sensibile
Il termine vale sia " che può sentire " o " capace di sentire " (designando il soggetto della sensazione), sia " che può essere sentito " (e indica ciò che è oggetto di sensazione, ciò che cade sotto i sensi); si contrappone a ‛ insensibile ' (v.), ‛ intellettuale ' (v.), ‛ intelligibile ' (v.).
1. In VE II X 1 si dice che l'uomo è animale ragionevole, e che l'animale è corpo e anima s. (sensibilis anima et corpus est animal); " anima s. " è anima capace di sentire (cfr. anima sensitiva, Cv IV VII 15), essendo quella nella quale il sentire è la facoltà più alta; in Cv III IX 9 lo spirito visivo... a la parte del cerebro dinanzi, dov'è la sensibile virtude sì come in principio fontale, subitamente sanza tempo la [forma s.] ripresenta, la virtù s. è la capacità di sentire, operante grazie alla mediazione dello spirito animale, e ha con questo la sua sede nella parte anteriore del cervello (v. PERCEZIONE); lo spirito (v.) animale è il veicolo delle sensazioni e opera nei vari organi (cfr. II XIII 24 lo spirito sensibile che riceve lo suono). Infine, occhi sensibili (I XI 4) sono gli occhi che hanno sensazioni, contrapposti al lume de la discrezione che è l'occhio dell'intelletto.
Con il valore di " proprio dei sensi ", s. occorre in Cv III III 12 (sensibile dilettazione, il diletto dei sensi) e in VI 11 (sensibile testimonianza, l'argomento fornito dai sensi).
2. Quando si riferisce a ciò che è oggetto dei sensi, s. qualifica una cosa materiale; si noti l'occorrenza di Cv III XII 6 sensibile cosa, equivalente al sensibile del § 7 (v. oltre). In II XIV 9 si afferma che delle cose sensibili... tratta la Fisica, mentre delle cose che sono sanza materia, che non sono sensibili... tratta la Metafisica (v. FISICA; metafisica). L'ordine sensibile di III VII 6 è quello che risulta dai rapporti tra le cose materiali che possiamo percepire (vedemo), ed è piccola sezione dell'ordine intellettuale de l'universo, per il quale gli esseri costituiscono una gerarchia di forme, e quindi di perfezioni (v. FORMA; ordine).
In Cv II III 6 si dice che per Tolomeo vi sono nove cieli, lo sito de li quali è manifesto e diterminato, secondo che per un'arte che si chiama perspettiva, e [per] arismetrica e geometria, sensibilmente e ragionevolmente è veduto, e per altre esperienze sensibili (cfr. Alb. Magno Metaph. XI 2, 22 " Astrologia... tales motus [delle sfere] ex tribus investigat, ex visu videlicet, ex ratione et instrumentis "); in verità il nono cielo o Primo Mobile non è sensibile se non per questo movimento da oriente a occidente (§ 7), a giustificare il quale esso è stato postulato. In Pd XXVIII 49 mondo sensibile è il mondo conosciuto per mezzo dei sensi.
A parlare di cose non s., in particolare di Dio, D. fa ricorso (in III XII 6) al sole corporale e sensibile (già in VII 3 si era tratto un sensibile essemplo... dal sole per chiarire un processo che non è oggetto dei sensi; cfr. Pd X 54), la cui sensibile luce (cfr. Rime CII 50) opera in modo analogo a quello della luce intellettuale di Dio (Cv III XII 7). In III 9 per la natura terza, cioè de le piante, ha l'uomo amore a certo cibo, non in quanto è sensibile, ma in quanto è notribile, il certo cibo (specificato ulteriormente nel testo come quello cotale cibo che fa l'opera di questa natura perfettissima, e distinto da l'altro che falla imperfetta) è quello che è notribile, " atto a nutrire " l'uomo, quindi " nutritivo "; poiché l'assimilazione è operazione della vegetativa, quel cibo è in rapporto con questa facoltà, non con la sensitiva, e dunque non è " oggetto dei sensi " (sensibile); è da notare che alcuni interpreti preferiscono riferire notribile e sensibile a uomo piuttosto che a cibo. Il sentire è operazione della natura quarta, quella dell'animale, grazie alla quale l'uomo ama secondo la sensibile apparenza, sì come bestia (§ 10; ‛ apparenza s. ' è l'aspetto delle cose colto dai sensi). Cfr. VIII 3 sensibile bellezza, che può essere colta dai sensi.
In forma sostantivata il termine occorre nella locuzione sensibili [comuni], che designa le cose che con più sensi comprendiamo (in opposizione al s. proprio, oggetto di un solo senso), e che sono la figura, la grandezza, lo numero, lo movimento e lo stare fermo (IX 6); nei sensibili comuni, ricorda D., lo senso spesse volte è ingannato (IV VIII 6); ma il termine ricorre anche in III XII 7, a designare ciò che può essere colto con i sensi, quindi una " cosa corporale ", e in Pg XXXII 15, a indicare l'effetto della vista.