Abstract
Il sequestro conservativo rappresenta un mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale del credito, accanto all’azione surrogatoria e all’azione revocatoria e al tempo stesso una misura cautelare tipica. La sua disciplina generale è contenuta in parte nel codice di procedura civile, in parte nel codice civile. La sua finalità è quella di impedire che i beni del debitore o delle somme e cose da lui dovute al creditore siano sottratti attraverso atti di disposizione, con conseguente pregiudizio del diritto di credito. La conservazione della garanzia patrimoniale che il sequestro conservativo persegue si pone in stretta correlazione con l’espropriazione forzata sui beni che formano oggetto della garanzia e della responsabilità (patrimoniale) del debitore, nel senso che la fruttuosità pratica della stessa espropriazione può essere assicurata dalla misura cautelare.
1. Il Sequestro conservativo
Il sequestro conservativo si distingue da quello giudiziario (v. la voce Sequestro giudiziario - dir. proc. civ.) per la diversità del tipo di diritto del quale viene chiesta cautela, della natura di pregiudizio che la misura tende a neutralizzare, per la non perfetta coincidenza dei beni da sottoporre al vincolo costituito dal provvedimento cautelare (cfr. Consolo, C., Le tutele: di merito, sommarie ed esecutive, I, Torino, 2010, 299).
L’istituto, peraltro, è disciplinato in via generale, in parte dal codice di procedura civile (artt. 671, 675, 678, 679, 684, 685, 686 c.p.c.), in parte dal codice civile (artt. 2905, 2906 c.c.).
La peculiarità del provvedimento consiste, dunque, nel rappresentare al tempo stesso una misura cautelare tipica (profilo processuale) e un mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale del credito (profilo sostanziale), svolgendo una funzione affine ad altri istituti quali l’azione surrogatoria (art. 2900 c.c.) e l’azione revocatoria (artt. 2901-2904 c.c.). Sotto quest’ultimo aspetto, vengono in rilievo gli artt. 2740 e 2741 c.c., relativi, rispettivamente, all’individuazione dell’oggetto della garanzia (tutti i beni presenti e futuri del debitore, salve le limitazioni della responsabilità ammesse nei soli casi stabiliti dalla legge) e dei soggetti ai quali essa è offerta (tutti i creditori, con eguale diritto di essere soddisfatti, salve le cause legittime di prelazione).
Nell’una e nell’altra veste, la misura svolge una funzione conservativa del patrimonio del debitore in vista della fruttuosità della espropriazione forzata sui beni del debitore stesso.
Il tenore letterale dell’art. 671 c.p.c. (v. anche l’art. 2905 c.c.) è piuttosto chiaro nel prevedere che il sequestro conservativo possa essere chiesto a tutela di un diritto di credito, il cui contenuto si risolva in una pretesa suscettibile di conversione in somma di danaro (Ferri, C., Sequestro, in Dig. civ., XVIII, Torino, 1998, 477; Santulli, R., Sequestro: I - Sequestro giudiziario e conservativo - Dir. proc. civ., in Enc. giur. Treccani, Roma, 1998, 5, ove ulteriori riferimenti); del resto, ciò si evince anche dalla possibilità di conversione del sequestro in pignoramento, in caso di conclusione del giudizio di merito con sentenza di accoglimento della relativa domanda di condanna, ai sensi dell’art. 686 c.p.c.
La misura può essere concessa anche se il credito non sia liquido né esigibile (cfr. Consolo, C., Le tutele, cit., 302; Ferri, C., Sequestro, cit., 477 s.; v. anche Santulli, R., Sequestro, cit., 6), come si può argomentare anche dal tenore degli artt. 1186 e 1356 c.c. (cfr. Andrioli, V., Commento al codice di procedura civile, IV, Napoli, 1964, 154). Pertanto, essa è ammissibile in riferimento a crediti a termine, ad obbligazioni periodiche, ad obbligazioni da fatto illecito prima dell’accertamento giudiziale della responsabilità (cfr. Conte, R., Sequestri (giudiziario e conservativo), in Il diritto-Encicl. Giur., XIV, Milano, 2007, 377). Ove al momento della emanazione della sentenza di condanna non si sia ancora verificata la condizione o il credito sia ancora sottoposto a termine, la sentenza stessa non potrà che essere considerata in futuro o condizionata, con esclusione della possibilità di conversione automatica del sequestro conservativo in pignoramento (cfr. Vellani, M., Conversione del sequestro conservativo in pignoramento e creditori intervenuti, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1978, 31 ss., 67 ss.). Il sequestro, invece, è inammissibile per la tutela di un credito meramente ipotetico o eventuale (v. Cass., 22.6.1972, n. 2055, in Giust. civ., 1972, I, 1511).
Si discute della possibilità per il creditore di ottenere un sequestro conservativo quando sia già munito di titolo esecutivo (per un approfondimento del tema, v. Samorì, G., Ammissibilità del sequestro conservativo in presenza di un titolo esecutivo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1985, 134; Conte, R., Creditore già munito di titolo esecutivo giudiziale e sequestro conservativo ex art. 2905, 2º comma, c.c., in Riv. dir. proc., 2002, 1206).
Il pregiudizio che il provvedimento mira a scongiurare deriva dal «fondato timore di perdere la garanzia» del credito. Altro l’art. 671 c.p.c. non specifica.
A tal proposito, la giurisprudenza desume la sussistenza del periculum in mora, anche alternativamente, sia da elementi obiettivi, attinenti alla consistenza qualitativa e quantitativa del patrimonio del debitore in rapporto all’entità del credito, sia da elementi soggettivi, riguardanti il suo comportamento, che rendano verosimile la eventualità di un depauperamento del suo patrimonio ed esprimano la sua intenzione di sottrarsi all'adempimento dei suoi obblighi in modo da ingenerare nel creditore il ragionevole dubbio che la sua pretesa non sia soddisfatta (in questi termini, v. Trib. Isernia, 4.7.2009, in Foro it., Merito-extra, 2010, 9; Trib. Siracusa-Avola, 26.3.2004, in Foro pad., 2005, I, 449, secondo cui rileva anche il comportamento processuale del debitore; Cass., 13.2.2002, n. 2081, in Foro it. Rep., 2002, voce Sequestro conservativo, n. 27. Cfr. anche Conte, R., Il sequestro conservativo, in I procedimenti sommari e speciali, II, Procedimenti cautelari, a cura di S. Chiarloni e C. Consolo, Torino, 2005, 1015 ss., per ulteriori precisazioni in ordine alla rilevanza degli elementi oggettivi e soggettivi indicati).
Ai sensi dell’art. 2905, co. 2, c.c., «Il sequestro può essere chiesto anche nei confronti del terzo acquirente dei beni del debitore, qualora sia stata proposta l'azione per far dichiarare l'inefficacia dell'alienazione». A differenza dell’ipotesi disciplinata dal co. 1, questa riguarda un bene determinato, segnatamente quello oggetto dell’alienazione (v. Conte, R., Il sequestro conservativo, cit., 1027) e per questa ragione viene assimilato al sequestro giudiziario (cfr. Pototschnig, P., Il sequestro conservativo, in Il processo cautelare, a cura di G. Tarzia, Padova, 2004, 40). Controversa è l’ammissibilità di tale forma di sequestro ante causam (in senso affermativo, v. Arieta, G., Le cautele. Il processo cautelare, in Trattato di diritto processuale civile, XI, Padova, 2011, 371; Cantillo, M.-Santangeli, F., Il sequestro nel processo civile, Milano, 2003, 101 s.; Conte, R., Il sequestro conservativo, cit., 1029 s.). Si discute, inoltre, in ordine alla possibilità di applicazione della norma a tutela del creditore che proponga azione di simulazione assoluta della compravendita tra il debitore e il terzo (in senso affermativo, v. Trisorio Liuzzi, G., In tema di sequestro di beni del terzo acquirente del debitore, in Riv. dir. proc., 1983, 159 ss.).
Il sequestro conservativo determina, come il pignoramento (v. art. 2906, co. 1, c.c.), un vincolo di indisponibilità giuridica sui beni ad esso assoggettati, dal quale deriva l’inefficacia rispetto al creditore sequestrante degli atti che comportino la disposizione del bene (o comunque una diminuzione dell’idoneità a costituire oggetto della garanzia patrimoniale: v. Andrioli, V., Intorno agli effetti sostanziali del pignoramento e del sequestro conservativo immobiliare, in Foro it., 1951, I, 1593).
Dal tenore letterale della norma la prevalente dottrina deduce che il vincolo sia «a porta chiusa», vale a dire operante – e in questo si evidenzia una differenza fondamentale rispetto al pignoramento – soltanto in favore del creditore sequestrante (cfr. Pototschnig, P., op. cit., 4 ss.; Vellani, M., Conversione, cit., 661 ss.; Id., In tema di effetti sostanziali del sequestro conservativo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1966, 1119 ss.).
La tesi non è pacifica, ritenendosi in senso contrario il sequestro conservativo come un pignoramento anticipato, tale da far retroagire al sequestro la produzione degli effetti del pignoramento, in virtù del tenore degli art. 499 ss. c.p.c., nel testo anteriore alla riforma del 2005, sulla quale v. infra § 1.8. (cfr. Laserra, G., Il sequestro conservativo come vincolo a porta aperta, in Riv. dir. proc., 1976, 76 ss. In giurisprudenza, nel senso che una volta emessa la pronuncia di condanna e convertito il sequestro in pignoramento – v. infra, § 1.8. –, il vincolo diventa «a porta aperta» e consente di giovarsene anche agli altri creditori intervenienti nella procedura esecutiva, cfr. Cass., 5.8.1997, n. 7218, in Foro it. Rep., 1997, voce Sequestro conservativo, n. 30).
I beni che possono costituire oggetto di sequestro conservativo (immobili e mobili) vengono in rilievo non nella loro individualità, ma nella loro globalità; ciò che acquisisce rilevanza è la loro trasformabilità in danaro, sino a concorrenza del valore del credito. A maggior ragione questo vale allorché il provvedimento cautelare sia disposto in relazione a somme. In ogni caso, il sequestro può avvenire soltanto nei limiti in cui la legge (codice civile, codice di procedura civile, codice della navigazione, leggi speciali) ne permette il pignoramento.
L’art. 678 c.p.c. disciplina l’esecuzione del sequestro conservativo sui mobili e sui crediti (ad esso rinvia l’art. 669 duodecies c.p.c. in tema di attuazione), che, rispettivamente, avviene secondo le norme stabilite per il pignoramento presso il debitore o presso terzi.
Nel primo caso, dunque, si applicano le norme di cui agli art. 513 ss. c.p.c. (v. Ventura, N., in L’esecuzione forzata riformata, a cura di G. Miccolis e C.L. Perago, Torino, 2009, 147 ss.). Poiché tra i beni assoggettabili ad espropriazione forzata non rientra l’azienda in quanto tale, cioè complesso unitario di beni, si ritiene che essa non possa essere assoggettata neanche a sequestro conservativo (in giurisprudenza, v. Trib. Pisa, 20.4.1994, in Giust. civ., 1994, I, 3305; contra, Perchinunno, R., Il sequestro conservativo, in Tratt. Rescigno, XX, Torino, 1983, 179 ss.).
Nel secondo caso, il sequestrante deve, con l'atto di sequestro, citare il terzo a comparire davanti al tribunale del luogo di residenza del terzo stesso per rendere la dichiarazione di cui all'art. 547 c.p.c. Se il terzo compare e rende una dichiarazione positiva circa l’esistenza del credito del debitore nei suoi confronti e non sorgono contestazioni, il diritto di credito risulta definitivamente accertato nei limiti della dichiarazione (Pototschnig, P., L’esecuzione dei sequestri, in Il nuovo processo cautelare, cit., 495). In caso contrario, il giudizio diretto all'accertamento dell'obbligo del terzo, che si apre a seguito della dichiarazione negativa o delle contestazioni insorte, è sospeso ex lege sino all'esito di quello sul merito, a meno che il terzo non chieda l'immediato accertamento dei propri obblighi. Quest’ultima previsione è improntata allo scopo di evitare, non la contraddittorietà o il conflitto di giudicati, ma l’eventualità che il processo ex art. 548 c.p.c. si svolga inutilmente, sicché l’esito positivo del giudizio sulla convalida del sequestro e sul merito creditorio realizza una condizione di procedibilità della domanda incidentale di accertamento dell’obbligo del terzo (v. Cass., 27.5.2003, n. 8391, Foro it., Rep., 2003, voce Sequestro conservativo, n. 41. Nel senso che nel giudizio per sequestro conservativo innanzi alla Corte dei conti, spetta al tribunale ordinario ricevere la dichiarazione del terzo debitor debitoris, di cui agli artt. 547 e 678 c.p.c., v. Cass., S.U., 28.7.2009, n. 17471, in Giur. it., 2010, 1125, con nota di R. Conte; cfr., inoltre, Cass., ord. 10.11.2006, n. 24103, Foro it. Rep., 2006, voce Procedimento civile, n. 294, secondo cui nel caso di specie ricorre una esplicita figura di sospensione necessaria del processo, diversa da quella che scaturisce dal rapporto di pregiudizialità, tra il giudizio relativo all’accertamento dell’obbligo del terzo intrapreso dal creditore e altro processo in cui venga contestata questa qualità di creditore). La sospensione, in ogni caso, è destinata a non protrarsi oltre il momento della pubblicazione della sentenza di condanna di primo grado (in tal senso, v. Conte, R., Il sequestro conservativo, cit., 1049, anche sulla base del tenore dell’art. 669 novies, co. 3, c.p.c.).
Discussa in dottrina (per la tesi negativa, cfr. Andrioli, V., Commento, IV, cit., 188; per quella affermativa, v. Potoschnig, P., Il sequestro conservativo, cit., 44 ss.) è l’ammissibilità del sequestro conservativo chiesto dal creditore che, a sua volta, sia debitore del suo debitore (sequestro cd. “presso se stessi”). La giurisprudenza, invece, si è occupata delle modalità di esecuzione di tale forma di sequestro (cfr. Cass., 8.2.1992, n. 1407, Giur. it., 1992, I, 1, 2176, con nota di Atzori, M., La Cassazione e la “terza via” al sequestro presso terzi).
A seguito del d.lgs. 17.1.2003, n. 6, non possono sussistere più dubbi in ordine alla ammissibilità del sequestro di azioni di s.p.a. (art. 2352 c.c.), nonché di quote di partecipazione in s.r.l. (art. 2471 c.c.), residuando perplessità sulle modalità di esecuzione (quanto alle azioni, v. Corsini, F., L’espropriazione degli strumenti finanziari dematerializzati (problemi e prospettive), in Banca borsa, 2004, I, 79, nonché Conte, R., Il sequestro conservativo, cit., 1055 s.); quanto alle quote, v. l’art. 2471 c.c. come riformato dal d.lgs. n. 6/2003 (in precedenza, v. Chiarloni, S., Il pignoramento di quote di società a responsabilità limitata si esegue ora tramite iscrizione nel registro delle imprese, in Giur. it., 1995, IV, 154) nonché dall’ art. 16, co. 12 quinquies, d.l. 29.11.2008, n. 185, conv. in l. 28.1.2009, n. 2. Nessun dubbio sussiste, invece, in ordine all’esercizio del diritto di voto, spettante in ogni caso al custode, ai sensi dell’art. 2352, co. 1, c.c., anch’esso modificato dal d.lgs. n. 6/2003 (anche nell’ipotesi di sequestro di quote di s.r.l., ai sensi del riformato art. 2471 bis c.c.). Perplessità continuano a sussistere per ciò che concerne la sequestrabilità delle quote di società di persone, stante la ritenuta rilevanza dell’intuitus personae e del principio unanimistico, oltre che il tenore letterale (apparentemente ostativo) dell’art. 2270 c.c.
Il sequestro del titolo di credito (come anche il pignoramento e ogni altro vincolo sul diritto in esso menzionato o sulle merci da esso rappresentate) deve essere attuato, ai sensi dell’art. 1997 c.c., direttamente sul titolo stesso. Quello sul titolo nominativo deve risultare da una corrispondente annotazione sul titolo e nel registro, ai sensi dell’art. 2024 c.c. Sotto ogni altro profilo procedurale, devono seguirsi le disposizioni relative al pignoramento di beni mobili presso il debitore e non quelle del pignoramento presso terzi (cfr. Cass., 28.2.2007, n. 4653, in Giur. it., 2008, 167).
Il sequestro conservativo può avere ad oggetto crediti (anche non liquidi oppure condizionati, purché suscettibili di una capacità satisfattiva futura) e, in tal caso, si esegue entro i limiti e nelle forme stabilite per il pignoramento presso terzi (cfr., per riferimenti, Majorano, A., L’espropriazione presso terzi, in L’esecuzione forzata riformata, a cura di G. Miccolis e C.L. Perago, Torino, 2009, 189 s.).
Il sequestro di beni immobili avviene, ai sensi dell’art. 679 c.p.c., attraverso la trascrizione del provvedimento presso l'ufficio del conservatore dei registri immobiliari del luogo in cui i beni sono situati, dalla quale discende la costituzione del vincolo di indisponibilità dei beni stessi da parte del debitore (v. Conte, R., Il sequestro conservativo, cit., 1040. Sulla possibilità di procedere alla cancellazione della trascrizione anche sulla base di un provvedimento di rigetto in rito dell’istanza cautelare, cfr. Merlin, E., Le cause della sopravvenuta inefficacia del provvedimento, in Il processo cautelare, a cura di G. Tarzia e A. Saletti, Padova, 2008, 438. Per l’ipotesi di provvedimento che si limiti a dichiarare la nullità dell’atto introduttivo della causa di merito per vizi inerenti la editio actionis, cfr. Trib. Torino, 2.7.2010, in Giur. it., 2011, 1121, con nota di D. Fraschini). La trascrizione, ai sensi degli artt. 2668 bis e 2668 ter c.c., perde efficacia se non viene rinnovata entro venti anni dalla sua data (cfr. Miccolis, G., La rinnovazione della trascrizione della domanda giudiziale, del pignoramento immobiliare e del sequestro conservativo sugli immobili, nonché Fabiani, E., La durata dell’efficacia della trascrizione della domanda giudiziale, del pignoramento immobiliare e del sequestro conservativo sugli immobili, in Le novità per il processo civile (l. 18 giugno 2009, n. 69), in Foro it., 2009, V, 339 ss., 342 ss.).
Per i beni mobili registrati l’art. 2693 c.c. prevede espressamente sia la notificazione sia la successiva trascrizione del provvedimento che ordina il sequestro conservativo. Il tenore letterale della norma, tuttavia, sembra attribuire soltanto alla trascrizione valore costitutivo per gli effetti disposti dall'art. 2906 c.c., come confermato dall’equiparazione («del pari») alla trascrizione dell’atto di pignoramento.
Sussistono dubbi interpretativi in ordine alle modalità attraverso le quali far valere le questioni di vario genere che possono insorgere nel corso dell’attuazione del sequestro conservativo (riguardanti l’attuazione stessa, l’individuazione dei beni “aggrediti”, le irregolarità e invalidità di carattere procedurale, le contestazioni attinenti al merito, la tutela dei terzi e così via). Il dibattito ruota intorno all’applicabilità della disciplina contenuta nella norma generale di cui all’art. 669 duodecies c.p.c. e/o di quella prevista dalle norme speciali, in particolare gli art. 678 e 679 c.p.c.
A tal proposito, la Cassazione ha posto una distinzione tra le questioni attinenti alla legittimità e alla validità formale dell’attuazione e quelle relative ad aspetti meramente materiali, affermando che le prime devono essere fatte valere nel giudizio di merito, in applicazione dell’ultima parte dell’art. 669 duodecies c.p.c., le seconde innanzi al giudice della cautela (Cass., 12.12.2003, n. 19101, in Giur. it., 2004, 1150, con nota di Vullo, E., La tutela delle parti e dei terzi nell’esecuzione dei sequestri); in particolare, secondo la Corte, le contestazioni mosse in ordine all'attuazione del sequestro «non assumono natura di opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi, ma conservano la loro natura di eccezioni del soggetto che ha subito la misura cautelare, idonee soltanto a sollecitare l'esercizio, da parte del giudice di merito dei poteri di modifica, integrazione, precisazione o revoca del provvedimento».
A questa tesi aderisce quella parte della dottrina secondo cui le «difficoltà o contestazioni» emerse in sede di attuazione possono trovare soluzione soltanto innanzi al giudice della cautela, ai sensi dell’art. 669 duodecies c.p.c.; invece, le questioni attinenti alla validità dell’esecuzione, che nell’ambito del processo esecutivo confluirebbero nei rimedi oppositivi, vanno proposte nel giudizio di merito (cfr. Saletti, A., Le riforme del codice di rito in materia di esecuzione forzata e di attuazione delle misure cautelari, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1992, 464 ss., nonché Arieta, G., Le cautele. Il processo cautelare, in Trattato di diritto processuale civile, II ed., Padova, 2011, 254 s.; Pototschnig, P., L’esecuzione, cit., 642 ss., che ritiene abrogato l’espresso richiamo all’art. 610 c.p.c. contenuto nell’art. 678 c.p.c., ex art. 15 disp. prel. c.c. per incompatibilità con la sopravvenuta disciplina del procedimento cautelare uniforme e, in particolare, con l’assorbente disposto dell’art. 669 duodecies c.p.c.; v. già in tal senso Vullo, E., La tutela delle parti e dei terzi nell’esecuzione dei sequestri, in Giur. it., 2004, 1152 ss., mentre, in senso contrario, v. Olivieri, G., I provvedimenti cautelari nel nuovo processo civile, in Riv. dir. proc., 1991, 733).
L’opposto orientamento, invece, attribuisce al giudice dell’esecuzione ogni questione che possa insorgere nel corso dell’attuazione della misura cautelare, riservando al giudice della causa di merito soltanto le questioni che investono il diritto sostanziale fatto valere in quella sede (Trib. Milano, 18.6.1997, in Giur. it., 1998, 2312; Trib. Alba, 8.7.1997, ibid.; in dottrina, v. Conte, R., Il sequestro conservativo, cit., 1068 ss.).
Quanto alla tutela dei terzi, si è esclusa l’ipotesi di un intervento nel procedimento cautelare diretto a far valere ragioni che potrebbero rilevare nella causa di merito in quanto attinenti al contenuto e agli effetti della decisione che statuirà sul diritto cautelando e anche l’ipotesi di un intervento adesivo, data la caratteristica del sequestro conservativo rappresentata dal comportare un vincolo «a porte chiuse», quindi idoneo a giovare al solo creditore sequestrante (Consolo, C., Intervento del terzo nel giudizio cautelare, reclamo del terzo e pregiudizio da mera attuazione scorretta (da farsi valere in altro modo), in Giur. it., 1996, I, 2, 188 s.). Si è pure esclusa l’esperibilità del reclamo cautelare in quanto rimedio concesso alle parti del procedimento e ai terzi che vi siano intervenuti (cfr. Luiso, F.P., in Consolo, C.-Luiso, F.P.-Sassani, B., La riforma del processo civile, Milano, 1991, cit., 517 s. In senso contrario, v. Tarzia, G., in Nuove leggi civ., 1992, 397, nt. 10; Costantino, G., in nota a Pret. Macerata, 3.8.1992, in Foro it., 1993, I, 1707, che fa salva comunque le possibilità di intervenire nel giudizio di merito e di chiedere la revoca del provvedimento in base a circostanze sopravvenute). Si è, invece, ammessa la possibilità di esperire intervento nella causa di merito (Costantino, G., op. cit.) ovvero di far valere le proprie ragioni con un’autonoma azione ordinaria (Proto Pisani, A., Lezioni di diritto processuale civile, Napoli, 1994, 721; Tarzia, G., op. loc. cit.). Per ciò che concerne le questioni riguardanti l’incidenza e l’attuazione in sé del sequestro conservativo (non il suo contenuto) può avere sulla posizione dei terzi (effetti materiali), si è ritenuto più corretto ammettere la possibilità di utilizzare le forme del procedimento di cui all’art. 619 c.p.c.
Ai sensi dell’art. 675 c.p.c., «il provvedimento che autorizza il sequestro perde efficacia, se non è eseguito entro trenta giorni dalla pronuncia». La disposizione si applica anche al sequestro giudiziario e ha dato adito a dubbi di incostituzionalità, là dove sembra determinare una disparità di trattamento rispetto all’attuazione di qualsiasi altra misura cautelare e una violazione del diritto di difesa del sequestrante, sul quale è addossato l’onere, non certo agevole, di promuovere l’esecuzione del sequestro entro un termine, a pena di inefficacia, che inizia a decorrere da un dies a quo per l’individuazione del quale occorre «l’impiego di una diligenza più che normale fino al punto di un controllo giornaliero» in cancelleria per la verifica dell’avvenuto deposito della pronuncia (così C. cost., 13.6.1995, n. 237, in Resp. civ. prev., 1995, 892, con nota di M. De Cristofaro, che, però, ha respinto i dubbi di incostituzionalità, attribuendo maggiore rilevanza all’interesse del sequestrato a non restare esposto «oltre una durata rigorosamente limitata» ad una «grave situazione»).
Il giudice competente a dichiarare l’inefficacia del sequestro conservativo a causa del mancato rispetto del termine di trenta giorni, è quello che ha emesso la misura cautelare ante causam, nel caso in cui non segua il giudizio di merito ovvero il giudice della causa di merito se questa è stata introdotta (v. art. 669 novies, co. 2, c.p.c.: cfr. Conte, R., Il sequestro conservativo, cit., 1064).
La revoca disciplinata dall’art. 684 c.p.c. non va confusa con quella di cui all’art. 669 decies c.p.c., data la diversità di presupposti (in senso contrario Ziino, S., Revoca del sequestro ex art. 684 c.p.c. e disciplina transitoria della legge 477/1992, in Riv. dir. proc., 1993, 929). Secondo l’opinione prevalente, si tratta di un’ipotesi di surrogazione reale, che comporta la sostituzione dei beni sequestrati con la somma a titolo di deposito cauzionale (parla di «slittamento» Diana, A.G., Il sequestro conservativo e giudiziario, Milano, 2009, 189) e conseguente liberazione dei beni stessi dal vincolo di indisponibilità. Di conseguenza, se ne sostiene l’assimilazione alla conversione del pignoramento disciplinata dall’art. 495 c.p.c. (cfr., anche per riferimenti, Signori, D., La “revoca” del sequestro conservativo ex art. 684 c.p.c. e la sua funzione nel parallelo con la conversione del pignoramento, in Giur. it., 2011, 897 ss.).
Secondo un’impostazione minoritaria, invece, la revoca non deve essere intesa come una forma di conversione dell’oggetto del sequestro, poiché con essa il sequestro viene meno (cfr. Conte, R., Il sequestro conservativo, cit., 1071).
Un’altra tesi, poi, distingue a seconda che la cauzione sia prestata attraverso il deposito di una somma di danaro o di cose sequestrabili ovvero per il tramite di fideiussione o di ipoteca da parte di un terzo: nel primo caso, la “revoca” avrebbe l’effetto di convertire l’oggetto del sequestro, trasferendo il vincolo sulla nuova res; nel secondo, si atteggerebbe a rimedio ablatorio vero e proprio (Andrioli, V., Commento, IV, cit., 210. In senso critico, v. Colesanti, V., Conversione del sequestro in pignoramento della fideiussione prestata quale cauzione, in Banca borsa, 1994, II, 69 ss.).
L’ordinanza che dispone la revoca è dichiarata espressamente non impugnabile. Pertanto, si ritengono inammissibili il reclamo cautelare ex art. 669 terdecies c.p.c. (cfr. Trib. Lanciano, 26.7.2002, in Giur. it., 2003, 920, con nota di G. Frus) e il regolamento di competenza (v. Cass., 21.5.1997, n. 4536, in Giur. it., 1998, 1136). In dottrina, invece, c’è chi afferma la reclamabilità del provvedimento, sebbene per far valere censure attinenti non alla sussistenza dei presupposti per il suo rilascio, bensì alla violazione dei criteri previsti dall’art. 684 c.p.c. per la determinazione dell’ammontare della cauzione (Conte, R., Il sequestro conservativo, 1073; Frus, G., La reclamabilità del provvedimento che pronuncia sull’istanza di revoca del sequestro conservativo ex art. 684 c.p.c.: oscillazioni giurisprudenziali e aspetti problematici, in Giur. it., 2003, 920, 924).
Per ciò che concerne quest’ultimo aspetto, si è affermato sia che l’importo della cauzione debba corrispondere alla «minor somma tra l’ammontare del credito tutelato e delle spese e il valore delle cose sequestrate» (Andrioli, V., Commento, IV, cit., 210; Cantillo, M.-Caturani, G., Il sequestro giudiziario e conservativo, Milano, 1989, 190) sia, invece, che debba farsi riferimento per la sua determinazione al (solo) «ammontare del credito» (cfr., da ultimo, Signori, D., La “revoca”, cit., 898).
La riduzione del sequestro conservativo – non espressamente prevista, ma generalmente è ritenuta ammissibile ex art. 496 c.p.c. (Cass., 5.8.1997, n. 7218, in Foro it. Rep., 1997, voce Sequestro conservativo, n. 28) applicabile in quanto disposizione rientrante nella disciplina della espropriazione forzata, a sua volta richiamata dagli art. 671 e 678 c.p.c. (Cass., 7.11.1992, n. 12050, in Foro it. Rep., 1992, voce Sequestro conservativo, n. 43) – risponde al principio, che emerge anche dagli art. 3 e 24 Cost., secondo cui il sistema di tutela giurisdizionale deve assicurare al titolare di ogni situazione soggettiva sostanziale «tutto quello e proprio quello ch’egli ha diritto di conseguire»: non di meno, ma neanche di più. Il potere di disporre la riduzione spetta al giudice (dell’esecuzione, secondo Conte, R., Il sequestro conservativo, cit., 1071; invece, nel senso che la competenza nel corso della istruzione spetti al giudice della causa di merito, v. Pret. Parma, 4.3.1995, in Giur. it., 1995, I, 2, 489) anche d’ufficio, con provvedimento ritenuto in giurisprudenza non reclamabile (Trib. Lucca, 21.3.2003, in Giur. mer., 2003, 1940), né soggetto a ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost. (Cass., 9.2.1994, n. 1336, in Foro it. Rep., 1994, voce Sequestro conservativo, n. 48).
Nel momento in cui il creditore sequestrante ottiene sentenza di condanna esecutiva ovvero altro titolo giudiziale avente idoneità esecutiva (ad esempio, l’ordinanza ingiunzione di cui all’art. 186 ter c.p.c.: Trib. Monza, 30.1.2003, in Giur. it., 2003, 895; ovvero 186 quater c.p.c.: Ferri, C., Il sequestro, cit., 484; Conte, R., Il sequestro conservativo, cit., 1082; ovvero 702 ter c.p.c.), il sequestro conservativo, ai sensi dell’art. 686, co. 1, c.p.c., si converte in pignoramento. Tuttavia, ai sensi dell’art. 156, co. 1, disp. att. c.p.c., il sequestrante deve depositare copia della sentenza nella cancelleria del giudice competente per l’esecuzione nel termine perentorio di sessanta giorni dalla comunicazione e deve quindi procedere alle notificazioni ai creditori che sui beni pignorati hanno un diritto di prelazione risultante da pubblici registri (v. art. 498 c.p.c.). Se poi, oggetto del sequestro sono beni immobili, il sequestrante deve anche chiedere, nel menzionato termine perentorio, l'annotazione della sentenza di condanna esecutiva in margine alla trascrizione prevista nell'art. 679 c.p.c. (v. art. 156, co. 2, disp. att. c.p.c.).
Dibattuta è la questione relativa alla individuazione del momento di perfezionamento della conversione, contendendosi il campo la tesi della conversione condizionata all’espletamento degli adempimenti previsti dall’art. 156 disp. att. c.p.c. e quella della conversione automatica, cioè connessa alla mera pubblicazione della sentenza di condanna (Ferri, C., Sequestro, cit., 483; Cass., 6.5.2004, n. 8615, in Riv. esecuzione forzata, 2004, 619; Conte, R., Il sequestro conservativo, cit., 1084, ove ulteriori riferimenti).
Infine, ai sensi dell’art. 686, co. 2, c.p.c., se i beni sequestrati sono stati oggetto di esecuzione da parte di altri creditori, il sequestrante partecipa con essi alla distribuzione della somma ricavata. La disposizione va letta unitamente all’art. 158 disp. att. c.p.c., secondo cui quando dall’atto di pignoramento o dai pubblici registri risulti l’esistenza di un sequestro conservativo sui beni pignorati, il creditore pignorante deve fare notificare al sequestrante avviso di pignoramento ai sensi dell’art. 498 c.p.c.; nonché all’art. 547, ultimo comma, c.p.c., secondo cui il creditore pignorante deve chiamare nel processo il sequestrante nel termine perentorio fissato dal giudice.
A tal proposito, occorre anche considerare che, a seguito della novità introdotte dal d.l. 14.3.2005, n. 35, conv. con modif. in l. 14.5.2005, n. 80, il creditore che abbia eseguito un sequestro sui beni pignorati al momento del pignoramento, può intervenire nell’esecuzione forzata promossa da altro creditore, insieme ai creditori muniti di titolo esecutivo e a quelli che hanno un diritto di pegno o un diritto di prelazione risultante da pubblici registri o sono titolari di un credito di somma di denaro risultante dalle scritture contabili di cui all'art. 2214 c.c. (v. art. 499, co. 1, c.c.). L’espressa inclusione dei creditori sequestranti tra i soggetti legittimati ha contribuito a risolvere ogni disputa interpretativa sui limiti di ammissibilità dell’intervento (v. Perago, C.L., L’intervento dei creditori, in L’esecuzione forzata riformata, a cura di G. Miccolis e C.L. Perago, Torino, 2009, 105 s.), fermo restando che, comunque, l’intervento dovrebbe essere limitato ai creditori che abbiano già eseguito il sequestro al momento del pignoramento (in senso critico rispetto a questa limitazione, v. Conte, R., Il sequestro conservativo, cit., 1092); ai fini della partecipazione alla distribuzione della somma ricavata, invece, occorre che i sequestranti, il cui credito sia stato nel frattempo accantonato, abbiano ottenuto un titolo esecutivo nel termine di tre anni stabilito dal co. 3 dell’art. 510 c.p.c. (Conte, R., La riforma delle opposizioni e dell’intervento nelle procedure esecutive con “requiem” per il sequestro conservativo, in Giur. it., 2006, 2233, che prospetta dubbi di costituzionalità. In precedenza, v. la posizione di Capponi, B., L’intervento del creditore sequestrante nel processo di espropriazione del bene successivamente pignorato, in Riv. dir. proc., 1987, 848 ss.: Id., Note in tema di concorso tra misure cautelari e misure esecutive, in Giust. civ., 1989, I, 2001).
Il creditore che, agendo senza la normale prudenza, abbia eseguito un sequestro, risponde dei danni cagionati al sequestrato nell’ipotesi di successivo accertamento dell’inesistenza del diritto a cautela del quale la misura cautelare era stata concessa. Tanto dispone l’art. 96, co. 2, c.p.c. in relazione all’attuazione di un qualsiasi provvedimento cautelare, stabilendo anche che la liquidazione dei danni è fatta in base al co. 1 del citato art. 96. Quest’ultimo rinvio ha portato la dottrina ad affermare la necessità della sussistenza dell’elemento soggettivo, consistente nella prevedibilità dell’accertamento negativo del diritto (v., anche per riferimenti, Santulli, R., Sequestro, cit., 20).
Artt. 1186, 1356, 2270, 2352, 2471, 2471 bis, 2740, 2905, 2906 c.c.; artt. 671, 675, 678, 679, 684, 685, 686 c.p.c.; artt. 156, 158 disp. att. c.p.c.
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