SEQUENZA
Canto liturgico latino, seguente l'Alleluia e altri canti melismatici, ai cui vocalizzi finali (in seguito anche a vocalizzi ex-novo creati) applica un testo letterario, dapprima poco legato in sé, poi più coerente. D'origine remota, la sequenza sembra venuta dall'Oriente bizantino, di cui serba - d'altronde - l'esecuzione antifonica e la struttura musicale (a frasi ripetute due a due tra una frase introduttiva e una conclusiva). Nella chiesa latina appare dal sec. VIII al IX a Jumiège, S. Marziale di Limoges e S. Gallo, ed il primo suo ordinatore e teorico è il monaco Motizero di quest'ultima abbazia. Tale componimento, che ha importanza grande, insieme col tropo, nell'avviamento alla musica medievale, è d'indole innodica e infatti nella sua fase più tarda riassume chiaramente i concetti dell'inno.
Rimangono oggi poche melodie sequenziali, e precisamente: Victimae Paschali Laudes, Veni Sancte Spiritus, Lauda Sion Salvatorem, Stabat Mater dolorosa, Dies irae, dies illa, la cui data è per lo più assai tarda, giungendo - come nella terza di esse - a S. Tommaso d'Aquino. Abelardo e Adamo di S. Vittore ne sono anche principali esponenti.
Letteralmente parlando, la sequenza appare nella forma a lei propria quando agli sporadici versus ad sequentias sottentra un testo continuo per tutta la melodia, onde la denominazione più esatta di sequentia cum prosa, o semplicemente prosa, dacché questi canti sono formati di versi senza una regola metrica, ma aventi solo un'assonanza coll'a finale dell'Alleluia. Dovendo però seguire la differente lunghezza delle melodie, la strofa fu divisa in versi di diversa lunghezza e, poiché le melodie erano cantate da due cori alternantisi, anche il testo fu diviso in due serie formate di più coppie di strofe simili fra di loro, ma diverse dalle altre. Una vera elaborazione della sequenza con intenti artistici si ebbe quando il testo non fu più adattato alla melodia dell'Alleluia, ma ne ricevette una sua propria, indipendente da quella. Tolta la necessità di seguire gli iubili alleluiatici, la sequenza ricevette una forma ritmica più accurata e più consentanea alle finalità poetiche del testo, fino a raggiungere, mediante la successiva introduzione di ritmo, di assonanze, e infine di rima vera e propria, una regolata uniformità nella costruzione dei versi, e quindi, scomparse anche le coppie di strofe, una struttura molto diversa dai tipi antiquati delle prose primitive a strofe diseguali, con versi di varia lunghezza e senza rima. Questa evoluzione si compì nel periodo dal sec. IX al XII, finché nel sec. XIII troviamo delle sequenze - come Lauda Sion salvatorem (1263) - che presentano una verseggiatura così uniforme da renderle esteriormente molto simili agl'inni regolari, ove si prescinda dalla ragione melodica che le connette per dritta linea ai melismi dell'Alleluia.
Per le sequenze del primo tipo, composte nella melodia dell'Alleluia, il titolo fu preso dalle parole iniziali della sequenza (Creator poli; Fulgens praeclara), o dell'Alleluia stessa (Laetatus sum; Dies sanctificatus). Per le sequenze del secondo tipo, che furono composte insieme con la melodia da un medesimo autore, o ne furono provviste dopo da un musico, rottosi il legame coi versetti dell'Alleluia, il titolo fu suggerito piuttosto da parole tipiche anche non iniziali o non di seguito (p. es., Virgo plorans, tratto dal verso: Quid tu virgo mater ploras). Gli studî più recenti hanno provato che l'origine delle sequenze è da ricercarsi in Francia forse già nel sec. VIII. Quivi furono distinte col nome di prosae. Per opera di Notkero Balbulo (v.) furono poi introdotte in Germania con l'appellativo di sequentiae e coltivate specialmente nella scuola cantoria di San Gallo. In seguito, sulla fine del sec. X e nell'XI, esse si diffusero largamente in tutto l'Occidente; e anche in Italia sorsero scuole di sequenze sino giù a Benevento e a Montecassino. La maggior parte di esse (ce ne sono pervenute circa 5000) è anonima. Tuttavia, per il periodo più antico, conosciamo, oltre a quello cospicuo di Notkero, anche i nomi di altri compositori: Ekkeardo I di S. Gallo (sec. X), l'abate Berno di Reichenau, Ermanno Contratto e Gottschalk di Limburgo, tutti del sec. XI. Ma nel secolo successivo il centro più celebrato fu Parigi con Adamo di San Vittore le cui sequenze per i loro pregi artistici ebbero grande successo e furono accolte quasi universalmente nella pratica liturgica. Nel sec. XIII l'Italia, se è vero che non diede un largo contributo, ha però il vanto di aver prodotto, oltre a quella bellissima dell'Aquinate, le famose sequenze Dies irae di Tommaso da Celano e Stabat mater di Iacopone da Todi. Il principio della creazione contemporanea del testo e della melodia non rimase limitato al campo chiesastico, ma trapassò in quello della poesia profana, dando origine nel sec. XI a sequenze di soggetto mondano e anche scherzoso come alcuni dei cosiddetti Carmina Burana, e alla mirabile fioritura della poesia ritmica medievale.
Bibl.: P. A. Shubiger, Die Sängerschule St. Gallens, Einsiedeln 1858; K. Bartsch, Die latein. Sequenzen des Mittelalters, Rostock 1868; J. Kehrein, Lat. Seg. d. M. A., Magonza 1873; W.H.J. Weale, Analecta liturgica, Bruges 1889; J. Werner, Notkers Sequenzen, Aarau 1901; E. Misset-P. Aubrey, Les proses d'Adam de St. Victor, Parigi 1900; Marxer, Zur spätnuttelalterl. Choralgesch. St. Gallens, S. Gallo 1908. Soprattutto cfr. negli Analecta hymnica med. aevi, Lipsia 1889-1922, i voll. VII-X, ed. da G. M. Dreves, il XL, ed. da H. M. Bannister, e gli studî fondamentali di C. Blume nei voll. XXXIV-LV.
Per le sequenze profane, v. K. Strecker, Carmina Cantabrigensia, Berlino 1926.