SERGIO II, duca di Napoli
SERGIO II, duca di Napoli. – Nato verso l’840-850, figlio primogenito del duca di Napoli Gregorio III e di madre dal nome sconosciuto, nonché nipote di Sergio I, per breve tempo resse il Ducato associato al padre (gennaio-marzo 870?), poi da solo (da marzo 870?) fino alla cattura da parte del fratello nell’ottobre 877.
Di Sergio si conoscono due fratelli: Atanasio, vescovo (876-898) e duca (877-898) di Napoli e il praefectus Giovanni; ebbe almeno due figlie, sposate ambedue con esponenti del genus landulfide di Capua, Landone II e Atenolfo I. Una carta napoletana del 921 accenna inoltre a patrimoni fondiari dei suoi eredi.
Nell’866, il padre provò a imporlo come praefectus di Amalfi, al posto di Mauro, assassinato, ma Sergio rimase in carica solo tredici giorni. Si trattò di un tentativo di impedire la deriva di Amalfi verso l’orbita salernitana, ma Gregorio III, assurto da poco al potere, non riuscì a sostenere efficacemente il figlio.
Designato dal padre (con il consenso dei propri fratelli) come successore (inizio 870), fin dai primi mesi Sergio tentò di costringere suo zio – il vescovo Atanasio I – ad abbandonare la sede episcopale, ottenendo un rifiuto.
Il conflitto che allora si aprì in forma conclamata derivava da due atteggiamenti politici opposti propri alla politica napoletana. Da un lato, dall’850 circa, gli interessi commerciali, l’ostilità contro i Longobardi e l’atteggiamento di sfida nei confronti dell’autorità imperiale di Ludovico II avevano spinto i duchi a mantenere buoni rapporti con i Saraceni di Sicilia e del Nordafrica, talvolta impiegati come mercenari (in una lettera al basileus Basilio I, dell’871, Ludovico s’indignava della presenza regolare di marinai e guerrieri arabi a Napoli), e ad appoggiare talvolta molto freddamente l’azione imperiale. D’altro canto, Atanasio godeva di un potere notevole, per il fatto di essere stato insediato dal padre-duca e per le riforme della Chiesa e dell’episcopatus da lui operate, aveva stretti e ottimi legami sia con il papa sia con l’imperatore (molto più di Sergio) e appoggiava in modo totale la loro politica antisaracena (che aveva raggiunto l’acme tra l’866 e l’873). Il conflitto tra il duca e il vescovo scaturì dunque dalla situazione politica napoletana e fu personale, non istituzionale. Tuttavia l’atteggiamento di Sergio costituì una vera rottura, un deciso ribaltamento verso l’ostilità aperta.
Il racconto più articolato del periodo di governo di Sergio è proprio quello della Vita eTranslatio del santo zio Atanasio, suo avversario per oltre due anni (870-872); c’è dunque una fondamentale parzialità nella fonte, che presenta il rapporto duca-vescovo secondo il topos agiografico della persecuzione degli innocenti da parte dei cattivi invidiosi (Sergio sarebbe in particolare influenzato dalla suocera). Secondo la Vita, Gregorio aveva profetizzato la sciagurata sconfitta del figlio disobbediente nei confronti dello zio: si trattava ovviamente di una rilettura post eventum dell’agiografo.
Sergio fece arrestare gli zii, ma fu costretto dal clero a liberare Atanasio, che fuggì sull’insula Salvatoris (Castel dell’Ovo). Secondo l’agiografo, in particolare il venerabile abate Antonio avrebbe fatto in questa circostanza da intermediario: l’autore ricorre qui al topos dell’unanimità del clero intorno al pastore, ma le fasi seguenti del conflitto fino alla caduta di Sergio mostrarono che il duca godeva di sostegni anche nel clero cittadino. Papa Adriano II gli scrisse nell’870-871 ordinandogli di reintegrare Atanasio, invano; Sergio propose allo zio di farsi monaco, ma al suo rifiuto assediò l’isola con i suoi uomini, provocando, da parte dell’imperatore Ludovico II, l’invio di Marino di Amalfi nel tentativo riuscito di liberare il vescovo prigioniero (invio che costituì una nuova tappa nell’allontanamento di Amalfi dall’orbita napoletana).
Insieme al vescovo, che fuggì, furono liberati i fratelli, tranne Cesario, che morì in carcere (forse all’inizio dell’872); Cesario era infatti un fiero partigiano di Atanasio nella sua politica filoimperiale, come avevano mostrato i suoi successi militari contro i Saraceni negli anni 840.
Sergio si impadronì delle risorse del vescovado per finanziare la sua politica, in particolare per stipendiare i mercenari saraceni, e inutili furono le legazioni papale e imperiale (871), così come la scomunica, visto che nell’871 Anastasio Bibliotecario e l’abate Bertario di Montecassino, legati della seconda, constatarono che una parte del clero continuava a officiare, incurante della sanzione. Fu ancora Sergio a suggerire e approvare l’imprigionamento dell’imperatore Ludovico II (13 agosto-17 settembre 871) da parte di Adelchi principe di Benevento, mentre Atanasio veniva condotto prima presso suo fratello Stefano, vescovo di Sorrento, poi a Roma. Atanasio morì in esilio il 15 luglio 872, probabilmente a San Ciro di Arce, presso Veroli.
Durante la vacanza della sede (durata quattro anni) Sergio, unico capo del Ducato, proseguì la sua politica di impiego di mercenari musulmani contro i Longobardi e di ostilità alla politica imperiale e pontificale. Morto Ludovico nell’875, l’imperatore Carlo il Calvo inviò papa Giovanni VIII con Lamberto e Guido di Spoleto a Capua e Napoli; il papa esortò ancora, ma invano, Sergio e i napoletani a distaccarsi dai Saraceni. La consacrazione (probabilmente del marzo 876) di Atanasio II, fratello di Sergio, come vescovo di Napoli, creò una situazione ambigua.
Sergio credeva infatti di poter confidare nel sostegno del fratello alla politica familiare, mentre il papa intendeva costituirsi un alleato contro di lui (e in una lettera del 9 settembre 876 gli ricordava i legati e le lettere inviati invano a Sergio). Di fatto, in un primo tempo, Atanasio II appoggiò il fratello, almeno in modo passivo: quando il praefectus Pietro di Sorrento, con il consenso di Sergio, scacciò Stefano dalla sede vescovile sorrentina, il papa rimproverò duramente Atanasio II per non essersi opposto e lo scomunicò.
Tra il marzo dell’877 e il gennaio dell’878 una fitta serie di lettere papali consente di cogliere la successione dei fatti e la svolta, un vero capovolgimento, della politica napoletana nonché l’inizio della parabola discendente del duca. Sergio e Docibile di Gaeta avevano infatti scritto al papa tentando di giustificarsi (marzo 877), ma il papa rispose dichiarandosi insoddisfatto (9 aprile 877) e richiedendo l’invio di ambasciatori. Successive lettere papali di fine aprile accennavano alla possibile disponibilità di Sergio a partecipare in giugno a un incontro, a Traetto, con il papa medesimo, il duca di Gaeta e i vescovi di Amalfi e Salerno, ma Sergio mantenne l’alleanza saracena e fu di nuovo scomunicato. Con il sostegno di Adelchi e Lamberto, attaccò poi Guaiferio di Salerno ma fu sconfitto (e venticinque milites napoletani furono catturati e decapitati).
Il 1° agosto 877, Atanasio entrò in opposizione aperta con il fratello con una spettacolare dimostrazione di prestigio, potere e sacralità, durante il trasferimento delle reliquie del santo zio da Montecassino, dov’era stato inumato nell’872, a Napoli. Il racconto agiografico lascia intravedere evidenti crepe nel consenso del clero e dell’aristocrazia napoletana a Sergio; l’evento segnò un punto di svolta.
Secondo la Translatio che narra questo evento, i vecchi nemici di Atanasio si erano induriti nella loro malvagità dopo la sua morte, e si opponevano al trasferimento; e pur godendo tuttora di un buon sostegno – anche nel clero – Sergio comprese perfettamente ciò che significava per il fratello il glorioso trasferimento della sua vittima. All’arrivo del corteo a Napoli, il vescovo gli si fece incontro «cum optimatibus civitatis et omni coetu, exceptis his qui malitiae et invidiae veleno repleti erant» (Vita et translatio..., a cura di A. Vuolo, 2001, cap. 6, p. 150). L’aristocrazia del Ducato era dunque divisa, e non tutti i primates appoggiavano Sergio. Dopo l’inumazione nelle catacombe di S. Gennaro (Capodimonte), alcuni avversari negarono i miracoli operati sul sepolcro; l’agiografo li paragonò ai carnefici di Cristo e ne annunciò il castigo.
Probabilmente il 20 ottobre, Sergio fu catturato dal fratello, che godeva ormai del sostegno della maggior parte dell’aristocrazia; accecato, fu mandato a Roma, dove morì in carcere. Atanasio II fu eletto come suo successore e cumulò le due cariche fino alla morte nell’898; il papa si rallegrò di questa conclusione della vicenda in due lettere forse del gennaio 878, in cui annunciava l’invio di 1400 mancusi d’oro per ricompensare gli iudices napoletani.
È ovviamente impossibile credere al discorso manicheo dell’agiografo di Atanasio e limitarsi al suo giudizio spirituale su Sergio. Nella Realpolitik regionale, il ricorso a mercenari musulmani contro i Longobardi (i quali ne facevano il medesimo uso) e il timore dell’egemonia imperiale sono perfettamente logici, ma portarono Sergio in rotta di collisione con il potente zio, che godeva di saldi sostegni politici. Lo scontro di Sergio contro vescovo, papa e imperatore affondava dunque le sue radici nella scelta politica del Ducato, come prova il fatto che, poco dopo aver deposto il fratello, Atanasio II ne riprese la politica, manifestando a sua volta resistenza all’autorità pontificale, muovendo la guerra contro i conti capuani e facendo ricorso ai mercenari musulmani. Lo scontro tra Sergio e Atanasio II non era insomma di natura strutturale, e non minava il processo di rinsaldamento dinastico: le fonti non rivelano nessuna opposizione alla presa di potere di Atanasio e, dopo la sua morte, la carica ducale venne affidata al cugino di primo grado Gregorio IV e quella vescovile allo zio Stefano (dunque sempre all’interno della dinastia).
Fonti e Bibl.: Gesta episcoporum Neapolitanorum, a cura di G. Waitz, in MGH, Scriptores rerum langobardicarum et italicarum saec. VI-IX, Hannoverae 1878, pp. 398-436; B. Capasso, Monumenta ad Neapolitani ducatus historiam pertinentia, I-III, Napoli 1881-1892; P. Fedele, Il catalogo dei duchi di Napoli, notizia di un manoscritto non ancora conosciuto, in Archivio storico per le provincie napoletane, XXVIII (1903), pp. 549-573; Vita et translatio s. Athanasii Neapolitani episcopi (BHL 735 e 737) sec. XI, a cura di A. Vuolo, Roma 2001; Regesti dei documenti dell’Italia meridionale. 570-899, a cura di J.-M. Martin et al., Roma 2002; Erchemperto, Piccola Storia dei Longobardi di Benevento, a cura di L.A. Berto, Napoli 2013.
P. Bertolini, Atanasio e Atanasio II, in Dizionario biografico degli Italiani, IV, Roma 1962, rispettivamente pp. 508-510, 510-518; G. Cassandro, Il ducato bizantino, in Storia di Napoli, II, 1, L’Altomedioevo, Napoli 1969, pp. 1-408; G. Arnaldi, Anastasio Bibliotecario a Napoli nell’871. Nota sulla tradizione della Vita Athanasii episcopi neapolitani di Guarimpoto, in La Cultura, XVIII (1980), 1, pp. 3-33; C. Russo Mailer, Il ducato di Napoli, in Storia del Mezzogiorno, II, 1, Il Medioevo, Napoli 1988-1989, pp. 341-405; T. Brown, Byzantine Italy c. 680-c. 876, in The new Cambridge Medieval History, II, c. 700-c. 900, Cambridge 1995, pp. 320-348; Th. Granier, Napolitains et Lombards aux VIIIe-XIe siècles. De la guerre des peuples à la «guerre des saints» en Italie du Sud, in Mélanges de l’Ecole française de Rome. Moyen Age, CVIII (1996), pp. 403-450; C. Vetere, Gregorio [III], in Dizionario biografico degli Italiani, LIX, Roma 2002, pp. 99 s.; Th. Granier, Conflitti, compromessi e trasferimenti di reliquie nel Mezzogiorno latino del secolo IX, in Hagiographica, XIII (2006), pp. 33-71; Id., La captivité de l’empereur Louis II à Bénévent (13 août-17 septembre 871) dans les sources des IXe-Xe siècles: l’écriture de l’histoire, de la fausse nouvelle au récit exemplaire, in Faire l’événement au Moyen Âge, Aix-en-Provence 2007, pp. 13-39; L.A. Berto, «Utilius est veritatem proferre». A difficult memory to manage: narrating the relationships between bishops and dukes in early medieval Naples, in Viator, XXXIX (2008), pp. 49-64; S. Cosentino, Storia dell’Italia bizantina (VI-XI secolo). Da Giustiniano ai Normanni, Bologna 2008; Th. Stasser, Où sont les femmes? Prosopographie des femmes des familles princières et ducales en Italie méridionale depuis la chute du royaume lombard (774) jusqu’à l’installation des Normands (env. 1100), Oxford 2008.