Jutkevič, Sergej Iosifovič
Regista cinematografico russo, nato a San Pietroburgo il 28 dicembre 1904 e morto a Mosca il 23 aprile 1985. Attivo sin dall'epoca del muto, attraversò in modo personale il passaggio dalle ricerche dell'avanguardia degli anni Venti ai dettami estetico-ideologici del realismo socialista, non abbandonando mai l'impegno per una continua rielaborazione teorica e pratica del linguaggio filmico. Ottenne il Premio di Stato nel 1940 per Jakov Sverdlov, nel 1947 per il documentario Molodost′ našej strany (1946, da gioventù del nostro Paese) e nel 1967 per Lenin v Pol′še (1966, Lenin in Polonia). Oltre a numerosi altri riconoscimenti in patria, ottenne il Premio per la miglior regia al Festival di Cannes nel 1956 per Otello (Otello il moro di Venezia) e nel 1966 per Lenin v Pol′še. Nel 1982 gli fu conferito il Leone d'oro alla carriera alla Mostra del cinema di Venezia.
Interessatosi inizialmente alla pittura, studiò a Kiev e a Mosca, dove si laureò in arti figurative e iniziò a lavorare per gruppi teatrali d'avanguardia: organizzò così spettacoli di burattini, collaborò come scenografo per Konstantin A. Mardžanov e fece parte del gruppo teatrale sperimentale Sinjaja bluza (Camiciola azzurra). Nel 1922 fondò a Leningrado, insieme a Grigorij M. Kozincev e Leonid Z. Trauberg, la FEKS (Fabbrica dell'attore eccentrico), laboratorio di formazione attoriale d'avanguardia. Sin dagli anni della sperimentazione nella FEKS, Ju. mostrò di prediligere una poetica dell'attore, vero centro di propulsione dell'immagine cinematografica. La recitazione e i movimenti della macchina da presa che seguono l'azione devono essere il più possibile 'eccentrici', in grado di suscitare nello spettatore ‒ attraverso la sorpresa, l'imprevisto, il trauma ‒ una nuova coscienza estetica e politica. Nel 1923 si iscrisse al VGIK, dove seguì i corsi di regia di Sergej M. Ejzenštejn. Il cortometraggio Daëš′ radio! (1925, Vai radio!), diretto con S. Grjunberg, costituì la sua prima esperienza come regista. Pur essendo stato allievo di Ejzenštejn, Ju. si distaccò ben presto dal maestro, criticandone la concezione del montaggio come struttura portante dell'arte cinematografica. Dopo altre esperienze come assistente alla regia di Abram M. Room e come sceneggiatore per Boris F. Svetozarov, tornò alla regia con il suo primo lungometraggio, Kruževa (1928, Merletti) e con Čërnyj parus (1929, La vela nera). In quest'ultimo, storia di una lotta tra ricchi possidenti e attivisti rivoluzionari, il bersaglio polemico è proprio il montaggio intellettuale ejzenštejniano (il sottotitolo del film è Šalanda Potëmkin, letteralmente "la chiatta Potëmkin"). A partire dal 1929 iniziò, parallelamente all'attività di regista, quella di insegnante di cinema in vari istituti, a Mosca e a Leningrado.
Con l'avvento del sonoro, Ju. sperimentò in Zlatye gory (1931, Montagne d'oro) una forma di sincronismo tra suono e immagine con la quale non seguì i dettami del naturalismo, preferendo un uso espressivo della parola e della musica. A partire dalla metà degli anni Trenta, aderì ai principi ždanoviani del realismo socialista, in parte annunciati dal film realizzato in collaborazione con Fridrich M. Ermler, Vstrečnyj (1932, Contropiano), sviluppandone una personale visione e costruendo figure di eroi e di uomini comuni alle prese con i movimenti della Storia, come in Čelovek s ruž′ëm (1938, L'uomo con il fucile), su un episodio della vita di Lenin, e Jakov Sverdlov. Durante la Seconda guerra mondiale realizzò una serie di film a soggetto e di documentari di propaganda, alcuni dei quali hanno come protagonista il personaggio letterario del soldato Švejk: Novye rasskazy bravogo soldata Švejka (1941, I nuovi racconti del bravo soldato Švejk), Švejka gotovit′sja k boju (1942, Švejk si prepara per la guerra) e Novye pochoždenija Švejka (1943, Le nuove avventure di Švejk). Questi film, insieme al documentario Osvoboždënnaja Francija (1944, La Francia liberata), costituirono per Ju. anche occasioni di sperimentazione formale: la narrazione, infatti, spesso non segue uno sviluppo cronologico ma procede per anticipazioni (flashforward), creando nel film un'autonoma dimensione temporale. L'uso particolare del tempo e la centralità del personaggio nella costruzione dell'immagine vennero ripresi da Ju. nei film successivi, come in Otello, dove le imprese del personaggio shakespeariano, ricordate da Desdemona, sono mostrate attraverso un montaggio che procede per rapidi salti temporali, o, ancora di più, nei due film dedicati alla figura di Lenin, Lenin v Pol′še e Lenin v Pariže (1981, Lenin a Parigi), in cui la voce fuori campo di Lenin si dispiega indipendentemente dalle immagini dei film, contribuendo a visualizzare la scissione tra la figura storica dello statista sovietico e la sua dimensione umana.Negli anni Cinquanta era tornato a occuparsi anche di teatro, mettendo in scena a Mosca alcuni drammi di Majakovskij. Dal 1960 al 1965 era stato direttore dello Studenčeskij Teatr MGU (Teatro Studentesco MGU).
Dal secondo dopoguerra Ju. si occupò anche di teoria del cinema. Tra i suoi testi vanno ricordati: Čelovek na ekrane (1947, La persona sullo schermo) e i successivi Kontrapunkt režissëra (1960, Contrappunto di un regista), O kinoiskusstve (1962, Sull'arte del cinema), Šekspir i kino (1973, Shakespeare e il cinema), Kino ‒ eto pravda 24 kadra v sekundu (1974, Il cinema, questa è una verità 24 fotogrammi al secondo), Modeli političeskogo kino (1978, Modelli di cinema politico), Poetika režissury (La poetica della regia), pubblicato postumo nel 1986.
H. Herlinghaus, Sergej Jutkevič, Weg und Werk, Berlin 1965.
M. Turovskaja, Ju. Chanjutin, Sergej Jutkevič, Berlin 1968.
S.I. Jutkevič, M. Turovskaja, Ju. Chanjutin, Sergej Jutkevič, Moskva 1974.
M. Šlemrová, Sergej Jutkevič, Praha 1974.
D. Moldavskij, C Majakovskim v teatre i kino. Kniga o Sergee Jutkeviče (Con Majakovskij a teatro e al cinema. Un libro su Sergej Jutkevič), Moskva 1975.
L. e J. Schnitzler, Youtkévich ou la permanence de l'avantgarde, Lausanne 1976.
M. Verdone, La FEKS, in Tovarisc Kino, a cura di R. Renzi, G. Manzoli, Ancona 1996, pp. 45-48.
G. Buttafava, Il cinema russo e sovietico, Venezia 2000, passim.