SENMURV (avestico saēna-meregha; pehlevico sēn-murv., sīmurgh)
Uccello favoloso attestato nella tradizione letteraria iranicà del I millennio a. C. e nelle arti parthica e sassanide, dalle quali verrà trasmesso a quella islamica e penetrerà anche nel repertorio occidentale.
L'Avesta (Yasht, xii, 1-7; xiv, 41) menziona l'albero che si erge in mezzo al mare Vuru-Kasha (il Caspio) e che è chiamato l'albero dei buoni rimedi, dal momento che su di esso sono i semi di tutte le piante. Su questo mitico albero, detto anche Gokart o Haōma, ha il nido, insieme a un suo compagno (il Khamrōsh), il s., il quale strappa le fronde distribuendo i semi salutiferi sul mondo. È possibile che questa leggenda avestica sia stata influenzata da una concezione vicino-orientale; l'albero dei buoni rimedi ricorda l'albero della vita mesopotamico. Il S. avrà nel territorio persiano lunga vita, perpetuandosene il ricordo nello Shāhnānee firdusiano (XI sec. d. C.), nel poemetto L'intelletto rosso del mistico Suhravardī (XII sec. d. C.), e perfino in un ghazal o lirica religiosa del celebre poeta Hāfiz.
Nell'Avesta il S. è inoltre associato all'eroe di origine aria Verethragna, che sarà una figura caratteristica del periodo sassanide. È menzionato pure nel Bundahishn o "Creazione primordiale" e in altri testi pehlevici; da tutti questi contesti può dedursi che il S. è connesso da un lato con una concezione cosmica, dall'altro con la fertilità rinascente attraverso la diffusione dei semi dell'albero, detto Tuba o del Paradiso nel poemetto di Suhravardī.
Le caratteristiche tipologiche del S. sono date da una simbiosi di membra di uccello e di cane. Nei piatti d'argento parthici e sassanidi, sui bassorilievi rupestri come quello sassanide di Taq-i Bustān, sui tessuti e i tappeti, sui vasi metallici dall'alto collo che giungeranno fino al periodo islamico, il mostro presenta la testa di cane con le mascelle aperte e la lingua forcuta, le zampe anteriori artigliate di felino, la parte posteriore del corpo, la coda arricciata e le ali, di pavone. Entro questo schema iconografico canonico possono tuttavia seguirsi delle modifiche e delle progressive evoluzioni del tipo; così dall'essere fantastico rampante su un piatto parthico del museo di Berlino, che rappresenta un S. dal corpo leonino e dalla testa d'aquila con orecchie equine, assai simile agli esemplari di grifoni ellenistici, si passa al s. su un piatto sassanide dell'Ermitage che ha già assunto un'iconografia diversissima da quello: la parte posteriore del corpo ha perduto le zampe, acquistando un aspetto gonfio ed inorganico e terminando con un'enorme coda fluttuante, che si torce come una fiamma, composta di fitte penne con nervatura centrale; anche la testa, che ha un lungo bargiglio pendente dalla mascella inferiore, assomiglia più a quella di un drago che a quella di un cane.
Recentemente P. O. Harper ha ricercato gli antecedenti iconografici del s. nel mushrushshu, l'animale-attributo di Ningishzida e, in età neo-babilonese, di Marduk, cui l'apparenterebbero il disegno squamato sul collo e la lingua forcuta. Tuttavia, poiché altre caratteristiche somatiche, quali ad esempio la coda di pavone e le ali arricciate, non trovano paralleli nelle antiche arti orientali, lo stesso autore suggerisce che il prototipo del S. sia da ricercarsi nell'ambiente nomade degli inizî del I millennio a. C. (v. scitica, arte). Tuttavia non è stato finora osservato chè anche un modello iconografico ellenistico può aver agito sull'iconografia del senmurv. Un grifone in bronzo proveniente dalla Battriana, del IV sec. a. C. (O. M. Dalton, The Treasure of the Oxus, Londra 1926, n. 194, tav. xxv), il quale presenta le penne delle ali non più rigide come negli esemplari orientali, ma naturalisticamente arricciate, può aver funto da tramite fra il mondo alessandrino e le arti sassanide e islamica, che adottano il s. piegandolo ben presto ad intenti prevalentemente decorativi.
Bibl.: A. U. Pope (ed.), A Survey of Persian Art, I, Londra-New York 1938, pp. 737-38; 795-96; 845; 856; C. V. Trever, Il cane-uccello. Senmurv e Paskudj, Leningrado 1937 (in russo); A. Bausani, Persia religiosa, Milano 1959, passim, in particolare p. 340-41; P. O. Harper, The Senmurv, in Bulletin of the Metropolitan Museum of Art, 1961, p. 95-101; A. Bisi, Il grifone nell'arte dell'antico Irān e dei popoli delle steppe, in Rivista degli Studi Orientali, 1964. Oltre che nelle opere sopra citate, un'esemplificazione dei documenti figurati si trova in F. Sarre, Die Kunst des alten Persien, Berlino 1923, tavv. LXII, XCIV, XCV, XCVIII, CII, CXXI; J. Orbeli-C. V. Trever, Orfévrerie sasanide, Mosca-Leningrado 1935, tavv. XXIII, XXXV, XL, XLII-XLIII, ecc.; U. Monneret de Villard, L'arte iranica, Verona 1954, figg. 30 (piatto parthico del museo di Berlino); 43, 47 (piatto sassanide dell'Ermitage).