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Del Bene, Sennuccio

di Mario Saccenti - Enciclopedia Dantesca (1970)
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Del Bene, Sennuccio

Mario Saccenti

, Poeta stilnovista (Firenze 1275 circa - 1349). S. di Benuccio di Senno del Bene fu di Parte bianca, amico del Petrarca e del Boccaccio, forse per qualche tempo compagno d'esilio di Dante. La fede politica lo portò nel 1312, al seguito dell'imperatore Enrico VII, sotto le mura della sua città, e gli procurò nel 1313 il bando da questa. Ma già egli doveva essere in esilio, e con tutta la sua famiglia, nel 1311: lo attesta l'elenco degli esclusi dalla riforma di Baldo d'Aguglione, mentre un altro documento ci rivela la sua presenza in Milano al principio del 1311, probabilmente per incontrarvi l'imperatore da poco giunto in Italia. Non ha invece solido fondamento la notizia, data per sicura in passato (ad es. dal Carducci Opere XX 204, e dal Ferrari, commento alle Rime del Petrarca, p. 399), di un primo bando nel 1302, che lo accomunerebbe subito a D. e al padre del Petrarca. Dopo il bando del 1313, e certamente dal 1316, risiedette in Avignone, entrando in casa Colonna e svolgendo alti uffici presso e per conto della curia papale, tra cui un'ambasceria in Germania. Grazie a tali servigi, e in seguito all'interessamento di papa Giovanni XXII e del cardinale legato in Toscana, alla fine del 1326 ottenne di rientrare in patria. Ma da Firenze ancora si mosse: nel 1342 fu ospite a Napoli di un illustre conoscente del Petrarca e del Boccaccio, Giovanni Barrili, nel 1345 tornò ad Avignone, forse ospite del cardinale Colonna.

A S. il Petrarca, che per anni si trovò con lui in quotidiani rapporti ad Avignone, rivolse diversi delicati sonetti e un'epistola scherzosa, e diede un posto nel corteo dei poeti del Trionfo d'Amore (né parve irragionevole a commentatori antichi e moderni riconoscere S. nell'" ombra " che si offre di guidare il poeta: " vero amico / ti son e teco nacqui in terra tosca "; ma questa opinione è stata autorevolmente discussa e respinta dal Calcaterra). Il sonetto Sennuccio mio, benché doglioso et solo segna lo sfumare della mestizia per la scomparsa dell'amico nel conforto di saperlo libero dal carcere del corpo e trascorrente pei cieli, e termina con la preghiera a lui di salutare, raggiunto il terzo cielo, Guittone d'Arezzo, Cino da Pistoia, D., Franceschino degli Albizzi e " tutta quella schiera " dei poeti d'amore. In tal modo, qui come nei Trionfi e altrove (nel sonetto Sennuccio, i' vo' che sapi in qual manera leggiamo: " Nocte et dì tiemmi il signor nostro Amore "), Si definisce la materia del poetare di S., e si associano al suo nome quelli di diversi altri poeti, i cui rapporti con S. potevano in qualche modo sconfinare dalla letteratura alla conoscenza personale e all'amicizia. Lo stesso discorso vale per il sonetto boccacciano Or sei salito, caro signor mio, in morte del Petrarca: " Or con Sennuccio e con Cino e con Dante / vivi, sicuro d'eterno riposo, / mirando cose da noi non intese ".

Il gracile e aggraziato canzoniere di S. riflette invero l'attardarsi della poesia stilnovista oltre il primo decennio del Trecento, a ogni passo riecheggiando concetti, situazioni, modi linguistico-stilistici dei due Guidi, di Lapo Gianni, di D., di Cino, e al contrario poco acquisendo dalla contemporanea e ormai dominante lezione petrarchesca. Ne restano quattordici poesie: sei sonetti, due sonetti caudati, tre canzoni, due ballate e una lauda.

La canzone Da poi ch'i' ho perduta ogni speranza, per la morte di Enrico VII, fu nel secolo scorso attribuita dal Witte (" L'Antologia ", 1826) a D., secondo le precarie indicazioni di tardivi codici e di una primo-cinquecentesca edizione di antiche rime; dal Trivulzio (opuscolo stampato a Milano, 1827) a Cino, con argomenti pure assai fragili, e questa volta solo contenutistici. In realtà ogni possibile ragione interna ed esterna riconduce il componimento a S., come provò già il Fraticelli. Tale componimento offre poi un particolare motivo d'interesse nei versi di congedo relativi al marchese Franceschino Malaspina, versi che, indicando la corte ghibellina di Lunigiana come facile luogo, per S., di sosta e quindi d'incontro e amicizia con altri esuli, ispirarono al giovane Carducci l'‛ idillio storico critico ' Poeti di parte bianca.

Ha suggerito una relazione fra S. e D. anche il sonetto Sennuccio, la tua poca personuzza, che ha il suono di una risposta d'Amore, tra derisoria e affettuosa, alla canzone di S. Amor, tu sai ch'io son col capo cano, e viene attribuito, nel solo e alquanto infido codice che lo contiene (Chigiano L IV 131), a D.: " Pure - ha osservato il Barbi (Le opere di D., ediz. della Società Dantesca, p. 140) - rivela un artista non mediocre e un sentimento di superiorità che non disdice a Dante; e... non è da escludere che Dante nell'esilio s'inducesse a scherzare così col suo compagno di sventura ". Si aggiunga che la canzone, nella quale S. esprime il disagio procuratogli da un suo innamoramento senile, contiene il verso " Tu quel che a nullo amato amar perdona ". Ancora il Barbi ne ha ragionato così: " potrebbe darsi che quel verso fosse già scritto da Dante e conosciuto da Sennuccio; o che, notato da Dante in quella canzone, gli rifiorisse nella memoria scrivendo il canto V dell'Inferno ". Per il Contini tuttavia quel verso " risalirà a

Inf. V 103, piuttosto che il contrario " (ad l.). D'altra parte il sonetto sennucciano Punsemi il fianco amor con nuovi sproni, che accompagna la canzone, par riprendere il v. 12 (Ben può con nuovi spron punger lo fianco) del sonetto dantesco Io sono stato con Amore insieme. E si è più volte rilevato (dal Parodi al Billanovich) che lo stesso sonetto sennucciano, in taluni versi, ricorda espressioni dell'epistola dantesca a Moroello Malaspina Ne lateant dominum vincula servi sui (Ep IV 1), saldata alla canzone Amor, da che convien pur ch'io mi doglia.

Bibl. - F. Trucchi, Poesie italiane inedite di dugento autori, II, Prato 1846, 65-69; D.A., Canzoniere, a c. di P. Fraticelli, Firenze 1856, 301-312; G. Carducci, Rime di Cino da Pistoia e d'altri del secolo XIV, ibid. 1862, 228-242 (la prefazione, col titolo Cino da Pistoia ed altri rimatori del secolo XIV, in Opere, XX 167-229: su S., 203-205); ID., Cantilene e ballate, strambotti e madrigali nei secoli XIII e XIV, Pisa 1871, 86-88; ID., Antica lirica italiana (canzonette, canzoni, sonetti dei secoli XIII-XV), Firenze 1907, colonne 85, 330, 331, 336, 337; F. D'Ovidio, Ancora di S. del B. e ancora dei lauri del Petrarca, in " Atti R. Accad. Scienze Morali e Politiche della Società Reale di Napoli " XXIII (1889) 141-148 (rist. in Studii sul Petrarca, e sul Tasso, Napoli 1926, 159-170 [" Opere di Francesco D'Ovidio " XI]); F. Flamini, Studi di storia letteraria italiana e straniera, Livorno 1895, 10-13; O. Zenatti, D. e Firenze, Firenze s.a. [1902] 517-518; A. Della Torre, Una notizia ignorata su S. del B., in " Arch. Stor. Ital. " s. 5, XXXIX (1907) 431-435; S. Debenedetti, Notizie biografiche dei rimatori italiani dei secoli XIII e XIV, in " Giorn. stor. " XLIX (1907) 330; G. Volpi, Rime di trecentisti minori, Firenze 1907, 27-39; E. G. P[Arodi], in " Bull. " XVII (1910) 79-80; T. L. Rezzo, Sulla guida dei " Trionfi ", in " Giorn. stor. " LXXXI (1923) 272-285; M. De Szombathely, Le rime di S. del B., Bologna-Trieste 1925; A. M. Cuomo, Le rime edite e inedite di S. del B., Salerno 1926; A. L. Silvestro, S. del B., Catania 1931; D. Bianchi, Intorno alle Rime disperse del Petrarca. Poesie e abbozzi tratti da carte autografe, in " Boll. Stor. Pavese " III (1940) 33-43; C. Calcaterra, Nella selva del Petrarca, Bologna 1942, 145 ss.; B. Croce, Poesia popolare e poesia d'arte, Bari 19462, 112-114; G. Billanovich, Petrarca letterato, I, Roma 1947, passim (spec. 79-83); A. Altamura, Il canzoniere di S. del B., Napoli 1949; N. Sapegno, Il Trecento, Milano 19552, 56-58; ID., Poeti minori del Trecento, Milano-Napoli 1952, 43-45; V. Branca, Boccaccio medievale, Firenze 1956, 168-169; G. Billanovich, Tra D. e Petrarca, in " Italia medioev. e uman. " VIII (1965) 3, 5, 40, 43; G. Petrocchi, in Storia della letteratura italiana diretta da E. Cecchi e N. Sapegno, II, Milano 1965, 683-685.

Vedi anche
Dante Alighièri Dante Alighièri. - Poeta (Firenze, tra il maggio e il giugno 1265 - Ravenna, notte dal 13 al 14 settembre 1321). Della madre, che dovette morire presto, non sappiamo che il nome, Bella; il padre, Alighiero di Bellincione di Alighiero, morto intorno al 1283, apparteneva a una famiglia di piccola nobiltà ... Convenévole da Prato Convenévole da Prato. - Grammatico (Prato tra 1270 e 1275 - ivi 1338). Fu maestro di Petrarca a Carpentras (1313-16). Autore, sembra, di un mediocre poema in versi leonini (inedito), diretto a Roberto d'Angiò per esortarlo a soccorrere Roma in preda ai disordini durante la permanenza dei papi ad Avignone. ... Viscónti, Giovanni Viscónti, Giovanni. - Figlio (n. 1290 - m. 1354) di Matteo I e di Bonacossa Borri. Fu vescovo e signore di Novara (1332), signore di Milano (1339), dove, dopo la morte del fratello Luchino, intervenne nella successione della signoria di Milano, facendo reintegrare in essa i nipoti Matteo II, Galeazzo ... Francesco Petrarca Petrarca (lat. Petrarca), Francesco. - Poeta e umanista (Arezzo 20 luglio 1304 - Arquà, od. Arquà Petrarca, Francesco, tra il 18 e il 19 luglio 1374). Nato ad Arezzo da Eletta Canigiani e da ser Pietro di ser Parenzo dell'Incisa in Valdarno, che era stato bandito da Firenze nel 1302 per dissidî personali ...
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Vocabolario
bène¹
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bène²
bene2 bène2 s. m. [dall’avv. bene1]. – 1. a. Ciò che è buono in sé, cioè perfetto nella compiutezza del suo essere o nel suo valore morale, e quindi oggetto di desiderio, causa e fine dell’azione umana: tendere, aspirare al b.; il sommo...
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