Vedi SEPTEMPEDA dell'anno: 1966 - 1997
SEPTEMPEDA
Città del Piceno nella Regione V augustea, situata a 2 km, verso E, dall'odierna S. Severino (Macerata). Menzionata da Strabone (v, 4, 2, p. 241), da Plinio (Nat. hist., iii, 111) e da Tolomeo (iii, i, 52); nell'Itinerario Antoniniano (312, 316) è posta come stazione a 143 miglia da Roma e 36 da Ancona (cippo miliare C.I.L., ix, 5936) della diramazione della via Flaminia da Nuceria per Ancona, attraverso la valle del Potenza. L'ager Septempedanus; ricordato nel Liber Coloniarum, p. 239, era limitato dai territori di Matilica, Trea e Tolentinum. Dalle iscrizioni pervenuteci (C.I.L., 5573-5643 e Not. Scavi, 1898, p. 486 e 1904, p. 192) ci si rivela S. come centro di una certa importanza: sappiamo che fu municipio da un'iscrizione dedicata da municipes et incolae ad un II vir (5580), mentre nel Liber Coloniarum è detta oppidum. Quanto al culto si hanno iscrizioni dedicatorie a: Genio (5573) e Iovi Iuventuti (5574). Tra le opere pubbliche è ricordata (5576) la costruzione di una basilica.
Numerose stazioni umane eneolitiche e del Bronzo, con testimonianze anche del Paleolitico, individuate sulla fine del secolo scorso sulle colline che circondano la grande conca, in cui sorse più tardi S., attestano, anche per le età più antiche, un'intensa vita nella zona. Tra i predetti colli si distingue per importanza, dalla preistoria a tutto il Medioevo, Pitino che ha restituito, tra l'altro, una necropoli picena di particolare interesse per l'abbondanza, varietà ed originalità dei corredi.
Alla sottomissione del Piceno da parte dei Romani nel 268 a. C. deve risalire la fondazione di 5., di cui in località Pieve di S. Martino sulla sinistra del fiume Potenza, antico Flosis (erratamente Flusor negli Acta S. Severini) si sono rimessi in luce, in un recente passato, lunghissimi tratti delle mura di cinta in grossi blocchi di tufo in opera quadrata per uno sviluppo di circa 1500 m, presentemente reinterrati, ad eccezione della Porta-torre a S-O, sul decumano, di nuovo scavata recentemente. Vi si apre un fornice tra due pilastri pentagonali, con fiancheggiamento di due torrioni rotondi di m 5 di diametro; una seconda porta, sul lato N della città, è stata rimessa allo scoperto solo parzialmente, perché attraversata dall'attuale strada provinciale per Macerata. Nell'ambito della città non sono mancati rinvenimenti fortuiti di mosaici, lapidi ed oggetti vari. La sua distruzione si fa risalire agli Ostrogoti di Totila o ai Longobardi (Acta Sanct., jan., i, 499, 739: Chron. Min., ii, 107), ma essa non dovette essere totale ed irreparabile, perché nel X sec. la città era eretta a gastaldia. Nel sec. XIV, però, era ridotta a semplice villaggio (Arch. Com. Rif., 1359).
Sede vescovile, ebbe tra i suoi primi vescovi Severinus che, fiorito probabilmente in epoca anteriore al VI (Lanzoni, Le diocesi d'Italia, p. 392), ha dato il nome all'odierna S. Severino.
Bibl.: Smith, Dict. of W. Geogr., II, Londra 1898, p. 964; s. v.; C.I.L., IX, p. 533; H. Nissen, It. Landesk., Berlino 1883-8, p. 419; Von Duhn-Messerschmidt, Ital. Gräberk., Heidelberg 1924, II, p. 230; Philipp, in Pauly-Wissowa, II A, 1923, c. 1552, s. v.; N. Alfieri, I fiumi delle regioin augustee V e VI, in athenaeum, N. S. XXVII, 1949, p. 125.