Sensore
(App. V, iv, p. 722 )
La rilevazione delle grandezze fisiche e chimiche caratterizzanti sistemi, apparati, processi e ambienti di vario genere assume sempre maggiore importanza nella tecnica moderna ed è affidata a opportuni dispositivi, di diversa tipologia, classificabili come sensori. L'evoluzione nel campo dei s. è stata estremamente rapida e radicale e riguarda sia il tipo di grandezza fisica o chimica da rilevare, sia la sensibilità e la rapidità con cui la rilevazione può essere effettuata; grazie alle tecniche di miniaturizzazione, in taluni casi simili alle tecniche sviluppate nell'ambito dei circuiti integrati, i s. sono realizzati in forma sempre più compatta e integrata. La connessione di uno o più s. a sistemi di elaborazione, effettuata tramite appositi sistemi di acquisizione di dati, rende inoltre i s. stessi capaci di interagire con l'ambiente esterno, moltiplicandone le potenzialità.
Moltissimi sistemi e apparati sono dotati di s. che ne migliorano le prestazioni, spesso in modo sostanziale e con risultati non altrimenti ottenibili. Per es., nelle automobili, un tempo quasi del tutto prive di s., sono ormai inseriti vari tipi di dispositivi, in grado di verificare il corretto funzionamento di parti e sottosistemi, a tutto vantaggio della sicurezza, della prevenzione di guasti e del controllo delle condizioni di inquinamento ambientale. Sono così inseriti s. di tipo fisico, in ausilio all'impianto elettrico e agli apparati meccanici, e s. di tipo chimico, per controllare in tempo reale le condizioni di funzionamento dell'apparato motore e le caratteristiche dei gas di scarico. L'insieme di tali s. genera un flusso di informazioni, spesso fra loro correlate, che è necessario analizzare in tempo reale per modificare in modo opportuno le condizioni di funzionamento e i parametri critici o per rendere nota la presenza di eventuali problemi visualizzabili su display. Ciò rende necessario l'uso di particolari sistemi di elaborazione, in grado di acquisire, memorizzare, elaborare tali informazioni. I moderni s. sono pertanto sempre collegati a sistemi di acquisizione di dati; in molti casi, sia per problemi di costo, sia per problemi di affidabilità, i s. possono essere integrati con una parte o con tutto il sistema di acquisizione. Inoltre, specialmente per sistemi non troppo complessi, lo stesso elaboratore non è un dispositivo di caratteristiche e di uso generali, ma è realizzato appositamente per eseguire i compiti previsti, rispettando le specifiche di tempo reale quando queste sono necessarie.
Nella voce sensore dell'App. V sono presentati alcuni s. di grandezze fisiche e le principali classi di s. di grandezze chimiche; è fatto altresì cenno sia ai s. a fibra ottica, utilizzabili per rilevare entrambi i tipi di grandezze, sia alle matrici di s., che consentono prestazioni sempre più sofisticate. Il grandissimo sviluppo dei s. negli anni Novanta ha reso necessario riprendere l'argomento in questa Appendice, sia per tentarne un'organica classificazione, ove i s. basino il loro funzionamento su principi e tecnologie già da tempo noti, sia per illustrare i dispositivi dell'ultima generazione. Alla trattazione dei s. di grandezze fisiche e dei s. di grandezze chimiche viene fatta seguire una trattazione dei sistemi di acquisizione cui pervengono i segnali messi a disposizione dai s. stessi e che provvedono alla memorizzazione e al trattamento dei segnali in oggetto. Per ulteriori informazioni su tali sistemi si rimanda alla voce elaboratori elettronici in questa Appendice, mentre per un approfondimento sugli aspetti relativi all'hardware dei dispositivi, si rimanda alla voce microelettronica, anch'essa presente in questa Appendice.
Sensori di grandezze fisiche
di Roberto Steindler
La rilevazione delle grandezze fisiche viene realizzata mediante s., i quali ne effettuano la misura mettendo a disposizione segnali sotto forma di tensioni elettriche, in genere acquisite e memorizzate mediante opportuni dispositivi (v. oltre: Sistemi di acquisizione). Va puntualizzato al riguardo che soltanto una categoria molto limitata di s. fornisce direttamente una tensione elettrica, e quindi, nella maggioranza dei casi, per ottenere tale risultato sono necessarie successive conversioni ed elaborazioni della grandezza rilevata. I s. che operano in base ai principi di seguito illustrati sono in molti casi noti da tempo, e diffusamente commercializzati, mentre, in altri casi, sono ancora in fase di ricerca. Da alcuni anni vengono inoltre studiati, e cominciano a essere prodotti, s. che utilizzano fibre ottiche per il rilevamento delle grandezze d'interesse.
Il processo di rilevazione implica un trasferimento di energia dalla grandezza fisica al s.: a seconda del tipo di trasduzione effettuato, la grandezza fornita dal s. stesso (grandezza di uscita, in contrapposizione alla grandezza di ingresso, che è quella rilevata) può essere di natura meccanica o di natura elettrica.
Sensori primari e secondari di tipo analogico
I sensori a uscita meccanica possono utilizzare come elemento sensibile (interfaccia): un dispositivo di contatto; un dispositivo elastico e pertanto deformabile; un dispositivo dotato di inerzia, in particolare una massa sismica; un dispositivo termodilatabile; un dispositivo idropneumatico. In tab. 1 sono riportati i s. a uscita meccanica con riferimento alle grandezze che possono essere rilevate. In particolare, i s. a contatto sono semplici elementi di trasmissione; quelli elastici sono sensibili a sollecitazioni e quindi a forze, coppie, pressioni ecc.; quelli a inerzia convertono accelerazioni in altre grandezze; quelli termodilatabili possono essere impiegati come s. di temperatura per applicazioni di laboratorio e industriali; quelli idropneumatici, se dinamici, frenano o, al limite, arrestano correnti fluide, convertendone le velocità in variazioni di pressione in base al principio di Bernoulli. I s. del tipo indicato in tab. 1 non rientrerebbero fra quelli oggetto di questa trattazione se, come puntualizzato, la grandezza meccanica di uscita non venisse successivamente convertita in una grandezza elettrica; essi vanno pertanto considerati come sensori primari da accoppiare a uno dei successivi trasduttori, di seguito esaminati, che vanno in tal caso considerati come sensori secondari.
I sensori a uscita elettrica possono essere di due tipi: passivi e attivi. I primi sono componenti passivi nei quali un qualche parametro elettrico, quale la resistenza, la capacità o l'induttanza (autoinduttanza o mutua induttanza), dipende dalla grandezza fisica d'interesse o dalle sue variazioni. I secondi utilizzano invece un effetto fisico (termoelettrico, piezoelettrico, fotoelettrico, di induzione elettromagnetica ecc.) in grado di generare una f.e.m. (tensione elettrica). Anche dai s. passivi si può ottenere una tensione mediante opportuno circuito elettrico: si utilizza allo scopo un ponte di Wheatstone nel caso di piccole variazioni di resistenza, capacità o induttanza, oppure un più semplice circuito voltamperometrico nel caso che tali variazioni siano più elevate; ponti e circuti voltamperometrici funzionano in corrente continua o alternata a seconda che si abbia a che fare con s. resistivi o con s. induttivi o capacitivi. In tab. 2 sono mostrati alcuni s. elettrici di tipo passivo, con i relativi circuiti che generano la tensione di uscita, mentre in tab. 3 sono riportati alcuni s. di tipo attivo.
Tralasciando una descrizione dettagliata di ciascun s., si ricorda che variazioni di resistenza possono essere provocate da elementi di contatto (s. potenziometrici, per spostamenti lineari o angolari), da sollecitazioni (s. di deformazione, noti come estensimetri elettrici a resistenza o strain gage), da variazioni di temperatura che possono anche essere provocate da scambi di calore con correnti fluide (s. termometrici o termoresistenze e s. anemometrici, fig. 1); una variazione di capacità può essere provocata da una variazione di distanza fra le armature (s. di spostamento, s. di sollecitazione), di dielettrico (s. di livello, costituiti da condensatori cilindrici riempiti di un liquido fino a una certa quota, di aria nella parte restante, fig. 2); una variazione di induttanza può essere provocata da una variazione di riluttanza di un circuito magnetico soggetto a spostamenti.
Si fa inoltre cenno ad alcuni esempi di accoppiamento tra s. primari e secondari. Un s. di accelerazione può essere realizzato mediante una massa sismica che converte l'accelerazione in una forza (s. primario) e un dispositivo piezoelettrico che converte la forza in una carica elettrica (s. secondario), e quindi in una tensione. Un s. di pressione può essere realizzato mediante una membrana elastica che converte la pressione in una deformazione, e un estensimetro elettrico a resistenza che converte la deformazione in una variazione di resistenza (fig. 3); un circuito a ponte converte infine la variazione di resistenza in una tensione elettrica. Un s. di pressione può essere altresì costituito da un dispositivo piezoresistivo che fa corrispondere a ogni valore della pressione un valore della resistenza, a sua volta rilevato mediante un circuito voltamperometrico. Un s. di spostamento, infine, può essere costituito da un dispositivo di contatto che trasmette gli spostamenti rilevati al nucleo ferromagnetico di un s. induttivo a trasformatore differenziale (LVDT, Linear Variable Differential Transformer, fig. 4). Per quanto riguarda i s. di temperatura, si può ricorrere a un sottile filamento di platino la cui resistenza varia al variare della temperatura, o a una termocoppia che utilizza l'effetto termoelettrico; a una maggior precisione del s. resistivo, si contrappone una maggior rapidità di quello termoelettrico, di più semplice utilizzazione.
Gli esempi citati evidenziano un fatto di particolare importanza: se per rilevare una grandezza meccanica o termica vengono utilizzati specifici s., i procedimenti per ottenere le tensioni elettriche, una volta effettuata la conversione fra grandezza meccanica e grandezza elettrica, sono spesso simili, per cui si può far ricorso, allo scopo, a strumenti simili (ponti, filtri, amplificatori ecc.). Ciò consente di realizzare una vasta gamma di s. senza per questo dover associare a ciascuno di essi un insieme di dispositivi di elaborazioni dedicati.
Sensori di tipo digitale
I s. sin qui esaminati forniscono segnali (e quindi tensioni) analogici, che possono essere visualizzati mediante strumentazione analogica o essere convertiti in segnali digitali da inviare a sistemi di acquisizione. Tuttavia alcuni tipi di s. forniscono direttamente segnali di tipo digitale, a tutto vantaggio dei successivi procedimenti di elaborazione. In tab. 4 sono riportati esempi tipici di tali sensori. In generale, essi sono costituiti da elementi graduati (encoder) che forniscono un segnale numerico in codifica binaria o generano treni di impulsi che vengono inviati a un contatore. In fig. 5 è riportato un s. di portata costituito da una turbina con riferimento magnetico sulle estremità delle pale: una bobina rileva il passaggio di ciascuna pala grazie agli impulsi indotti dalle variazioni di riluttanza.
Sensori a fibra ottica
I s. a fibra ottica possono essere classificati, a seconda del principio di funzionamento, in s. di intensità e s. di fase; mentre, a seconda dell'utilizzazione della fibra ottica, si parla di s. intrinseci, nei quali la fibra ottica 'sente' la grandezza da rilevare, e di s. estrinseci, nei quali la fibra ottica funge da veicolo per l'informazione da rilevare e trasmettere. Nei s. di intensità (FOAS, Fiber Optic Amplitude-modulated Sensors) viene modulata l'intensità della luce che percorre le fibre; questi s., i primi del genere a essere realizzati, utilizzano generalmente fibre (o fasci di fibre) multimodo.
Si descrivono di seguito due tipi di s. di intensità. Un s. di spostamento, di tipo estrinseco, può essere realizzato utilizzando un fascio di fibre multimodo, parte trasmittenti e parte riceventi, in cui la luce emessa dalle fibre trasmittenti viene riflessa da una superficie-riferimento; se l'estremità del s. è a contatto con la superficie, la riflessione è nulla; man mano che il s. si allontana, aumenta linearmente l'intensità della luce riflessa (captata dalle fibre riceventi del s.) fino a un valore di picco; superata una certa distanza l'intensità diminuisce. Si possono misurare, utilizzando tali s., non soltanto spostamenti, ma anche grandezze che provocano spostamenti. Un s. di temperatura, di tipo intrinseco, può essere realizzato utilizzando l'autoemissione di una fibra all'aumentare della sua temperatura: in pratica, una parte della fibra, quella immersa nel corpo o nell'ambiente che si riscalda, genera una radiazione (nell'infrarosso), che viene trasmessa dalla parte restante della fibra fino al dispositivo fotorivelatore.
A partire dagli anni Ottanta si sono affermati i s. di fase di tipo interferometrico (FOIS, Fiber Optic Interferometric Sensors). Il loro funzionamento è basato sull'interferenza fra due fasci ottici: quello di misura, convogliato nella fibra (di tipo monomodo), e quello di riferimento; entrambi i fasci sono ottenuti per divisione da un fascio laser di elevata coerenza e poi confrontati per determinarne la differenza di fase. Poiché tale determinazione può essere spinta fino al milionesimo di radiante, la sensibilità di questi s. è elevatissima.
Lo sviluppo dei s. interferometrici si è realizzato di pari passo con l'affermarsi delle comunicazioni in fibra ottica, grazie all'impiego di componenti optoelettronici di elevata affidabilità utilizzati per dividere, miscelare, modulare, rilevare i dati convogliati nelle fibre stesse. In tab. 5 sono riportati i principali tipi di s. interferometrici intrinseci ed estrinseci. Si descrivono a titolo di esempio alcuni di tali s., facendo cenno alle possibili applicazioni.
Un s. di deformazione (estensimetro a fibra ottica) è un dispositivo che può essere reso solidale alla struttura in esame; al limite, nel caso di una struttura cementizia, il s. può essere inserito in fase di getto nel conglomerato stesso. La deformazione della struttura in esame provoca un allungamento (o un accorciamento) della fibra ottica e una variazione del suo stato di rifrangenza; tutto ciò dà luogo a una variazione del cammino ottico della luce, che viene poi rilevato con tecnica interferometrica. Analogamente a quanto accade per gli estensimetri elettrici a resistenza, gli estensimetri a fibra ottica possono essere utilizzati come s. di pressione o di forza, se applicati a elementi elastici. Un s. di temperatura (termometro a fibra ottica) può essere realizzato disponendo una fibra ottica nel mezzo in cui si vuole misurare la temperatura; le variazioni di temperatura provocano un allungamento della fibra e una variazione del suo indice di rifrazione e, quindi, del cammino ottico della luce.
Fra i s. estrinseci, è tipico il caso dei s. di vibrazione: inviando, tramite fibra, e mediante apposita sonda, una radiazione laser su un elemento meccanico in vibrazione, la radiazione viene riflessa dall'elemento, raccolta dalla sonda, riconvogliata in fibra; l'andamento della vibrazione viene, al solito, rilevato facendo interferire la radiazione riflessa con una radiazione di riferimento.
Come già accennato, i s. a fibra ottica cominciano a essere commercializzati; sono commercializzati altresì i componenti optoelettronici che completano le catene di misura e che svolgono funzioni analoghe (in particolare, l'invio di un fascio di luce laser alla fibra, il rilevamento del segnale per via interferometrica). Come nel caso dei s. elettrici, si utilizza quindi la stessa strumentazione. Il vantaggio fondamentale dei s. a fibra ottica rispetto a quelli elettrici, oggi comunque più usati, è quello di poter operare in un ambiente ostile dal punto di vista elettromagnetico; è quindi prevedibile un'ampia diffusione di tali s. soprattutto quando sono presenti disturbi di questa natura.
Ricerche avanzate nel campo dei sensori
Le attuali ricerche nel campo portano a una sempre più spinta miniaturizzazione dei s., ricorrendo in particolare a film sottili per rispondere alle esigenze di vari settori (automazione, industria robotica, biomedicina); in tutti i casi è importante perturbare quanto meno possibile l'ambiente in cui si opera: allo scopo rivestono grande importanza anche i s. a fibra ottica; notevole importanza riveste inoltre il problema di rivelare le mappe delle grandezze di interesse.
Nel campo dell'automazione, particolare interesse viene manifestato per i s. di spostamento. Utilizzando per es. l'effetto magnetoresistivo (la resistenza elettrica di un conduttore magnetizzabile come il permalloy varia in presenza di un campo magnetico), si può applicare un magnete all'estremità di un corpo rotante e rilevarne gli spostamenti angolari mediante un foglio di permalloy; sempre utilizzando lo stesso effetto, con più elementi magnetici sulla periferia di un albero e un elemento magnetoresistivo affacciato ai suddetti elementi, si può realizzare un s. digitale (fig. 6). Un s. induttivo di modestissimo ingombro può essere realizzato facendo generare un campo magnetico a elevatissima frequenza da un microavvolgimento primario e rilevando la tensione indotta in due microavvolgimenti secondari complanari; i campi indotti nei secondari vengono modificati da riferimenti conduttori (denti) dell'elemento di cui si vogliono rilevare spostamento e velocità; il principio è quello dell'LVDT, l'ingombro estremamente limitato. Più semplicemente, nei s. potenziometrici si può sostituire all'elemento di contatto un accoppiamento capacitivo (o induttivo) evitando problemi dovuti alla resistenza di contatto e alla conseguente non linearità del segnale.
In campo industriale, s. di temperatura senza contatto vengono realizzati utilizzando tecniche CMOS (Complementary MOSFET, Metal Oxide Semiconductor Field Effect Transistor): è possibile ottenere termopile formate da serie di termocoppie; per es., un chip di 5,2 mm×1,8 mm contiene 8 termopile (con 26 termocoppie per termopila), costituite da polisilicio drogato negativamente e alluminio; è altresì possibile utilizzare l'effetto piroelettrico (polarizzazione elettrica di un materiale come il tantalato di litio LiTaO₃ al variare della temperatura): in questo caso un chip contiene 256 elementi sensibili con passo minimo di 50 μm. Un s. di portata per gas può essere realizzato con un capillare comprendente due s. di temperatura e un elemento riscaldante fra i due (fig. 7): la differenza fra i segnali dei s. termici è proporzionale alla portata di gas; il dispositivo non strozza la vena fluida e non ha parti mobili che provocano perdite di carico. Interessanti prospettive vengono offerte dai s. a SAW (Surface Acoustic Wave), cioè dai s. a onda acustica di superficie: questi s. sono formati da un substrato piezoelettrico a superficie piana e con riferimenti metallici sulla superficie stessa; utilizzando l'effetto piezoelettrico, un apposito dispositivo converte un segnale elettrico (per es., una sequenza di impulsi) in un'onda di superficie che si propaga e viene riflessa dai riferimenti metallici verso il dispositivo che riconverte le riflessioni in segnali elettrici; il ritardo tra i segnali emessi e quelli ricevuti dipende dalle distanze dei riferimenti; con un'antenna connessa al dispositivo di conversione e riconversione si può operare senza fili e si possono rilevare variazioni di grandezze che provocano variazioni delle dimensioni dei s. a SAW: si realizzano così s. di temperatura, s. di pressione, s. di accelerazione ecc.
Nel settore robotico e in quello biomedico assumono grande importanza i s. di pressione utilizzati come s. di presa e di scivolamento. Un dispositivo utilizzabile allo scopo può essere costituito da un condensatore a facce piane parallele (per es., quadrate), con interposto un dielettrico flessibile: con due sottili elettrodi continui si può rilevare una pressione normale, variando la capacità del condensatore al variare della pressione stessa; se uno dei due elettrodi è diviso in quattro parti, si hanno quattro condensatori le cui capacità variano anche al variare degli sforzi di taglio. Interessanti ricerche sono in atto per rilevare mappe di pressione: allo scopo si può realizzare un array (matrice) di s. con un foglio piezoresistivo e due insiemi di conduttori rettilinei, fra loro perpendicolari, che fanno capo al foglio sensibile (fig. 8); a ogni punto di incrocio di questi ultimi corrisponde un elemento sensibile dell'array e 2n conduttori (invece di 2n² indipendenti) sono sufficienti per tracciare una mappa; s. di questo tipo possono avere utili applicazioni diagnostiche (per es., nel rilevamento delle pressioni del piede durante il cammino) ed ergonomiche (mappe delle pressioni di presa di un oggetto di forma diversa).
Numerose sono, nel campo della strumentazione biomedica, le applicazioni delle fibre ottiche: negli endoscopi si fa uso da tempo di fibre ottiche per la trasmissione di immagini. Più recenti sono le applicazioni delle fibre stesse come s. intrinseci; negli strumenti per litotrisia, per es., si possono rilevare le onde di pressione che servono a frantumare i calcoli con fibre ottiche disposte nei fuochi delle sorgenti di ultrasuoni: gli spostamenti delle estremità delle fibre, provocati dalle onde stesse, sono rilevati con tecniche interferometriche analoghe a quelle utilizzate negli interferometri Michelson; i dispositivi sono molto meno ingombranti rispetto a quelli tradizionali.
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Sensori di grandezze chimiche
di Arnaldo D'Amico, Corrado Di Natale
I s. di grandezze chimiche sono dispositivi a stato solido in grado di reagire in presenza di concentrazioni di ioni o di molecole neutre (analiti) in fase liquida o in fase gassosa. Essi forniscono generalmente come risposta il cambiamento di una o più delle loro caratteristiche chimico-fisiche (variazione del momento di dipolo interno, della massa, della temperatura ecc.), oppure variazioni di natura ottica (per es., cambiamenti dell'indice di rifrazione). In tutti i casi questi s. devono utilizzare sistemi di trasduzione che consentano il passaggio dell'informazione proveniente dall'ambiente chimico a un segnale elettrico od ottico adatto a successive elaborazioni.
I s. di grandezze biologiche, d'altro canto, tenuto conto di varianti d'ingresso del s., che attengono essenzialmente il tipo di materiale utilizzato (per es., enzimi, antigeni) nei meccanismi di interazione con gli analiti, possono essere visti come particolari s. di grandezze chimiche per cui, nel seguito, si farà riferimento al caso più generale dei s. chimico-biologici, specificando le diversità caso per caso, per gli esempi considerati come riferimenti.
Un'idea dell'importanza del settore dei s. di grandezze chimiche e/o biologiche si può avere considerando la varietà di specie chimiche e/o biologiche di cui può essere necessaria la misura. Un elenco in tal senso, certamente non esaustivo, è riportato in tab. 6, sulle base delle specifiche aree di pertinenza, tra quelle oggi ritenute più rilevanti.
Per sottolineare l'importanza delle misure di concentrazioni di molecole nel corpo umano, si può citare il caso del monossido di azoto, che svolge diverse funzioni fondamentali come: modulatore della funzione cardiaca, neurotrasmettitore, neuroprotettore e/o neurotossico. Inoltre, la sua presenza riveste un ruolo significativo nei seguenti contesti: apoptosi (morte cellulare programmata); fattori di trascrizione; recettori di membrane; enzimi.
Principio di funzionamento e tipologia dei sensori
In fig. 9 è mostrata la struttura di principio di un s. chimico e di un s. biologico, che si differenziano essenzialmente nella parte iniziale, dove si manifesta l'azione sensibile nei confronti delle specie chimiche e/o biologiche. Il s. opera la trasformazione della proprietà chimica o biologica, alterata dalla presenza dell'analita, in una proprietà di natura elettrica od ottica. Successivamente viene eseguita la misura elettrica con un'opportuna preelaborazione del dato, al fine di ridurre quanto più possibile il rumore, diretto responsabile della risoluzione, caratteristica rilevante del sensore. Dal rumore, infatti, dipende la minima quantità dell'analita, in termini di concentrazione, che dia luogo a un segnale distinguibile in uscita dal trasduttore, cioè maggiore del rumore di fondo proprio del sistema di misura. Come ultimo passaggio, normalmente si procede alla conversione del segnale analogico in segnale digitale, allo scopo di utilizzare con più efficacia le tecniche di analisi dati e di presentazione dei risultati. L'intero procedimento avviene in tempi brevi, dell'ordine dei microsecondi, per quanto riguarda la misura e l'elaborazione del dato. Tuttavia, la risposta complessiva in termini di prontezza del s. è condizionata dal ruolo della parte chimica o biologica nel meccanismo di interazione. Tale interazione può anche essere relativamente lunga (fino ad alcuni minuti).
Esistono parametri di notevole importanza che vanno considerati per la caratterizzazione dei s. chimici-biologici. Tra di essi è opportuno citare la sensibilità, la risoluzione, la stabilità, il costo e la robustezza.
La sensibilità è, in generale, definita come la derivata della grandezza elettrica in uscita rispetto alla concentrazione dell'analita, ed è, a sua volta, funzione della concentrazione.
La risoluzione è relazionata alla variazione della concentrazione dell'analita che produce una risposta del s. pari al rumore di fondo dello stesso. Dalle definizioni date si evince che risoluzione e sensibilità sono legate da una relazione di proporzionalità inversa.
La stabilità di un s. viene valutata considerando l'andamento nel tempo della grandezza in uscita, a parità di concentrazione nominale dell'analita, mantenendo costanti tutti gli altri parametri ambientali (per es., temperatura, pressione e umidità).
Numerosi fattori, rendendo precaria la stabilità, di fatto poi alterano il valore della risoluzione. Alcuni di questi fattori sono noti: instabilità della tensione di alimentazione del s. e dei circuiti elettronici analogici di preelaborazione del segnale, instabilità dei materiali chimici e biologici dovuta a processi di invecchiamento, variazioni della temperatura, di pressione e di umidità, e processi di contaminazione nei confronti di specie chimiche presenti nell'ambiente di misura, interagenti con l'analita o con i materiali dedicati ai processi di trasduzione. L'interazione dell'analita o degli analiti con il materiale chimicamente o biologicamente sensibile può dare luogo ai diversi effetti, elencati in tab. 7, assieme ai dispositivi usati per rilevarli.
Nel seguito saranno approfonditi i meccanismi di funzionamento di alcuni tra i più rappresentativi s. chimici.
Sensori elettrochimici. - Tra i numerosi tipi di s. chimici oggi conosciuti è opportuno ricordare e descrivere brevemente quelli elettrochimici, sia per la loro importanza a livello di mercato, sia per la loro semplicità e flessibilità. Essi sono essenzialmente classificati nei seguenti tre tipi: amperometrici, potenziometrici e conduttometrici.
I s. amperometrici (per es. l'elettrodo di Clark per la misura della concentrazione di ossigeno) utilizzano la misura di una corrente mantenendo il potenziale a un valore costante. Il sistema di misura coinvolge, nella versione più semplificata, due elettrodi: l'elettrodo di lavoro e l'elettrodo di riferimento.
I s. potenziometrici - a cui appartengono gli elettrodi selettivi di ioni e i dispositivi a effetto di campo come i condensatori MOS (Metal Oxide Semiconductor) e i MOSFET - consentono la misura della differenza di potenziale tra l'elettrodo di misura e quello di riferimento, il quale dev'essere caratterizzato da elevata stabilità. Con questa tecnica non viene consumata potenza e non viene alterata la concentrazione dell'analita. Per i s. potenziometrici, operanti in soluzione, la relazione tra risposta del s. e concentrazione, per es. di una specie ionica, è regolata in prima approssimazione dalla legge di Nernst:
dove Ei rappresenta la differenza di potenziale in volt tra l'elettrodo di lavoro e quello di riferimento; E₀ è una costante; R è la costante dei gas; T è la temperatura termodinamica; z è il numero di ionizzazione dello ione; F è la costante di Faraday (96.487 C/mol); ai rappresenta l'attività della specie ionica a cui il s. è sensibile. L'attività è una grandezza proporzionale alla concentrazione della specie ionica.
Nei s. conduttometrici vengono impiegati due elettrodi di oro o platino in soluzione per la misura della variazione di conducibilità legata alla variazione e alla tipologia degli ioni presenti in soluzione.
A questa categoria appartengono anche i s. coulombometrici, che operano sulla misura della carica totale invece che della corrente. Essi consentono una misurazione assoluta che non richiede particolari procedimenti di calibrazione. Ciò in quanto la carica totale in gioco è indipendente dal tipo di elettrodo utilizzato e dall'eventuale cinetica della reazione, che può manifestarsi, di solito, con una non trascurabile e indesiderata dipendenza dal tempo. Nel caso di questi s. la concentrazione dell'analita è espressa direttamente in numero di moli in soluzione attraverso la legge di Faraday:
dove Q è la carica totale di passaggio, misurata in coulomb (C), n il numero di elettroni coinvolti nella reazione ed F la costante di Faraday.
Per concludere la trattazione dei s. elettrochimici si descrive brevemente il microsensore per la rilevazione e la misura dell'ossigeno, presente nella fase liquida o gassosa, denominato cella di Hersch. L'importanza di questo s. è legata alla possibilità della sua integrazione su silicio insieme all'elettronica di elaborazione. In questo modo, sfruttando le tecnologie di fabbricazione microelettronica largamente note e diffuse, è possibile, nel caso di una fabbricazione orientata ai grandi volumi, ottenere costi estremamente ridotti.
La fig. 10 mostra la struttura della cella di Hersch, il cui meccanismo di funzionamento è il seguente. L'ossigeno viene adsorbito da una membrana selettiva (realizzata per es. con il politetrafluoroetilene, PTFE), attraverso la quale, per diffusione, viene a contatto con un elettrolita, e quindi, successivamente, con l'elettrodo di piombo. Le reazioni sono le seguenti:
L'intensità della corrente elettrica misurata tra i due elettrodi fornisce quindi un'indicazione della quantità di ossigeno diffuso attraverso la membrana e quindi della concentrazione di O₂ nell'ambiente esterno se le caratteristiche di permeabilità all'ossigeno della membrana sono conosciute.
Sensori di gas a ossidi metallici semiconduttori. - Un altro s. chimico di notevole rilevanza per la sua relativa semplicità, funzionalità e basso costo è quello basato sull'impiego di ossidi metallici semiconduttori, in particolare dell'ossido di stagno, che verrà qui descritto come un s. per la rivelazione del monossido di carbonio (CO).
Il CO è un prodotto dei processi di combustione, di elevata tossicità (200 ppm sono sufficienti per produrre i primi sintomi di avvelenamento); per questo motivo la realizzazione di s. per CO ha destato molta attenzione nell'ambito dei progettisti di s., data la complessità del problema legata essenzialmente all'individuazione di una tecnica affidabile per la sua rilevazione. È inoltre da tenere presente che la pericolosità del CO è accresciuta dal fatto che è non percepibile dall'olfatto. Un possibile s. di CO, che viene qui descritto come esempio di s. chimico, è basato sulla variazione di conducibilità di un film sottile di biossido di stagno (SnO₂-x) non stechiometrico.
Il biossido di stagno, in forma di film sottili, si presenta, dopo la sua fabbricazione e i necessari trattamenti termici, come un materiale policristallino, composto di grani a contatto caratterizzati da media conducibilità (circa 10 mS). In presenza di aria e a temperature comprese nell'intervallo 250÷500 °C, parte dell'ossigeno gassoso viene adsorbito sulla superficie del biossido di stagno. Poiché ogni atomo di ossigeno lega a sé due elettroni, l'adsorbimento di ossigeno si traduce in una diminuzione della conducibilità elettrica. L'arricchimento di ossigeno alla superficie consente al biossido di stagno di funzionare come s. per il CO. Infatti l'adsorbimento di CO sulla superficie, combinato con l'alta temperatura del film, comporta la formazione e la liberazione di CO₂ con conseguente diminuzione del numero di atomi di ossigeno sulla superficie del sensore. La diminuzione del numero di atomi di ossigeno produce un rilascio di elettroni liberi che vanno così ad aumentare la conducibilità elettrica del materiale sensibile.
Questo tipo di s. può essere utilizzato per misurare specie gassose riducenti (come il CO) od ossidanti (come l'NO₂). Il tasso di interazione può essere modificato tramite la deposizione, sulla superficie del s., di piccole quantità di metalli catalitici, come palladio, platino o cromo: il materiale così trattato mostra infatti diversi tipi di sensibilità, anche per altre varietà di analiti. Questa caratteristica può essere vista come un difetto quando si è interessati alla rilevazione e misurazione di uno specifico analita, ma può diventare un pregio quando si adotti la strategia di utilizzare s. polifunzionali organizzati in matrice, di cui si parlerà in seguito nel contesto di sistemi sensoriali avanzati, come il naso elettronico e la lingua elettronica.
Biosensori. Come esempio di biosensore viene brevemente illustrato un s. per la misura di atrazina. L'atrazina è uno dei più diffusi pesticidi, che si ritrova come inquinante di falde acquifere. In questo s. si utilizza, come trasduttore, un dispositivo a effetto di campo tipo MOSFET: il suo schema di principio è illustrato in fig. 11.
Questo s. sfrutta il principio della reazione immunologica anticorpo-antigene, e appartiene alla categoria degli immunosensori. Sul gate del MOSFET, durante il processo di fabbricazione del s., viene depositato uno strato di proteine che hanno il compito di tenere agganciato uno strato di molecole di antiatrazina. La corrente che scorre tra i contatti di source e drain del MOSFET viene modificata dalla presenza di una certa quantità di carica che viene depositata, durante il processo di adsorbimento, nell'area di gate.
Durante il processo di adsorbimento dell'atrazina, reso selettivo dalla presenza dell'antiatrazina, viene depositata sul gate una quantità di carica che può subire un processo di amplificazione per la presenza dell'ametrina. La variazione della corrente tra source e drain, facilmente misurabile, può essere messa infine in relazione funzionale con la concentrazione di atrazina, presente nell'ambiente di misura.
Un ulteriore esempio di s. biologico che si intende discutere rappresenta un promettente tentativo di rispondere a una delle principali limitazioni dei s. chimici e biologici attuali, quella della scarsa risoluzione. In molte applicazioni, infatti, il livello di concentrazione da misurare può essere anche di qualche ordine di grandezza minore rispetto a quello misurabile con le tecnologie esistenti.
Una di queste applicazioni riguarda l'identificazione delle mine antiuomo tramite la rilevazione delle sostanze volatili emesse dall'esplosivo. Poiché le mine antiuomo di ultima generazione, impiegate nei recenti conflitti, sono realizzate con plastica, non è possibile la loro localizzazione con cercametalli convenzionali. L'idea di individuare la posizione delle mine tramite un s. ha portato recentemente alla costruzione di un prototipo il cui schema è rappresentato in fig. 12, che utilizza materiali biologici per l'interazione con le molecole dell'analita e un sistema di trasduzione basato sul principio della variazione della massa e, in questo caso, sull'utilizzazione di un risonatore al quarzo. Lo schema indica un quarzo oscillante ricoperto da un antigene e da un anticorpo. Le molecole del composto esplosivo, presenti nell'ambiente in piccolissime quantità, interagiscono selettivamente con l'anticorpo, formando un composto volatile che di fatto, sottraendo materiale dalla superficie del quarzo, lo rende più leggero e gli consente di oscillare a una frequenza più alta. La differenza di frequenza rispetto a quella nominale può essere messa in relazione con la presenza dell'analita d'interesse.
Sistemi olfattivi artificiali. - Una delle più ambiziose applicazioni della sensoristica chimica è quella volta alla realizzazione di sistemi artificiali in grado di mimare le funzionalità dei sensi chimici naturali: olfatto e gusto.
I sensi rappresentano le interfacce tra gli esseri viventi (animali e vegetali) e il mondo che li circonda; grazie ai sensi gli esseri viventi possono interagire con l'ambiente e soprattutto adattarsi a esso; in pratica la sopravvivenza stessa degli esseri viventi dipende dai loro sensi e dalle prestazioni di questi. Negli esseri umani, i sensi sono suddivisi in vista, udito, tatto, gusto e olfatto. Ancora più interessante è la classificazione dei sensi in base alle caratteristiche delle grandezze misurate: è infatti possibile distinguere i sensi fisici (udito, vista e tatto) dai sensi chimici (gusto e olfatto). La differenza fondamentale risiede nella diversità di trattamento dell'informazione che da tali sensi viene recepita. Infatti è nota a tutti la facilità di trasmissione di esperienze di tipo uditivo (descrivere una musica o una voce) o visive (descrivere un paesaggio o un quadro), mentre tutti sperimentiamo la difficoltà di trasmissione di esperienze olfattive o gustative. Tale differenza di traduzione semantica dell'esperienza sensibile trova riscontro nella possibilità di riprodurre artificialmente i sensi naturali. Udito e vista, per es., sono stati ampiamente studiati e riprodotti in una miriade di sistemi tecnologici, come microfoni, videocamere ecc. Viceversa, le interfacce chimiche sono scarsamente studiate e solo da alcuni anni è iniziata la ricerca volta alla realizzazione artificiale di tali sensi.
Dagli anni Sessanta in poi sono iniziate alcune sporadiche esperienze volte alla realizzazione di un naso artificiale; la svolta è avvenuta alla fine degli anni Ottanta quando si è intuito come il comportamento di alcuni s. potesse essere simile a quello dei recettori olfattivi e come quindi l'utilizzo di un certo numero di s. potesse dar luogo a un naso artificiale ovvero a un naso elettronico.
I s. chimici, come quelli descritti precedentemente, hanno una caratteristica generale molto prossima a quella dei recettori olfattivi: non sono selettivi, e questo significa che la loro risposta non dipende unicamente da una specie chimica ma, in un certo senso, dall'insieme delle specie chimiche presenti in un ambiente. I recettori olfattivi, cioè i s. naturali presenti nel naso umano, infatti, non forniscono informazioni analitiche sul tipo e sulla quantità delle sostanze che vengono annusate, ma il senso dell'olfatto fornisce un giudizio sintetico su quanto viene odorato.
Le funzioni del naso elettronico che mimano le funzioni del naso naturale sono quelle di classificazione, capacità di distinguere odori differenti (per es., distinguere due vini come diversi tra loro) e riconoscimento; una volta apprese le caratteristiche di un odore, esso è in grado di riconoscere campioni simili (per es. riconoscere, dopo un opportuno addestramento, la denominazione di un vino). Come nel naso naturale, il naso elettronico è formato da due componenti fondamentali: i s. e il sistema di elaborazione dei dati.
Per quanto riguarda i s., questi devono rispondere ai requisiti generali di avere una sensibilità ampia, cioè devono poter rispondere a più specie contemporaneamente, e inoltre devono essere scelti in un numero tale da essere, quanto più possibile, diversi l'uno dall'altro. In altre parole ciascun s. deve fornire un'informazione diversa dagli altri. A tale scopo, i s. maggiormente utilizzati sono quelli basati sugli ossidi metallici e i quarzi oscillanti.
Per quanto riguarda l'analisi dei dati, questa fa uso di varie tecniche di analisi multicomponente (come l'analisi dei fattori o l'analisi dei clusters, ben note alla statistica). Recentemente, tecniche di calcolo basate sull'impiego di reti neurali artificiali hanno ampliato notevolmente le potenzialità dei sistemi olfattivi artificiali.
Lo stesso principio utilizzato per il naso elettronico è stato applicato a s. operanti in soluzione per realizzare una cosiddetta lingua elettronica. Tale sistema sensoriale si è rivelato efficace soprattutto in applicazioni ambientali (misura simultanea di varie specie ioniche e identificazione di tipologie di inquinamento in acque fluviali) e in applicazioni alimentari, come il riconoscimento di varie tipologie di prodotti (per es., differenti miscele di caffè) o l'identificazione di prodotti avariati (analisi condotta su vari succhi di frutta).
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Sistemi di acquisizione
di Mario Salerno
Nella maggior parte dei casi, un s. è un dispositivo che effettua una serie di misure su una grandezza fisica o chimica di cui interessa la rilevazione, in modo da ottenere un segnale che rappresenti una copia fedele di tale grandezza. Anche se in taluni casi questo segnale può essere utilizzato direttamente, senza ulteriori elaborazioni (come, per es., nel caso del rilevamento dell'umidità relativa di un ambiente, spesso riportato su supporto cartaceo), generalmente esso è memorizzato in forma elettronica, ulteriormente elaborato o utilizzato in un sistema automatico di regolazione (come, per es., nel caso del rilevamento della composizione dei gas di scarico di un motore a combustione interna, che permette di ottenere dei parametri utili per la regolazione del motore). La prima operazione da effettuare in questi casi consiste nell'acquisizione del segnale di uscita del s., in forma digitale, per mezzo di opportuni apparati e dispositivi elettronici. Infatti, poiché la quasi totalità dei sistemi di elaborazione, di regolazione, di controllo, o semplicemente di archivio di dati, opera su segnali digitali, è opportuno che le grandezze rilevate dai s., che costituiscono i segnali di ingresso di tali sistemi, siano rappresentate in forma digitale, anche nei casi in cui le grandezze primarie acquisite dai s. sono di tipo analogico.
Il processo di conversione analogico-digitale opera sulle grandezze d'interesse due operazioni di discretizzazione: la prima (detta campionamento) consiste nel prelevare dei campioni della grandezza stessa (supposto che questa abbia un andamento continuo) in opportuni istanti di tempo; la seconda (detta quantizzazione) consiste nel quantizzare i valori rilevati (supposto che questi possano assumere valori distribuiti in modo continuo in un certo intervallo). Ovviamente, se il segnale fornito dal s. è già di tipo campionato e/o quantizzato la relativa operazione risulta omessa. Dal punto di vista elettronico, tali operazioni sono effettuate per mezzo di un convertitore A/D (analogico-digitale), controllato da un apposito microprocessore (detto host computer). Nella versione più semplice si tratta di una scheda di acquisizione connessa a un personal computer, il quale svolge il compito di controllo e di comando della scheda. Sulla scheda stessa è presente una porta di ingresso analogica, nella quale entra il segnale presente all'uscita dal sensore. I dati acquisiti sono resi disponibili nella memoria del personal computer, opportunamente disposti e formattati.
In fig. 13 è riportato lo schema a blocchi di principio di un sistema di acquisizione ed elaborazione di dati di un generico processo (per es., di tipo chimico/fisico); il processo viene monitorato mediante appositi s.; i segnali uscenti da questi ultimi vengono inviati al sistema di acquisizione; i dati numerici vengono memorizzati e quindi trasferiti al sistema di elaborazione elettronica, tramite la scheda di acquisizione.
Il problema dell'acquisizione può presentarsi in forma più complessa quando il s. fornisce più grandezze in uscita, ovvero quando più s. forniscono informazioni simultanee su vari aspetti di un sistema complesso. In questi casi, la scheda di acquisizione deve essere multicanale e può funzionare secondo varie modalità, per es. acquisendo un campione per ciascun canale, in successione. Il sistema host computer memorizza così i dati acquisiti su tabelle diverse, in modo da poter sempre interpretare correttamente i dati e permettendo altresì di riconoscere i valori simultanei delle diverse grandezze. I parametri che definiscono le schede di acquisizione sono il numero di livelli di quantizzazione, la velocità di conversione (espressa in numero di campioni al secondo), il numero di canali da acquisire e, infine, la quantità totale dei dati che debbono essere memorizzati in forma stabile. Orientativamente, schede di acquisizione con un numero di livelli pari a 4096 (corrispondenti a 12 bit) e con frequenza di conversione di 200 kHz sono disponibili a costi non elevati e possono essere facilmente controllate da un PC. Il numero totale dei dati da acquisire dipende dalla memoria disponibile sul PC stesso. Occorre notare che la frequenza di conversione disponibile è una grandezza che indica quanti campioni possono essere forniti globalmente in uscita dal convertitore, indipendentemente dal numero di canali. Per valori dei parametri caratteristici che eccedono le quantità indicate, l'architettura circuitale del sistema di acquisizione diviene più complessa.
Nel caso molto comune di dati da acquisire con intervalli di campionamento molto lenti, sono utilizzate schede a microprocessore, nelle quali il processo di acquisizione (anche multicanale) è effettuato in divisione di tempo (time sharing) rispetto ad altre procedure di elaborazione o di controllo. In questi casi il microprocessore, che esegue un programma di utilità, riceve un opportuno messaggio dal s., o da altro sistema a esso connesso, per ottenere l'indicazione dell'istante in cui deve essere effettuata una nuova operazione di acquisizione. Il messaggio è utilizzato come segnale di interrupt, che provoca nel microprocessore l'interruzione temporanea della procedura di elaborazione in modo tale da poter effettuare immediatamente l'operazione di acquisizione richiesta. Poiché l'interrupt è sempre preceduto dalla memorizzazione di tutti i registri interni, una volta effettuata l'acquisizione il processo precedente può essere ripristinato senza inconvenienti. Per es., nella maggior parte dei casi la centralina elettronica di controllo di un'automobile è dotata di un unico microprocessore che serve tutte le funzioni d'interesse, comprese quelle relative alle operazioni di acquisizione delle informazioni dai vari s. di cui l'automobile è fornita. Quando sistemi siffatti sono realizzati in grande serie, è spesso conveniente realizzare parte del sistema mediante un circuito integrato dedicato (di tipo ASIC, Application Specific Integrated Circuit), nel quale sono presenti sia l'unità di calcolo, sia le interfacce di input/output e, almeno in parte, la memoria di lavoro. In tal modo i programmi di elaborazione dedicati (firmware del sistema) sono di tipo specifico, non interpretabili se non dal costruttore, e pertanto il sistema non è riproducibile. La suddivisione del procedimento di elaborazione fra parte hardware e parte software è ottimizzata in fase di progetto (hardware/software co-design). Al contrario, un sistema di acquisizione asservito a un personal computer, oltre ad avere scopi e costi del tutto differenti, è molto più flessibile e facilmente riproducibile.
Il sistema di acquisizione e di elaborazione connesso a un sistema di s. effettua delle operazioni dipendenti dall'apparato d'interesse. Tuttavia, in alcuni casi, una parte dell'elaborazione può anche essere dedicata al miglioramento della risposta globale del s., ovvero al miglioramento della stima della grandezza fisica rispetto alla grandezza di uscita del s. stesso. In effetti il s. può anche essere considerato come un sistema che, ricevendo in ingresso la grandezza fisica o chimica d'interesse, produce in uscita una nuova grandezza, che è una stima della precedente. Nell'effettuare tale operazione il s. può produrre distorsione (di tipo lineare o non lineare) e può sovrapporre segnali non desiderati al segnale utile (presenza di rumore o di vari tipi di disturbi). Tali tipi di inconvenienti possono essere a volte corretti operando, sul segnale d'uscita del s., un'opportuna elaborazione (nota spesso come pre-elaborazione, per distinguerla dalle successive operazioni), il cui scopo è quello di attenuare gli effetti indesiderati. Tali elaborazioni, effettuate di norma in forma digitale, possono essere filtraggi numerici, procedure di equalizzazione, deconvoluzioni ecc. Il tipo di elaborazione da effettuare, quando è necessaria, varia a seconda che la risposta del s. sia nota in modo deterministico, in modo statistico, o sia del tutto indeterminata. A seconda dei casi l'elaborazione può quindi consistere in un algoritmo fisso, variabile o adattativo. È evidente che quando le caratteristiche della risposta del s. sono assolutamente ignote, l'elaborazione avrà lo scopo di modificare le caratteristiche del segnale di uscita, in modo da ottenere un segnale che riproduca le caratteristiche della grandezza d'ingresso, in termini stocastici. In fig. 14 è mostrato lo schema a blocchi di un sistema di monitoraggio e controllo di un processo in tempo reale, nel quale siano presenti vari tipi di sensori. Il sistema è interamente controllato da un elaboratore.
I problemi che possono essere inerenti a un sistema di acquisizione ed elaborazione asservito a un insieme di s. dipendono dalla natura del sistema considerato. Come caso limite i s. potrebbero essere anche dedicati all'acquisizione di immagini di vario tipo o di campi sonori inerenti al sistema stesso. In tali casi, il problema da risolvere può essere quello di riconoscimento di forme e configurazioni in una o più dimensioni: spesso, infatti, al sistema di s. è abbinata una struttura di elaborazione complessa, che può comprendere anche reti neurali o algoritmi basati sulla logica sfumata (sistemi fuzzy logic). In fig. 15, per es., è mostrato uno schema a blocchi relativo al controllo motorio di un robot fornito di s. di tipo visivo e acustico.
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