Vedi Senegal dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
Il Senegal ha costituito una delle aree più importanti di quella che, fino alla metà del secolo scorso, era l’Africa Occidentale Francese, dal momento che qui era posta la capitale di questa porzione di colonie. Proprio grazie a tale retaggio, ancora oggi il paese risulta essere uno dei più sviluppati di tutta l’Africa occidentale, nonostante in alcuni ambiti sia ancora bisognoso di adeguate riforme per consolidare la propria crescita. Un fattore di rilevanza geopolitica e strategica è rappresentato dal fatto che Dakar, la capitale, sia anche il porto più occidentale di tutto il continente africano: ciò rende il paese un importante snodo commerciale e di comunicazione.
Raggiunta l’indipendenza dalla Francia nel 1960, il Senegal ha dato vita nel 1982 a una confederazione con il Gambia – paese che costituisce una sorta di enclave in territorio senegalese – poi sciolta sette anni più tardi per volontà dell’allora presidente senegalese Abdou Diouf. Da allora le relazioni tra i due paesi si sono in parte deteriorate. Sempre a partire dal 1989 si sono incrinati anche i rapporti con la Mauritania, a seguito di alcuni incidenti di frontiera che hanno provocato rivolte in entrambi i paesi, causando centinaia di vittime. Nella regione il Senegal ha relazioni controverse anche con la Guinea Bissau, dal momento che quest’ultima costituisce una base per il movimento secessionista del Casamance, in lotta con il governo centrale di Dakar.
A livello internazionale, invece, il Senegal è storicamente vicino alle posizioni occidentali e, in particolar modo, all’ex madrepatria Francia e agli Stati Uniti. Nel 2005, dopo aver cessato di riconoscere Taiwan, il paese ha instaurato ufficialmente relazioni diplomatiche con la Cina: proprio Pechino, insieme ai paesi arabi del Golfo, rappresenta un nuovo partner economico, grazie agli investimenti per lo sviluppo e agli aiuti economici.
Il Senegal è una repubblica presidenziale caratterizzata da un sistema politico multipartitico, anche se di fatto le forze più influenti si riducono a due: il Parti démocratique sénégalais (Pds) e il Parti Socialiste du Sénégal (Ps). Quest’ultimo è stato ininterrottamente al potere dal 1960 al 2000, anno in cui per la prima volta è subentrato il Pds, grazie all’elezione di Abdoulaya Wade alla presidenza, successivamente confermato nel 2007. Il presidente, in carica per sette anni e per un massimo di due mandati, ha ampi poteri ed è responsabile della politica estera e di difesa del paese, così come della nomina dei vertici del potere giudiziario. Il potere legislativo è di competenza del Parlamento, a struttura bicamerale. La Camera alta è stata reintrodotta proprio dall’attuale presidente nel 2006 ed è composta da 100 membri, di cui 35 eletti e 65 nominati dallo stesso capo di stato. In tal modo, la presidenza si è dotata di un ulteriore strumento di influenza sulla vita politica del paese, incrementando il proprio potere.
Il Casamance è la regione più meridionale del Senegal, compresa tra il Gambia e la Guinea Bissau, ed è abitata prevalentemente da popolazione di etnia Diola. Nel 1982 è nato il Mouvement des forces démocratiques de Casamance (Mfdc), il quale rivendica una maggiore autonomia, se non una vera e propria indipendenza, dal governo centrale di Dakar. Tale richiesta è da ricondurre innanzitutto alla promessa di Léopold Senghor, primo presidente del Senegal, che nel 1960 garantì la futura indipendenza della regione qualora questa si fosse unita al nuovo stato per 20 anni. Tale promessa venne disattesa e nel 1980 vi furono le prime manifestazioni di protesta. Negli anni Novanta il movimento secessionista iniziò una serie di attacchi mirati contro obiettivi militari senegalesi, grazie anche all’appoggio della Guinea Bissau, contro la quale si ritorsero a loro volta le rappresaglie di Dakar. Ad oggi il conflitto ha causato più di 1000 vittime e, sebbene sia stato firmato un accordo di pace nel 2004, si verificano ancora sporadici episodi di violenza da entrambe le parti. Ad alimentare il conflitto vi sono anche le discriminazioni che i Diola subiscono da parte dei Wolof, l’etnia dominante nel paese. La morte nel 2007 di padre Diamacoune Senghor, storico leader del Mfdc, ha poi creato un vuoto di potere e un frazionamento del movimento, rendendo così ancora più difficoltoso il rispetto dell’accordo di pace.
La popolazione del Senegal è etnicamente variegata, sebbene l’etnia Wolof, corrispondente al 43% della popolazione, sia la più influente politicamente ed economicamente. Altre etnie presenti sono i Puhl, pari a circa il 25% della popolazione totale, e i Serer, circa il 15%. Il restante 15-20% appartiene alle etnie Diola (maggioranza nella regione di Casamance), Mandingo e ad altre minoranze. A riprova dell’influenza dell’etnia dominante, la lingua wolof è parlata da circa l’80% della popolazione, nonostante l’idioma ufficiale sia ancora oggi il francese. La grande maggioranza dei senegalesi (più del 90%) è di religione musulmana e nel paese sono presenti gruppi religiosi ispirati alla Fratellanza musulmana, che esercitano un certo peso anche sugli equilibri politici, soprattutto nelle aree rurali.
Il tasso di urbanizzazione è in costante crescita, in linea con l’industrializzazione, e la popolazione è generalmente molto giovane: più del 40% è sotto i 15 anni di età. L’età mediana risulta però in crescita, come conseguenza del tasso di fertilità che, negli anni, si è progressivamente ridotto. Il sistema educativo presenta ancora molte lacune e il tasso di alfabetizzazione risulta minore rispetto alla media dei paesi sub-sahariani. Si registrano inoltre delle forti discrepanze di genere: le donne alfabetizzate sono circa il 30%, contro la media nazionale del 42%. A questa disparità di genere si sovrappone anche quella tra le aree urbane e quelle rurali, molto meno sviluppate.
Il Senegal è una democrazia multipartitica che presenta storicamente un buon livello di tutela dei diritti politici e civili, anche se di fatto i due principali partiti monopolizzano il panorama politico e i processi elettorali sono spesso oggetto di critiche da parte delle formazioni minori, che denunciano scorrettezze. L’attuale presidente Wade è stato più volte accusato di aver accentrato eccessivamente il potere nelle proprie mani e di aver portato il paese verso una forma di autoritarismo.
I sindacati sono influenti e vi è un effettivo ruolo di pressione di tali organizzazioni sul governo; soprattutto nelle città, negli ultimi anni si sono registrati diversi scioperi di protesta organizzati dai movimenti sindacali. Il Senegal è anche un paese ad alto tasso di rifugiati, dal momento che, nella regione, è il terzo paese per numero di rifugiati, provenienti in gran parte dalla vicina Mauritania.
Grazie anche all’aiuto del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale, il Senegal ha messo in atto una serie di riforme volte a liberalizzare il sistema economico, soprattutto durante gli anni Novanta. I risultati di tale processo sono stati altalenanti, ma il paese si caratterizza per essere comunque uno dei più sviluppati e industrializzati dell’Africa occidentale. Nonostante il settore dei servizi sia di gran lunga quello che più incide sul pil, con circa il 63% sul totale, il 70% della popolazione dipende ancora dal settore primario. La pesca e l’agricoltura di alcuni prodotti (tra cui le arachidi) costituiscono infatti la base occupazionale per i tre quarti della popolazione. La pesca rappresenta anche la prima risorsa nei rapporti con l’estero, costituendo circa il 20% delle esportazioni totali del paese. Il settore industriale si concentra prevalentemente sulla costa soprattutto intorno alla città di Dakar, che è anche uno dei porti più rilevanti della regione e un importante hub di transito. Le difficoltà del comparto industriale sono da riscontrare negli alti costi di trasporto, per via di infrastrutture ancora non adeguate (nonostante il Senegal abbia uno dei sistemi viari migliori dell’area), e nella discontinuità di erogazione di energia elettrica. Il terziario è invece trainato dai settori delle telecomunicazioni, del turismo e del commercio. Le telecomunicazioni costituiscono il 7% del pil totale e molte aziende francesi e belghe, sfruttando anche la francofonia del paese, hanno delocalizzato in Senegal le proprie attività di call center.
I rapporti commerciali più importanti sono quelli con la Francia, a testimonianza della permanenza di relazioni stabili con la ex madrepatria, soprattutto per ciò che riguarda le importazioni; rilevanti anche i rapporti con altri paesi europei, come il Regno Unito e i Paesi Bassi. Le esportazioni si concentrano invece soprattutto nella regione dell’Africa occidentale, in primo luogo verso Mali e Gambia, oltre all’India e alla stessa Francia.
In Senegal si concentrano anche molti investimenti esteri, come dimostrato dal progetto di ampliamento del porto di Dakar da parte degli Emirati Arabi Uniti e, sempre per infrastrutture portuali, dal colosso dell’acciaio ArcelorMittal, con sede in Lussemburgo. Un problema strutturale del Senegal è costituito dall’occupazione informale, che costituisce circa il 90% dell’occupazione totale, oltre che dall’alto tasso di disoccupazione. L’inflazione è storicamente mantenuta bassa, invece, grazie all’adesione al Franco Cfa, a sua volta ancorato all’Euro.
Storicamente il Senegal è un paese piuttosto stabile, che non ha subito cambi violenti di regime e non è stato interessato da guerre contro paesi vicini. Ha contribuito alla stabilità senegalese il fatto che le forze armate, a differenza di altri paesi africani, non abbiano mai esercitato una particolare ingerenza nella vita politica interna. Le minacce più rilevanti alla sicurezza e stabilità del paese sembrano piuttosto provenire dalle spinte separatiste della regione del Casamance. Dai primi anni Novanta il Mouvement des forces démocratiques de Casamance (Mfdc) ha infatti alimentato un conflitto a bassa intensità con il governo centrale di Dakar per ottenere l’indipendenza dal Senegal. Il conflitto si è in parte esteso anche alla vicina Guinea Bissau. Nel territorio di quest’ultima, infatti, sarebbero ospitate alcune basi operative dei guerriglieri del Casamance e il Senegal ha sfruttato lo scoppio della guerra civile in Guinea Bissau, nel 1998, per intervenire direttamente nel paese e cercare di estirpare la minaccia proveniente dai ribelli del Mfdc.
Sul piano internazionale, i due partner più importanti del paese in termini di difesa e sicurezza sono la Francia e gli Stati Uniti, che forniscono anche la maggior parte degli equipaggiamenti dell’esercito senegalese. Il Senegal è inoltre tra i paesi africani che più contribuiscono alle missioni di peacekeeping sotto l’egida delle Nazioni Unite e dell’Unione Africana, con quasi 2400 soldati impiegati, soprattutto in Repubblica Democratica del Congo, Darfur e Costa d’Avorio, ma anche in Liberia, Burundi e Ruanda.