Sentenza in forma semplificata nel periodo feriale
Il Consiglio di Stato, con la sentenza 4.6.2013, n. 3050, nell’esaminare la questione relativa alla «completezza del contraddittorio», che è presupposto necessario per poter definire nel merito, ex art. 60 c.p.a., la causa portata in camera di consiglio per la decisione a fini cautelari, ha concluso nel senso che ove il giudice amministrativo, avvalendosi della facoltà concessagli dal cit. art. 60 c.p.a., scelga di procedere alla definizione immediata della controversia, la sentenza che sarà pronunciata non appartiene più alla fase cautelare, con la conseguenza che i venti giorni previsti per comparire, pur essendo quelli dettati ad hoc dallo stesso art. 60, sono soggetti alla sospensione feriale dei termini.
Il comma unico dell’art. 60 c.p.a. prevede, al primo alinea, che in sede di decisione della domanda cautelare, purché siano trascorsi almeno venti giorni dall’ultima notificazione del ricorso, il Collegio giudicante, accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria e sentite sul punto le parti costituite, può definire, in camera di consiglio, il giudizio con sentenza in forma semplificata, salvo che una delle parti dichiari che intende proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale o regolamento di competenza, ovvero regolamento di giurisdizione.
Perché il giudice amministrativo possa definire nel merito la causa è dunque necessario aver accertato, oltre alla completezza dell’istruttoria, che il contraddittorio sia integro. A tal fine non è sufficiente che il ricorso sia stato notificato alle controparti, ma occorre altresì che queste si siano costituite o, in alternativa, che sia scaduto il termine loro concesso per costituirsi, ossia il «termine per comparire». Con la sentenza n. 3050 del 4.6.2013 la terza sezione del Consiglio di Stato ha affrontato la questione se, ai fini della verifica della completezza del contraddittorio, si deve avere riguardo al termine (più breve) per comparire stabilito per la fase cautelare ovvero a quello fissato per il processo (id est, per il giudizio di merito), ma con la precisazione che il termine relativo alla fase cautelare, a differenza di quello relativo al processo, non si sospende nel periodo feriale. Il giudice di appello ha concluso nel senso che qualora il giudice amministrativo, avvalendosi della facoltà concessagli dall’art. 60 c.p.a., scelga di procedere alla definizione immediata della controversia, la sentenza che sarà pronunciata non appartiene più alla fase cautelare, e pertanto il termine per comparire, pur essendo quello dettato ad hoc dallo stesso art. 60, è soggetto alla sospensione feriale dei termini ex art. 54, co. 2, c.p.a..
Come si è detto, la possibilità, prevista dall’art. 60 c.p.a., di definire il merito della causa con sentenza in forma semplificata all’esito dell’udienza cautelare, postula la completezza non solo dell’istruttoria1 ma anche del contraddittorio fra le parti in causa2.
2.1 L'integrità del contraddittorio
In effetti la necessità, ispirata al rispetto dei principi del giusto processo ex art. 111 Cost.3, che, per definire nel merito la causa portata in camera di consiglio per l’esame dell’istanza cautelare, il contraddittorio sia integro è stata avvertita sia dalla dottrina4 che da una giurisprudenza costante formatasi non con l’entrata in vigore del Codice del processo amministrativo ma, ancora prima, negli anni 2000, atteso che l’istituto della sentenza in forma semplificata che chiude definitivamente il giudizio nel merito, sin dal suo primo approccio dinanzi al giudice nella fase cautelare, è stato introdotto con previsione generalizzata dalla l. 21.7.2000, n. 205, che con l’art. 3 aveva modificato i commi da 8 a 15 dell’art. 21, l. 6.12.1971, n. 1034, introducendo, al co. 10, tale possibilità5. L’attuale formulazione del primo aliena del comma unico dell’art. 60 c.p.a. non è, del resto, diverso dal primo aliena del co. 10 dell’art. 21, l. n. 1034/1971 se non per l’espressa previsione che, per decidere il merito, devono essere «trascorsi almeno venti giorni dall’ultima notificazione del ricorso».
La giurisprudenza costante del giudice amministrativo ha chiarito, con riferimento alla disciplina introdotta nel 2000 e ribadito dopo il 16.9.2010 (data di entrata in vigore del Codice del processo amministrativo)6, che per «integrità del contraddittorio» deve intendersi che il ricorso sia stato regolarmente notificato a tutte le parti necessarie del giudizio - non essendo sufficiente la notifica ad un solo controinteressato, che evita una declaratoria di inammissibilità, ma non consente l’accesso al rito accelerato - e che le parti convenute abbiano avuto il termine di legge per costituirsi7. Dunque, perché sia rispettato il contraddittorio, è sufficiente che il ricorso introduttivo sia stato notificato a tutte le parti contro le quali lo stesso è diretto, non essendo altresì necessario che tali parti si siano costituite tutte in giudizio, atteso che il contraddittorio si costituisce con la sola notificazione del ricorso8. Non occorre neanche che siano presenti i difensori delle parti costituite9, equivalendo detta assenza a disinteresse o rinunzia ad evidenziare ragioni ostative alla pronuncia10.
In effetti la necessità di garantire il contraddittorio tra le parti necessarie del giudizio era avvertita anche dal giudice delle leggi11, che aveva posto tale requisito come condizione per giudicare costituzionalmente legittimo l’art. 19, co. 2, d.l. 25.3.1997, n. 67. Aveva chiarito, con argomentazioni estensibili alla disciplina codicistica nonostante i tredici anni che dividono le due norme, che è estranea alla ratio legis e non conforme all’interpretazione sistematica dell’art. 19 una soluzione che finisca con il negare ogni possibilità di immediata definizione del giudizio prima della compiuta decorrenza di tutti i termini a difesa sopra enunciati. È dunque necessario cercare un punto di equilibrio tra le norme che impongono speciali oneri alle parti, tra una disciplina orientata alla più celere trattazione della controversia e l’imprescindibile salvaguardia dei diritti di difesa, dell’integrità del contraddittorio e della completezza dell’istruttoria. Il garante di questo equilibrio non può che essere il giudice, al quale spetta un potere di direzione del processo, nel rispetto del principio dispositivo e dei diritti di difesa secondo le regole generali della giustizia amministrativa. Ed infatti il giudice, come può non accogliere la richiesta di definizione nel merito della causa se non la ritiene pronta per la decisione, parimenti può non accogliere la domanda di rinvio della trattazione. Tale istanza, ad avviso della Corte, non produce un effetto di automatica e vincolante paralisi della facoltà di definizione immediata del giudizio demandata al giudice, il quale, anche in questo caso, è tenuto, nell’esercizio dei suoi poteri valutativi, all'osservanza dei principi generali del processo amministrativo. Ne segue che l’istanza di rinvio potrà essere disattesa quando risulti irrilevante, ai fini della decisione da adottare, ovvero sia processualmente inammissibile la specifica attività difensiva annunciata dalla parte. La verifica giudiziale, coinvolgendo alcuni valori processuali primari, deve essere particolarmente puntuale sulla specifica richiesta avanzata dalla parte e rimane condizionata dalla definizione della controversia in relazione all'interesse della parte che ha avanzato l'istanza.
La preoccupazione avvertita dalla Corte costituzionale è stata fatta propria anche dal giudice della legittimità, che con le sue pronunce ha cercato di conciliare l’esigenza di una definizione celere della controversia, quanto meno di quelle di non difficile soluzione, con la necessità di assicurare il diritto di difesa a ciascuna parte del giudizio12. Il tutto evitando possibili tecniche ostruzionistiche di una delle parti, che dalla pendenza della causa potrebbe comunque trarne un vantaggio13. È stato quindi chiarito che la mancata comparizione alla camera di consiglio delle parti costituite non è di ostacolo alla definizione del giudizio nel merito ai sensi e per gli effetti dell’art. 60 c.p.a., risultando la tutela dell’interesse eventualmente contrario delle parti costituite sufficientemente garantita una volta che sia accertata la ritualità della trattazione dell’istanza cautelare, onde l’assenza volontaria della parte alla detta camera di consiglio non può avere l’effetto di precludere in radice la conversione del rito, che è potere a chiara caratterizzazione ufficiosa14. Né, in contrario, può essere valorizzato quanto prevede il citato art. 60 che, nel precisare le condizioni per la pronuncia immediata di merito, specifica che il Collegio deve sentire le parti: innanzitutto, tale prescrizione non costituisce condizione per la pronuncia immediata, al contrario del termine dilatorio decorrente dalla notificazione del ricorso e della completezza del contraddittorio e dell’istruttoria; inoltre, deve necessariamente intendersi che il «sentire le parti» sia condizionato alla materiale possibilità di sentirle, ovvero alla presenza dei difensori davanti al Collegio giudicante; infine, la possibilità della definizione del merito è compresa nell’ambito delle pronunce possibili in conclusione della trattazione dell’incidente cautelare proposto dal ricorrente il quale, con la presentazione dell’istanza, necessariamente attiva i poteri esercitabili nel corso della camera di consiglio e, quanto alla possibile valutazione del Collegio di emettere un’ordinanza cautelare o di definire il grado del giudizio, ne accetta tutti i possibili esiti15. In altri termini, il potere di decidere la causa direttamente nel merito è rimesso all’apprezzamento insindacabile del giudice, una volta che si siano verificate le condizioni relative alla completezza del contraddittorio processuale e che la causa sia giudicata matura per la decisione16, con la conseguenza che non può costituire certamente motivo ostativo un semplice rifiuto di una o di tutte le parti «sentite» ai sensi dell’art. 60 c.p.a., non supportato da una motivazione che convinca il Collegio sull’opportunità di soprassedere a definire nel merito la causa. Sotto quest’ultimo profilo, anche la presenza di una situazione manifesta in relazione alla ricevibilità, procedibilità, ammissibilità, fondatezza o infondatezza del ricorso, che giustifica la decisione del giudice di definire la causa con sentenza in forma semplificata, è rimessa esclusivamente all'organo giudicante, con la conseguenza che la sua scelta deve intendersi quale espressione di una valutazione di opportunità insindacabile17.
Anche il mancato decorso del termine di venti giorni dall’ultima notifica del ricorso non sembra preclusivo della definizione del giudizio con sentenza una volta che le parti, tutte presenti in giudizio, nulla hanno rilevato in riferimento al decorso del detto termine processuale e, di più, si sono espressamente difese, con evidente salvaguardia dell’integrità del contraddittorio18.
Proprio per dar modo alle parti costituite di non esaurire le proprie difese sul piano della misura cautelare incidentalmente richiesta e di sviluppare pertanto le proprie argomentazione difensive anche nel merito la giurisprudenza è pressoché costante nell’affermare la necessità che dell’intenzione di definire la causa nel merito sia dato avviso alle stesse19. Come si è detto, tale informazione non è finalizzata alla previa acquisizione del consenso delle parti (non richiesto dalla legge), bensì a consentire loro l’esercizio completo ed esauriente del proprio diritto di difesa nel caso concreto (mediante l’eventuale richiesta di un rinvio per la produzione di nuove prove o per proporre motivi aggiunti, ovvero per chiedere un termine a difesa). A tal fine essa deve essere riferita specificamente alla singola controversia e non può pertanto essere considerata validamente sostituita dall’avvertimento eventualmente fatto in sede di preliminari d’udienza per tutte le istanze cautelari da chiamare nella camera di consiglio; siffatto modus procedendi frusterebbe, infatti, la specifica funzione di garanzia del diritto di difesa immanente alla prescrizione normativa dell’audizione delle parti sul punto, essendo invero nell’udienza in camera di consiglio essenziale l’apporto delle parti, che deve poter essere dato nella pienezza degli elementi conoscitivi riferiti anche alle tesi avversarie. Ne consegue che la mera comunicazione effettuata indistintamente per tutte le cause chiamate all’udienza cautelare, concernente la possibilità di una decisione nel merito della controversia, si risolve in un mero richiamo astratto del dato normativo, mentre il contraddittorio va instaurato sul punto in esame nell’ambito di ogni singola controversia20. La violazione di questo principio comporta l’annullamento della sentenza con rinvio al giudice di primo grado21. Il vizio derivante dal fatto che le parti non sono state informate della possibilità che il ricorso sarebbe stato deciso nel merito non può però essere fatto valere in sede di appello dal soggetto che non ha partecipato alla camera di consiglio fissata per l’esame della domanda cautelare e che, pertanto, è privo di titolo per lamentare la mancata comunicazione relativa alla decisione in forma semplificata22.
2.2. La definizione nel merito della causa nel periodo feriale
Non è dubbio in giurisprudenza che sia possibile definire nel merito la causa durante il periodo di sospensione feriale, e ciò in quanto l’art. 54, co. 3, c.p.a. sottrae al regime di sospensione feriale il procedimento cautelare complessivamente inteso nel quale, almeno a questi fini, deve ricomprendersi anche il procedimento di decisione in forma semplificata del ricorso giurisdizionale23.
La questione, affrontata da Cons. St. n. 3050/2013, è quando può dirsi, in tale periodo, formatosi, con riferimento ai termini di legge applicabili, il presupposto della «integrità del contraddittorio». Il problema interpretativo posto dal giudice di appello è se si debba avere riguardo al termine per comparire stabilito dall’art. 55 c.p.a. per la fase cautelare ovvero a quello stabilito per il processo, con la precisazione che il termine relativo alla fase cautelare, a differenza di quello relativo al processo, non si sospende nel periodo feriale. La preoccupazione evidente del giudice di appello è quella di un’eccessiva limitazione del diritto di difesa delle parti in nome dell’urgenza di definire la controversia. Ha infatti chiarito che «le regole speciali relative alla fase cautelare (termine per comparire sensibilmente più breve di quello ordinario; ulteriore possibilità di abbreviazione a discrezione del giudice; non sospensione nel periodo feriale) costituiscono una severa limitazione al diritto di difesa, comportando che si riduca a pochi (a volte pochissimi) giorni il tempo concesso alle controparti per predisporre le proprie difese. Sacrificio tanto più sensibile, ove si consideri che si risolve anche in uno squilibrio fra le parti, perché chi promuove la lite, pur dovendo sottostare ad un termine di decadenza, gode di un margine assai più comodo (e, di più, suscettibile di sospensione feriale). Tale sacrificio imposto alle parti resistenti si giustifica in considerazione dell’intrinseca urgenza della tutela cautelare, e anche (o soprattutto) del fatto che, di per sé, il provvedimento cautelare non pregiudica le controparti in modo irreversibile e definitivo (senza contare che in molte fattispecie il resistente può avere un interesse scarso o nullo ad opporsi ad una misura cautelare, pur avendo un notevole interesse al rigetto del ricorso nel merito). Il resistente, che a causa della ristrettezza del termine (e se del caso per la concomitanza del periodo feriale) non abbia potuto o voluto costituirsi in tempo per la discussione cautelare, è ancora nella pienezza delle sue facoltà di difesa in vista del giudizio di merito. Un processo, nel quale il termine ordinario e generale per comparire fosse breve quanto quello attualmente stabilito per la sola fase cautelare, sarebbe verosimilmente incostituzionale per lesione del diritto di difesa e per disuguaglianza fra le parti».
Ciò chiarito, e passando all’esame della norma codicistica, il Consiglio di Stato ha affermato che il termine di venti giorni, decorsi i quali, ai sensi del primo alinea del comma unico dell’art. 60, è possibile la definizione immediata della controversia, coincide con quello stabilito per l’udienza camerale dall’art. 55, co. 5, c.p.a.. Ha però aggiunto che il legislatore del Codice ha stabilito il termine di cui all’art. 60 autonomamente rispetto a quello di cui all’art. 55, e ciò ha rilievo ai fini interpretativi, pur trattandosi apparentemente di termini di uguale durata. Corollario obbligato di tale premessa è che non appartenendo più la decisione alla fase cautelare ma a quella di merito, il termine di venti giorni di cui all’art. 60 è soggetto alla sospensione feriale dei termini processuali dall’1 agosto al 15 settembre di ciascun anno, mentre quello di cui all’art. 55 non lo è. Ed invero, solo quello dell’art. 55 è un termine inerente alla tutela cautelare, la cui applicazione è quindi ispirata al principio di celerità proprio della fase cautelare. Pertanto, quando il Giudice, avvalendosi della facoltà concessagli dall’art. 60, decide di procedere alla definizione immediata della controversia, la sentenza che sarà pronunciata non appartiene più alla fase cautelare e dunque il termine per comparire, pur essendo quello dettato ad hoc dallo stesso art. 60, è soggetto alla sospensione feriale dei termini.
La sentenza Cons. St. n. 3050/2013 indubbiamente riduce la possibilità di definire, durante il periodo estivo, nel merito le controversie portate in camera di consiglio per la decisione cautelare. Ma certo non lo impedisce del tutto. Non rappresenta quindi un ripensamento dell’orientamento giurisprudenziale che riconosce la possibilità per il giudice, che ritiene matura la causa per essere definita nel merito, di farlo anche nel periodo di sospensione dei termini feriali. Intende di contro solo assicurare che le parti abbiano termini «più lunghi» per difendersi, applicando ad essi la sospensione dall’1 agosto al 15 settembre, con la conseguenza che se le parti necessarie del giudizio non si erano costituite prima dell’1 agosto e ancora avrebbero tempo per farlo, tale termine si sospende per ricominciare a decorrere dal 16 settembre. Se invece tutte le parti sono costituite, o se comunque è decorso il termine di venti giorni per farlo, il Collegio può decidere la causa nel merito.
La sentenza n. 3050/2013, nell’affermare che il termine di venti giorni di cui all’art. 60, a differenza dell’identico termine previsto dal precedente art. 55, co. 5, c.p.a., è soggetto alla sospensione feriale dei termini processuali dall’1 agosto al 15 settembre di ciascun anno, offre una lettura della norma che si discosta dalla tesi precedentemente espressa dalla sezione V dello stesso Consiglio di Stato.
Con la decisione n. 5196 del 3.10.2012 la sezione V aveva infatti affermato che la sentenza in forma semplificata, assunta nella camera di consiglio per la trattazione della domanda di misure cautelari, costituisce uno dei possibili esiti del «procedimento cautelare», cosicchè anche quando la fase cautelare si conclude con la pronuncia di sentenza in forma semplificata il termine dei venti giorni dalla notificazione del ricorso va calcolato con il medesimo criterio previsto per la suddetta fase cautelare e, quindi, senza applicare la sospensione feriale, dovendo il ventesimo giorno dal perfezionamento della notifica essere determinato conformemente a quanto previsto dall’art. 55, co. 5, c.p.a.. Conclusione, quest’ultima, che sembra porsi in linea con il principio, affermato dal giudice amministrativo, secondo cui il contraddittorio deve ritenersi rispettato, ai fini della decisione della causa con sentenza in forma semplificata ex art. 60 c.p.a., allorché sono presi a parametro di raffronto i termini del giudizio cautelare che, come tale, può sempre essere convertito in giudizio di merito, e non già quelli di quest’ultimo24.
Punto di divergenza tra le due decisioni del Consiglio di Stato è dunque la possibilità di ritenere che il giudizio definito con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 c.p.a. sia uno dei possibili esiti del giudizio cautelare o piuttosto che, una volta che il Collegio decida di definire la causa, il giudizio, seppure con i termini stabiliti dall’art. 60 c.p.a., è quello di merito.
Nel primo caso, come afferma Cons. St. n. 5196/2012, non si applica la sospensione ex art. 54, co. 2, c.p.a., proprio della fase di merito e non di quella cautelare, mentre nel secondo caso, come sostiene Cons. St. n. 3050/2013, i termini sono sospesi.
La soluzione, cui è pervenuta la III sezione con la sentenza n. 3050/2013, sembra quella che più garantisce la pienezza del contraddittorio, assicurandolo in un periodo, quale è quello feriale (1 agosto – 15 settembre), in cui è obiettivamente più complesso approntare una difesa adeguata alla decisione definitiva (di merito) della causa. Tale soluzione, inoltre, finisce con il riportare su un piano di parità delle armi le parti del giudizio, evitando così che il ricorrente, depositando il gravame nel periodo in cui soprattutto le Amministrazioni risultano più scoperte, possa approfittare di una maggiore debolezza delle controparti (e soprattutto di quella pubblica) e chiedere che la causa sia definita nel merito. Da ricordare, infatti, che la possibilità di proporre l’impugnativa entro il periodo di sospensione feriale dei termini processuali costituisce una facoltà, finalizzata alla richiesta e al conseguimento di una più immediata misura cautelare, ben potendo l’interessato decidere di non avvalersi dei quarantacinque giorni di sospensione25.
Vi è da dire, però, che il lodevole intento, che è alla base della decisione n. 3050/2013 del giudice di appello, è raggiungibile solo in parte, potendo essere concretamente perseguito solo se le controparti rinunciano a costituirsi in giudizio nella fase cautelare: in altri termini, dovrebbero sacrificare del tutto la difesa in detta fase per paralizzare la possibilità che il Collegio giudicante, constatata la pienezza dell’istruttoria e del contraddittorio, stabilisca di definire la causa nel merito. La sentenza n. 3050/2013 non esclude, infatti, la decisione nel merito della causa nel periodo feriale ma richiede esclusivamente che sia applicata la sospensione del termini per la costituzione sempre che, naturalmente, questa non sia già avvenuta.
Anche sul piano di stretta interpretazione suscita qualche dubbio la possibilità di ritenere che l’applicazione dell’art. 60 c.p.a. sposti la causa nel procedimento prettamente di merito, con tutte le conseguenze che ne derivano. Non è dubbio, infatti, che la decisione definisca la controversia e che, quindi, non sia più di ordine meramente cautelare. Ma l’espressa previsione, contenuta nell’art. 60, che la causa è decisa in «camera di consiglio», e che quest’ultima non debba essere trasformata in pubblica udienza farebbe più propendere che la sede della decisione è, comunque, quella convocata per la fase cautelare e che, quindi, la sentenza costituisce uno dei possibili esiti del «procedimento cautelare», come affermato dalla sezione V del Consiglio di Stato nella sentenza n. 5196/2012.
Né potrebbe obiettarsi che tale conclusione è troppo formalistica, basandosi interamente sulla portata letterale della norma. E ciò innanzitutto perché il rilievo è di sostanza e non di forma, atteso che, ai sensi dell’art. 87, co. 1, c.p.a., le udienze sono pubbliche a pena di nullità, salvo quanto previsto dal co. 2, e cioè, per quanto d’interesse, per i giudizi cautelari; in secondo luogo perché la sentenza n. 3050/2013 sembra trovare conferma della correttezza della conclusione cui è pervenuta proprio in un dato formale, e cioè nel fatto che l’art. 60 non si limita, per il termine di venti giorni per la costituzione in giudizio, ad operare un mero rinvio all’art. 55, co. 5, ma lo ha stabilito «autonomamente» e ciò «ha rilievo ai fini interpretativi, pur trattandosi apparentemente di termini di uguale durata».
1 Cons. St., sez. IV, 3.7.2013, n. 3566. Cons. St., sez. IV, 15.11.2011, n. 6042 ha annullato, con rinvio al primo giudice, la sentenza in forma semplificata emessa mentre erano ancora pendenti i termini di cui all’art. 46 c.p.a. per il deposito degli atti del procedimento e senza che fosse stata esperita alcuna attività istruttoria, a norma dell’art. 65, co. 3. Critico sulle conclusioni cui è pervenuto il Consiglio di Stato è Cacciavillani, C., Completezza dell’istruttoria documentale e sentenza in forma semplificata, in Giur. it., 2012, 5, che ha ritenuto non condivisibile l'assunto secondo cui la fase istruttoria del processo amministrativo si esaurisce, nell'ipotesi in cui la parte pubblica intimata non depositi il provvedimento o gli atti del procedimento utili alla sua difesa e di cui abbia la disponibilità (in quanto da essa detenuti), soltanto a seguito dell'esercizio da parte del giudice, in via officiosa, dei poteri istruttori attribuitigli dall'art. 46 c.p.a.: in questa ipotesi, i poteri istruttori officiosi del giudice non sono esercitabili, perché il giudice non è ammesso a sostituirsi all'Amministrazione nell'esercizio della scelta della condotta processuale, né può sopperire ad un suo comportamento abdicativo o semplicemente negligente quanto all'esercizio del diritto alla prova che le compete. Ha aggiunto l’Autore che se la fase istruttoria, il cui esaurimento condiziona la validità della sentenza è, anche relativamente ai giudizi per i quali è possibile la definizione accelerata ex art. 60 c.p.a., quella risultante dal combinato disposto degli artt. 46, co. 1 e 2, e 65, co. 3, c.p.a., si finisce per svuotare l'art. 60 di concreta portata precettiva e per incidere sulla sua preordinazione funzionale all'accelerata definizione delle liti.
Sul presupposto della completezza dell’istruttoria, per poter definire nel merito la causa portata in camera di consiglio per l’esame dell’istanza cautelare, si è espresso Marenghi, E.M., Processo senza modello e giustizia semplificata, in Dir. proc. amm., 2012, 3, che ha avanzato perplessità su una istruttoria, che, seppur radicata nella fase cautelare, si ritiene completa e in grado di assicurare la maturità degli accertamenti consentiti. Ha chiarito che «non risolve l'interrogativo la previsione del coinvolgimento delle parti per i livelli di garanzia di un'istruttoria maturata esclusivamente in funzione di una decisione cautelare. A meno che non si debba ritenere che la brevità assuma un criterio di prevalenza, in forza del quale si debba concedere qualcosa alle necessità istruttorie, compensando le reciproche esigenze. Né ci si può sentire garantiti dal giudizio di maturità rimessa alla difesa del privato, che va sentita e che nella fase cautelare, a cognizione minore, possa decidere sull'inutilità di un'istruttoria virtuale, successiva, rispetto alla quale possa virtualmente ipotizzarsi che un'istruttoria più rigorosa possa dare di più. Il dubbio è che un processo breve possa non garantire l'effettività della tutela e la parità delle parti».
2 Ha chiarito Cacciavillani, C., Completezza dell’istruttoria documentale e sentenza in forma semplificata, cit., che «l'integrità del contraddittorio - che è garanzia del giusto processo - gioca, in forza della complessiva disciplina codicistica, un ruolo attenuato, e ciò a causa di quanto dispone l'art. 49, co. 2, c.p.a.: e invero il giudice, su cui incombe il dovere funzionale di garantire detta integrità, può non disporre che il contraddittorio sia integrato nei confronti di parti nondimeno necessarie - e tali sono quelle cui si riferiscono gli artt. 27 e 28, co. 1, c.p.a. - ove il ricorso sia manifestamente irricevibile, inammissibile o infondato. La disposizione è applicabile per i ricorsi dei quali è possibile la definizione con sentenza in forma semplificata e, dunque, anche per i ricorsi definibili in via accelerata ex art. 60 c.p.a., ed è tale da consentire la definizione della lite, in rito o nel merito, anche a contraddittorio non integro. Ed è chiaro che la finalità sottesa alla norma - che è la celere definizione anche di giudizi che il giudice ritiene di dover rigettare per ragioni di rito o di merito - è destinata a essere frustrata nel caso in cui di opposto segno sia la decisione che il giudice d'appello ritenga di assumere: all'esercizio del potere decisorio rescissorio del Consiglio di Stato, con sentenza che vada a riformare quella di primo grado di rigetto, si oppone infatti la non integrità del contradditorio, che rende necessario il mero annullamento della sentenza di primo grado con rinvio al primo giudice ex art. 105 c.p.a., ed è dunque inevitabile la divaricazione della decisione rescindente e di quella rescissoria, trasfuse in sentenze diverse, promananti l'una dal giudice d'appello, l'altra dal giudice di primo grado in sede di giudizio di rinvio. L'integrità del contraddittorio, pertanto, è principio proclamato ma non soddisfacentemente né armonicamente presidiato nel c.p.a.: in forza di quanto dispone l'art. 49, co. 2, esso è infatti cedevole rispetto a quello, anch'esso declinazione necessaria del principio del giusto processo, della ragionevole durata, pur essendo suscettibile di prevalere su questo in forza di quanto dispone l'ultimo periodo dell'art. 60, per il quale, a fronte di una causa di pronta e liquida definizione, il giudice può disporre l'integrazione del contraddittorio rinviando l'udienza camerale già fissata».
3 Cons. St., sez. V, 27.3.2013, n. 1828.
4 Aperio Bella, F., Il procedimento cautelare, in Sandulli, M.A., a cura di, Il nuovo processo amministrativo, Milano, II, 2013; Ferrari, G., Art. 60 c.p.a., in Il nuovo Codice del processo amministrativo, Roma, III ed., 2013; Ramajoli, M., Giusto processo e giudizio amministrativo, in Dir. proc. amm., 2013, 1; Vernile, S., L’art. 60 c.p.a., in Garofoli, R.-Ferrari, G., a cura di, Codice del processo amministrativo, Roma, III ed., 2013; Coraggio, L., Le sentenze semplificate nel nuovo codice del processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2012, 2; Marenghi, E.M., Processo senza modello e giustizia semplificata, in Dir. proc. amm., 2012, 3; Panzarola, A., Il giudizio cautelare, in Sassani, B.-Villata, R., a cura di, Il Codice del processo amministrativo, Torino, 2012; Sandulli, M.A., Art. 60 c.p.a., in Quaranta, A.-Lopilato, V., a cura di, Il processo amministrativo, Milano, 2011; Sandulli, M.A., La fase cautelare, in Dir. proc. amm., 2010, 4.
5 In effetti la possibilità di definire, già in sede cautelare, nel merito la causa con sentenza in forma semplificata era stata introdotta, ma per il solo contenzioso appalti, dall’art. 19, co. 2, d.l. 25.3.1997, n. 67, convertito in l. 23.5.1997, n. 135, abrogato dall’art. 4, co. 2, l. 21.7.2000, n. 205. Sui rapporti di continuità o di discontinuità tra le previsioni normative proprie della l. 21.7.2000, n. 205 ed il nuovo Codice del processo amministrativo v. Allena, M.–Fracchia, F., Il ruolo e il significato della tutela cautelare nel quadro del nuovo processo amministrativo delineato dal d.lgs. 104/2010?, in Dir. proc. amm., 1.
6 Cons. St., sez. III, 1.2.2012, n. 506. Per una rassegna delle diverse pronunce intervenute in merito sia consentito di rinviare a Ferrari, Gi., Art. 60 c.p.a., in Il nuovo Codice del processo amministrativo, cit..
7 Con riferimento alla necessità del rispetto del contraddittorio De Nictolis, R., La giustizia amministrativa. I giudizi innanzi al TAR e al Consiglio di Stato, Roma, 2006, 537, ha sottolineato la necessità che l'interpretazione delle norme processuali sia coerente e rispettosa del principio di difesa, rilevando come la completezza del contraddittorio debba essere intesa sia in senso soggettivo, come evocazione in giudizio di tutte le parti necessarie, che in senso oggettivo, come rispetto dei termini a difesa. Sui principi della parità delle armi e della tutela del contraddittorio a garanzia di un processo equo anche alla luce della CEDU, v. Mirante, S., Giustizia amministrativa e convenzione europea dei diritti dell’uomo, Napoli, 2007, 256, secondo cui «Nel complessivo disegno di un diritto all'equità delle procedure giurisdizionali delineato dalla giurisprudenza strasburghese, l'esigenza di una parità fra parti processuali s'inscrive nel più ampio concetto di “tutela del contraddittorio”, che la Corte sviluppa in parallelo con l'esigenza di uguaglianza delle parti in causa ...».
8 Ha chiarito Baccarini, S., Istruttoria e sentenze semplificate, in Dir. proc. amm., 2009, IV, 61, che la formulazione ambigua dell’art. 101 c.p.c. – secondo cui il giudice, salvo che la legge disponga altrimenti non può statuire sopra alcuna domanda, se la parte contro la quale è proposta non è stata regolarmente citata e non è comparsa – dette a suo tempo luogo a incertezze. «Ma la dottrina l’ha chiarita nel senso che la comparizione del convenuto è un requisito sostitutivo e non aggiuntivo rispetto alla regolare notificazione dell’atto introduttivo del giudizio: nei casi in cui la comparizione del soggetto passivo toglie rilievo ad ogni eventuale vizio della citazione o agli eventi interruttivi dai quali la parte sia stata colpita».
9 Cons. St., sez. III, 1.2.2012, n. 506.
10 TAR Campania, Napoli, sez. VII, 8.4.2011, n. 2004.
11 C. cost., 10.11.1999, n. 427.
12 Ha affermato Baccarini, S., Istruttoria e sentenze semplificate, in Dir. proc. amm., 2009, IV, 61, con riferimento alla disciplina dettata dall’art. 21, co. 10, l. 6.12.1971, n. 1034, ma esprimendo un principio estensibile alla vigente disciplina codicistica, che «la finalità acceleratoria ha indotto il Legislatore dell’anno 2000 a infrangere un principio del diritto processuale - la separatezza tra fase cautelare, ancorché incidentale, e fase di merito del procedimento». Ancora con riferimento alla disciplina introdotta dalla l. 21.7.2000, n. 205, Follieri, E., Il contraddittorio in condizioni di parità nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2006, II, 499, ha chiarito che «l’utile meccanismo della definizione nel merito del ricorso quando viene portato all'esame del Tar nella Camera di Consiglio fissata per decidere sulla misura cautelare, non può divenire una ingiusta compressione del contraddittorio ed occorre che le esigenze di speditezza ed efficienza si coniughino con quelle di garanzia e, in primis, del contraddittorio in condizioni di parità». Ad analoghe conclusioni è pervenuta Sandulli, M.A., La fase cautelare, in Dir. proc. amm., 2010, 4, secondo cui «la rapida conclusione del processo – e, all'interno di questo, la rapida decisione sulle richieste cautelari ed eventualmente, attraverso la sentenza in forma semplificata, anche sul merito – non deve in ogni caso collidere con l'adeguata cognizione della controversia. La fretta, secondo un antico brocardo, è tendenzialmente nemica del bene e l'accelerazione del procedimento e del processo sono rispettivamente nemiche della buona amministrazione e della piena giustizia. L'espressione “ragionevole” durata del processo non si identifica del resto e anzi è antinomica a quella di processo iperaccelerato».
13 Si pensi all’affidatario uscente di un servizio, al quale l’Amministrazione ha prorogato l’appalto sino alla definizione del giudizio che lo stesso ha instaurato avverso l’aggiudicazione del servizio a un terzo.
14 Cons. St., sez. III, 20.12.2011, n. 6759; Cons. St., sez. V, 21.10.2011, n. 5658; TAR Campania, Napoli, sez. VII, 24.2.2011, n. 1146.
15 Cons. St., sez. VI, 27.3.2012, n. 1810.
16 Cons. St., sez. IV, 25.6.2013, n. 3478; Cons. St., sez. III, 14.3.2013, n. 1533.
17 Cons. St., sez. V, 27.6.2012, n. 3777. Ha chiarito Cons. St., sez. IV, 11.9.2012, n. 4817 che mentre la mancata osservanza delle formalità preliminari (quali, ad esempio, l’avviso che la causa sarebbe stata definita nel merito e non con ordinanza cautelare) determina la nullità della sentenza, l’erronea valutazione in ordine al carattere manifesto della soluzione da dare alla controversia non costituisce di per se’ sola un vizio invalidante della sentenza, ma può tradursi in motivi di gravame aventi ad oggetto la insufficienza della motivazione o la diversa soluzione suggerita da una più corretta ricostruzione dei fatti e applicazione delle norme.
In effetti l’art. 60 c.p.a. non contiene più il riferimento alla manifesta agevole soluzione della controversia (perché irricevibile, inammissibile, improcedibile o manifestamente fondata o infondata) come era nella pregressa disciplina dettata dall’art. 21, l. n. 1034/1971, nel testo modificato dall’art. 3, l. n. 205/2000. Tale circostanza ha indotto una parte della dottrina (Chieppa, R., Il codice del processo amministrativo, Milano, 2010, 346; Picozza, E., Codice del processo amministrativo, Torino, 2010, 111) ad affermare che il codice ha inteso svincolare lo strumento acceleratorio da tale riscontro; di contro altra parte della dottrina (Coraggio, L., Le sentenze semplificate nel nuovo codice del processo amministrativo, cit.) ha ritenuto necessario tale presupposto sul duplice rilievo che l’art. 74 c.p.a., che detta in termini generali la disciplina dell’istituto, impone pur sempre che la controversia sia di agevole lettura, e che sul piano logico risulta difficile ipotizzare che si possa decidere con sentenza semplificata un ricorso che richieda la soluzione di problematiche complesse.
18 TAR Sicilia, Catania, sez. I, 19.1.2011, n. 125. Ha sul punto chiarito Cass., S.U., 14.9.2012, n. 15428 (commentata da Carbone, V., Sentenza del Consiglio di Stato in forma semplificata, in Corr. giur., 2012, 11, 1288) che non ricorre il vizio di eccesso di potere giurisdizionale nel caso di sentenza emessa dal Consiglio di Stato in forma semplificata, ai sensi dell’art. 60 c.p.a., senza che siano trascorsi almeno venti giorni dal perfezionamento della notifica dell’appello principale (e, ove sia proposto, di quello incidentale), nel caso in cui comunque risulti dalla stessa sentenza che il Collegio aveva sentito le parti in ordine alla possibilità di definire la questione con sentenza in forma semplificata e queste nulla hanno eccepito.
19 Cons. St., sez. III, 7.1.2013, n. 14.
20 Cons. St., sez. VI, 2.9.2011, n. 4913; Cons. St., sez. IV, 7.2.2011, n. 815; Cons. St., 9.12.2010, n. 8625.
21 Perché la sentenza del giudice di primo grado resa in forma semplificata sia annullata con rinvio è sufficiente che dallo stralcio del verbale di udienza non risulti che il collegio abbia avvertito le parti della riserva di decidere nel merito la vicenda contenziosa (Cons. St., sez. V, 20.7.2011, n. 4397; Cons. St., sez. IV, 6.6.2008, n. 2679).
22 Cons. St., sez. V, 9.10.2007, n. 5289.
23 TAR Lazio, Roma, sez. III quater, 4.8.2011, n. 6990; TAR Piemonte, sez. I, 6.9.2001, n. 1671.
24 Cons. St., sez. IV, 21.11.2012, n. 5904; Cons. St., sez. V, 21.10.2011, n. 5658; TAR Umbria, 14.12.2010, n. 528.
25 TAR Basilicata, 8.2.2012, n. 98.