Il che, tuttavia, non viene (e non può essere) verificato dal congegno amministrativo su cui si fonda il DURC.
La quarta fase ha avuto inizio nel 2012 e si è conclusa nel 2014. L’art 13 bis d.l. 7.5.2012, n. 52 (sub l. conv. 6.7.2012, n. 94) e il correlato d.m. 13.3.2013 definiscono uno schema improprio di compensazione sulla vicenda giuridica debito/credito di contributi. È una tipologia specifica di DURC a supporto delle imprese che operano nel sistema di gare a evidenza pubblica (si v. circ. INPS 30.1.2014, n. 16). Mediante il d.l. 21.6.2013, n. 69 (sub l. conv. 9.8.2013, n. 98) si è ulteriormente definito il quadro di semplificazione amministrativa e smaterializzazione del DURC (il DURC rilasciato ai sensi dell’art. 13 bis, d.l. 7.5.2012, n. 52 può essere utilizzato anche per ottenere dalla pubblica amministrazione il pagamento del corrispettivo di appalti e/o affidamenti; non sussiste obbligo di DURC nei casi di lavori privati svolti in economia; nei contratti pubblici di lavori servizi e forniture le amministrazioni aggiudicatrici, come individuate all’art. 3, co. 1, d.P.R. n. 207/2010 devono procedere alle verifiche sulla regolarità contributiva, acquisendo il DURC d’ufficio e in via telematica; l’intervento sostitutivo di cui al d.P.R. n. 207/2010 è esteso a ulteriori enti e/o amministrazioni pubbliche; la validità temporale del DURC è estesa da 90 a 120 giorni; in caso in cui siano rilevate delle irregolarità che comporterebbero l’emissione di un DURC irregolare, l’istituto previdenziale invia tramite PEC un «preavviso di accertamento negativo» contenente l’invito a regolarizzare la propria posizione entro 15 giorni; l’ammissione delle imprese alle agevolazioni oggetto di cofinanziamento europeo mirate alla realizzazione di investimenti produttivi è subordinata all’acquisizione d’ufficio del DURC da parte della pubblica amministrazione)3.
Nella ricognizione sul DURC si rispecchia, pur tra varianti e aggiunte, l’articolazione del sistema sanzionatorio.
Il Jobs Act (d.d.l. delega n. 1428/2014) stabilisce che la razionalizzazione e la semplificazione delle procedure e degli adempimenti (co. 6, lett. a) debbano essere configurate nell’ambito di processi reinterpretativi, di eliminazione di contrasti interpretativi e di revisione del regime delle sanzioni, con conseguente valorizzazione degli istituti di tipo premiale (co. 6, lett. b ed e). Perciò queste tendenze, oltre a fungere da monito e direttrice per il futuro, sono attualmente poste in un contesto di disordine normativo, di contrasto interpretativo e applicativo. Per esemplificare il ragionamento giuridico si osservino le discipline di cui all’art. 116, l. 23.12.2000, n. 388 su omissione e evasione contributiva nonché il regime della maxi-sanzione di cui al all’art. 3, co. 3 – 5, d.l. 22.2.2002, n. 12 (sub l. conv. 23.4.2002, n. 73), ulteriormente integrato dal d.l. 23.12.2013, n. 145 (sub l. conv. 21.2.2014, n. 9). Le incertezze applicative del sistema sanzionatorio in caso di mancato adempimento degli oneri amministrativi, assicurativi e previdenziali connessi al contratto di lavoro, da cui discenderebbe omissione o evasione contributiva, coincidono con quelle della disciplina ad hoc strutturata (maxi-sanzione) per la lotta al lavoro prestato irregolarmente4.
Recezione che permette altresì di vagliare l’inesistenza nel nostro ordinamento di una previsione di sistema sul cumulo delle sanzioni (la cd. “one-satisfaction rule”). Il che, d’altra parte, determinerebbe una ricognizione delle condotte riferibili a ipotesi di violazioni connesse teleologicamente o conseguenzialmente (nel senso di concorso sostanziale)5.
Di quimuoverebbe la possibilità di impostare regole sul cumulo materiale, sul cumulo giuridico o sull’assorbimento del trattamento sanzionatorio complessivo (si v. il regime non più adatto di cui all’art. 8, l. 24.11.1981, n. 689).
Il DURC ha subito un processo di smaterializzazione, o melius di dematerializzazione telematica6, per far fronte alle richieste di semplificazione amministrativa avanzate dalle organizzazioni imprenditoriali e alle non marginali critiche di eccessiva burocratizzazione del sistema italiano da parte di istituzioni europee e internazionali.
La smaterializzazione del DURC consiste in un processo telematico di comunicazione inter-amministrativa, con conseguente riduzione dell’onere gestionale del datore di lavoro che opera nel mercato nazionale.
Mediante il d.l. 20.3.2014, n. 34 (sub l. conv. 16.5.2014, n. 78) sono stati adottati ulteriori provvedimenti nell’ottica della smaterializzazione del DURC. In particolare, l’art. 4 del d.l. n. 34/2014 stabilisce che chiunque vi abbia interesse, compreso il datore di lavoro richiedente, potrà verificare con modalità esclusivamente telematiche e in tempo reale, mediante il semplice inserimento del codice fiscale del soggetto nei cui confronti è svolta la verifica, la eventuale regolarità dei versamenti nei confronti dell’INPS, dell’INAIL e delle Casse edili. La disposizione impone che le risultanze dell’interrogazione telematica abbiano validità per 120 giorni dall’acquisizione e che, tate interrogazione, sostituisca a tutti gli effetti il DURC, a eccezione delle ipotesi individuate con decreto ministeriale. Il co. 3, dell’art. 4, del n. 34/2014 stabilisce che la consultazione telematica con esito positivo determini il requisito individuato dall’art. 38, co. 1, lett. i) del d.lgs. n. 163/2006 (esclusione dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, l’aver commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali). L’attuazione della normativa è rimessa all’emanazione di un successivo decreto interministeriale con il quale siano definiti i requisiti di regolarità, i contenuti e le modalità della verifica, nonché le ipotesi di esclusione (ovvero le ipotesi in cui l’interrogazione non può ritenersi equivalente al rilascio del DURC). In questa prospettiva, con il d.d.l. delega n. 1428/2014, si intende delegare al governo l’adozione di uno o più decreti legislativi relativi, per quel che è qui di interesse, a (i) razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti (ii) rafforzamento del sistema di trasmissione delle comunicazioni in via telematica e abolizione dei documenti cartacei, (iii) individuazione di modalità organizzative e gestionali che consentano di svolgere esclusivamente in via telematica tutti gli adempimenti.
Il percorso di smaterializzazione, dunque, continua.
Si osservi, però, che tale percorso era stato già tracciato nel decennio scorso. Si provi, in tal senso, a analizzare la normativa che dal 2008 in poi ha definito l’avanzamento di tale processo telematico di comunicazione inter-amministrativa.
Si è detto già che l’art. 1, co. 1175, l. n. 296/2006, subordina il godimento di incentivi e benefici al DURC; la circ. INPS 15.1.2008, n. 5 precisa che in questi casi la richiesta e il rilascio del DURC possano avvenire in modalità telematica (meramente virtuale).
Il datore di lavoro deve limitarsi a indicare il beneficio di cui intende fruire senza dover procedere a una specifica richiesta di rilascio del DURC, ribaltando sull’istituto previdenziale «la verifica del requisito della regolarità contributiva».
Il d.m. 24.10.2007 stabilì che l’INPS, per il riconoscimento di incentivi e benefici di propria competenza potesse verificare i requisiti per il rilascio del DURC, senza dover ricorrere alla formale emissione del documento, ma mediante un sistema di cd. “semafori” che avrebbero dato luogo al cd. “DURC interno” accessibile nell’ambito del “cassetto previdenziale azienda”.
L’INPS, con proprio messaggio del 27.2.2014, n. 2889, ha fornito istruzioni operative relativamente al nuovo sistema di gestione del “DURC interno” utile per l’individuazione e la contestazione delle situazioni di irregolarità incompatibili con i benefici normativi e contributivi previsti dalla vigente normativa.
L’art. 16 bis, co. 10, d.l. 29.11.2008, n. 185 (sub l. conv. 28.1.2009, n. 9) impone che nell’ipotesi di appalti pubblici il DURC debba essere richiesto d’ufficio dall’amministrazione pubblica. Il d.l. 9.2.2012, n. 5 (sub l. conv. 4.4.2012, n. 35) ha disposto l’acquisizione d’ufficio del DURC, anche in ipotesi di lavori privati. L’art. 4, co. 2, d.l. 13.5.2011, n. 70 (sub l. conv. 12.7.2011, n. 106) introduce il co. 14 bis all’art. 38, d.lgs. n. 163/2006 ai sensi del quale per i contratti di forniture e servizi fino a ventimila euro, stipulati con la pubblica amministrazione e le società in house, i soggetti contraenti possono produrre una dichiarazione sostitutiva in luogo del DURC. Sul punto il Ministero del lavoro e delle politiche sociali nella circ. 1.6.2012, n. 12 ribadisce che la regolarità contributiva non può essere autocertificata. Tuttavia si ammette che il datore di lavoro presenti una autodichiarazione in luogo del DURC in specifiche ipotesi previste dal legislatore.
Si tenga presente anche la novella di cui all’art. 31, co. 2, lett. a), del d.l. n. 69/2013 (sub l. conv. n. 98/2013), che ha inciso sull’art. 38, co. 3, del d.lgs. n. 163/2006. In essa si stabilisce l’obbligo per le stazioni appaltanti e per gli enti aggiudicatori di acquisire d’ufficio il DURC. A ciò si aggiunga che l’art. 118, co. 6 d.lgs. n. 163/2006, per medesima riforma del 2013, ha definito il regime secondo cui il pagamento delle prestazioni rese nell’ambito dell’appalto o del subappalto, la stazione appaltante deve acquisire d’ufficio il DURC in corso di validità relativo all’affidatario e a tutti i subappaltatori.
Ma quello che chiamiamo eccessiva burocratizzazione per il DURC può essere osservato, in termini di inutile e illegittima duplicazione, anche nel sistema sanzionatorio. Di qui muove (i) l’urgenza del riordino del sistema sanzionatorio connesso a evasione e omissione contributiva (116, l. 23.12.2000, n. 388), (ii) la necessaria abolizione della cd. maxi-sanzione in caso di impiego di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro (l’art. 3, co. 3 – 5, d.l. n. 12/2002, sub l. conv. n. 73/2002, ulteriormente integrato dal d.l. n. 145/2013, sub l. conv. n. 9/2014), (iii) l’istituzione di un unico sportello per tutte le sanzioni amministrative connesse al mancato assolvimento degli oneri in materia di lavoro e previdenza.
Il Jobs Act, tra l’altro, indica tra i principi anche la unificazione delle comunicazioni alle pubbliche amministrazioni, con il connesso divieto gravante su queste di richiedere dati dei quali esse sono già in possesso. In linea con la terza forma di semplificazione di cui si è fatto cenno all’inizio, si intende dimostrare che la circolarità tra DURC, sanzioni, procedure è efficace se contestualmente operata in una prospettiva di razionalizzazione di istituti, eliminazione di inutili duplicazioni sanzionatorie, modernizzazione di procedure.
Tornando al punto centrale del discorso qui proposto, si può osservare che la smaterializzazione del DURC è indice dell’inadeguatezza di tale strumento rispetto al lavoro prestato irregolarmente e alle finalità per cui è stato introdotto nell’ordinamento giuridico.
La smaterializzazione, o dematerializzazione telematica, prova che il DURC con il tempo è diventato una ripetizione formale, in più sedi e per più fini, di dati contributivi che l’ente previdenziale ha già a disposizione. È una ripetizione formale di dichiarazioni di scienza, oggi dematerializzate e, dunque, per l’effetto, ridotte a rango di procedimenti interni amministrativi su informazioni e dati noti. Quella ripetizione formale significava costo gestionale per il datore di lavoro con, purtroppo, una bassissima incidenza sulla fenomenologia complessa del lavoro prestato irregolarmente7. La smaterializzazione riduce probabilmente quel costo gestionale. Nulla di più.
La medesima argomentazione potrebbe valere anche per sanzioni e procedure. Focalizziamo, però, l’attenzione sui profili problematici del DURC.
Il DURC non generalizza né il principio della necessaria connessione tra attività contrattuale a evidenza pubblica e garanzia dei lavoratori né il principio costituzionale dell’avanzamento, nel diritto dei contratti, delle condizioni di lavoro ex artt. 36 e 38 Cost. Non vi è connessione, in altri termini, tra attività economica e tutela delle condizioni contrattuali minime dei lavoratori. E ciò perché la disciplina del DURC non impone alcun obbligo di ottemperamento di dette condizioni, essendo la sanzione limitata all’eventuale mancato ottenimento della dichiarazione.
Il DURC non è stato posto nella prospettiva delle clausole sociali. Pertanto il DURC non è mai assimilabile allo schema di cui all’art. 1411-1413 c.c. (contratto a favore di terzo), in ragione del quale il datore di lavoro, come è noto, si obbligherebbe all’atto della conclusione dell’appalto o al momento dell’accettazione della sovvenzione e dal quale – qui è il punto – i lavoratori acquisirebbero un diritto individuale alla regolarità contributiva e retributiva (o latu sensu, al trattamento contrattuale conforme al contratto collettivo applicabile).
La verifica che è alla base del DURC è sempre di secondo livello. Ad esempio, e già si è accennato sopra con riferimento al rapporto tra DURC e contrattazione collettiva, la correttezza degli adempimenti mensili, la corrispondenza dell’importo dei versamenti con il saldo denunciato o, ancora, inadempienze in atto o rettifiche notificate non pagate o non contestate, sono gli accertamenti tipizzati nel procedimento del DURC. Ma tali accertamenti non dovrebbero prescindere dalla verifica (preliminare e primaria) della correttezza della retribuzione imponibile. In questo senso l’accertamento che si svolge in ragione del DURC dovrebbe essere invece strettamente correlato al tema della retribuzione imponibile. L’ente previdenziale, infatti, dovrebbe accertare e poi dichiarare, mediante il DURC, in primo luogo la regolarità contributiva connessa alla retribuzione imponibile riferita al caso di specie e, successivamente, la corrispondenza dell’importo dei versamenti con il saldo denunciato o le inadempienze in atto o le rettifiche notificate non pagate o non contestate. Il tema della retribuzione imponibile, che la disciplina del DURC lambisce ma non affronta, prospetta una molteplicità di problematiche tra cui quella più importante è connessa al contratto collettivo applicabile nonché ai criteri di comparazione tra trattamento contrattuale e trattamento effettivamente ricevuto dal lavoratore. Lo schema del DURC non si pone, non si è posto e non potrà mai realizzare tale obiettivo di verifica.
Qual è, dunque, la ratio dell’istituto? Il simbolismo normativo di cui si è detto nella premessa. Oltre vi è esclusivamente eccesso di burocrazia. Se il DURC è un mero corollario di una verifica relativa a obblighi di secondo livello, esso è finalizzato alla verifica del “visibile” e dell’”accertabile” nel senso che mediante il DURC si verifica ciò che risulta dagli archivi degli enti previdenziali in termini di adempimenti, corrispondenza di importi e saldi dovuti. Resta non accertato il problema della verifica effettiva dei lavoratori irregolari che sono totalmente sommersi e non compaiono su alcuna dichiarazione o documento obbligatorio. Tali lavoratori restano invisibili. Il DURC, che completa una verifica compiuta negli archivi, non inciderà sulle realtà che impiegano manodopera totalmente irregolare. Il DURC è l’atto finale di un procedimento di accertamento/verifica della regolarità contributiva che, pur permettendo al datore di lavoro di accedere alle agevolazioni, non determina in capo al lavoratore alcun acquisto di diritto alla regolarità retributiva e contributiva.
Il DURC dovrebbe, invece, essere inteso in termini di prima fase di un sistema di accertamento della regolarità contributiva e non, come oggi avviene, in termini di strumento di mero completamento dichiarativo. Il sistema di accertamento della regolarità contributiva, di cui il DURC sarebbe la prima fase, implicherebbe, de iure condendo, da una parte, l’individuazione della nozione di lavoro prestato irregolarmente e di adempimento contributivo e, dall’altra, la messa a punto di una verifica dell’adempimento contributivo.
Tale procedimento di verifica dovrebbe essere costituito di almeno due fasi. La prima dovrebbe essere riferita a una fase di ispezione, o due-diligence ispettiva, presso il datore di lavoro ad opera del personale dell’ente previdenziale o ministeriale, non escludendo possibili interventi ad hoc di professionisti.
La richiesta del DURC dovrebbe essere inserita all’interno di una logica di verifica ciclica dei datori di lavoro che ne fanno richiesta. In questo modo il DURC potrebbe altresì essere congegnato come meccanismo di accesso a processi di emersione o, meglio ancora, di qualificazione/certificazione ciclica della regolarità, o comportamento virtuoso di responsabilità sociale. La seconda fase dovrebbe essere connessa a meccanismi di mutuo scambio di tali dichiarazioni tra datori di lavoro che intendono cooperare in modo tale da creare, soprattutto nelle filiere, dei mutui riconoscimenti di regolarità e obblighi di notificazione all’ente previdenziale di eventuali irregolarità rilevate. Qui il DURC potrebbe persino divenire uno strumento per registrare comportamenti virtuosi utili a ridurre il quantum dell’obbligazione
contributiva, o del premio, nell’arco di un certo tempo di esiti positivi delle due-diligence ispetttive.
Più al fondo ciò potrebbe determinare anche l’estensione a ogni illecito amministrativo in materia di lavoro e previdenza del principio generale in materia di cumulo delle sanzioni in base al quale se con una condotta sono violate più disposizioni, a ciascuna delle quali è connessa una diversa sanzione amministrativa, non si applicherà la somma delle sanzioni ma la più alta aumentata fino a un certo limite, periodicamente riaggiornato dal legislatore.
1 Per una raccolta di studi recenti si v. Asnaghi, A., La procedura di rilascio del DURC in presenza di crediti verso la pubblica amministrazione, in Giorn. dir. lav. rel. ind., 2014, 2, 507 ss.; Muratorio, A., Novità legislative ed amministrative, in Lav. giur., 2014, 3, 295 ss.; Vivarelli,M. G., Il Durc alla luce dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 8 del 4.5.2012, in Appalti e Contratti, 2012, 12, 49 ss.; Toschei, S., Suggestioni e criticità nella dimostrazione della regolarità contributiva in materia di contratti pubblici, in Appalti e Contratti, 2012, 7, 33 ss.; Ferruti, A., Durc: conferme e novità per i lavori privati dell’edilizia. Il d.l. semplificazioni e le circolari dei Ministeri del la p.a. e del lavoro 12/2012, in Appalti e Contratti, 2012, 6, 57 ss.
2 Per la visione più restrittiva, si v. Cons. St., ord. 12.10.2011, n. 5531, Cons. St., ord. 12.4.2011, n. 2284, Cons. St., ord. 15.9.2010, n. 6907, Cons. St., ord. 24.8.2010, n. 5936, Cons. St., ord. 6.4.2010, n. 1934. Per l’altra impostazione, si v. Cons. St., ord. 16.9.2011, n. 5186, Cons. St., ord. 30.6.2011, n. 3912, Cons. St., ord. 24.2.2011, n. 1228, Cons. St., ord. 3.2.2011, n. 789, Cons. St., ord. 11.1.2011, n. 83. Il Consiglio di Stato, riunito in adunanza plenaria, ha risolto
il contrasto (Cons. St., ad plen., ord. 4.5.2102, n. 8).
3 Con riferimento alla previsione di cui all’art. 31, co. 8, d.l. n. 69/2013 (sub l. n. 98/2013) il TAR Veneto, 8.4.2014, n. 486, ha chiarito che la pubblica amministrazione non può escludere da una gara l’impresa che non risulti in regola con il versamento dei contributi INPS, se l’ente previdenziale non ha attivato il procedimento di regolarizzazione. Tale orientamento è stato contraddetto dalla nota del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 19.8.2014 (nello stesso senso anche messaggio INPS del 2.9.2014, n. 6756).
4 Sul punto si v. la giurisprudenza più recente si v. Cass., 26.9.2014, n. 20357 e Cass., 30.4.2014, n. 9464, le quali sono in linea con C. cost., 12.4.2005, n. 144.Ma si v. anche per la prassi amministrativa le complicazioni indotte dalla risposta a interpello del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 9/2014.
5 Si v., per esemplificare il discorso, la ricostruzione offerta dalla circ. del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 5/2014. Si comprende, anche visivamente nelle tabelle lì esposte, che per la medesima condotta (o per condotte teleologicamente connesse o consequenziali) il datore di lavoro resta assoggettato a una pluralità di sanzioni che si aggiungono l’una all’altra, senza possibilità di eccepire regole sul cumulo/assorbimento del trattamento sanzionatorio. Il che appare
eccessivo, disordinato e, nel tempo, certamente in contrasto con i principi dell’ordinamento relativi alla tassatività delle fattispecie, alla irretroattività e alla legalità sostanziale. Per la teoria si v. Dell’Olio,M., Il lavoro sommerso e la lotta per il diritto, in Argomenti dir. lav., 2000, 1, 43 ss. nonché Faioli, M., Il sistema sanzionatorio del lavoro sommerso al vaglio della Corte Costituzionale, in Dir. Lav., 2005 3, 233 ss.
6 Per alcuni riferimenti in dottrina sul concetto di dematerializzazione telematica dell’attività della pubblica amministrazione si v. Coletti, P., L’innovazione digitale per il miglioramento nell’amministrazione pubblica: le azioni delle Regioni italiane, in Ammin., 2013, 3, 463 ss.; Faioni, F., La strada maestra dell’«open government»: presupposti, obiettivi, strumenti in Ciberspazio e Diritto, 2013, 2, 213 ss. Coccagna, B., Il processo di dematerializzazione nel settore pubblico: aspetti giuridici e organizzativi del back office, in Ciberspazio e Diritto, 2010, 2, 257 ss.
7 Rinvio ai miei studi in Faioli,M., Il lavoro prestato irregolarmente, Milano, 2008. Tale mia impostazione teorica, volta a comprendere la ratio del DURC, il rapporto con le clausole sociali e gli appalti nel sistema del sommerso, è stata recentemente ripresa e sostenuta anche da Costantini, S., La finalizzazione sociale degli appalti pubblici. Le “clausole sociali” fra tutela del lavoro e tutela della concorrenza, in WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT – 196/2014, 1 ss.