SENARCO
. Figlio di Sofrone e mimografo come il padre (v. sofrone). Visse, come da varî dati è possibile presumere, fra la seconda metà del sec. V a. C. e la prima metà del successivo. Abbiamo di lui solo alcuni frammenti insignificanti dai quali, se nulla di preciso risulta sui caratteri della sua arte, forse appare che volse il mimo a satira morale e politica. Almeno ciò lo distinse da suo padre. Infatti, secondo Suida (s. v. ‛Ρηγίνους), derise, indottovi dal tiranno Dionisio, la viltà dei Reggini, cioè mise la sua arte a servizio di lunghe lotte politiche. Aristotele ricorda Senarco, insieme con Sofrone, nel famoso passo della Poetica (I, p. 1447 b, 10), secondo il quale il mimo dei due fu in prosa, e in una prosa che s'avvicina al verso.
Bibl.: G. Kaibel, Comicorum graecorum fragmenta, Berlino 1889, p. 182; F. Bernini, Studi sul mimo, in Annali R. Scuola Normale sup. di Pisa, XXVII, 1915, pp. 9-14; A. Olivieri, I frammenti del mimo siciliano, in Atti R. Accademia archeologia, lettere, ecc., Napoli 1908, pp. 109-198; M. Pinto, Il mimo di Senarco contro i Reggini, in Atene e Roma, 1927, pp. 69-80; id., Il mimo di Sofrone e di S., Firenze 1934.