SENAREGA
. Famiglia genovese che, venuta dal contado appenninico intorno alla metà del sec. XV, appartenne dapprima alla piccola borghesia bottegaia. Le notizie sicure del più importante ramo della casa cominciano da un Giovanni, nato da un Tomaso formagiaro, che ebbe a figli Ambrogio, notaio e dal 1448 cancelliere della repubblica, e Tomaso, Gerolamo, Gregorio e Giovanni, padroni intorno alla metà del sec. XV di un castello sul Mar Nero alla foce del Danubio, nel territorio di Mocastro, già appartenuto a Genovesi e poi abbandonato, chiamato col nome di Illice (Lerici).
I quattro fratelli con grandi difficoltà acquistarono dai Tartari il castello che aveva molta importanza per il rifornimento granarioi di Caffa, e, ricostruitolo con ingente spesa, lo fecero centro di un largo commercio e luogo di rifugio ai cristiani fuggiti dalle prigioni tatare. Ma ne rimasero per breve tempo in possesso perché nel 1455 alcuni Valacchi di Mocastro tradirono i S. che li avevano riscattati dai Tatari aprendo di notte il castello ai proprî concittadini. Gregorio e Pietro furono malmenati e imprigionati; Tomaso, fuggito da Mocastro ove si trovava, si recò a Caffa ed ebbe dal console una galea, ma non poté far nulla. Gregorio consegnato al voivoda di Valacchia ne ebbe la libertà e la promessa, non mantenuta, di rimetterlo in possesso del castello. La richiesta di soccorso che il cancelliere Ambrogio in unione a Tomaso, frattanto ritornato a Genova, presentò ai protettori di S. Giorgio non ebbe seguito, perché il Banco non credette di impegnarsi in una guerra che poteva assumere pericolose proporzioni, e i S. non riebbero il loro dominio che era stato una sentinella avanzata genovese sul Mar Nero.
Figlio di Ambrogio, che ebbe notevole attività politica, fu Bartolomeo, anche lui cancelliere della repubblica largamente adoperato in missioni diplomatiche, autore di una cronaca scritta per incarico ufficiale che, nella parte conservata, va dal 1488 al 1514, probabilmente anno di morte dell'autore.
Gian Ambrogio suo figlio, anche lui cancelliere, fu ascritto alla nobiltà nel 1528 ed entrò nell'Albergo dei Gentile. Col figlio di lui Matteo, senatore e poi doge nel 1595, la famiglia arrivò al massimo lustro e rimase, sino all'estinzione, avvenuta nel 1776, notevole per ricchezza, per opere di beneficenza e di pietà.
Bibl.: A. Vigna, Codice diplomatico delle colonie tauro-liguri, in Atti Soc. lig. storia patria, VI-VII; G. Heyd, Storia del commercio del Levante nel Medioevo, Torino 1913; specialmente notevole, con l'indicazione delle fonti manoscritte genovesi, l'introduzione di E. Pandiani ai De Rebus Gensuensibus Commentaria, nella nuova edizione dei Rer. Ital. Script., XXIV, viii, fasc. 231. Sul cronista v. anche E. Pandiani, Considerazioni sugli annali di B. S., in Giornale storico letterario della Liguria, 1927, p. 241 segg., e Un cronista genovese del Rinascimento, ibid., 1929, p. 18 segg.; C. Bornate, La nomina di B. S. a cronista ufficiale della Rep. di Genova, in Annuario del R. Istituto tecnico V. E. II, per l'anno 1927-28, e cfr. Giorn. stor. lett. della Liguria, 1929, p. 99; 1931, p. 51 segg.