PIGNEDOLI, Sergio
PIGNEDOLI, Sergio. – Nacque a Felina, nell’Appennino reggiano, il 4 giugno 1910 da Omeo, di professione sarto, ed Emma Peretti, casalinga, e venne battezzato tre giorni più tardi con i nomi Sergio Clarenzio; dopo di lui nacquero altri due fratelli, morti prematuramente, le sorelle Bruna e Nerina e il fratello Domenico. A Felina frequentò le prime tre classi elementari dal 1917 al 1919 e i genitori, seguendo il consiglio della maestra che aveva constatato le sue eccellenti qualità di studente, gli fecero completare il ciclo di studi nella scuola di Castelnuovo Monti. Sin da questi primi anni dimostrò una forte attrazione verso la vita religiosa e nell’ottobre 1922, incoraggiato dal parroco di Felina, fece il suo ingresso, dapprima come alunno esterno, nel seminario minore di Marola, sempre sull’Appennino reggiano, dove frequentò il ginnasio inferiore. Nell’ottobre 1927 fece il suo ingresso nel seminario maggiore, alloggiato temporaneamente nella residenza estiva di Albinea, e nel luglio 1930 conseguì la maturità classica.
In questi anni di frequenza del seminario le linee della sua formazione spirituale furono determinate essenzialmente dal rettore mons. Luigi Garimberti, riconosciuto per la sua austerità, da mons. Leone Tondelli, insigne studioso, da don Dino Torreggiani, a un tempo vicerettore del seminario e animatore dell’oratorio S. Rocco di Reggio Emilia, nonché sacerdote particolarmente sollecito verso le condizioni di indigenza della popolazione, e da don Giuseppe Bonacini. Non fu meno importante il rapporto spirituale intrecciato con don Angelo Spadoni, vicario generale della diocesi e autorevole docente di teologia.
Seguirono, tra il 1931 e il 1932, la tonsura e il conferimento degli ordini minori sino al suddiaconato. Avendo completato in anticipo il corso di studi teologici – in due anni anziché nei previsti quattro – e dovendo aspettare il raggiungimento dell’età canonica per il conferimento del sacerdozio, che giunse il 1° aprile 1933, fu invitato a iscriversi presso l’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano per conseguire la laurea in lettere e filosofia ed essere poi successivamente integrato nel corpo docente del seminario.
Gli anni di presenza a Milano furono densi sia per lo svolgimento degli studi sia per l’intensa attività di propagandista di Azione cattolica; fu un periodo importante anche per lo stabilirsi di nuove conoscenze e amicizie, tra cui meritano di essere ricordate quelle con il rettore Agostino Gemelli, con mons. Francesco Olgiati, Giuseppe Lazzati, Enea Selis, don Giovanni Rossi e Gesualdo Nosengo. Sempre alla Cattolica si rafforzò il rapporto con il conterraneo Giuseppe Dossetti, conosciuto in occasione dell’esame di maturità. Si laureò in lettere nel 1936, avendo come relatore Giovanni Soranzo, con una tesi dedicata a Lo spirito antipapale delle cronache di Matthew Paris, per realizzare la quale si recò a Londra, presso il British Museum, per consultare alcuni codici. Un anno prima della laurea fu richiamato in diocesi dal vescovo Brettoni, che lo nominò vicerettore del seminario maggiore diocesano e sempre tra il 1935 e il 1937 svolse anche l’incarico di insegnante di religione presso le scuole di grado superiore di Reggio nell’Emilia. Ma nel 1937 il suo soggiorno reggiano fu interrotto dalla richiesta, proveniente da Agostino Gemelli e sostenuta dal cardinale Eugenio Pacelli, di assumere l’incarico di assistente spirituale degli studenti dell’Università Cattolica di Milano; mons. Brettoni la assecondò descrivendo la partenza di Pignedoli «sommamente dolorosa» e «umanamente incolmabile» tanto per lui quanto per la diocesi (Il cardinale Sergio Pignedoli, 1989, p. 123). A Milano, dove venne nominato anche direttore del Collegio Ludovicianum, riprese i contatti con i massimi responsabili dell’Ateneo e approfondì quelli con il movimento laureati di Azione cattolica, stringendo rapporti con mons. Adriano Bernareggi e don Giulio Bevilacqua.
Con l’entrata in guerra dell’Italia, e contravvenendo al volere di padre Gemelli, maturò la decisione di farsi nominare cappellano militare, anche nella convinzione che il conflitto sarebbe durato poco e questo non avrebbe sortito implicazioni rispetto agli impegni milanesi; il prolungarsi della guerra lo indusse in ogni caso a non interrompere il suo servizio di cappellano. Prestò servizio in Marina dal luglio 1940 sino all’armistizio del settembre 1943 dapprima su navi ospedale e quindi, dietro sue reiterate richieste, su alcune corazzate (un’esperienza di cui si trovano tracce di carattere autobiografico nel volume Così lungo la via, pubblicato nel 1942).
L’impegno come cappellano gli aveva consentito di riaffacciarsi solo occasionalmente – e sempre con le resistenze dell’ordinariato militare – all’Università Cattolica; in ogni caso sappiamo da testimonianze posteriori che venne a conoscenza delle attività di riflessione sulla congiuntura politica avviata clandestinamente da alcuni docenti, senza tuttavia mostrare alcun interesse ad approfondire la questione. Negli scritti pubblicati in varie sedi evitò infatti accuratamente ogni riferimento alla crisi del regime fascista; e prima ancora non espresse giudizi sul ruolo dell’Italia nel conflitto: piuttosto sviluppò un insistente richiamo, modulato sui più classici canoni educativi del cattolicesimo, a un senso impegnato della vita nonché a una ricerca di coinvolgimento con coloro che, per scelta o condizione sociale, rimanevano distanti dalla Chiesa.
Con l’armistizio si trovò di fatto privo di un incarico, ma nel volgere di pochi mesi cumulò una serie di funzioni e impegni di tutto riguardo. Con ogni probabilità seguendo il consiglio di qualcuno (forse degli stessi fratelli Angelo e Giovanni Mercati, conterranei con cui aveva sempre mantenuto stretti rapporti e insediati a Roma con incarichi di prima rilevanza presso la S. Sede), si iscrisse presso l’Università Gregoriana, dove nella sessione estiva del 1945 conseguì la licenza in storia ecclesiastica discutendo una dissertazione intitolata: De Registro Innocentii III super negotio Imperii. Nell’autunno 1945 si iscrisse quindi alla facoltà di diritto canonico del Pontificio ateneo lateranense, soggiornando al contempo presso il prestigioso collegio Capranica, e nel 1949 conseguì la laurea in diritto canonico con una tesi dedicata a Il concordato del 1851 tra Pio IX e Isabella di Spagna, nei documenti della Segreteria di Stato di Sua Santità.
Dall’inizio del suo soggiorno a Roma aveva ripreso i contatti con l’associazione Laureati cattolici, di cui nel 1944 era divenuto assistente centrale; lo stesso anno fu anche nominato assistente centrale dell’Associazione scautistica cattolica italiana, risorta dopo lo scioglimento decretato dal fascismo (incarico che mantenne sino al 1951); nell’ottobre 1946 giunse quindi la nomina a viceassistente ecclesiastico dell’Azione cattolica italiana.
Furono incarichi che giunsero anche a seguito della maturazione del rapporto intrattenuto con il sostituto Montini, che ne apprezzò in misura crescente le sue qualità personali e la capacità di lavoro. Alla S. Sede, anche in vista delle serrate scadenze politiche, interessava soprattutto un coordinamento efficace delle varie strutture associative: in questo senso Pignedoli riuscì a garantire un pronto adeguamento di tali associazioni alle direttive provenienti dal Vaticano, ma seppe anche conquistarsi un ampio credito tra quei laici che nei decenni successivi avrebbero ricoperto incarichi di primo piano all’interno della Democrazia cristiana. La fiducia che seppe conquistarsi assolvendo questi incarichi gli valse, nel giugno 1948, la nomina a segretario generale del Comitato centrale per l’Anno santo 1950, in vista del quale compì nel 1949 un viaggio che toccò quasi tutti i Paesi del continente americano al fine di stabilire i necessari contatti per favorire l’afflusso dei pellegrini a Roma. Proprio a ridosso della conclusione dell’anno santo, giudicato un successo sotto ogni punto di vista, giunse la sua nomina a nunzio in Bolivia e la contestuale nomina ad arcivescovo titolare di Iconio; fu consacrato l’11 febbraio 1951, nella basilica di S. Paolo fuori le mura.
La sua missione in Bolivia fu inaugurata da una minuziosa visita del territorio, al termine della quale, constatando l’anzianità di molti vescovi, si attivò anzitutto per favorire una più energica conduzione delle diocesi attraverso la nomina di giovani coadiutori, residenti da tempo in Bolivia o comunque in possesso della cittadinanza; in seconda battuta, per fronteggiare la scarsità di clero, si rivolse alla S. Sede e ai superiori degli ordini religiosi affinché inviassero sacerdoti da impiegare per l’attività pastorale.
Sul versante politico dovette impedire che la Chiesa venisse coinvolta nelle parti che si contendevano il governo del Paese, che, poco dopo il suo arrivo, subì un colpo di Stato militare; fu attento a evitare una contestazione della riforma agraria intrapresa nel 1952, dichiarandosi a favore delle riforme sociali, purché queste non fossero ispirate a sentimenti antiecclesiastici. Nell’ottobre 1954 Pio XII lo nominò nunzio in Venezuela; aveva già preso contatti per avviare una visita del territorio simile a quella intrapresa in Bolivia quando giunse, nell’aprile 1955, la sua nomina ad ausiliare dell’arcivescovo di Milano, Giovanni Battista Montini. In una lettera di congedo ai vescovi venezuelani scrisse che era «molto contento di cominciare una vita pastorale simile» a quella dei suoi corrispondenti e si diceva «felice di poter collaborare con un prelato dalle ben conosciute doti spirituali e pastorali» (Il cardinale Sergio Pignedoli, 1989, p. 381).
Il rientro a Milano implicò anzitutto l’assunzione della responsabilità dell’Azione cattolica milanese; fu quindi investito dell’organizzazione e promozione della grande Missione di Milano del 1957.
Se per molti aspetti la sua azione al fianco di Montini fu ispirata a un pronto e fedele adeguamento alle direttive dell’arcivescovo, dall’altro non mancò chi constatò una certa resistenza dell’ambiente ‘ambrosiano’ a dare piena accoglienza alle sollecitazioni poste da questo prelato proveniente dall’Emilia (Giovanni Battista Montini, 1985, pp. 250 s.), ancorché i rapporti con le più giovani generazioni dei cattolici milanesi restassero, come già era accaduto all’inizio del suo ministero, improntanti alla massima cordialità e collaborazione. Condivise anche la linea seguita da Montini – ma contestata dai maggiorenti dell’episcopato italiano – favorevole a una progressiva legittimazione dell’autonomia del laicato cattolico sul piano dell’azione politica, osservando in occasione della riunione della Conferenza episcopale italiana dell’ottobre 1956 che «dalla fase di difesa si è passati alla fase di iniziativa, i cattolici italiani sono usciti dall’età minore e sono entrati in maggiore età» (De Giorgi, 2015, p. 236).
Nell’estate del 1958, dando seguito a un progetto coltivato da tempo, intraprese un lungo viaggio in Asia dal quale rientrò particolarmente impressionato; in una relazione successiva scrisse: «i popoli asiatici hanno ancora verso il cristianesimo numerosi pregiudizi: il più grave è quello di confondere il cristianesimo con l’Occidente. L’Oriente ha troppo spesso conosciuto, in Occidente, il volto degli altari dell’edonismo, del materialismo. In tal modo l’Occidente ha tradito il cristianesimo» (Il cardinale Sergio Pignedoli, 1989, p. 437).
Nel 1960, sembra dando ascolto a una richiesta proveniente dallo stesso Pignedoli, Giovanni XXIII, che pure desiderava promuoverlo alla testa di una importante diocesi italiana, lo nominò primo delegato apostolico per l’Africa centro-occidentale, un incarico che lo rendeva direttamente responsabile di un vasto territorio, che ricomprendeva Nigeria, Camerun, Ciad, Congo-Brazzaville, Gabon, Nigeria e Repubblica centrafricana. L’incarico implicò per Pignedoli un intenso lavoro di carattere diplomatico, a contatto con i problemi derivanti alla presenza del cristianesimo, importato dai missionari occidentali, in un continente che proprio all’inizio degli anni Sessanta iniziò un vasto processo di decolonizzazione. Anche in questo caso la permanenza in questa sede, che dovette interrompersi occasionalmente per la partecipazione di Pignedoli al Concilio Vaticano II apertosi nell’ottobre 1962, e che lo vide relegato in una posizione decisamente passiva, ma del tutto coerente con le indicazioni impartite dalla S. Sede ai rappresentanti pontifici, fu breve.
Nel marzo del 1964, Paolo VI lo trasferì infatti alla delegazione apostolica del Canada e durante questa missione, nel settembre 1966, lo inviò come suo rappresentante personale per presiedere la conferenza straordinaria dell’episcopato del Vietnam del Sud, voluta dal papa per impegnare i vescovi, preoccupati che il disimpegno bellico favorisse l’avanzata dei comunisti, a una missione di pacificazione del Paese; non gli riuscì, come pure avrebbe voluto, di ottenere il visto per presiedere la contestuale riunione dei vescovi del Vietnam del Nord. Nel giugno 1967, dopo sedici anni di esperienza diplomatica, fu richiamato a Roma per assumere l’incarico di segretario della congregazione di Propaganda Fide, alle dipendenze del cardinale armeno Gregoire Pierre Agagianian. L’incarico giunse in un momento in cui, conseguentemente agli impulsi conciliari, diventava urgente ripensare gli obiettivi e gli strumenti della pastorale missionaria, adoperati sino a quel momento, anche nel senso dell’accettazione della diminuzione del ruolo di questa stessa congregazione a fronte dell’aumento di responsabilità delle conferenze episcopali nazionali: «come Propaganda Fide», disse in una intervista del febbraio 1973, «il nostro principio è di sparire, quando le Chiese locali sono mature» (Il cardinale Sergio Pignedoli, 1989, p. 531). La riforma della Curia intrapresa da Paolo VI nel 1967 implicò il coinvolgimento nel lavoro delle congregazioni romane di membri appartenenti all’episcopato di tutto il mondo mediante apposite sessioni plenarie; tra il 1969 e il 1972 Pignedoli prese parte a cinque di queste sessioni e nello stesso periodo intensificò i viaggi conoscitivi, spesso sollecitati dalla partecipazione a congressi missionari nazionali, che lo portarono tra l’altro in Africa (1968, 1969 e 1970), Canada (1968), India (1969) e Filippine (1970).
Nel concistoro del 5 marzo 1973 Paolo VI lo creò cardinale, conferendogli il titolo di San Giorgio al Velabro, e lo nominò presidente del segretariato per i non cristiani. Come primo atto del nuovo incarico Pignedoli inviò una lettera a tutti i vescovi del mondo invitandoli a strutturare a livello locale delle commissioni con funzioni analoghe al segretariato e stimolandoli a intensificare e qualificare le relazioni con i non cristiani; durante questo incarico si verificò un grave incidente diplomatico, allorquando, in occasione del seminario sul dialogo islamico-cristiano svoltosi a Tripoli nel febbraio 1976, nella dichiarazione finale congiunta fu inserito un duro attacco contro Israele che costrinse Pignedoli a una rettifica, pubblicata il 12 febbraio sull’Osservatore romano. La solidità dei rapporti politici mantenuti con discrezione e continuità da Pignedoli riemerse in occasione del rapimento di Aldo Moro nel 1978, quando il presidente della DC fece anche il suo nome tra i possibili mediatori vaticani per la sua liberazione. Continuò quindi i viaggi internazionali che lo resero effettivamente uno dei membri del collegio cardinalizio più noti al di fuori dell’Italia. Anche per questa ragione, quanto Paolo VI morì il 6 agosto 1978, il nome di Pignedoli fu più volte rilanciato dai mass media come quello di un probabile successore nei due conclavi che condussero dapprima all’elezione di Albino Luciani e quindi a quella di Karol Wojtyla. Giovanni Paolo II riconfermò Pignedoli alla guida del segretariato.
Morì il 14 giugno 1980 a Reggio Emilia e il 26 giugno successivo, nella messa di suffragio celebrata nella basilica vaticana, il papa ne ricordò «la straordinaria capacità di rapporti», «il culto dell’amicizia, il cui raggio in lui fu assai vasto» nonché «l’interesse costante per i giovani, che egli in gran numero conobbe e seguì ed aiutò in vario modo» (Omelia di Giovanni Paolo II, 1980). Fu sepolto nel cimitero di Felina e successivamente i suoi resti vennero traslati nella chiesa parrocchiale del suo paese natale.
Opere. A te, universitario soldato, Roma 1941; Così lungo la via, Milano 1942; Franco Castellani. Testimonianze, Roma 1942; Ufficiali, Roma 1942; L’esploratore con Dio. Libro di preghiere per gli Esploratori cattolici italiani, Roma 1946; Il sacerdote degli esploratori. Manuale per gli assistenti ecclesiastici dei giovani esploratori, Firenze 1947; Strade aperte, Verona 1950; Roma mihi patria, Roma 1950; Ho visto la Chiesa, Roma 1950; Milano ha ascoltato la Parola di Dio, Milano 1958; Lettere di giovani amici, Milano 19642. Sono usciti postumi: Lettere ai giovani amici, Vicenza 1980; Lo spirito antipapale delle cronache di Matthew Paris, a cura di U. Bellocchi, Reggio Emilia 1991; Ai militari, a cura di U. Bellocchi, Reggio Emilia 1992. Fu anche autore di centinaia di articoli, perlopiù contenuti in Afrique nouvelle, Azione fucina, Il Bollettino dell’anno Santo, L’Esploratore, L’Osservatore romano, Mondo e Missione, Strade al sole, La Rivista del clero italiano; non è ancora stato effettuato un censimento analitico dei suoi interventi in atti di congressi e convegni.
Fonti e Bibl.: La documentazione archivistica concernente la sua attività al servizio della S. Sede è ancora inaccessibile; altro materiale è conservato rispettivamente a Reggio nell’Emilia, Archivio della Diocesi di Reggio Emilia-Guastalla; Roma, Archivio dell’Università Cattolica del Sacro Cuore; Milano, Archivio storico diocesano; Brescia, Archivio dell’Istituto Paolo VI; la sua biblioteca personale è stata integrata in quella del seminario vescovile di Reggio nell’Emilia.
Santa messa in suffragio del cardinale Sergio Pignedoli, omelia di Giovanni Paolo II, San Pietro, 26 giugno 1980, http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/homilies/1980/documents/hf_jp-ii_hom_19800626_pignedoli.html (18 maggio 2015); P. Simonelli, Sergio Pignedoli. Profilo spirituale e biografico, Reggio Emilia 1980; Giovanni Battista Montini arcivescovo di Milano e il Concilio Ecumenico Vaticano II. Preparazione e primo periodo. Colloquio internazionale..., Milano... 1983, Brescia-Roma 1985; Il cardinale Sergio Pignedoli, amico indimenticabile (1910-1980). Memorie e testimonianze, a cura di G. Palermo, Andria 1989; Il cardinale Sergio Pignedoli a 20 anni dalla morte. Figlio della montagna, uomo di fede, marinaio, a cura di U. Bellocchi, Reggio Emilia 2000 (contiene anche S. Pignedoli, Il concordato del 1851 tra Pio IX e Isabella di Spagna nei documenti della segreteria di Stato di Sua Santità, tesi di laurea); V. Schirripa, Giovani sulla frontiera. Guide e Scout cattolici nell’Italia repubblicana (1943-1974), Roma 2006; Mondo democristiano, mondo cattolico nel secondo Novecento italiano. A colloquio con Corrado Corghi, a cura di A. Nesti e A. Scarpellini, Firenze 2006, pp. 17-19; F. De Giorgi, Paolo VI. Il papa del Moderno, Brescia 2015.